Non fate del male alla montagna
di Paolo Cognetti
(pubblicato su La Repubblica del 26 novembre 2020)
E’ avvilente, per chi ama e vive la montagna, assistere in questi giorni al dibattito sull’apertura natalizia delle piste da sci. Gli impiantisti dicono: Noi teniamo in piedi l’economia di montagna, se a Natale non ci lasciate lavorare la montagna è morta! Come se in montagna non ci fosse altro da fare che sciare. E il governo risponde: Rassegnatevi, non ripeteremo l’errore di Ferragosto, quest’anno niente Natale sulla neve. Come se la neve fosse solo quella (in buona parte artificiale) delle piste da sci.
Per cui è bene ripeterlo ancora una volta: le piste da sci stanno alla montagna come le spiagge a pagamento stanno al mare. Al mare si può nuotare, passeggiare, andare in barca, sedersi su uno scoglio a leggere un libro, trovarsi una spiaggia libera e fare tante altre cose che non siano affittare un ombrellone e una sdraio fino all’ora di andare al bar, e così in montagna. Si può camminare sulla neve o sui sentieri, vagabondare per i boschi o sedersi al sole, si può ciaspolare e perfino sciare dove non serve il biglietto e non c’è la funivia: strano a dirsi, ma lo sci non è nato sulle piste. Ed è molto più bello praticarlo dove la montagna non è stata ridotta a un’autostrada.
Bisogna ripetere anche questo, che una pista da sci è montagna disboscata, spianata e cementificata, è percorsa da mezzi a motore per tutto l’anno, e consuma troppe risorse per la produzione di neve artificiale e per far girare gli impianti. In effetti, più che a una spiaggia assomiglia a un parco di divertimenti.
C’è parecchia arroganza nella convinzione, da parte di imprenditori e amministratori, che l’economia invernale della montagna dipenda dallo sci su pista, perché oggi non esiste la controprova. È vero che lo sci dà lavoro a tante persone, ma non è detto che quel lavoro non possa trasformarsi (in meglio). Un dato certo: nel 2020 abbiamo avuto, in quanto a turismo di montagna, l’estate migliore da molti anni a questa parte, grazie al coronavirus. La pandemia ha dato un taglio ai viaggi all’estero e forse anche ai lussi superflui; il lungo confinamento ha messo in molti di noi la voglia di vita all’aria aperta, di tempo e spazio per sé, di andarsene in giro liberi e senza troppa gente intorno; l’obbligo o la facoltà di lavorare da casa hanno aperto una possibilità inaspettata, quella di trasferirsi con la propria famiglia da un appartamento di città verso luoghi più piacevoli e spaziosi. In montagna si è lavorato molto bene, la scorsa estate. Per la qualità oltre che la quantità di presenze. Alcuni sono perfino rimasti, hanno deciso di trasferirsi definitivamente (altro dato certo: nella mia valle, per la prima volta da anni, in settembre sono aumentate le iscrizioni all’asilo). A noi che la montagna la osserviamo, la studiamo, cerchiamo di immaginarla nel futuro, tutto questo ha dato molto da pensare: una crisi aveva generato nuove privazioni, ma anche nuovi bisogni e nuove possibilità; forse aveva amplificato, reso urgente un bisogno che veniva da più lontano; e in definitiva quella crisi non stava provocando una decadenza, ma piuttosto una rinascita.
Perché questo fenomeno non dovrebbe proseguire anche in inverno, con o senza le piste da sci? Perché ridurre il discorso intorno all’economia di montagna a un “lasciateci sciare a Natale”? Forse invece è l’occasione buona per scoprire se un’altra montagna è possibile – con un turismo che consumi meno, invada meno, passi meno di fretta, e si trasformi almeno in parte in un ripopolamento, portando alla montagna non solo clienti e denaro ma umanità e cultura. Quella montagna fuoripista per favore non chiudetela.
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1) Sarà che nelle scuole (ordinarie) del mondo sabaudo i ruoli sono ben definiti e non intercambiabili, ma a me non è mai successo che una maestra delegasse a uno studente di dividere gli altri alunni i bravi dai non bravi: lo faceva lei direttamente. 2) Sono un sostenitore convinto dell’autobiografia negli scritti, addirittura sostengo che anche la narrativa pura (non solo di montagna) sia in qualche modo autobiografica (perché pesca dall’inconscio) e quindi di fatto sostengo che non esiste un “altro” stile. C’è solo autobiografia, diretta o indiretta: se qualcuno sostiene di scrivere in un “altro” stile, produce solo aria fritta. Non e’ che porta in nessun posto, e’ che e’ “niente” fin dall’origine.In piemontese diciamo: l’e’ ‘ns balla d’ fum. Frase lapidaria, ma quando diciamo questo, non lasciamo scampo. Queste riflessioni però stanno uscendo dal tema dell’articolo, per cui non proseguiro’ oltre. Buona serata.
“Crovella, non hai capito”
Strano.
Crovella, non hai capito. Nel mio supporre intendevo che la maestra ti sceglieva come arbitro per dividere i buoni dai cattivi. Sarà successo anche nelle scuole sabaude, immagino. Tu invece ti sei messo direttamente nei buoni, mostrandoti così pieno di te che ogni tuo commento va filtrato e interpretato opportunamente per poterlo capire. Tutti noi mettiamo del personale quando ci esprimiamo. Concordo infatti con te sulla validità dello stile autobiografico. Quello che mi stupisce è quando lo contrapponi a uno stile ottuso che porta non si sa dove. Mah…
Sottoscrivo in toto l’articolo di Cognetti. Ed inoltre per queste festività di fine anno niente assembramenti.
@36 evidentemente se tutte le maestre, da quella dell’asilo in poi, mi hanno sempre e solo inserito nella partizione buona della lavagna, ci saranno dei motivi oggettivi che tra l’altro si protraggono nel tempo. Infatti una singola maestra può anche aver preso farfalle, ma è statisticamente arduo sostenere che, in 60 anni, ho solo incontrato maestre appassionate dei lepidotteri. Cmq non voglio addentrarmi oltre in queste schermaglie a livello personale e ti invito (come più volte fatto in passato, sia a te che ad altri) a lasciar perdere i riferimenti personali, perché sono inutili e inoltre il tutto diventa molto fastidioso per gli altri lettori. Qualche giorno fa, non ricordo più in quale dibattito del blog, alcuni lettori hanno anch’essi suggerito di smetterla di occuparsi e di preoccuparsi di Crovella (cosa dice, cosa fa, chi è, se se la tira o meno, se è oggettivamente capace o meno… ecc ecc ecc) , ma di restare concentrati sui temi degli articoli. Condivido in pieno e vi invito a seguire i loro suggerimenti. Buona domenica a tutti!
Quando a scuola si divideva la lavagna in due verticalmente per scriverci i buoni e i cattivi, la maestra nominava sempre Crovella :-)) e da quel momento si è sentito portatore di quell’investitura. Non c’è altra spiegazione.
Certo che esistono i caiani-cannibali, ma la mia osservazione (conseguente ad un precedente commento) è riferita allo specifico ambiente da cui provengo, ambiente costituito esclusivamdnte da caiani-non cannibali, nonostante il fatto che molti decenni fa, quindi in periodi storici completamente diverse dall’attuale e dagli ultimi 15-20 anni, si facessero gite anche con 200 persone. Ma nessun cannibale, tutti precisi e chirurgici, anche al giorno d’oggi. Buona domenica!
Se siamo in vena di categorizzazioni però trascurerei quella dei coioni: sono molti più di due!
Per esempio, Carlo appartiene all’insieme dei caini, ma non al sottoinsieme dei caini cannibali. Semmai a quello dei caini caterpillar. 😉😉😉
Esiste l’insieme dei cannibali.
Esiste l’insieme dei caiani (meglio, “caini”).
Ed esiste il sottoinsieme dei caiani cannibali.
Anatema!
Blasfemia!
Corruzione della Verità!
Marcello, come osi??!
Crovella, visto che sei un esperto concorderà sull’esistenza anche del caiano-cannibale. O no?
@24 utilizzo il termine cannibale per indicate tutt’altro che i caiani. I caiani in generale e in particolare quelli da cui provengo sono molto rigorosi, i cannibali sono ben altra cosa. non è una semplice questione numerica, ma di comportamento: non spreco tempo, qui, a ridescrivere il tutto. I 200 partecipanti alle uscite passate della Scuola da cui provengo erano riferiti a un contesto di decenni e decenni fa, con un’affluenza scialpinistica non paragonabile all’attuale. In ogni caso l’efficacia operativa non permetteva di coltivare propensioni verso la natura cannibalesca: anzi si trattava di una “macchina” così ben oliata che tutta poteva avere ma non il carettere cannibalesco. Se mescoli la specifica realtà caiana da cui provengo con il concetto di cannibale, non hai proprio capito niente. Per non annoiare gli altri, non ripeto, ma ti invito a informarti con precisione leggendo i numerosi articoli, usciti anche su questo Blog. Ciao!
@22 concordo, la mia segnalazione era provocatoria, proprio per sottolineare quanto da te espresso. L’autorità deve essere credibile. Io fremo perché da 3 settimane non vado a governare il mio piccolo terreno in campagna (piccolo giardino e un abbozzo di orto). Però mi attengo sabaudianamente alle regole. Certo verificare che i controlli sono una macchietta mi fa venire voglia di uscire dal territorio comunale senza pormi tanti problemi.
Scopro purtroppo questo interessante dibattito con ritardo, ho infatti dedicato l’intera giornata a scrivere un pezzo sull’argomento per il prossimo numero della rivista Dislivelli! Fortunatamente (per me!) nell’articolo dico cose che, giuste o sbagliate che siano, nel dibattito di questo Gogna Blog non sono dette. E tanto meno nell’articolo di Cognetti, che trovo piuttosto superficiale, scritto da un bravissimo scrittore che però non ama lo sci, l’ha dichiarato più volte e quindi non era forse la persona più adatta a scrivere un articolo del genere, fra l’altro un po’ troppo inneggiante ai provvedimenti di un governo che di sci alpino ne capisce ancora meno di lui (non annovera nemmeno un ministro che provenga dalle regioni alpine!). Non dico di più, perché non sarebbe corretto anticipare quanto ho scritto per un’altra testata. Concludo dicendo che mi trovo molto d’accordo con le analisi di Marcello Cominetti, in particolare con l’ultima. Bravo Marcello!
Finché alla voce “progresso” la distruzione di quello che ci da la possibilità di creare un futuro ai nostri figli do ragione allo scritto di Paolo Cognetti , questo Covid-19 non ha ancora finito il suo insegnamento , ma per il denaro siamo disposti a tutto . La montagna ci da la possibilità di avere un bene prezioso , l’Acqua . Pensiamoci!
Parole sante quelle di Cognetti e anche quelle che ho letto in molti commenti. Io vivo in una paesino di 70 residenti a 1700 metri. Come in molti altri posti di montagna non c’è un filo di neve e da un mese c’è sole e solo sole. In più c’è il lockdown che permette di camminare solo nel territorio comunale fino a 2200 metri. E’ un po’ una rottura ma ci si accontenta guardando i larici e sentendo gli uccelli. E poi si può anche uscire dal comune e scendere a 1000 metri: basta scrivere sul foglietto che si deve andare a prendere un pacchetto lasciatoci dal corriere al distributore di benzina a fondovalle. Tra scendere, salire e fare due chiacchiere con il simpatico benzinaio passano tre ore e arriva l’ora di mettersi al sole in maglietta a mangiare un’insalata. Alla lunga ci si abitua e devo dire si sta benissimo a non avere turisti tra le scatole. Guardo quindi con preoccupazione i tapis roulants che hanno finito di montare sui prati marroni a fianco casa: c’è chi spera che aprano i gabbioni e che arrivino i soliti poveracci ad affollarsi uno dietro l’altro per poi scivolare sulla neve finta sparata dai soliti cannoni. Certo, noi non staremo lì a vederli e ce ne andremo in giro magari con le pelli ma sapendo che dai gabbioni saranno usciti altri soggetti anche loro con pelli, attacchino o ciaspole. E saranno troppi: se in giro, a piedi o con le pelli, incontri 2-3 persone ti fermi a parlare, se sono 10-12 le saluti, ma se sono 50-60 ti fanno girare i marroni. La montagna fuoripista di cui parla Cognetti avrebbe bisogno non di questi flussi di pesci che arrivano con la marea ma di numeri contenuti che ci vivano e la facciano vivere. Vi saluto sperando che se non lo avete già fatto vi trasferiate in montagna. Se invece volete/dovete stare giù e salite solo nel tempo libero, mi raccomando, venite in piccoli gruppi e non in 200 come nelle terribili uscite dei Caiani Crovelliani.
Nel comprensorio Dolomiti Superski, che è l’area sciabile più grande al mondo, si ragiona in termini di costi-benefici in attivo e così via per tutto l’indotto che questo crea. Contro l’evidente cambio climatico si mettono in atto dispositivi tecnici assai costosi e unici al mondo, per tenere in piedi la baracca impianti-alberghi-trasporti-ristorazione-shopping, etc. Ci sono video su youtube in cui si vede che la gestione delle stazioni sciistiche ha raggiunto livelli da film di fantascienza che nulla hanno a che vedere con l’immagine di montagna idilliaca e rigeneratrice. Guardateli. Girando abbastanza per le Alpi, direi che la condizione dolomitica è unica nel suo genere, perché a fronte di investimenti supportati anche da denaro pubblico si mantiene in vita una macchina che per adesso funziona alla grande.
Il “granello” di sabbia costituito dal Corona virus se incepperà anche per una sola stagione questo meccanismo saranno dolori molto grandi e in molti casi irreparabili. Molto ciecamente e irresponsabilmente diversi imprenditori specialmente sudtirolesi (il termine Alto Adige di memoria fascista non mi è mai piaciuto), ma non mancano trentini e veneti anche se in misura molto molto minore, hanno continuato a ingrandire impianti, alberghi, ristoranti e negozi indebitandosi con le banche. Questo gigantesco indotto dà lavoro anche a migliaia di lavoratori stagionali che provengono da altre regioni o paesi che sarebbero quelli maggiormente danneggiati dall’eventuale perdita totale del posto di lavoro. La situazione dolomitica non è paragonabile alle valli piemontesi, lombarde, friulane o valdostane proprio per i motivi che ho appena elencato, anche se in queste località i problemi ci sarebbero in uguale misura ma la base di partenza è sicuramente già compromessa da tempo perché la maggior parte degli sciatori frequenta le Dolomiti e a causa del cambio climatico che vede gli impiantisti sempre più in difficoltà a fare e mantenere la neve. Ormai se si parla di piste si parla esclusivamente di neve programmata (artificiale) e pure lei non si fa se le temperature non sono sotto certi valori.Personalmente credo che questa situazione eccezionale darà un bel destriga a molti e farà pensare a una riconversione del turismo alpino, ma non accadrà con uno schiocco di dita come molti illusi e ingenui propongono (il buon Cognetti incluso) e al momento, visto che alle famigerate vacanze natalizie manca poco, troppo poco, non oso pensare a quale soluzione sarà possibile mettere in atto per evitare un bagno di sangue economico o, ancor peggio, uno a livello di strage umana causa maggiore diffusione del Corona virus.
Sui controlli, poi io credo che si facciano solo verso chi non genera pil, vedi ciclisti imbolsiti in passeggiata domenicale facili da accalappiare, mentre gli sciatori del video consumano benzina, asfalto, ossigeno (!), comprano vestiti, attrezzi, auto, pedaggi e….mangiano la sera una volta rientrati in Italia perché in Svizzera ti pelano e ti servono delle vere schifezze.
Proprio questa casualità del controllo è ciò che danneggia l’autorevolezza delle regole e crea una situazione lasciata all’arbitrio dei controllori da un lato e dei cittadini dall’altro. A Sanremo stanghi i ciclisti o l’ Homeless non ricordo più dove, altrove la gente fa quello che vuole e si sposta da comune a comune, da regione a regione a volte per motivi validi a volte futili. Voglio vedere in proposito cosa succederà a Natale. Come pensano di bloccare l’attrazione delle famiglie, in un paese dove la cultura è basata sul ruolo inclusivo della famiglia, da sempre, proprio nei momenti più bui, perno cruciale per la sopravvivenza economica ed affettiva. Puoi forse chiedere di rinunciare allo sci, ma non ad alcune tradizioni. L’effetto nipotino è travolgente, profondamento umano e scavalca qualsiasi considerazione razionale. L’idea di normare il numero dei convitati è semplicemente ridicola. A certe cose le persone non hanno rinunciato anche durante la guerra, a costo di rischiare la pelle. Su certe cose, forse sarebbe meglio dare un consiglio una volta per tutte e poi smettere di rompere le palle quotidianamente alla gente su cose che sai bene non potrai in alcun modo controllare e se lo facessi ti arriverebbe addosso un TIR di cemento armato.
Non è detto che non ci siano controlli in assoluto:
https://video.lastampa.it/imperia-sanremo/sanremo-raffica-di-multe-ai-ciclisti-che-oltrepassano-il-comune/124645/124767
Certo non ci saranno sulle piste né in paese per l’aperitivo dopo sci…
PS: vedo con piacere che vi riferite spesso al termine cannibali, si vede che ho fatto scuola…eh eh…
Un fattore importante e’ormai l’indipendenza dello sci dal meteo..si vuole andare secondo cronoprogramma deciso dai gestori impianti e dalle abitudini pompate dalle agenzie turistiche e non secondo nevicate naturali.Un tempo era frequente ..un Natale senza neve..adesso si pretende ( con o senza il covid) di cominciare in concomitanza con il ponte di inizio dicembre.
Giovanni. Una grande parte delle grandi stazioni non hanno bisogno di enormi investimenti, esistono gia’. Quindi non hanno necessariamente bisogno di fare piani neppure ventennali. Essenzialmente, tirano a campare. E forse, dal punto di vista bieco degli affari, non hanno neanche tutti i torti. Molte avvisaglie dell’innazamento di temperatura ci sono e sono concrete. Ma le stagione sciistiche vanno ancora tutt’altro che malaccio. In dolomiti, dove le quote sono quelle che hai indicato ( sono ben piu’ alte in molte stazioni svizzere e della savoia ), tutto sommato gli innevamenti non sono tanto differenti da quelli di 10 anni fa – magari Cominetti sa dirci di piu’.
In sostanza, voglio dire, il problema si porra’, ma non pare essere dietro la porta.
Da studioso dei cambiamenti climatici e degli ambienti glaciali sono sempre più strabiliato dal fatto che quando ci si approccia a questi discorsi quel piccolo insignificante argomento che è il cambiamento climatico venga sempre lasciato in secondo (se non in terzo) piano. Questo blog è forse l’unico spazio dove il tema è stato affrontato con la vera volontà di affrontarlo.
Mi sono chiesto se alla base della rimozione del cambiamento climatico ci sia dell’ingenuità da parte degli impiantisti, ma non posso crederlo. Sanno meglio di chiunque altro che la neve che cadeva fino a 30-40 anni fa non è nemmeno paragonabile a quella che cade oggi, soprattutto tra i 1500 e i 2500 metri (dove si sviluppano la stra-grande maggioranza delle piste). Forse una posticcia ingenuità nasconde un po’ di cattiva fede. Queste sono le ultime cartucce da sparare, gli impiantisti devono intercettare turisti, risorse, finanziamenti, sovvenzioni, perché tra 20 anni sarà finalmente chiaro che lo sci da discesa come sport di massa non potrà più esistere.
Se guardiamo il mondo dello sci alpino da questo punto di vista, diventa chiaro che perdere anche un’unica stagione diventa problematico per i gestori, perché quelle che rimangono a disposizione non sono poi tante (e non lo dico io, ma fior fior di pubblicazioni scientifiche). E se si cominciano a perdere i fruitori delle piste oggi, non ci sarà più tempo per riconquistarli perché la qualità delle sciate andrà via via peggiorando mentre i costi aumenteranno.
Sicuramente ci sono decine di migliaia di persone che sullo sci alpino ci campano, ma invece di tirare a campare ancora per qualche anno (con ricavi sempre più miseri), non sarebbe ora di cominciare a interrogarsi seriamente su “cosa vogliamo fare da grandi”? Altrimenti altro che incentivi e sovvenzioni, se la montagna turistica continuerà a sostenersi sullo sci invernale come pilastro, essa non solo morirà (come è stato detto più volte in questi giorni), ma crollerà rovinosamente, facendo molti più danni (e toccherà anche agli svizzeri pensare a questi problemucci).
“Stiamo però parlando della Svizzera”
beh, stiamo parlando anche dell’Italia, considerando che i due sono partiti da Milano e di comuni ne hanno attraversati parecchi
Dell’Italia, delle sue leggi e delle grida medioevali e della sua incapacità (o non volontà) di non farle rispettare.
Episodio veramente esemplificativo da tanti punti di vista
Se vedi un banchiere svizzero buttarsi dalla finestra seguilo, c’è sicuramente qualcosa da guadagnarci. Il problema è che, come l’Austria e la Francia, sono a due passi da noi. Vedremo come si comporteranno. Se aprono e intercettano le tredicesime italiane, molte pagate coi sussidi a debito, sarebbe una beffa. Non credo che la minaccia di quarentena al ritorno funzionerà, vista le nostre capacità/volontà di controllo.
Una domanda: fatta 100 la superficie delle Alpi, quanto è quella interessata da piste, impianti e cannibali vari ?
vallo a dire a Crovella che li ha eletti ad esempio da seguire.
Sempre detto, gli svizzeri mi stanno sugli zibedei. Gente ambigua che pretende di fare la morale.
Certo e si sa che in realtà si può andare praticamente ovunque. Stiamo però parlando della Svizzera, una nazione che ha custodito i capitali di criminali sapendo che erano di criminali, di guerra e comuni. Ora accolgono gli sciatori italici a braccia aperte perché noi abbiamo gli impianti chiusi e si sa che lo sciatore italiota pur di fare due curve sulla neve è disposto a tutto. Direi che l’opportunismo elvetico, seppure di luterana impronta, non fa proprio testo.
Guardate il video. Da Milano questi due giornalisti sono andati a sciare a Zermatt passando dal Sempione, quindi uscendo da Comune e cambiando Regione. Nessun controllo di nessun tipo, neppure in Frontiera. Di cosa stiamo parlando? È una vera farsa.
https://video.ilsecoloxix.it/mondo/sci-la-svizzera-consente-l-accesso-agli-italiani-dalla-zona-rossa-alle-piste-senza-alcun-controllo/68246/68330
Govi ha centrato il problema.
Ora qui è inutile fare i soliti discorsi alla “montagna per pochi” , sacro tabernacolo, romanticismo e tutte quelle robe lì. Siamo in emergenza quindi occorrono soluzioni d’emergenza, non ricami idealistici.
Via dalla montagna, sempre, tutte quelle persone che confermano con il loro comportamento di essere fuori luogo, come sta dimostrando, orribilmente, disgustosamente e senza precedenti, l’anno 2020.
E’ stato detto e ridetto. Ma ripetiamolo: una buona, ampia maggioranza di chi vive in montagna campa con quanto i cannibali (di Crovella ) spendono. Piaccia o non piaccia. Se si pensa che possano essere piu’ o meno facilmente rimpiazzabili con quelli che ritenete siano i “veri” amanti della montagna, e’ del tutto evidente che:
– non apporteranno lo stesso ingresso economico dei cannibali, neppure a lungo termine
– i cannibali, a meno di stermini di massa, in una qualche montagna si riverseranno
Il virus non cambia la situazione di una virgola. E invece di teorizzare ad infinitum, non c’e’ da fare altro che convincere gli elettori delle amministrazioni comunali di montagna, che la via da seguire e’ sradicare gli impianti sciistici. Con quali argomenti ( che abbiano una minima possibilita’ di impatto ) , a me personalmente sfugge.
Temo purtroppo che non ci siano molte speranze. I nostri sono scambi di opinioni tra persone che hanno un atteggiamento verso la montagna purtroppo poco comune. Per contro gli interessi economici che muovono attività come ad esempio lo sci su pista sono di parecchi zeri più forti. Dovrebbe esserci una motivazione “culturale”, fatta propria da un gruppo politico in grado di “imporre” la propria posizione. Vado in val Pusteria da sempre: nell’Alto Adige “illuminato” negli ultimi anni abbiamo assistito alla costruzione di nuove piste da sci (con tutte le “infrastrutture” conseguenti), con l’eliminazione di grandi fette di foresta. E ci sono ancora progetti di espansione…
Se c’è una cosa che questo virus ha messo (e metterà ancora per un po’) in crisi è proprio il turismo di massa. Per fortuna, dicono gli amanti della montagna, quella vera. Per disgrazia dicono gli amanti della montagna, quella degli impianti sciistici, dei disco bar a bordo pista etc. etc.
Se sia un bene o un male lo scopriremo col tempo. Personalmente penso che gli investimenti (anche culturali) in alternative turistiche più sostenibili siano possibili il tempi di vacche grasse, non certo adesso che le vacche sono magrissime… Ma questo presuppone una visione a lungo termine, che tiene conto delle utilità non solo degli utili.
In montagna si va umili, attenti, allenati e romantici, col la capacità di versare lacrime al suo cospetto. Il biologo Edward O. Wilson, da sempre interessato al rapporto tra l’uomo, l’ambiente e le altre specie animali, ha proposto una soluzione radicale, che è proporzionale alla gravità del problema che abbiamo di fronte. “Bisogna riservare metà del pianeta a noi e metà, a un’immensa e inviolabile riserva naturale, per milioni di specie animali e vegetali”. Quindi, la tutela dell’ambiente costituisce una sfida per l’umanità intera: si tratta del dovere comune e universale, di rispettare un bene collettivo. E ancora, la ripetitiva raccomandazione, se è più importante il divertimento, quindi spendere i soldi, o LA SALUTE.
Affermerò un concetto che può passare per razzista, ma va detto che il turista di Natale, come quello di Ferragosto, è il più spendaccione (quindi è ottimo sostenitore dell’economia locale) ma è anche il più ignorante e bisognoso della famosa valvola di sfogo. Questo tipo di turista zelante è praticamente ingovernabile in quanto sentendosi in vacanza, a maggior ragione se liberato dal lockdown poco prima (vedasi estate), tende a venire meno a qualsiasi regola. Le belle famiglie colmar (le chiamo così da quando una campagna pubblicitaria della nota azienda le raffigurava in un poster drammatico affisso alle stazioni degli impianti che esemplificava fotograficamente proprio quello che sto dicendo) schianti educano i figli a quel tipo di vacanza perpetuando un sistema del cazzo che fa solo comodo a chi gli vende la vacanza stessa. La questione è solo economica. Non c’è nessuna poesia. Sono più di 30 anni che trascorro il periodo delle vacanze natalizie in Patagonia per questo motivo ma questo è un altro discorso.
I turisti natalizi che, trovandosi con gli impianti chiusi si riverserebbero in molti dei luoghi dove prima non andavano sarebbero molto peggiori dei cannibali alla Crovella, la montagna la rovinerebbero eccome e contribuirebbero perfettamente alla diffusione del virus. Quindi in cuor mio spero che restino a casa e che le località montane aprano dopo il 6 gennaio, quando i cannibali crovelliani staranno, anche per tradizione (!), a casa e in montagna ci saranno quegli sciatori forse pentiti e numericamente di molto inferiori rispetto ai natalizi, che proveranno a fare una ciaspolata (attività che personalmente detesto) o una gita con le pelli, senza farsi prendere dai conati di vomito. Quindi a Natale stiamocene tutti a casa! D’altronde i miei genitori hanno passato più di un Natale sotto i bombardamenti della guerra e quindi, mi dico: cosa volete che sia…
Se per “lavorato bene” si intende tanto afflusso di gente che prima non si era mai vista? Si è vero. Si è riversata in montagna molta gente che con la montagna non aveva nulla a che fare. Che in montagna anche a fare una semplice passeggiata non ci andava, perchè le passeggiate le faceva davanti alle vetrine o per prendere aperitivi.
Poi qualcuno pretendeva l’acqua minerale gassata e fresca.
Questo afflusso si è visto anche con l’aumento della sporcizia abbandonata lungo i sentieri. Perchè il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Come non essere d’accordo. Ma se lo scopo è evitare gli assembramenti e si da la possibilità di recarsi nelle località di montagna, gli assembramenti a Natale ci saranno eccome. Nei paesi, nei rifugi/ristoranti, nei negozi… quindi tutti a casa, se lo scopo è debellare il virus.
È il momento buono per fare presente che oltre al pensiero unico ne respirano altri, tutti quelli che i ciechi di consapevolezza non esitano a condannare, a sopprimere, a censurare. Se non fosse Cognetti, che vende, La Repubblica per prima.
“Il solito negazionista dell’economia e del progresso”.
“Il solito pauperista”.
“Ma che vada lui a scaldarsi col fuoco e a mangiare patate”.
“Che si faccia furbo, la cultura non diventa un panino, il denaro anche una bistecca”.
Governativi e i loro inquisitori si faranno belli sfruttando le parole di Paolo Cognetti.
È il momento buono per fare presente che oltre al pensiero unico ne respirano altri, tutti quelli che ciechi di consapevolezza non esitano a condannare, a sopprimere, a censurare. La Repubblica per prima.