Meno
di Beppe Ley
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 4 maggio 2022)
“La strada deve essere tracciata verso un futuro turistico con meno emissioni, meno consumi energetici, meno traffico, meno consumi idrici e una crescente consapevolezza del valore dei luoghi naturali e delle aree tecnicamente “non sviluppate”.
Lo sostiene il Dr. Tobias Hipp (geografo fisico con un dottorato di ricerca sugli effetti dei cambiamenti climatici sul permafrost alpino ed appassionato alpinista e sciatore del Club alpino tedesco) in una breve ma intensa intervista che trovate sull’articolo odierno di Totem&Tabù.
Invece l’umanità continua imperterrita a percorrere a testa bassa la strada del “più”: aggiungere, costruire, impiantare, elevare, lo vediamo anche in montagna. Un + che cela un’aberrante necessità di calmare la nostra oceanica ansia verso il futuro che non può esistere, nella nostra misera mente, se non aggiungendo. Qualsiasi cosa.
La strada urgentissima da seguire, senza chiedere al cielo ancora vittime, è meno, meno ed ancora meno. Non lo dico io bensì tutti i più grandi studiosi e ricercatori del pianeta. Meno consumi energetici, meno traffico, meno consumi idrici, meno infrastrutture inutili (piccole o grande che siano e che sfregiano soprattutto il paesaggio asciutto e sincero delle Alpi, da salvare senza se e senza ma).
Sono eternamente grato al vecchio sentiero di montagna per avermi fatto comprendere che nella vita bisogna saper togliere, disfarsi del superfluo, asciugarsi, sottrarre, come facciamo con lo zaino. L’ho imparato sentendo scorrere il sudore sulla mia fronte arrancando su erti pendii. Ascoltando l’affanno del mio respiro e il tambureggiare del cuore nel mio petto, un cuore prigioniero delle infinite vie ed orizzonti disegnati dai vecchi montanari.
Se non fosse stato per quei “meno”, non avrei mai avuto il coraggio di guardare francamente negli occhi di uno stambecco, riflesso della coscienza di un uomo.
“Senza regioni allo stato naturale non può esistere la storia (Edward O. Wilson, Metà della Terra)”.
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Il problema è che l’Homo sapiens sapiens regredito in Homo stupidus stupidus ben difficilmente è disposto alla rinuncia. Gli affari, il business, devono continuare non si possono fermare economia e finanza basati sui combustibili fossili che continuano ad essere largamente disponibili. Chi se ne frega del problema ambientale globale, sarà un problema delle future generazioni, noi dobbiamo solo pensare al presente per stare bene. E quindi, perchè la rinuncia? Se vero come è vero che questa è la mentalità corrente tra gli importanti decision makers del mondo, temo proprio che la salvaguardia dell’ambiente sia in condizioni di altissimo rischio. Vale comunque la pena battersi per cercare di assicurare continuità di vita ai nostri figli e nipoti sul pianeta che ci ospita.
“Un + che cela un’aberrante necessità di calmare la nostra oceanica ansia verso il futuro che non può esistere, nella nostra misera mente, se non aggiungendo. Qualsiasi cosa.”
Una bella risposta al post del panchinone di qualche giorno fa.
Vorrei far notare però che se il PIL non solo non diminuisce ma cresce meno del previsto, tutti si angosciano e prevedono catastrofi…in particolare quelli che propugnano l’impegno e la responsabilità dei singoli per il cambiamento.
A me pare che ci sia una “piccola” contraddizione…e il solito tentativo di colpevolizzare il popolo bue, controllarlo e contemporaneamente per assolvere il sistema (e chi tira le redini)
Rinunciare… la vedo dura in una societa basata sul consumo e sullo spreco che alimentano la produzione. Tanto consumo uguale tanta produzione di beni e servizi anche di quelli che potremmo benissimo farne a meno.
Ti mettono davanti 10 modelli diversi di scarpe ma non sei soddisfatto. Non ne avete altri??Abbiamo troppo e non ci basta, non ci fa più festa nilla.
Consumo di suolo, di acqua, di energia. Tutti a lamentarsi delle antenne dei ripetitori ma se poi non c’è linea tutti incazzati.
Consumo della propria immagine, della propria riservatezza.
Per ammirare una meraviglia della natura abbiamo bisogno della droga del panchinone. Moviamo il culo per il panchinone, non per quello che ci sta intorno.
Non credo proprio che il meno praticato dai singoli non raggiunga il risultato. Chi sarebbero i non singoli? Le aziende produttrici? Esse producono cio’ che i singoli chiedono. Un esempio stupido: se tutti fossimo in grado di rinunciare al condizionatore in estate non solo avremmo meno consumo di energia ma meno produzione di condizionatori. E potrei andare avanti con esempi simili. Fatti salvi i motivi di salute, di lavoro ( intendo le fabbriche, per gli uffici ci sarebbe da discutere di volta in volta) possiamo dire che oggi potremmo tagliare del 90% la necessita’ di avere aria condizionata in casa? Il primo passo deve arrivare dal singolo, in tutto. Se no diamo sempre la colpa agli altri, alle industrie che producono cio’ che noi vogliamo che producano o che consentiamo loro di produrre, ai politici che altro non sono che la nostra emanazione…
La difesa dell’ambiente deve partire da rinunce individuali. Oggi si parla solo di diritti, anche di diritto all’ambiente. Mai si dice che ognuno di noi ha anche doveri, doveri anche relativi al fatto di dovrr rinunciare a qualcosa e se ognuno esamina la sua giornata tipo di cose a cui rinunciare per difendere l’ambiente ne trova.
L’articolo è riferito al “meno” in montagna, e quindi di ciò si parla nei commenti, ma in realtà il concetto dovrebbe riguardare tutti, valligiani e cittadini.
Siamo di fronte ad una scelta di campo: se non rinunciamo a qualcosa, non salveremo quel poco che resta dell’ambiente.
È vero che i grandi danni ambientali sono principalmente collegati all’attività produttiva, più che ai comportamenti individuali. Ma se i singoli iniziano a rivedere al ribasso il proprio stile di vita, la minor domanda finale rallenterà la produzione e questa, rispettivamente, farà meno danni di oggi all’ambiente. I tempi per un trend del genere sono molto lunghi, ma se non iniziamo mai, oggi con una scusa domani con un’altra, allora non chiamiamoci “difensori” dell’ambiente: siamo corresponsabili dello sfascio, in pianura come alle alte quote.
Seriamente, invece, perché chi vive in montagna dovrebbe avere “meno di tutto” e chi vive in città avere tutto???
Io chiedo MENO commenti di Crovella, è possibile? Scherzo, dai!!!
Credo che il “meno” sia sacrosanto in tutte le attività umane. Il “meno” praticato dai singoli non raggiungerebbe però alcun risultato pratico, atteso che i problemi veri attengono all’industria e non ai consumi dei singoli. In periodo di crisi idrica, ad esempio, va rilevato che i consumi dei privati incidono soltanto di un 7% sul totale. Evidente che un comportamento più virtuoso dei singoli non avrebbe quindi alcun risultato pratico.
Ogni giorno che mi svegliavo accanto alla sveglia leggevo su di un cartoncino la scritta zen ” ogni giorno qualcosa in meno , non qualcosa in piu”per avere il giusto promemoria.
Devo averla gettata…
Giusto l articolo ma siamo fuori tempo massimo.
La filosofia “meno” implica anche “mano umani in montagna”.
Io ne sono convinto e la propagando da circa 15-20 anni, con lo slogan “più montagna per pochi”: una montagna con “meno” emissioni, “meno” installazioni, “meno” consumi idrici…. è una montagna come “meno” presenza umana. E’ un cane che si morde la coda; meno umani lassù richiedono meno infrastrutture e, a loro volta, meno facilitazioni (attraverso una montagna “scomoda”) attireranno meno umani.
Da questo girotondo non si scappa.
vedo che si sta estendendo. Era oras.
Votate progressisti e tutto andrà bene. “La scia della storia non si ferma”.