E’ certamente risaputo che GognaBlog non sia sostenitore del modello turistico invernale imperniato sui grandi comprensori sciistici. Al grande inquinamento che questi portano è preferibile tornare a stazioncine leggere, a misura di uno sci vecchia maniera, con innevamento naturale (si aprono gli impianti solo quando e se è nevicato).
I grandi comprensori sono voraci e comportano lo sventramento dell’ambiente: o per nuovi impianti o per estensioni immobiliari o per bacini di accumulo idrico per l’innevamento artificiale. Prima o poi si dovrà trovare un meccanismo per contenerli.
Il tema chiave è l’imprevedibilità dell’innevamento, specie in area alpina, dove si salvano strutturalmente solo le stazioni ad alta quota. Ma anche Sestrière (base impianti a 2000 m), pur con dominante esposizione a nord delle piste, non potrebbe “sopravvivere” senza l’innevamento artificiale. Il problema non è solo tecnico, ma principalmente turistico-commerciale: il nuovo sci richiede piste tirate a lucido, lisce come biliardi, perfette. Se non lo sono, lo sciatore storce il naso, cambia obiettivi.
L’articolo sotto riportato ci informa che al Sestrière gli investimenti per sostituire il parco-cannoni vengono stimati in circa 10 milioni. Si tratta di cifre che per altre stazioni sono improponibili. La concentrazione di capitali richiederà profitti crescenti, altrimenti il business diventerà insostenibile o, quanto meno, non allettante e il capitale non si ferma dove non è più che felice.
Il risvolto peggiore è che questi investimenti, anche se fossero improntati alla maggior sostenibilità possibile, non potranno che richiedere ulteriori lavori sul terreno (nuovi bacini, riposizionamento tubi e cannoni, via vai di ruspe e mezzi…), con inevitabili alterazioni dell’ambiente. Ma ne vale davvero la pena? (Carlo Crovella)
10 milioni per l’innevamento futuro al Sestrière
di G. Gia.
(pubblicato su La Stampa l’11 aprile 2023)
L’ingegner Giovanni Brasso, il presidente di Sestrières spa, arriva alla partenza della seggiovia Cit Roc quando i primi dei 1400 piccoli atleti in gara iniziano a scendere su cinque piste contemporaneamente. C’è anche il sindaco di Sestrière Gianni Poncet, in mezzo ad un mare di persone che vanno avanti e indietro freneticamente. Un successo anche per Gualtiero Brasso, figlio del presidente, al timone dell’organizzazione dell’evento: «Non lo vedo come una gara agonistica, piuttosto una grande festa per i bambini che si divertono e socializzano attraverso lo sport».
«Guardi lassù – indica Brasso – Si scia ancora ai 2900 metri del Monte Motta e siamo al 10 aprile, con un sole caldo e il cielo azzurro. Dobbiamo anche ringraziare quello che io chiamo il “socio occulto”. Perché, condizioni meteo a parte, godiamo di una posizione privilegiata. Per non parlare dei 26 gattisti e degli otto innevatori che ci garantiscono piste eccellenti».
E questo anche perché, come evidenzia Poncet: «Il nostro comprensorio ha il 75% dei tracciati esposti a nord e il 70% oltre i 2mila metri di quota».
Un dato essenziale per la pianificazione dei nuovi investimenti che ha in serbo la Sestrières spa. Soprattutto per quanto riguarda la produzione di neve artificiale, sparata oggi da circa 180 cannoni. «Tra qualche mese inizieremo la sostituzione di una parte della rete dell’innevamento nella zona Alpette – illustra Giovanni Brasso – ma, entro cinque anni, il nostro obiettivo è quello di rimodernare tutto l’esistente sostituendolo con nuove e più performanti tecnologie, che ci consentiranno di risparmiare energia e sfruttare al meglio i nostri bacini. Si tratta di un progetto che va ben oltre i 10 milioni di euro, ma è arrivato il momento di andare in questa direzione».
Oggi come oggi, sistemare un cannone sparaneve su un terreno considerato «facile», e quindi non impervio, costa circa 500 euro al metro lineare. Quello che le stazioni sciistiche delle Alpi piemontesi si lasciano alle spalle è un inverno sorprendente che ha confermato sempre di più la voglia delle persone di godere degli spazi aperti. «Sono convinto che il turismo non debba cambiare – termina Brasso – perché lo confermano i numeri. Noi abbiamo registrato 12 milioni di passaggi per un milione e 100mila “giornate sci”, nonostante l’aumento dei giornalieri del 6%, ovvero 43 euro se acquistati on-line e 44 alle casse. Ma questo grazie anche al ritorno degli sci club, visto che abbiamo avuto dai 30 ai 40 pullman tutti i fine settimana, provenienti anche da fuori regione. Per non parlare dei charter in arrivo dai Paesi del Nord».
Continua: «In alta stagione sono atterrati all’aeroporto di Caselle dai 70 ai 90 voli charter la settimana. Tutto questo rappresenta un’economia che in valle, tra dipendenti diretti e indotto, garantisce un’occupazione ad oltre 5mila persone. Per questo credo che, tutti insieme, dobbiamo lavorare per migliorare sempre l’offerta e l’accoglienza. Il futuro della montagna si decide anche così»
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Perfettamente d’accordo con Carlo Crovella. Oggi il mondo è dei brambilloni che secondo la moda devono “socializzare” ma in realtà tutti si odiano. L’essere umano è aggressivo, irrispettoso e senza senso come le zanzare ( oramai nella maggior parte dei casi). Allora che vadano pure ad agglutinarsi nei comprensori. Lasciamoli socializzare nel delirio e stiamone lontani.
E usiamola L’acqua
Si Tommaso: tra impianti di risalita, antenne 5g, pale eoliche, bivacchi e rifugi a 5 stelle, croci, piazzole per gli elicotteri, dighe e invasi artificiali, postazioni militari, ecc, ecc, in montagna c’è ancora molto spazio per tutti: per me, per te, per il Crovella e tutti gli altri del blog. Però forse l’articolo voleva far notare non la quantità di spazio che resta ( per tutti), ma la QUALITÀ!
Vedo tanto estremismo in molti commenti e soprattutto nell’articolo stesso.
Trovo veramente inutile accanirsi contro le stazioni sciistiche. Le Alpi sono un territorio vastissimo e le stazioni da sci occupano una porzione minuscola. Secondo me c’è spazio per tutti.
Riguardo allo scialpinismo e alle ciaspolate per esempio, che sembrano attività così tanto ecosostenibili, ritengo e come ampiamente già dimostrato da molti esperti, siano esse ungrave disturbo della fauna nel periodo più delicato dell’anno. Parlo da da sciatore e alpinista. Quindi ho l l’impressione che si vogliano dettare le leggi di comportamento, ognuno secondo le proprie esigenze.
Ripeto che secondo me c’è spazio per tutti, senza fare gli invasati del wilderness totale, perché rappresenta solo una forma di estremismo; vedo tanti che vogliono essere wilderness quando gli fa comodo, ma con telefonini, sci ultraleggeri, tutti iper tecnici. E poi il povero cristo che vuole farsi una giornata sulle piste viene considerato come uno scellerato distruttore dell’ambiente. Mi sembra tutto un pochino esagerato. Ci sino ben altri problemi di distruzione della natura decisamente più impattante, compresi i centinaia e centinaia di scialpinismo (in chimica cimento anche io) che battono ogni centimetro quadrato di neve fresca che è possibile trovare.
Provo compassione per la visione del mondo di Offray. Gli consiglierei la conoscenza di vaste zone delle alpi e degli appennini, solitari, deserti, pronti per rincuorate il suo povero spirito
Questi dibattiti fino a qualche tempo fa’ mi stimolavano e mi inducevano a proporre soluzioni, a fare critiche costruttive, a dire la mia insomma. Confesso che ora provo solo disgusto e rabbia leggendoli. Sono un dialogo fra sordi, ognuno continuerà per la sua strada, senza esitazioni. Quello che conta nella maggioranza degli uomini è sentirsi più intelligenti degli altri, avere successo, essere sempre pronti a giustificare il proprio punto di vista, magari anche in buona fede. Salvare se stessi e magari i propri discendenti già viventi. Poi chissà. Tutti, salvo i cretini che credono ciecamente nel progresso tecnologico, si rendono conto che questo mondo, a differenza di quello di tempi anche recenti, ha ormai i giorni contati, e saranno unicamente guerre assurde, malafede, disastrose pandemie, carestie e altri disastri naturali a far cambiare le cose. Non certo gli uomini, specie viscida e schifosa alla quale purtroppo appartengo. Come dice Oman Offray il mondo attuale, montagne comprese, non è che una discarica coperta da rovine sfavillanti.
@16 Apparentemente andiamo fuori tema, ma è punto che va chiarito una volta per tutte (per non tornarci mai più). Io NON scrivo per ottenere l’approvazione né di tizio né di caio. Esprimo mie opinioni, a volte prendendo il pretesto da un fatto oggettivo (es sbancamenti – che posso essere anche piccoli – nel caso del Sestriere) per allargarmi a valutazioni (sempre soggettive) molto più ampie. Es: da tempo io sono ormai ideologicamente contrario alle stazioni sciistiche (TUTTE!), hanno fatto il loro tempo e sono solo un danno, occorrerebbe smantellarle tutte. Quelle piccole e leggere sono affascinanti sul piano ideologico e ragionevolmemnte meno impattanti su quello ambientale. (NOTA: il discorso dell’equiparazione ai mezzi di trasporto, magari vale nell’immediato, ma se si prenderà una scelta di generale politica della montagna, si assumerà una norma giuridica diversa dall’attuale).
L’opinione (legittima, ma soggettiva) che si debba preservare solo ciò che è intatto o poco rovinato, non mi appartiene. Tra l’altro segnalo che, proprio in questi giorni di immane tragedia dell’Emilia-Romagna, c’è una significativa presa di posizione da parte di noti scienziati (fra cui Mario Tozzi, per non far dei nomi) che si è cementificato TROPPO.
Tornando alla montagna, troppe stazioni sciistiche hanno cementificato troppo, sia con gli impianti sia con le piste sia con i condomini, le strade, i piazzali. E poi troppi accessi antropici: troppi di numero e troppi di bassissima qualità (i pistaioli medi – parlo di quelli contemporanei – non eccellono certo come “non cannibali”, anzi!). E’ un’opinione la mia, assolutamente soggettiva (cmq è condivida da nomi che manco ti immagini…), ma questo penso e questo dico.
Ti ringrazio per il tuo eventuale sostegno che sei disponibile ad affrire ad altra tipologia di miei scritti, ma non ne ho bisogno. Non scrivo per alimentare il consenso, non è obiettivo che mi appartiene: scrivo per esprimere le mie idee e quando esse sono fastidiose (oggi per Tizio, domani per Caio) le scrivo lo stesso. E’ l’unica ratio di questi articoli, visto che siamo in un’ottica totalmente “no profit”. Tra l’altro salto da un settore all’altro a seconda di variabili non prevedibili: eventi del momento, esigenze del Blog, ispirazione personale. Mi capiterà di scrivere altre monografie scialpinistiche o altri testi di storia (sia dello scialpinismo che dell’alpinismo), così come continuerò a scrivere articoli di opinione su eventi riguardanti la montagna (nei suoi molteplici risvolti) e l’attualità.
L’opinione di ogni singolo lettore dei mie testi è legittima, ma le scelte se pubblicare o meno gli articoli sono esclusivamente redazionali. Ogni autore ha le sue idee, il suo stile e le sue preferenze. La redazione miscela armonicamente la successione delle pubblicazioni, in modo tale da offrire varietà di argomenti, di stili e di idee. Ciò che oggi non piace a te, magari piace ad altri (che non necessariamente lo scrivono nei commenti). La regia redazionale è saggia e capace: per cui criticare la presenza di un testo/autore non significa polemizzare con l’autore medesimo, bensì metter in discussione le scelte redazionali.
15. Carlo.
Quasi impossibile da attuare.
Una proposta invece fattibile, ci fosse volontà politica con un minimo di visione del futuro, in caso di nuovi impianti o ampliamenti di quelli esistenti, sarebbe quella di concedere l’autorizzazione a condizione che venga consegnata una fideiussione da escutere in caso di mancato smantellamento di impianti cessati.
Questo permetterebbe di evitare operazioni scriteriate e/o di avere i fondi necessari per lo smantellamento in caso il gestore non ottemperi.
13. Crovella.
Un conto sono gli articoli pubblicati, un altro i commenti che per l’appunto commentano liberamente senza censura (salvo casi estremi e comprensibili) e pertanto liberamente valutabili anche per l’emotività che possono esprimere.
A titolo di esempio, in questo articolo, hai scritto di sbancamenti, invasi e via discorrendo che sono nati dalla tua fantasia e non da fatti reali.
Qui non si tratta di scrivere articoli scientifici ma di non raccontare balle. E’ diverso.
Nell’esercizio del dubbio che esercito sempre i tuoi articoli li leggo con attenzione, al contrario di altri che un po’ mi scivolano addosso. Raramente sono d’accordo con te, spesso più per la forma con cui ti esprimi. A volte scrivi cose sensate su cui vale la pena riflettere, ma spesso poi rovini tutto con la tua prosopopea un po’ arrogante e presuntuosa.
Un consiglio. Abbandona o tendi a rarefare il più possibile le tue crociate personali che oggettivamente hanno stancato molti e scrivi invece di ciò che sai, come ad esempio sulle tue monografie scialpinistiche che hai pubblicato in PDF sulla Val di Susa e val Chisone. Credo che per molti sarà un piacere leggere. A condizione che poi tu non faccia la chiosa sull’affollamento, cannibali vari e via discorrendo. Ti prometto che al primo commento di chi proverà a dire che così contribuisci all’affollamento on montagna starò dalla tua parte.
Secondo me per fermare questa escalation c’è solo da obbligare nel mettere a bilancio il costo ambientale ed energia pulita e rinnovabile. Resteranno solo poche strutture in alta quota, a spaventosi costi solo per oligarchi russi e arabi petrolieri….a no, gli arabi hanno il domski nel deserto ad energia solare.
Andiamo, sù Paynsl rumore delle unghie sui vetri è fastidiosissimo!
Se parliamo di manufatti in cemento e ferro, il danno ambientale è praticamente assente, punto.
11. Matteo.
No. E’ anche un danno ambientale. L’olio dei motori e dei volani non viene smaltito e lasciato a percolare sul terreno quando la ruggine aggredisce le coppe di contenimento. Stessa cosa per i grassi di scorrimento. Il materiale ferroso arrugginisce, va sul terreno e con le piogge arriva nelle falde.
Lo stesso calcestruzzo, per gli additivi chimici presenti, non è che sia dei meno inquinanti.
Non comprendo quale sia il problema se sul Blog si esprimono dei “pareri”, delle opinioni, o anche solo dei desideri, a volte puramente emotivi. Non pare proprio a nessuno che siamo in una rivista scientifica, dove ogni affermazione deve essere comprovata da “dati di fatto” indiscutibili. Tra l’altro se valesse questa impostazione (che cmq non sembra proprio esser la linea editoriale: leggere bene il capitoletto “chi siamo”), praticamente tutti gli interventi nella sezione “commenti” andrebbero cassati per vizio all’origine. Ricordo inoltre che ogni articolo viene visionato e autorizzato da Gogna prima della pubblicazione, per cui, se si fossero dei “vizi” di struttura nei testi, emergerebbero in quella sede.
Infine è dalla notte dei tempi che scrivo commenti/introduzioni che si appiccicano (o in cima o in coda, dipende dalle volte) agli articoli che vengono poi pubblicati. Non è quindi novità degli ultimi tempi, anzi. Può capitare, per pura casualità, che vi siano fasi temporali in cui vengono pubblicati più frequentemente articoli scritti in toto da me, mentre in altre fasi sono più frequenti gli articoli in cui il mio intervento è sotto forma di commento/introduzione. Sono le scelte redazionali a determinare tali trend. I lettori attenti e precisi le colgono da soli.
Mai cercato onore in vita mia, Giuseppe, e ribadisco che l’osservazione riportata solo un cretino.
Ti segnalo che anche il tuo inciso:
“Per inciso, il vero danno ambientale arriverà da qui, perché come già successo, la chiusura dei piccoli impianti lascerà scheletri di ferro e muratura.”
è alquanto stupido: punto primo, il danno degli scheletri di ferro e muratura è paesaggistico al massimo, non un danno ambientale e, punto secondo, e già esistente e prescinde dall’operatività o meno dei manufatti.
Sarebbe bene cercare, per quanto possibile, di confondere le cose.
Fabio, sono contentissimo, che anche i miei soldi vengano usati in modo così lungimirante dalla nostra regione.
Pensare di cancellare linsci da discesa mi sembra utopistico. Non è forse meglio che alla fine sopravvivano pochi grossi comprensori ed invece tornino “naturali” quell’infinità di stazioni medie o medio -piccole che non avrebbero la massa per sopportare certi investimenti?
5. Matteo.
Tu lo conosci personalmente? Io ci andrei piano con questi giudizi così tranchant, soprattutto se rivolti nei confronti di una persona che nell’arco della sua vita al Sestriere, prima da proprietario e poi da Ceo ha inanellato continui risultati positivi e una precisa proattività sulla strada da percorrere.
Puoi certamente contestare e dissentire su quanto esprime Brasso, meglio se con contenuti precisi, ma lanciare epiteti nei confronti di una persona che nemmeno conosci non è che ti faccia molto onore….
La mia posizione lo già espressa chiaramente nel mio articolo che Alessandro Gogna ha pubblicato.
Crovella ultimamente posta solo più articoli di terzi e poi spara il suo commentino, mai aderente alla realtà dei fatti. Non sono in sostanza delle opinioni, basate su fatti, ma dei semplici desiderata, in alcuni casi abbastanza puerili. Ora questo non mi farebbe specie se ad esprimerli fosse la casalinga di Voghera, ma scritti da uno che si è appuntato al petto la medaglia di super consulente che parla assertivamente ai più importanti consigli di amministrazione e che dovrebbe avere delle solide basi di economia, suscita un po’ di ilarità…
Partiamo da fatti incontrovertibili. Possono piacere o meno, ma questi sono.
Impianti e piste “old stile” non sono più possibili. Gli impianti funiviari sono, per legge, mezzi di trasporto. Questo significa che i controlli e i parametri di sicurezza degli impianti e di chi ci lavora, sono sostanzialmente gli stessi di chi opera nel trasporto (pullman, treni, eccetera) e di conseguenza la responsabilità civile di un gestore si estende alle piste. Le piste lisciate a biliardo non sono tali per assecondare i nuovi materiali, ma per evitare il più possibile eventuali contenziosi. Fare un passo indietro da questo punto di vista è irrealistico e non possibile da un punti di vista giuridico e di tutela, anche solo dei lavoratori.
Al contrario di quello che è stato riportato in altro articolo, in Italia, non esistono più stazioni sciistiche di questo tipo.
I costi di questa gestione della sicurezza sono importanti e se vogliamo fare una previsione abbastanza attendibile, è altamente probabile che a soccombere saranno proprio le piccole stazioni, strette nella morsa fra costi energetici, aumento delle temperature e irregolarità delle precipitazioni nevose. Per inciso, il vero danno ambientale arriverà da qui, perché come già successo, la chiusura dei piccoli impianti lascerà scheletri di ferro e muratura.
Detto questo alcune precisazioni.
L’investimento indicato per il rinnovamento degli impianti di innevamento è spalmato (ovviamente) su diversi esercizi ed è totalmente a carico della proprietà del Sestriere (il fondo ICON). Non prevede sbancamenti, nuovi invasi, ma la sostituzione dei vecchi cannoni arrivati a fine vita con nuovi impianti più efficienti da un punto di vista energetico e in grado di sparare neve con temperature più alte. L’unica zona dove ci sarà un intervento sul terreno è la zona del Banchetta, dove alcune micro frane hanno danneggiato le tubazioni e i cavi cronometrici, Ma parlare di sbancamenti quando il lavoro sarà fatto da due BobCat mi sembra eccessivo. Senza considerare che stiamo parlando delle piste del Sestriere, non del parco del Gran Paradiso o di Cime Bianche, insomma l’intonsité (cit. Polverelli minore) preserviamola dove è necessario…
A costo di apparire noioso ripeto quanto espresso, concentriamoci sulla preservazione degli spazi intatti e non di quelli su cui non si può tornare indietro.
Ho letto qualche giorno fa che la Regione Toscana ha deliberato il solito finanziamento annuale a fondo perduto per consentire la sopravvivenza delle stazioni sciistiche regionali (Abetone, Doganaccia, ecc.). Si tratta di novecentomila euro.
La regalia si protrae da tempo immemorabile. Pagano Benassi e c.
P.S. Alberto, sei contento? 😉😉😉
N.B. Alla Doganaccia (1550-1650 m, con esposizione a sud) la neve ormai si vede per trenta giorni all’anno, o forse meno. Ma solo in inverni nevosi.
Sestriere, uno dei posti più brutti dell’arco alpino.
Giovanni Brasso, la dimostrazione che si può essere un ingegnere e un cretino.
questa conclusione la dice tutta!!
“Sono convinto che il turismo non debba cambiare”
Cambiera’ (o meglio, sta cambiando) il clima e per forza di cose cambiera’ la frequentazione della montagna invernale. Milioni di euro buttati via per sfruttare gli ultimi anni passabili, poi chi ripaghera’ tutti questi sprechi? Nessuno, e i vecchi tracciati, con annessi impianti arrugginiti, rimarrano incisi sulle montagne a mo’ di simulacro di un tempo che non c’e’ piu’.
La visione dell’autore e’ pero’ del tutto irrealizzabile sul piano pratico. Piccoli impianti aperti solo quando c’e’ la neve buona. Come trovare i lavoratori occasionali? Come gestire la manutenzione degli impianti? Quali contratti stipulare con i fornitori di elettricita’? Irrealizzabile da tanti punti di vista. Pero’ mi sembra che allo stesso tempo i grandi comprensori stiano avvicinandosi al limite, almeno sulle Alpi. A parte rarissimi progetti in contesti particolari (vedi Cime Bianche), la spinta all’espansione sta rallentando. Non ci sono piu’ spazi e gli investimenti si assottigliano perche’ il cambiamento climatico, finalmente, sta cominciando a incidere sulla programmazione. Discorso diverso per la programmazione della neve, sara’ li’ che si giocheranno le prossime “battaglie”.
Certo mi spaventa che basti un mese, Aprile, lievemente sotto media a livello di temperatura, e gli “esperti” cominciano a mettere in discussione la trasformazione del clima. Basta un mese per dimenticare che i precendenti 11 erano stati tutti ampiamente sopra media nel nostro paese…
Introduzione e articolo in totale, o quasi, contrapposizione.
Il problema è che nessuno, a parte noi 4 gatti, vede nella montagna un qualcosa di valore morale. L’unico valore considerato è quello monetario e le lobbies che lo maneggiano sono esclusivamente protese al profitto. L’indotto che creano è indubbiamente enorme, cosicché la macchina diventa inarrestabile, anche perché ha il consenso di una maggioranza schiacciante.
L’ho sempre vista dura.
Solamente dal punto di vista finanziario può continuare questo andazzo perché nella stima costi benefici non compare mai il costo ambientale. Spero vengano varate leggi che lo impongano