Matteo Armani
di Enrico Garbaini
Nasce a Trento nel 1909 da genitori di Mezzolombardo, fu alpinista e accademico del CAAI, uno dei primi provenienti dalla città che si spinse per lo più sulle pareti del Brenta, ripetendo le classiche dell’epoca e aprendone di nuove, anche sulle Pale di San Martino. Ci ha lasciato poche informazioni, ma molte vie di rilievo (32 nel Brenta e 2 sulle Pale di San Martino): solo anni dopo le sue imprese, grazie alle prime ripetizioni, si comprese veramente il calibro di questo alpinista.
Non amava acclamare i suoi successi, scalare era un modo per evadere dalla città, ammirare panorami incredibili, vivere l’avventura con i suoi compagni. Sceglieva sempre vie logiche ed evidenti fin dalla base, era un antesignano della filosofia alpinistica del giorno d’oggi.
Divenne accademico del CAAI nel 1931 a 22 anni presentando il curriculum alpinistico con salite che all’epoca contavano poche ripetizioni, basti pensare che la via Fehrmann al Campanile Basso il 31 agosto del 1931 contava solamente 29 ripetizioni, oggi una delle vie più ripetute del Campanile.
Fu anche un ottimo sciatore, partecipò alla terza edizione del Trofeo Mezzalama il 26 maggio 1935. Lo portò a termine con altri due compagni della SAT di Trento, Ettore Gasperini-Medaia e Silvio Agostini, se pur ultimi completarono il percorso in 6h 57′.
Armani era un uomo taciturno, molto generoso, non raccontava mai delle sue imprese. Spesso lo si vedeva con la pipa intento nei lavori più umili, nonostante fosse il proprietario dell’Acetificio Ettore Armani, aperto da suo nonno presso Port’Aquila a Trento ed ereditato dal fratello Armano che lo aveva trasferito in via Jacopo Aconcio. Dopo la sua morte venne gestito dal figlio Elmo e poi venduto all’attuale casa spumantistica Cesarini Sforza.
Si sposò con Emma Graffer conosciuta frequentando i suoi fratelli, Paolo e Giorgio, durante le salite in Brenta e fu così che le famiglie di due grandi alpinisti si unirono condividendo salite e successi. Ebbero due figli, Elmo, ultimo proprietario dell’acetificio, e Giorgio, conosciuto commercialista di Trento venuto a mancare recentemente, si ricordano le sue due guide tascabili: Guida alla Val d’Ambiez (1978) e L’Alta via del Brenta (1979).
Matteo Armani fu attivo promotore di attività della SAT di Trento, sempre presente al corso d’alpinismo della scuola Graffer.
Nel 1937 coordinò la costruzione del rifugio in Val d’Ambiez intitolandolo all’amico guida Silvio Agostini e successivamente contribuì alla realizzazione dell’attuale strada che dal rifugio Cacciatore porta al rifugio Agostini.
Nel 1940 venne richiamato alle armi come tenente degli Alpini nel “Battaglione Vestone”.
Al ritorno dalla guerra in Albania, grazie alle suo capacità alpinistiche e scialpinistiche venne assegnato come istruttore alla Scuola Militare Alpinismo di Aosta, evitando così di essere mandato al fronte russo.
Nel 1946 si dedicò con un gruppo di altri soci alla costruzione della Ferrata Castiglioni (dal rifugio Silvio Agostini al rifugio XII Apostoli, passando per la Bocchetta dei Due Denti).
Nel 1947 Armani coordinò nuovamente un gruppo di alpinisti alla costruzione del rifugio sull’altipiano del Grostè, intitolandolo al compagno alpinista Giorgio Graffer,aviatore medaglia d’oro al valor militare caduto sette anni prima nei cieli dell’Albania.
Nel 1950 con il solito gruppo di amici costruì la ferrata Ottone Brentari.
Matteo Armani fu grande finanziatore di tutte queste opere. I rifugi vennero donati alla SAT, le ferrate messe a disposizione di tutti, questi gesti ci fanno comprendere quanto fu importante il suo ruolo nella storia dei rifugi del Brenta.
Il figlio Elmo ci racconta che il padre Matteo, per recarsi in Brenta, partiva con gli amici in bicicletta carichi di attrezzatura nel sabato pomeriggio dopo il lavoro. Salivano a Zambana, prendevano la funivia della Paganella, scendevano sempre in bici a Molveno, risalivano la Val delle Seghe fino al Rifugio Pedrotti e per risparmiare si prestavano ai lavori di rifugio in cambio di un piatto di minestra caldo e una branda. Il giorno seguente era dedicato alle ripetizioni o aperture di nuovi itinerari, per poi rientrare in bicicletta a Trento, solamente con una luce frontale da minatore tenuta dal primo della fila.
Marino Stenico ci riporta un pensiero dell’amico Matteo:
“Nonostante i tanti impegni di lavoro e le vicissitudini della vita, ho sempre trovato lassù quel conforto, quella pace e serenità che noi tutti tanto desideriamo”.
Morì nel 1972 per cause naturali.
Le vie
Di seguito le vie aperte da lui e compagni, spesso le cordate si ripetono, rimarcando l’importanza di un compagno su cui poter contare. Il più fidato fu Ettore Gasperini-Medaia con il quale aprirà 21 vie.
1932 Matteo Armani e Luigi Miori, “via Armani”, parete est Punta Massari, superando una fessura strapiombante che incide la metà superiore della parete, 160 m, IV;
1932 Matteo Armani e Renzo Salvadei, “via Armani”, spigolo ovest di Torre Prati, 140 m, IV;
1933 Matteo Armani e G. Giuliano, “via Armani”, parete est della Cima SUSAT, per la fessura di destra delle due fessure incrociate, 250 m, V;
1933 Matteo Armani, G. Giuliano e Mariano Lubich, camino sud-ovest alla Cima Ceda Occidentale, 300 m, V;
1933 Matteo Armani e G. Giuliano, solo quattro giorni dopo l’apertura della Via Castiglioni-Detassis sulla parete ovest del Crozzon di Brenta nel Massiccio della Tosa, ignorando di essere stati preceduti, tracciarono un itinerario che in parte coincide col precedente, ma più diretto: verrà riconosciuto come una variante, 600 m, V;
1933 Matteo Armani e G. Giuliano, spigolo ovest della Torre di Brenta. Lunga cresta frastagliata che termina con un gran salto strapiombante sopra la parte più bassa della Vedretta degli Sfulmini, 300 m, IV;
1934 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, “via Armani”, parete nord del Campanile Basso, V con passaggi di VI;
1934 6/7 settembre Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, Diedro nord-ovest della Cima di Ghez, arrampicata grandiosa, di serio impegno all’interno del grande camino-gola levigato che sarà ripetuto solo nel 1970 da Marino Stenico, V+ VI/A2, 600 m (il primo dei tre grandi capolavori di Matteo Armani);
1934 Matteo Armani e Luigi Scartezzini, spigolo sud-est della Cima Gaiarda, 300 m, IV;
1934 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, parete sud di Cima Ceda Occidentale, lungo una serie di fessure, 350 m, V+;
1934 Matteo Armani, Ettore Gasperini-Medaia, parete sud di Cima del Cacciatore (Pale di San Martino), 400 m, V;
1935 Matteo Armani e Luigi Miori, spigolo ovest di Torcia di Valgrande (Pale di San Martino);
1935 Matteo Armani e Luigi Scartezzini, “via Armani”, parete sud-est Torre di Brenta, 220 m, V;
1935 Matteo Armani e Luigi Scartezzini, “via Armani-Scartezzini”, parete sud della Cima Roma, 430 m, IV;
1935 Matteo Armani e Cornelio Fedrizzi “via Fedrizzi-Armani”, parete sud del Campanile Basso. Arditissima arrampicata sulla giallastra parete sud (il secondo dei tre grandi capolavori di Matteo Armani), 260 m, VI;
1935 Matteo Armani e Mariano Lubich, prima ascensione del Campanile dei Bubi attaccando sulla parete est della lama e salendo obliquando verso sinistra in direzione dello spigolo sud;
1936 Matteo Armani e Luigi Scartezzini, versante est del Monte Ridont per evidenti camini;
1936 Matteo Armani, Ettore Gasperini-Medaia e Mariano Lubich, parete sud della Cima Mandron, “via del diedro”, in quel grande diedro che solca interamente la parte più a sinistra della parete, 500 m, V;
1936 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, spigolo sud-ovest della Cima Baratieri, 330 m, III e IV;
1936 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, quarto camino della Cima Mandron per la parete sud;
1936 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, parete ovest della Cima Tosa, sfruttando il lungo e caratteristico camino che sovrasta la Vedretta dei Camosci, 350 m, IV;
1936 Matteo Armani e Marcello Friederichsen, “via Diretta Armani”, parete est di Cima Brenta, lungo il sottile diedro a destra del diamante, 500 m, V;
1937 Matteo Armani, A. Giuliano e G. Lubich, parete est del Crozzon dei Mandrini, III;
1937 Matteo Armani, Ettore Gasperini-Medaia e R. Zust, Torre Bianchi per il camino nord, III;
1937 Matteo Armani, Ettore Gasperini-Medaia e Mariano Lubich salgono un campanile giallastro poi battezzato col soprannome di Silvio Agostini (Campanile Caigo), caduto quello stesso anno sulla vicina parete sud della Cima Brenta Occidentale;
1938 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, Denti d’Ambiez da sud, “via normale della Torre d’Ambiez”, 200 m, III;
1938 Matteo Armani, Ettore Gasperini-Medaia e Mariano Lubich, parete sud della Cima Mandron, 5° camino;
1938 Matteo Armani ed Ettore Gasperini-Medaia, “Diedro Armani” ai Denti d’Ambiez, ancora oggi una delle sue vie più ripetute, 200 m, IV+;
1938 Matteo Armani, Ulisse Battistata ed Ettore Gasperini-Medaia, variante al Diedro est ai Denti d’Ambiez, via Anna, 200 m, IV;
1938 Matteo Armani, Ulisse Battistata ed Ettore Gasperini-Medaia, via a destra della punta dei Castei Meridionali;
1938 Matteo Armani, Cornelio Fedrizzi, Ettore Gasperini-Medaia, “Fessura ovest” del Campanile Steck;
1939 Matteo Armani, Marco Pilati, Gino Pisoni, parete sud-ovest (finendo sullo spigolo ovest) della Punta dell’Ideale, IV passi di V;
1939 Matteo Armani e Gino Pisoni, parete nord-ovest del Campanile Alto, incontrando passaggi molto eleganti e difficili, su roccia ottima, 450 m, VI-;
1946 Dopo anni di inattività, con Cornelio Fedrizzi, ecco il terzo dei tre grandi capolavori di Matteo Armani: la via Armani-Fedrizzi al Diedro sud-ovest del Croz dell’Altissimo, 800 m, VI+;
Nel 1976 Marino Stenico e Graziano Maffei intitolarono all’amico Matteo la Piramide nel gruppo Monzoni-Vallaccia sulla quale avevano aperto la Via dei tre diedri: indelebile resterà quindi il suo ricordo con il nome della cima.
Fonti
Bollettini SAT 1931- 1972
Lo Scarpone 1931-1973
Gl’imprudenti di Silvio Agostini 2022
www.angeloelli.it
https://gognablog.sherpa-gate.com/
Un ringraziamento particolare a Riccardo Decarli, Marco Comper, Elmo Armani, Silvio Agostini, Franco de Battaglia, Angelo Elli, Alessandro Gogna, Andrea Farneti.
Enrico Garbaini
Sono nato a Tione di Trento il 10 marzo 1992. Iscritto alla SAT di Arco. Sto frequentando il corso Aspiranti guide del Trentino 2023.
Inizio a scalare in Valle del Chiese nelle falesie di casa, ma subito capisco la passione per le vie alpinistiche, lo scialpinismo, l’arrampicata su ghiaccio, il canyoning e il volo con il parapendio, grazie all’ambiente che mi circonda. Ho frequentato il liceo per le professioni del turismo in montagna dal 2006 al 2011. Nel medesimo anno ho conseguito la qualifica di accompagnatore di territorio e di maestro di snowboard. Dal 2015 mi sono trasferito ad Arco per dedicarmi appieno all’arrampicata completando il curriculum per richiedere l’accesso al corso Aspiranti guide. Dal maggio di quest’anno ho iniziato il percorso di formazione per aspirante guida. Attualmente lavoro nel punto vendita Vertical sport di Arco come store manager.
La seguente ricerca è frutto della volontà di approfondire la conoscenza di questo alpinista del quale poco si sapeva, che ci ha lasciato una grande eredità nel Brenta.
Ho iniziato la ricerca contattando l’amico accademico Francesco Leardi e l’istruttore nazionale Andrea Farneti, i quali dopo aver cercato informazioni nei libri e bollettini in loro possesso mi hanno consigliato di contattare Alessandro Gogna, il quale mi ha consigliato di rivolgermi a Riccardo Decarli, responsabile della biblioteca della SAT di Trento. Riccardo mi ha donato molte informazioni che mi hanno portato a contattare Silvio Agostini, grande storico di alpinismo della nostra zona, nonché nipote dell’alpinista suo omonimo e zio Silvio Agostini. Ho trovato aneddoti e prove di vie aperte da Armani e compagni grazie alla consultazione del libro di Agostini Gl’imprudenti pubblicato nel 2022, spulciando uno ad uno i Bollettini della SAT e le pubblicazioni de Lo Scarpone dell’epoca. La ricerca ha raddoppiato le informazioni contattando Marco Comper, suo amico negli ultimi decenni di vita di Armani che a sua volta è riuscito a procurarmi il contatto di Elmo Armani, il figlio di Matteo. Elmo mi ha donato informazioni più precise, confutato e confermato alcune già in mio possesso. Grazie ad Elmo siamo riusciti a conoscere meglio chi è stato Matteo, persona fortemente altruista che amava le sue montagne, ma che prima di tutto amava i suoi compagni e tutti quelli che con lui volevano condividere la bellezza del Brenta.
19
Mi ha colpito il fatto che il protagonista, pur essendo benestante, mettesse in atto pratiche di risparmio come quelle di fare lavoretti nei rifugi in cambio del vitto. Può essere che lo facesse per allinearsi a quello che facevano i suoi compagni. In ogni caso dimostrava un comportamento sobrio che non so quanti replicherebbero ai giorni nostri a parità di condizioni.
Giuliano, in quello che hai notato, che è una cosa bellissima, è secondo me contenuta l’essenza dell’essere benestante. Un termine che viene usato a carattere economico ma che definisce anche qualcuno che semplicemente “sta bene”.
Il racconto dimostra che alpinismo significa non caricarsi di nulla in più del necessario. E il cosiddetto conto in banca, non c’entra.
Non ho voglia
di tuffarmi
nelle diatribe
su Covid e TAV Ho tante
randellate
sulle spalle Lasciatemi così
come unacosa
posata
in unangolo
e dimenticata Sto
con le quattro
note biografiche
del Gognablog.
Non ho vogliadi tuffarminelle diatribesu Covid e TAV
Ho tanterandellatesulle spalle
Lasciatemi cosìcome unacosaposatain unangoloe dimenticata
Stocon le quattronote biografichedel Gognablog.
Oggi mi sono rifugiato qui, tra le belle note biografiche su Matteo Armani, per star lontano dalle diatribe su Covid e Tav, e per sfuggire alle crovellate quotidiane.
Bella ricerca e un bel pezzo di storia dell’alpinismo.
Mi ha colpito il fatto che il protagonista, pur essendo benestante, mettesse in atto pratiche di risparmio come quelle di fare lavoretti nei rifugi in cambio del vitto. Può essere che lo facesse per allinearsi a quello che facevano i suoi compagni. In ogni caso dimostrava un comportamento sobrio che non so quanti replicherebbero ai giorni nostri a parità di condizioni.
Ho conosciuto Matteo Armani alla scuola Graffer. Veniva a festeggiare l’ultimo giorno del corso al rifugio Agostini, c’erano Marino Stenico. Paolo e Rita Graffer, Bruno Detassis e tanti altri grandi arrampicatori degli anni 30/50. Aveva anche una figlia Alessandra detta “Popa”. Ho salito il suo bellissimo diedro ai denti d’Ambiez. Con Giorgio ho fatto lo spigolo del Velo e con Popa la normale al Campanil Basso.