Memoria eletta

Memoria eletta
di Marcello Veneziani
(già pubblicato il 27 gennaio 2019 su marcelloveneziani.com)
Spessore 5, Impegno 5, Disimpegno 0

Ritirata di Russia.

Perché la giornata della Memoria è vissuta da molti italiani con disagio? Non mi riferisco ai pochi negazionisti e a chi farnetica contro gli ebrei. Mi riferisco ai tanti italiani che condividono l’orrore per la shoah e la persecuzione razziale, rispettano il dolore e la memoria. Ma quando vedono ogni altra memoria cancellata e relativizzata, ogni altro orrore rimosso e archiviato, ogni altro evento storico dimenticato; quando la memoria diventa sinonimo di quell’evento e nient’altro nella storia dell’umanità; quando perfino la ricerca storica è condizionata da leggi speciali che ne obbligano il giudizio e ne vietano la revisione; quando Auschwitz prende il posto della Croce, del Venerdì Santo. E quando vedono che qualcuno vi specula – lo storico ebreo Norman G. Finkelstein denunciò “l’industria dell’olocausto”e il suo sfruttamento – insorge l’insofferenza. Non per la Shoah, ma per la sua rappresentazione. Un fastidio represso perché se solo se ne accenna si passa per nazista e razzista.

E col tempo la Memoria aumenta anziché attenuarsi: oggi è più ossessiva di 30-50 anni fa. Ma l’alibi è sempre lo stesso: attenti, sta per risorgere… C’è sempre un piccolo episodio, una piccola idiozia che fa gridare all’orrore risorto.

Non c’è telegiornale, non c’è palinsesto, non c’è film storico, non c’è gita d’istruzione che non contempli quell’evento. Sparisce la storia del comunismo, sparisce la storia dell’uomo nei secoli e ogni altra cosa, anche bella e positiva; resta come una specie di religione dell’umanità, il culto di quella sola memoria.

L’holomodor, la persecuzione staliniana del popolo ucraino. In nome di un’ideologia.

Solo per limitarci a quegli anni, l’umanità visse tre immani tragedie, ciascuna a suo modo unica: il lager, il gulag e la bomba atomica. Tre mali radicali che massacrarono innocenti. I gulag furono i primi, durarono decenni, sterminarono di più e non in tempo di guerra. Ma il Male Assoluto, per l’Ufficio della Memoria, è solo il primo.

Da anni critico il monopolio della memoria e l’abuso, politico, ideologico, mediatico e perfino mercantile della Shoah. A viso aperto. Ma nella giornata della memoria (di solito estesa a una mesata se non a un’annata della memoria) devo confessarvi che ho letto Se questo è un uomo e La Tregua di Primo Levi, e vorrei parlarvene senza ipocrisia. Mi hanno toccato profondamente. Non le ho rilette, come di solito si dice, ma le ho lette per la prima volta, superando il rigetto che provo quando una lettura è obbligata, da ossequiare a priori. Ma rilette al di fuori di quel cono mediatico ed enfatico acceso giorno e notte, come il fuoco di Vesta, rilette da uomo a uomo, con mente e cuore aperti, le ho trovate di struggente umanità.

Le ho lette, certo, con la mia, personale sensibilità e sono stato toccato in particolare da due cose che di solito passano in secondo piano: il suo pensiero del ritorno e la sua nostalgia della casa, dell’Italia, degli italiani.

“Mi stava nel cuore il pensiero del ritorno” scrive Levi mentre lo deportavano e passando il Brennero figurava “l’inumana gioia” del passaggio inverso, in libertà, verso l’Italia, coi “primi nomi italiani”. Un’altra volta nel lager, sentendo passare un treno e sibilare la locomotiva, Levi sogna il treno del ritorno a casa: “sentirei l’aria tiepida e odore di fieno, e potrei uscire fuori, nel sole: allora mi coricherei a terra, a baciare la terra, col viso nell’erba. E passerebbe una donna e mi chiederebbe: “Chi sei? In italiano e io le racconterei, in italiano, e lei capirebbe e mi darebbe da mangiare e da dormire”. “In italiano”, ripete, con una densità evocativa del tutto priva di retorica.

Genocidio del popolo armeno.

Poi ne La tregua, Levi racconta la nostalgia come “una sofferenza fragile e gentile, essenzialmente diversa, più infima, più umana delle altre pene che avevamo sostenuto fino a quel tempo: percosse, freddo, fame, terrore, destituzione, malattia. E’ un dolore limpido e pulito, ma urgente; pervade tutti i minuti della giornata, non concede altri pensieri, e spinge alle evasioni”. E la voglia di raccontare, il veleno di Auschwitz dentro le vene, quei versi memorabili: “Sognavamo nelle notti feroci/ Sogni densi e violenti/ Sognati con anima e corpo/Tornare; mangiare; raccontare”. In quei tre verbi è riassunta non solo la speranza di chi è internato nei campi (non solo nazisti) ma anche di ogni agognato ritorno: il cammino a ritroso è spinto dalla fame originaria del cibo di casa, le pietanze della madre nell’infanzia, il pane condiviso coi famigliari e i commensali (compagni da cum-panis, non compagni politici). E raccontare, perché solo dicendo, condividendo, è possibile sgravarsi da quell’immane peso. Levi parla di ritorno, non di esodo, parla di casa e d’Italia non di terra promessa.

La copertina dell’edizione De SIlva, 1947.

Quest’anno è il centenario della nascita di Levi; era stato balilla e avanguardista, proveniva da una famiglia blandamente fascista, suo padre indossava la camicia nera; poi arriva la feroce demenza delle leggi razziali e lui diventa antifascista. Il suo capolavoro, Se questo è un uomo, dapprima rifiutato da Einaudi, pubblicato da de Silva, è il canto dolente di ogni uomo di ogni tempo, terra e razza. E racconta il male patito da ogni uomo. Se parla all’umanità intera non può che raccontare il male universale e non uno, esclusivo, unico, assoluto. Sconfiggi il razzismo se rispetti le differenze ma comprendi che gli ebrei sono come noi, né eletti né maledetti.

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Memoria eletta ultima modifica: 2019-01-29T04:32:06+01:00 da Totem&Tabù

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7 pensieri su “Memoria eletta”

  1. Giacomo Govi scrive “diventa evidente l’obiettivo che gli sta davvero a cuore: la schermaglia con i suoi nemici, qui rappresentati dal mondo ebraico, i comunisti e gli atlantisti.”

    O per usare i termini storici, che Veneziani vorrebbe usare  ma non può: “le demoplutocrazie giudaico-massoniche”

  2. Veneziani potrebbe argomentare in maniera decente sul perche’ bisognerebbe parlare di più di alcune tragedie, alle quale si da’ tradizionalmente meno attenzione. Invece no, preferisce citarle a pretesto sostanzialmente per dirci che si parla troppo della Shoah, che per lui come tragedia e’ sopravvalutata. Lo ritiene un argomento così’ noiosamente trattato che confessa di aver letto solo recentemente Primo Levi – estenuato da tale bombardamento mediatico. Al quel punto, vabbe’, la lacrimuccia e’ d’obbligo anche con un cinismo di tali proporzioni. 
    L’insieme e’ talmente imbarazzante  che diventa evidente l’obiettivo che gli sta davvero a cuore ( Massimo ha visto giusto ): la schermaglia con i suoi nemici, qui rappresentati dal mondo ebraico, i comunisti e gli atlantisti.
    Prevedibile e ripetitivo nella sua frustrazione, purtroppo proposto con grande insistenza su queste pagine.

  3. Ho deciso che per principio non leggerò più nulla di Veneziani prima di aver letto il suo necrologio

  4. Che poi questo bisogno di derubricare la Shoa a crimine similare ad altri sia dovuto ad una pulsione autoassolutoria dovuta al richiamarsi mai celato all’idelogia che ha contribuito a crearla è fin troppo esplicito.

  5. “No Marcello, la Shoah non fu un crimine come tutti gli altri”

    Esatto e sacrosanto.

    E veramente siamo alle solite col giustificazionismo benaltrista anche se un po’ più raffinato del pattume quotidiano che secernono i sovranisti/populisti medi.

    Basta leggere le cazzate sparse a piene mani dai cazzari gialloverdi su Savi di Sion , complotti dei Rotshild e similia, sia nelle forme più becere che in quelle più rafinate, per capire che bisogna vigilare e la tolleranza deve essere zero.

    Eh sì, caro Veneziani, sei fusariforme (simile al principe dei cazzari/cazzoni fusaro)… ricopri concetti beceri con qualche bella parola ma ti abbiamo sgamato.

    Pagherete, si spera, caro e tutto.

  6. Marcello Veneziani scrive e pensa bene, sintetizza con chiarezza e semplicita’ concetti complessi. Oggi ho letto il suo pezzo sulla giornata della Memoria e non mi e’ piaciuto. E non perche’ esponga i limiti di quella nausea che l’industria dell’olocausto ha creato ma perche’, da un lato, non coglie il senso di cio’ di cui si sta parlando e si e’ dimenticato di cosa e’ l’ebraismo; quindi contraddice il suo stesso pensiero di uomo della Tradizione.
    Il dolore e’ dolore e su questo non ci sono dubbi, un omicidio ideologico e’ un crimine contro l’umanita’ tutta, lasciamo fuori i numeri quindi; ma paragonare lo sterminio europeo ai danni degli ebrei, manu tedesca e alleati, alla bomba atomica statunitense o al gulag sovietico e’ concettualmente falso. Perche’ gli ebrei erano tedeschi e molti di loro anche patrioti e reduci della prima guerra, perche’ la Germania cristiana e post imperiale portava una cultura chiave dell’Europa occidentale, perche’ era aria di casa. Perche’ ha a che fare con il problema dell’antisemitismo che non e’ mai stato risolto, dall’accusa di deicidio in poi. Perche’ nessuna nazione europea cristiana aveva mai preparato ed attuato industrialmente e razionalmente una politica di esclusione ed eliminazione fisica dei suoi cittadini.
    Infine la Tradizione, Marcello e’ un uomo della Tradizione che rimpiange la caduta degli dei e il declino dello spiritualismo etico/religioso ai nostri tempi: ebbene, se cosi’ e’ allora gli ebrei non sono come tutti gli altri, come afferma Veneziani nello stesso editoriale: essi sono, Pentateuco alla mano, il popolo israelita, unico nella storia della civilta’ umana, ad aver stretto un patto con Dio: obbedienza alla legge in cambio della terra d’Israele.
    La Tradizione, se Veneziani si riconosce in essa e’ anche questa e ha radici antiche, le piu’ antiche in occidente. Cosi’ antiche infatti che i Vangeli cristiani, cioe’ la Bibbia greca, si basano per i riferimenti profetici su di una traduzione dal greco antico della Bibbia ebraica, chiamata dei settanta, (per gli esegeti/ermeneuti LXX). Il primo cristianesimo e’ quindi opera dell’ellenismo su impianto ebraico. Cercare di cancellare l’ebraismo dall’Europa significava e significa cancellare le origini della nostra coscienza.
    No Marcello, la Shoah non fu un crimine come tutti gli altri.

  7. Questa si che è una notizia. Il coltissimo Veneziani, quello che si lamentava perchè la moglie gli rovinava i libri, ha letto Primo Levi.  Ha fatto bene a farci un pezzo il capo qui ha fatto bene a rimandare la notizia. Metti che qualcuno non se ne fosse accorto.

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