Materiali: considerazioni sul loro utilizzo
di Giuliano Bressan e Massimo Polato
(pubblicato su lozaino.it n. 11, estate 2020; l’intera pubblicazione è scaricabile qui)
Spesso i materiali impiegati in alpinismo e arrampicata, nelle varie tecniche di assicurazione e di progressione, non vengono adoperati correttamente perché non se ne conoscono del tutto caratteristiche e limiti. Si vedono così frequentemente soste costruite con grande fantasia (Fig. 1), rinvii impiegati in modo scorretto (Fig. 2), longe utilizzate, più o meno consapevolmente, come dispositivo di auto assicurazione (Fig. 3).
Scopo di quest’articolo è fare chiarezza sull’impiego di vari materiali, eliminando false credenze e leggende metropolitane. I vari test sono stati eseguiti a trazione lenta o con carico dinamico presso il laboratorio e la torre del Centro Studi Materiali e Tecniche del CAI.
Test “Effetto nodo” – riduzione della resistenza a trazione
In queste prove, effettuate a trazione lenta, abbiamo valutato quantitativamente il carico di rottura nominale di vari tipi di corda e di cordino privi di nodi. Nell’utilizzo pratico sappiamo però che, vuoi per formare un anello o per collegare la corda all’imbracatura, un nodo c’è sempre! Allora ci siamo chiesti: di quanto si abbassa la resistenza in presenza del nodo ad esempio su un cordino in nylon (diametro 7 mm)?
Dalle prove eseguite su ramo singolo si passa da un carico nominale senza nodi che si attesta attorno ai 1400 kgf [Nota 1] a un valore di circa 800 kgf con un solo nodo (Fig. 4 e 5); in pratica la resistenza del cordino si abbassa di circa il 43%. Non è scorretto quindi, a favore di sicurezza, utilizzare un coefficiente di riduzione del 50 %, sicuramente più facile da ricordare. Se però c’è più di un nodo? Facciamo, a puro titolo di esempio, quattro nodi in serie su un singolo ramo per vedere come varia la sua resistenza rispetto al caso precedente di un singolo nodo. Il carico di rottura del cordino rimane pressoché uguale a quello con un singolo nodo. E quindi evidente che nel calcolo della resistenza dei rami di cordino l’effetto nodo entra in gioco una sola volta! Se infine valutiamo la resistenza di un anello si può notare come questa risulti maggiore (nella prova specifica si è arrivati a 1777 kgf). perché ci sono due rami che concorrono a sostenere lo sforzo e va considerato inoltre l’effetto di scorrimento del nodo nella trazione e gli attriti sulle teste della macchina a trazione (Fig. 6). Nella Tab. 1 sono esposti i risultati di alcuni test effettuati su vari tipi di corde e i valori medi di resistenza, con e senza nodi, su oltre trenta prove. Come si può vedere, se interponiamo nell’anello un altro nodo, i carichi rimangono comunque elevati!
Test comportamento del nodo galleggiante a trazione
Il nodo “guide semplice” o “galleggiante” viene usato soprattutto per collegare due corde da utilizzare per la calata in corda doppia. In tale caso, infatti, rispetto agli altri nodi di giunzione, si riduce la possibilità di un suo incastro nelle fessure o in altre asperità del terreno. Il nodo “galleggiante” è da molti considerato però come un nodo facilmente apribile e che mal si presta alla giunzione di corde e cordini di diverso diametro. Per dare riscontro a questa problematica è stata svolta una serie di test atti a valutare il comportamento di questo nodo. In sequenza abbiamo analizzato il comportamento a trazione del nodo galleggiante, impiegato per unire tra loro due spezzoni di corda e/o cordini, in varie configurazioni:
1) due spezzoni di corda singola dello stesso diametro di 9,8 mm;
2) uno spezzone di corda singola con cordino “procord” di diametro 8 mm. molto rigido;
3) uno spezzone di corda singola con cordino in nylon di diametro 7 mm (Fig. 7);
4) uno spezzone di corda singola con cordino in Kevlar da 5.5 mm.
Le stesse prove sono state rifatte con la medesima sequenza utilizzando però, al posto della corda singola, una mezza corda di diametro 8.4 mm. Si può notare (vedere Tab. 2) come il nodo tenda prevalentemente a sciogliersi. Il suo completo sfilamento avviene solo se non vi è un aumento di temperatura tale da far iniziare a fondere una o entrambe le calze degli spezzoni di corda; se si verifica questa circostanza, infatti, lo scorrimento tra le corde viene annullato (e quindi impedito il completo sfilamento), privilegiando il cedimento del nodo per rottura di una delle due parti. Teniamo a precisare che in tutte queste prove l’accoppiamento che ha ottenuto il carico più basso è quello tra mezza corda e Kevlar con un valore di 557,90 kgf (Fig. 8); valore che risulta comunque compatibile con quello che potrebbe essere l’utilizzo di questo sistema nelle discese in corda doppia. Se a questo aggiungiamo che durante una discesa in corda doppia il nodo galleggiante non viene mai sollecitato in modo diretto come in queste prove ma in modo indiretto, una delle due corde passa nel vertice della sosta dove vi sono degli attriti, la situazione migliora a favore di una maggiore difficoltà di scioglimento. Un’altra considerazione fondamentale è che a “trazione lenta” tutti i nodi scorrono!
Diverso è invece il loro comportamento quando vengono sollecitati da un carico dinamico come avviene in realtà durante la trattenuta di una caduta da parte di un arrampicatore.
Comportamento del nodo galleggiante a carico dinamico
In questa situazione il comportamento del nodo cambia drasticamente. Nelle varie prove si è costruito un anello di cordino, da usare come rinvio, utilizzando come materiale sia Nylon che Kevlar (Fig. 9-10). Per entrambi i materiali il nodo galleggiante sopporta senza alcun problema il carico al rinvio (dell’ordine di 600-800 kgf) con uno scorrimento minimo o nullo nel caso di corda frenata. Si ribadisce che questi comportamenti si ottengono solo con “corda frenata”, la cosa non è più vera a “corda bloccata” in cui gli accoppiamenti tra fettucce e/o cordini potrebbero anche sciogliersi o rompersi.
Effetto strozzo su lama
Trazione lenta
Con un’altra serie di prove abbiamo verificato l’effetto che si genera su anelli precuciti, siano essi di fettuccia (più o meno larga), o di un cordino in Kevlar. quando vengono passati a “strozzo” su una lama (Fig. 11). Certamente, rispetto al valore prescritto dalle norme che è di circa 2200 kgf. vi è una diminuzione di resistenza, ma il valore del carico di rottura si attesta mediamente intorno ai 1450 kgf (vedere Tab. 3) che è, comunque, valore elevato.
Effetto strozzo su lama
Carico dinamico
Come per il caso degli anelli chiusi con il nodo galleggiante, il comportamento a carico dinamico risulta soddisfacente (vedere Tab. 3), non presentando scioglimento o rottura (Fig. 12).
Va evidenziato che questo collegamento si fa solo quando non ne siano possibili altri; è sempre meglio passare un anello di fettuccia (o cordino) doppio piuttosto che a bocca di lupo!
Effetto strozzo su due fettucce
Trazione lenta
Di particolare interesse è anche capire di quanto si abbassi la resistenza di due fettucce collegate tra loro da un nodo a strozzo, cosa che potrebbe verificarsi per esempio quando vi sia la necessità di allungare una protezione.
Anche in questo caso vi è un’importante perdita di resistenza rispetto a quella nominale della singola fettuccia, ma il valore è ancora superiore ai 1000 kgf (Fig. 13 – vedere Tab. 3).
Effetto strozzo su due fettucce
Carico dinamico
Anche in questa condizione il sistema resiste. Si consiglia in ogni caso di interporre tra le due fettucce un moschettone e di accoppiarle con un “bocca di lupo” solo in mancanza di materiale (vedere Tab. 3).
Effetto tranciante del nodo barcaiolo
Un’altra leggenda di cui spesso si sente parlare è quella legata al supposto effetto tranciante del nodo barcaiolo. Sottoposto a trazione questo nodo tende a scorrere fino a che non vi sia qualche impedimento causato, per esempio, dalla fusione della calza o dalla presenza di un nodo di sicurezza, giungendo a rottura con valori superiori ai 1300 kgf (Fig. 14) per una corda singola. Nel test dinamico il nodo tende senza dubbio ad avere un certo grado di scorrimento, ma non si verifica in ogni caso nessun effetto tranciante (Fig. 15).
Tenuta Anello imbracatura
Un altro dettaglio sul quale abbiamo posto la nostra attenzione è la tenuta dell’anello di servizio dell’imbracatura. Molto spesso, infatti, si vedono degli arrampicatori che “rinforzano” questo elemento con anelli di cordino in Nylon o in Kevlar.
Allo scopo abbiamo confrontato la resistenza di un anello di servizio nuovo (Fig. 16) e di uno usato. Pensiamo che il valore del carico di rottura di quello usato (3544 kgf) non richieda ulteriori commenti e neanche cordini di rinforzo!
Moschettoni sottoposti a flessione
– trazione lenta
Un’attenzione particolare va riservata ai moschettoni che si trovano a lavorare a flessione, siano essi con leva tubolare o a filo (Fig. 17-18); notare i bassi valori dei carichi di rottura. E necessario quindi che i connettori lavorino lungo il loro asse maggiore, altrimenti è chiaro che la loro resistenza si riduce in modo significativo.
Moschettoni che si aprono in fase di carico
Va chiarito infine che i moschettoni non si aprono per effetto del carico dinamico che subiscono nella fase di trattenuta di un volo. I moschettoni si aprono perché li posizioniamo male o perché la loro leva, nel momento in cui vengono caricati, va a sbattere o a premere contro le asperità della roccia.
Corda doppia: giunzione tra corde di diverso diametro
In caso di corda doppia su una corda singola (o mezza) e un cordino di diametro molto piccolo, ad esempio un cordino in kevlar, vi è uno scorrimento di quest’ultimo dentro il freno-discensore e quindi si viene a creare una situazione potenzialmente pericolosa. E indispensabile preparare la doppia in modo tale che per recuperarla si debba tirare il cordino (Fig. 19 e 20). In tal modo, nel caso probabile di scorrimento del cordino di kevlar, il nodo va in battuta sulla maglia rapida (o comunque arriva a bloccarsi all’anello posto al vertice della sosta). A tal proposito facciamo presente che in rete circolano degli articoli in cui il nodo galleggiante viene definito come “European Death Knot” o “Nodo europeo della morte”. In questi articoli si sostiene la pericolosità di questo tipo di nodo utilizzato per congiungere le due corde per scendere in corda doppia e si consiglia di unire le due corde almeno con un galleggiante doppio. Anche in questo caso abbiamo voluto testare questa situazione di utilizzo verificando, come d’altronde la consuetudine alpinistica dimostra costantemente, che non vi è alcun problema.
Conclusioni
Attenzione! L’impiego di materiali a norma, così come l’adozione di tecniche o manovre spesso “importate” e “copiate” non significa MAGGIORE SICUREZZA. Ad esempio, la tenuta degli ancoraggi in ambiente, dipende esclusivamente dal loro posizionamento; le normative garantiscono solo la buona costruzione dei vari materiali. Nessuna norma potrà mai sostituire l’esperienza e il buon senso dell’utilizzatore nel loro posizionamento e nella valutazione sulla loro tenuta! Non bisogna infine mai scordarsi che solo la conoscenza più l’esperienza possono esporci a minori rischi e darci una maggiore sicurezza… non scordandosi mai che la sicurezza fondamentale è quella dentro di noi!
Ringraziamenti
Un particolare grazie a Sandro Bavaresco, amico e tecnico del laboratorio del Centro Studi, la cui presenza e competenza si rivela sempre fondamentale nello svolgimento delle varie attività.
Note
Nel sito del CSMT www.caimateriali.org. alla sezione video, è presente e scaricabile un filmato dal titolo “Materiali e loro uso – tra mito e realtà” in cui sono visibili le prove qui sopra descritte.
(Nota 1) I valori espressi nelle tabelle sono in kgf (kg forza); il chilogrammo forza o chilogrammo peso è un’unità di misura adottata comunemente per misurare una forza nel sistema tecnico, equivalente nel sistema internazionale a circa un deca Newton (daN).
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Certo che “Tutto può capitare a tutti”. Se però in quell’istante tu stai facendo quello che potevi fare per quelle che erano le tue capacità reali in quel momento le cose vanno diversamente, perché sei ancora lucido e ti resta da giocare l’ultima carta, che solo allora hai la conferma che ce l’hai e quanto può essere pesante.
Tutto puô capitare a tutti.
“Se invece volete cagarvi addosso, o peggio ancora farvi del male o addirittura lasciarci la pelle, fate quello che non potete fare per quelle che sono le vostre capacità reali in quel momento. Quello che non fate oggi lo potete fare domani, ma solo se siete ancora vivi.” Da sottoscrivere. ..anche se a volte si cade nel letamaio senza volere.Tra le” capacita’ reali del momento” rientra anche il saper usare corde , cordini , metallerie varie , provare le calzature , le manovre e le posture fisse ed in concatenazione motoria. Mai pretendere di saltare una “classe “…per vantarsi .Ars longa , vita brevis.( lo dice un miracolato)
Altrimenti rimandare al domani e fare esercizio..le tabelline di base,la palestrina boulder coi materassoni.. , gli scioglilingua o i gorgheggi ci sono in ogni campo…ed iniziare le vere imprese sul facile medio…specie se si sta alla scrivania per parecchio tempo…prima di entrare in situazione vera.
Vorrei rimarcare come il CAI sia con il CSMT che con le Scuole dia un contributo sostanziale alla sicurezza nelle attività in montagna. Vorrei sottolineare come questo contributo sia a volte poco riconosciuto e oscurato da dinamiche di mercato. DinoMarini
Passione e dedizione servono nel motivare il provare e riprovare nodi , manovre ..se un adepto si stanca subito, o dice che “buona la prima-annodata”, poi o smette o ci perde la manetta e al momento di applicare sul campo gli vengono i dubbi.
Voto no. 6
Muoversi a propria misura alza il rischio di tornare a casa. Realizza la curva di crescita piû veloce e solida.
come già scritto da roberto pasini 5 le spiegazioni sono molto chiare e utilissime
purtroppo se mi reco in qualsiasi negozio di sport attrezzato e compro l’attrezzatura necessaria per andare ad arrampicare o peggio ancora in ferrata
ne esco contento e soddisfatto dell’acquisto senza aver avuto nessuna informazione a riguardo
non è semplice ne facile secondo me
come vengono richieste informazioni più importanti per l’utilizzo di altre cose o attrezzi che potrebbero risultare pericolose ai neofiti dovrebbe essere fatto per tt quello che riguarda l’attrezzatura del mondo dell’alpinismo o della falesia o della montagna in genere
http://www.caimateriali.org/fileadmin/user_upload/pdf_marra/Carboni_-_La_Torre_di_Padova__didattica_di_assicurazione_e_test_dei_materiali__1a_parte__-_LAV.pdf”
universa universis patavina libertas!”
Pero’purtroppo..i nodi autoscioglienti sono sempre in agguato.https://ricerca.gelocal.it/tribunatreviso/archivio/tribunatreviso/2006/06/14/TP7PO_TP710.html
l’articolo serve a fare diradamento e a consigliare a di impratichirsi su un bagaglio ristretto da diventare istintivo.. cementato nei gesti…e sottoposto a tanta pratica.
Alle conoscenze necessarie si arriva solo con la passione e quindi la dedizione. Nessuno degli elementi può escludere l’altro.
Dal mio bagagliaio di esperienze: Agli aspiranti frequentatori della montagna in tutte le salse: Se volete divertirvi, non rischiando più di tanto, fate solo quello che potete fare per quelle che sono le vostre capacità reali in quel momento. Se invece volete cagarvi addosso, o peggio ancora farvi del male o addirittura lasciarci la pelle, fate quello che non potete fare per quelle che sono le vostre capacità reali in quel momento. Quello che non fate oggi lo potete fare domani, ma solo se siete ancora vivi.
Interessanti e utili questi contributi tecnici. C’è sempre da imparare qualcosa. Io suggerirei di concluderli con una sezione, a cura della Redazione o di qualche contributore professionista, del tipo: “Cosa mi porto a casa”. Consigli e regole chiare e semplici, quando possibile, da ricordare sul campo.
@ Cominetti al 2. “Insomma, iniziare è la fase più rischiosa in cui solo passione e quindi dedizione portano alla necessaria lucidità per progredire senza rompersi le ossa”. Io oltre a passione e dedizione aggiungerei conoscenze perché lì non si può improvvisare.
Per quanto valga la penso esattamente come Marcello parola per parola. Dino Marini
Albert, il laboratorio si trova a Padova. Ho sempre sostenuto che ogni arrampicatore e ogni alpinista dovrebbero andarci almeno una volta nella vita per rendersi conto di tante cose.
Come giustamente ribadito nell’articolo, il posizionamento di chiodi e/o protezioni veloci richiede molta manualità ed esperienza, elementi che si acquisiscono con tempo.
Purtroppo l’alpinismo è molto complesso nella sua fase tecnica iniziale, in quanto ci si muove su terreno facile (di grado basso) su cui una caduta ha conseguenze molto peggiori di quelle che avrebbe su terreno difficile. Ma sul difficile ci si va dopo un po’ di gavetta fatta sul facile. Insomma, iniziare è la fase più rischiosa in cui solo passione e quindi dedizione portano alla necessaria lucidità per progredire senza rompersi le ossa.
“I vari test sono stati eseguiti a trazione lenta o con carico dinamico presso il laboratorio e la torre del Centro Studi Materiali e Tecniche del CAI.”
DOVE SI TROVA TALE CENTRO?PRESSO ISTITUTO UNIVERSITARIO INGEGNERIA?