Nudità dimostrative
(la protesta dell’ultratrailer Kilian Jornet i Burgada: nudo sul Monte Bianco per polemica)
Lettura: spessore-weight***, impegno-effort**, disimpegno-entertainment**
Dalla sera del 17 agosto 2017 è in vigore un’ordinanza comunale rivolta a tutti coloro che vogliono intraprendere la “voie royale” al “tetto d’Europa”. “Aujourd’hui, trop c’est trop”. La pazienza di Jean-Marc Peillex, sindaco di Saint-Gervais-les-Bains, comune francese del Rhône-Alpes con parte del suo territorio nel massiccio del Monte Bianco, è finita. “A fronte dell’incoscienza di alcuni – scrive in un messaggio agli alpinisti ed alla popolazione, pubblicato anche sul suo profilo Facebook – è mio dovere fischiare la fine della ricreazione”.
In pratica il sindaco, dopo i frequenti e ripetuti episodi di cronaca (salvataggi, recuperi) che hanno riguardato persone che affrontavano la salita al Monte Bianco con equipaggiamento a dir poco “non idoneo”, impone un’attrezzatura di base.
L’elenco, allegato all’atto, è dettagliato: per salire a 4810 metri, da oggi in poi bisognerà avere con noi: berretto, occhiali da sole, maschera da sci, crema solare, giacca calda e gore-tex, pantaloni da montagna e copri-pantaloni, scarponi da alpinismo predisposti per essere abbinati a ramponi, ramponi regolati sulle calzature indossate, imbrago e kit per l’uscita da crepacci, corda, piccozza, GPS (o bussola) e altimetro.
Il provvedimento, ideato già l’anno scorso, era pronto da tempo: c’era l’avallo dello studio legale del municipio e pure la firma di Georges-François Leclerc, allora Prefetto dell’Alta Savoia. Però non era in vigore, in attesa di una (purtroppo) situazione ancora una volta inammissibile.
Il Sindaco, che dieci giorni fa aveva già lanciato un monito in merito e non è nuovo alla battaglia per far capire che l’alta quota “non è una Disneyland”, cita esplicitamente il “nuovo dramma umano” che ha lo ha indotto a firmare: “quello di un uomo di 46 anni partito per conquistare il tetto dell’Europa occidentale… in tenuta e con materiali da trail, poi ritrovato morto in un crepaccio tre giorni dopo”.
Se si considera quest’ascensione come un ultra-trail, il passo di non richiedere i servizi di una guida alpina è quasi scontato…
C’è stato anche l’episodio di uno pseudo alpinista asiatico, caduto nel corridoio del Goûter, in tenuta da trail, anche le scarpe… fortunatamente per lui, era sopravvissuto.
Peillex aveva già presente la forte possibilità di critiche al suo operato. “Sento già le voci che grideranno allo scandalo e che sosterranno che la montagna è ‘l’ultimo spazio di libertà” commenta. “A costoro rispondo che, visto come sono ormai attrezzati, alcuni siti montani e certamente anche il massiccio del Monte Bianco hanno smesso di essere luoghi naturali e di libertà. Anzi, sono diventati spazi urbani di commercio, ove la libertà si piega alle regole del business… e sempre a costoro dico che per godere della libertà, occorre essere vivi… A tutti coloro che, come me, hanno la passione delle nostre montagne, raccomando di salirvi, Monte Bianco compreso, affidandosi a guide del nostro massiccio. Loro conoscono le buone pratiche, i momenti opportuni per intraprendere l’ascensione e le trappole da evitare”.
Dunque, l’ordinanza del sindaco Peillex è in vigore e obbliga polizia municipale e gendarmi a farla osservare.
“Perché “ così si chiude il messaggio di Jean-Marc Peillex – mi batterò con tutte le energie che conoscete affinché il Monte Bianco non diventi la montagna dei sacrifici umani e dei rituali nel nome della parola ‘libertà’, sempre più sventolata da alcuni per proteggere, in realtà, il loro business”.
Kilian Jornet i Burgada nudo in vetta al Monte Bianco
Le reazioni
La prima voce critica contro questo provvedimento è illustre. Kilian Jornet i Burgada, lo skyrunner catalano capace di salire e scendere dal Cervino in due ore, 52 minuti e 2 secondi, ha affidato la sua polemica a twitter dove ha pubblicato una sua foto nudo con la tuta calata alle caviglie e le parole: “Bref, si on grimpe coté italien c’est legal?” (“Dunque, se si sale dal versante italiano è legale?”). Poco dopo ha aggiunto un altro cinguettio: “Non c’entrano i materiali ma la conoscenza del loro utilizzo e l’esperienza di ognuno”. “Che si vergogni”, risponde via twitter il primo cittadino di Saint-Gervaise.
La foto non è di questi giorni, ma evidentemente Bourgada l’ha pubblicata su twitter cogliendo il momento giusto. Burgada sul Monte Bianco c’era già arrivato correndo nel luglio del 2013. Lo sportivo era partito dalla chiesa di Chamonix alle 4.46 di notte e aveva raggiunto i 4.810 metri della vetta 3 ore e 33 minuti dopo. Nella sua esperienza non sono mancati momenti di difficoltà, proprio sul Bianco tentando la stessa impresa ma nel 2012.
18 agosto 2017. Appare nudo, come mamma l’ha fatto, in cima al Monte Bianco. Kilian Jornet ci ha abituato a imprese di ogni genere ma sicuramente non ci aspettavamo di vederlo lì, in mezzo alla neve, con il sorriso stampato in faccia e solo una mano a coprire le parti intime. Un’immagine che ha immediatamente fatto il giro del mondo. Il campione ha innescato fulmineamente un dibattito che purtroppo è dovuto passare subito in secondo piano: le notizie del tragico attacco terroristico a Barcellona hanno gettato nello sconforto Kilian e il suo ampio seguito di fan, spagnoli e non. Il dibattito sui media è rimandato, oggi ci sono fatti ben più gravi su cui riflettere.
Fra coloro che hanno risposto al suo tweet c’è anche chi gli ha ricordato, pur dandogli ragione, che lui e la sua ragazza, Emelie Forsberg erano stati salvati sull’Aiguille du Midi dai gendarmi del Peloton d’haute montagne di Chamonix con l’elicottero. Kilian ed Emelie, impegnati sul severo Sperone Frendo, parete nord dell’Aiguille du Midi, erano stati sorpresi da una bufera di neve con temperature molto al di sotto dello zero. Il loro abbigliamento era da corridori, tuta e giacche molto leggere. Era settembre del 2013 e Kilian si era poi scusato sottolineando di aver commesso un’imprudenza.
La situazione in cifre
Alle parole accorate dell’appello di Peillex fanno specchio, nel rigore amministrativo dell’ordinanza, le cifre: ogni anno sul Monte Bianco transitano 20mila persone in media, creando in estate da 350 a 400 partenze al giorno, nell’insieme delle vie percorribili. I servizi di soccorso francesi svolgono da 80 a 100 interventi l’anno, “a causa dell’errata percezione dei rischi impliciti nell’ascensione”, riscontrando purtroppo una decina di morti.
Le sanzioni previste per la violazione dell’atto non sono particolarmente elevate (l’atto la equipara ad alcune infrazioni al codice della strada), ma il senso è soprattutto quello di intervenire per salvaguardare la sicurezza di chi sale.
I giudizi degli esperti
Sorge spontanea la domanda: e sul versante italiano?
“Situazioni come quelle verificatesi nella zona di Saint-Gervais – dice Oscar Tajola, guida e capo del Soccorso alpino di Courmayeur – per ora non ne abbiamo viste… Ricorriamo ad ordinanze temporanee, ad esempio quelle relative al rischio della caduta di valanghe, ma anche il numero delle missioni di soccorso, e dei morti, non raggiunge quei livelli. Anche casi di particolare incoscienza da parte degli alpinisti, per ora, non se ne sono registrati. Vista la situazione ben diversa nel suo contesto, Peillex è ricorso a forme di tutela”.
Anche Adriano Favre, capo del Soccorso Alpino Valdostano e responsabile per l’elisoccorso sulle cime della Valle d’Aosta, giudica “condivisibile e di buon senso” l’ordinanza francese. “Il Monte Bianco è il Monte Bianco e, con buona pace degli amanti del trail, 4810 metri non sono una palestra per quel tipo di attività. Vanno affrontati in un altro modo. Non mi sento di sposare altre tesi”.
Ritratto di Kilian Jornet i Burgada
Considerazioni
Intanto è paradossale che l’ordinanza invochi obbligatoria proprio l’attrezzatura, cosa che è del tutto normale proprio in una gara di trailrunning, cioè la disciplina sportiva che sta facendo innervosire il sindaco.
E’ stata fatta una statistica, nel rapporto tra interventi di soccorso e incidenti, quanti di questi ultimi sono da imputare alle attrezzature non adatte o all’imprudenza e quanti al fato, al maltempo improvviso ed eccezionale? Quanti sono accaduti ad alpinisti esperti? Quanti a trailrunner?
A nostro avviso portare con sé fisicamente quell’attrezzatura ne presupporrebbe il corretto uso. Chi verifica se il candidato alla vetta ha questi requisiti? E come? Esame? Patente? Si direbbero quasi consequenziali.
E’ un dato di fatto che non esiste una figura professionale (tipo una specializzazione nell’ambito delle discipline nelle quali è abilitata una guida alpina) che possa insegnare e accompagnare con più sicurezza i tanti trailrunner esistenti. Certo, finora le Guide Alpine non hanno avuto necessità nella loro preparazione di affrontare esami di questa disciplina. Ma data l’enorme domanda che da ben più di dieci anni si è venuta a creare, non sarebbe il caso di pensarci? In modo che anche chi proviene dal running possa provare a salire così in alto con una sicurezza senz’altro maggiore?
Il normale terreno del trailrunning
Il trailrunning sta convogliando in montagna migliaia di persone che prima non ci andavano: e questo, in teoria, potrebbe essere un bene per le nostre Alpi e per le tasche dei comuni, degli alberghi, dei negozi. In pratica stiamo assistendo al progressivo decadimento di ogni valore alpinistico, un abbraccio incondizionato al consumo e al business. Proprio come lo stesso sindaco Peillex ci ricorda, ma è lui il primo schiavo di ciò.
Noi NON “sventoliamo la parola libertà per proteggere il nostro business”. Perché non abbiamo alcun business da proteggere! Caso mai è il sindaco Peillex che sta, anche se in buona fede ci auguriamo, proteggendo l’enorme business legato alla salita del Monte Bianco. Il ragionamento degli operatori turistici alla fine è del tipo: Più gente, più soldi. Più sicurezza, più gente ancora e quindi ancora più soldi.
Noi invece parliamo di libertà perché siamo contro i divieti a livello morale, viscerale, profondo.
Perché siamo convinti che l’alpinismo stia cambiando, anche nostro malgrado, dunque dobbiamo vedere il buono che c’è nel cambiamento, non solo quello che non ci piace. Potrà non piacere a molti, a me per primo, ma la velocità, la leggerezza, la solitudine, le cose nuove attirano. Le novità attiravano anche me, tanti anni fa, e i miei coetanei. Il Nuovo Mattino è stato osteggiato dall’establishment in modo sordido, implacabile ma alla fine perdente.
Chi ha fatto cose nuove in montagna ha sempre raccolto nuove sfide, andando oltre. A me non è parso di irridere mai alla cultura e al rispetto della montagna nei quali sono cresciuto.
Non possiamo vietare, imbrigliare. Non si può dire “proibito” a uno sciatore estremo e neppure imporgli un particolare abbigliamento e una precisa attrezzatura. Non si possono proibire né il free solo né la tuta alare, imponendo cintura e corda o la vela del parapendio.
L’amministratore deve limitarsi a diffondere educazione, rispetto e, soprattutto, conoscenza (nel tentativo di diminuire l’ignoranza, al momento direi sconvolgente).
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molto semplicemente che dove c’è un record da battere c’è sempre qualcuno disposto a battersi per superarlo sia che si tratti di trial o anche una seplice ascensione in velocità. No lamentiamoci poi se qualcuno, alpinista o no, per “spirito sportivo” o per emulazione ci lascia le penne.
Lunardi potresti tradurre quello che hai scritto? Grazie
Giusto per la cronaca, leggendo i vari commenti più di qualcuno ha detto che la via italiana si difende da sola. Però nel 2015 esattamente il 16 luglio mentre salivo al Bianco per la via italiana ho avuto il “piacere” di incontrare sul ghiacciaio del Miage “di corsa” in fase di rientro a Courmayerur, dopo aver raggiunto la cima del Bianco, il valtellinese Marco de Gasperi. Ho saputo poi al Gonnella che ha fatto il nuovo record della via in 6 ore 45 minuti e 24 secondi.
Lorenzo L.
Bruno, il geniale prof. Cipolla quando parlava degli stupidi diceva che sono di gran lunga la maggioranza degli umani e bisogna evitarli perché non solo fanno del male a se stessi, ma anche agli altri.
Il problema è sempre stato come gestiti (renderli poco dannosi).
Ora si usano la tecnica e …. “le ordinanze”.
Non è stata trovata, dopo le guerre dei massacri, altra soluzione.
Però bisogna tener conto che le maggioranze nei sistemi democratici di solito governano.
Nelle regole imposte arbitrariamente dal sindaco di Saint-Gervais si nasconde una distorsione antropologica che caratterizza l’epoca moderna dominata dalla tecnica: l’idea che la tecnica possa sostituire l’esperienza. I turisti che frequentano la montagna hanno tutto il materiale che si trova nei negozi, fuorché l’esperienza. Un articolo che purtroppo non possono né vogliono comprare: la tecnica dà l’illusione della competenza anche agli inesperti. Dove basterebbe un paio di ramponi e una piccozza (per esempio sul Bianco) comprano anche una corda o due. Dove basterebbe un po’ di pratica (per esempio sulle ferrate dolomitiche) comprano invece un intero negozio di ferraglia. Una volta si cominciava arrampicandosi sugli alberi: piantiamo alberi piuttosto che scrivere regole!
Ma infatti, tutto questo casino per un uomo nudo!
Condivido finalmente le argomentazioni di Gogna.
Ed aggiungo che se al momento l’ignoranza è sconvolgente (o è solo divenuta “conosciuta”?), occorrerebbe quanto meno indagare se è così vero che tale ignoranza ha un impatto elevato in termini di vittime ed incidenti. Altrimenti si finisce per fare surreali classifiche su chi ha più diritto di morire in montagna, se un ignorante che sale biotto sulla neve che non ha mai visto, od un espertone che la neve la conosce molto bene, e pure i pericoli annessi, e muore lo stesso.
La storia inoltre dovrebbe essere ricordata: sapere come la pensavamo 100 anni fa può essere interessante. Ad esempio, Ferdinand Imseng morì sulla Est del Rosa, assieme ad altre 2 persone alla fine dell’800; pare (pare) che il clamore sollevato dall’opinione pubblica fu talmente grande da decretare il divieto alle ascensioni sulla Est del Rosa. Una soluzione attuale!
Tutto questo chiaramente a prescindere dal valore che deve avere la prevenzione in termini di conoscenza e cultura della montagna, e di comprensione razionale ed emotiva dei rischi a cui ci si sottopone ineluttabilmente non appena ci si avvicina alla montagna stessa.
Ma anche a prescindere dalla libertà totale che ciascuno di noi deve continuare ad avere a qualsiasi costo per le proprie scelte e motivazioni: dio ci protegga da chi ritiene di conoscere IL modo ed IL sentimento per andare su ogni montagna e ne vuole far legge (anche morale).
Dunque pessima scelta secondo me quella del sindaco, ed ottima scelta quella del balabiòtt spagnolo: i buffoni sono sempre serviti nei momenti di oscurantismo.
Mi pare che il dibattito stia decisamente scadendo e che si stiano scambiando “lucciole con lanterne”. Certo che sul versante italiano il problema non esiste! Ma non perchè gli italiani siano più bravi, semplicemente per il fatto che dalla via normale italiana non sale nessuno… (oltretutto il Gonella è chiuso) e a nessun trailer viene in mente, per il momento , di prendere in considerazione gli altri itinerari. Premesso che sono generalmente contraria alle limitazioni della libertà di frequentazione della montagna ad ogni livello, purtroppo queste hanno iniziato da tempo a comparire per motivi molto ma molto meno nobili che non salvaguardare la sicurezza . A nessuno è dato sapere se veramente al sindaco non “gli frega di quante persone vengono soccorse o muoiono sulla Normale francese al Bianco”, magari agisce in buona fede. Comunque il vero “business” sul versante francese si fa sicuramente con le migliaia di persone che si ritrovano a Chamonix con scopi molto diversi che salire il Monte Bianco…
Stavolta qui qualcuno davvero “l’ha fatta fora dal vaso”! La situazione di decadimento tecnico e motivazionale della maggioranza degli aspiranti alla vetta del Bianco è tale da aver indotto Jean – Marc Peillex a introdurre le limitazioni. Che in questo caso sono, a mio parere, del tutto condivisibili.
Come te Marcello… anch’io dimenticavo. Riguardo l’allenamento, primo informati bene e poi di zaini pesanti ne porto non preoccuparti, ma solo quando è necessario. Spero tu lo abbia già letto, ma a un caso prenditi il libro di Twight. Qualche dritta sui modi di preparazione la da. Ad maiora
Caro Marcello di solito apprezzo i tuoi interventi, ma stavolta credo che tu abbia proprio sbagliato.
Ma parte tutto ribadisco che secondo me il sindaco ha sbagliato. Perché come ho scritto vietare è sbagliato, diseducativo e alla fine pericoloso.
Oltretutto, che gli frega al sindaco di Saint-Gervais-les-Bains di quante persone vengono soccorse o muoiono sulla normale francese al Bianco? Mica gli imbrattano le strade o non credo nemmeno che il comune debba pagare gli interventi. Quindi al massimo è preoccupato per la nomea del suo comune e per le ricadute mediatiche, il che francamente mi pare ancora una motivazione in più per stigmatizzare il divieto.
Per favore spiegami dove dimostro “ingenuità e poca competenza”.
Ciao Marcello. Brevemente in risposta.
Non scomodo un nome di cui ho immenso rispetto: solo è un pezzo della mia mail personale (aggiungi @yahoo.it) ed il soprannome scherzoso Bonatti mi era stato dato appunto da un mio Amico di cui detto in precedenza e che ora bon c’è purtroppo più. Te lo spiego perché non ho nulla da nascondere anche se nemmeno devo renderti conto di ciò.
Scusa poi se sono incompente ed ingenuo: seguirò i tuoi dettami.
Per ciò che concerne il CNSAS devo dire che, come in tutti gli ambienti (guide alpine comprese) c’è chi è mela buona e chi no. C’è chi ha motivazione e chi no, c’è chi è felice e sereno e chi complessato. Infine c’è chi vive per le “chiacchiere e distintivo” e chi per fortuna no. Non mi piace che generalizzi in questa maniera. Se viene da astio o altro, non è questo il luogo ed il modo. La mia mail ora la hai, pertanto…
Infine la tua conclusione mi sembra appunto che ricalchi il mio discorso “astronomico”. Stiamo paragonando Alpinisti con Skyrunner che vogliono salire al Bianco. Ma magari ho capito male io. Essendo ingenuo, potrebbe anche essere.
Scusa la mia ironia, ma, visto che sono spiritoso e ho problemi più grossi di una risposta su un blog, preferisco questa al tuo astio ed al tuo ergerti a giudice di chi non conosci (per la cronaca tu sei indubbiamente più forte di me in Montagna, ma non per questo hai matematicamente lo scettro della saggezza).
Ma tant’è … visto che sei entrato nel bar anche tu, se sei in zona una birretta te la offro volentieri. Magari smorza i toni e ci fa ritrovare sulla stessa lunghezza d’onda.
Cordialità,
Pietro
Dimenticavo, se invece ti chiami Trinitrotoluene di nome e Bonatti di cognome, chiedo immediatamente scusa.
Peace and love.
tntbonatti e compagnia (ma un nome ce l’avrai pure tu? Perché non lo usi e scomodi addirittura quello di chi non c’è più?), dalle vostre parole, secondo me, traspare molta ingenuità e poca competenza in materia di alpinismo e turismo.
Nella mia esperienza sono giunto alla conclusione che chi si dedica al soccorso non sempre è un esperto come dice di essere e neppure (molto spesso) è un grande alpinista!
Ti suggerisco, se vuoi allenarti davvero, di metterti in spalla uno zaino bello pesante in luogo di uno leggero, scusami, se no l’allenamento dov’è?
Il sindaco che vieta non mi sembra per nulla incompetente né interessato a chissá quale business. la situazione è di emergenza e decidere al posto di chi, a quanto pare, non ne è capace, é cosa saggia se serve a salvargli la pelle.
Poi cosa c’entra l’avere rispetto per i soccorritori? Nessuno li obbliga a farlo. E ne parlo da ex soccorritore che molti anni fa ha scoperto che nella nobiltà del gesto del soccorrere si celano in realtà spesso ambizioni e turbe mentali che nulla hanno a che vedere con il sano principio del portare aiuto, che per me resta sacrosanto ma mai più da dietro a patacche e giubbini vari…
Tornando sul problema, ribadisco che non si può parlare di alpinismo e suoi valori sulla normale francese al Bianco a ferragosto! Si tratta semmai di feccia umana con aspirazioni confuse (non solo sul Bianco), potenzialmente pericolosa per sé e per gli altri.
Per finirla, mi sembra che si stia facendo una gran confusione e lo spessore della conversazione sia da livello bar.
Ciao Matteo. Grazie.
Riguardo i soccorsi, io sono del parere che non ci dovrebbe essere linea di demarcazione. Nel giudizio, o pagano tutti o non paga nessuno. Trovare un giusto giudice che possa oggettivamente valutare persona, condizioni, difficoltà, attrezzatura e soprattutto fatalità, sarebbe impossibile. Queste però sono solo parole.
Sono d’accordo con te che la maggior parte dei soccorsi nasce da valutazioni errate, tuttavia nessuno di noi è esente da errore. La differenza la fanno preparazione, esperienza e cervello (o come ognuno di noi vuole chiamare questi fattori) che non fanno altro che ridurre la possibilità ed il margine di errore, ANCHE SE NON LO SI PUÒ ELIMINARE.
Ecco perché mi metto anche tra quelli che hanno sbagliato e potrebbero ancora sbagliare, seppure un po’ di preparazione ed esperienza ce le ho (per il cervello … battaglia persa ah ah ah !!!).
Per Andrea Castellano: hai ragione, ma, leggendo e rileggendo tutti i commenti e riflettendo sui fatti, forse questa polemica nasce proprio dal fatto che si mettono in paragone persone e situazioni completamente differenti e non comparabili. Vale a dire Burgada (super atleta con al seguito il team di assistenza durante i record), Bonatti, Messner, Gogna (Alpinisti tra i migliori nella storia) e vittime di incidenti sulla normale al Bianco vestiti da Skyrunner privi di preparazione Alpinistica e desiderosi di emulare i loro idoli della corsa in Montagna. SIAMO SU DUE PIANETI COMPLETAMENTE DIFFERENTI. Su uno i divieti appaiono assurdi, sull’altro appaiano una soluzione. Ma un Marziano non avrà mai il punto di vista di un Terrestre se non viene sulla Terra a guardare Marte. FORSE BISOGNEREBBE CAPIRE CHE SIAMO UMANI, QUINDI CI RIESCE DIFFICILE FARE CIÒ CHE FANNO I MARZIANI.
Ciao
Immaginarsi se il nel 1968, ad Alessandro Gogna avessero vietato la solitaria alle Grandes Jorasses; era già un alpinista affermato, è vero, ma ciò non toglie che proprio per questo si sarebbe alzato un muro di protesta contro questo divieto. Oggi, sotto la mentita spoglia della sicurezza, il sindaco di Saint-Gervais punta all’uso protagonistico e commerciale della montagna: parla di umiltà per raggiungere la vetta? vieti l’accesso alla salita a chi in montagna si fa scaracollare, uscito dall’aeroporto, dalle guide. Troppo facile mettere i divieti, molto più difficile è capire che la montagna, nonostante tutto, è un mezzo per l’Uomo, che scopre attraverso il percorso di salita qualcosa di se stesso: i rischi oggettivi, le paure, le fatiche fanno parte del percorso: c’è chi le affronta di corsa e chi camminando, chi ancora, arrampicando.
Da facebook, 24 agosto 2017, ore 12.51
Bellissimo intervento quello di tntbonatti, e ben espresso.
Sono d’accordo praticamente su tutto tranne forse l’affermazione “il problema non è il soccorso, ma chi ne abusa sottovalutando la montagna” perché a ben guardare tutti o quasi i soccorsi sono a sottovalutazione o errata valutazione, quindi tracciare una convincente e condivisibile linea di demarcazione tra chi abusa e chi no è ben difficile (o forse impossibile).
Rimango però dell’idea che imporre sia:
1 – sbagliato, perché ciò che per me è assolutamente indispensabile per te (o Messner o Honnold) può essere inutile o superfluo.
2 – diseducativo, perché ingenera il pensiero “se ho tutto ciò che c’è sulla lista sono tranquillo e al sicuro” e percio’
3 – pericoloso, nell’immediato e per la mentalità che tende a generare
Lo stesso discorso, e per gli stessi motivi, vale per il vietare.
Buongiorno a tutti.
Faccio parte del CNSAS Lombardo e frequento la Montagna da ormai parecchio tempo.
Brevemente voglio dare qualche spunto di riflessione ed un mio pensiero a riguardo.
Spunto 1:
Ma siamo così sicuri che la Libertà (valore da preservare ad ogni costo) sia davvero fare ciò che si vuole? A me hanno sempre insegnato che la propria Libertà finisce dove inizia quella altrui, nel rispetto di chi frequenta la Montagna e di chi porta soccorso (CNSAS o anche Alpinisti che aiutano per coscienza). Sono pienamente d’accordo che qualsiasi crescita ed evoluzione non nasce dai divieti, bensì dal confronto e dalla curiosità. Questo vale in tutti i campi. SONO PERÒ DEL PARERE CHE L’EVOLUZIONE IN OGNI CAMPO NON VIENE FATTA DA CHI NON NE HA LE BASI. Einstein conosceva bene la matematica e la fisica, Bonatti, Messner, ecc. conoscevano bene le Montagne, Enzo Maiorca sapeva cosa era il Mare prima di immergersi. ANCHE SE UNO HA PIÙ GAMBE E FIATO RISPETTO A MOLTI ALPINISTI, NON SIGNIFICA CHE ABBIA LE BASI E LA PREPARAZIONE PER AFFRONTARE SALITE IN MONTAGNA.
Spunto 2:
Perché i soccorsi non dovrebbero esserci? È un servizio che penso sia dovuto, altrimenti dovremmo anche mettere in discussione l’assistenza sanitaria su strada, in città o a casa propria. Se uno è così “mentalmente limitato” (non posso scrivere insulti) da andare sul Bianco in tenuta trail, non è forse paragonabile ad una persona che sale slegato sul tetto di casa ghiacciato in pieno inverno e cade? E chi invece si schianta in moto pensando di essere Rossi e vedendo le strade come un circuito? Il livello di deficienza è lo stesso, tuttavia in Montagna si contesta il soccorso, mentre in altri ambiti è dovuto. E chi purtroppo per lui, invece è vittima di incidenti fortuiti? Nessuno si permetta di dichiarare che a volte, in Montagna o in altri ambiti, “è semplicemente andata bene”!!! Ma se fosse “andata male”, anche solo per uno sfortunato caso, avreste chiamato il soccorso, oppure avreste rischiato di morire? IL PROBLEMA NON È IL SOCCORSO, MA CHI NE ABUSA SOTTOVALUTANDO LA MONTAGNA.
Spunto 3:
Esiste una grandissima differenza tra allenamento e finalità. Anch’io sono uno di quelli che, pur non avendo mai fatto una gara di corsa in Montagna, ogni tanto vado in giro tra Grignetta, Grignone, Resegone in pantaloncini corti e maglietta o zainetto essenziale. Non sono quel fenomeno di Burgada o quella “macchina” che era Ueli Steck, ma mi diverto ad andare leggero per allenarmi, rispettando i limiti delle mie capacità. Correre con poco peso sulle spalle è bellissimo (a me piace però anche fermarmi magari in cima o in qualche punto significativo e, come diceva il “Bac” o “Butch” per qualcuno, Respirare…) ed è anche una buona base per ciò che si vuole fare a livello alpinistico. La corsa fine a sé stessa, per chi ha la passione, è invece il punto di arrivo e non un modo per allenarsi. Questo va benissimo, A PATTO CHE SI RISPETTINO LE REGOLE APPUNTO DELLA CORSA E NON SI PRETENDA DI PORTARE IN MONTAGNA I DETTAMI E LE CONSUETUDINI DEL RUNNING.
Spunto 4:
Ma siete veramente convinti che il business si faccia con la sola salita alla cima del Bianco? Se è vero che il sindaco di Saint Gervais les Bains la pensa così, allora capisce poco di turismo. Dubito però che Peillex sia di questo parere. Il vero business turistico che “fa soldi” è quello delle persone che fanno downhill sfruttando gli impianti sciistici d’estate, fa MTB, escursioni, pranzetto in rifugio, passaggio alle terme o massaggi ed infine aperitivo abbondante dopo una giornata più o meno sportiva. L’ALPINISMO NON È MAI STATO RICCO PER NESSUNO.
Note:
Per PierLuigi D’Alfonso: penso che i personaggi citati, così come hanno più volte prestato soccorsi ad altri, hanno avuto altrettanto piacere e vantaggio nell’essere soccorsi loro stessi. La differenza sta nella base e preparazione che avevano.
Per Mauro Spada: la ragazza di Burgada era “cotta”, ma l’errore di base è stato di entrambi, soprattutto di lui. Poi tra scendere dal Frendo e scendere dalla normale francese al Bianco c’è una bella differenza,
Per Guido Azzalea: nonostante tutto guarda Burgada sull’Innominata https://www.youtube.com/watch?v=U5gw2ZkWln8
Certe montagne (Everest, Aconcagua, Cho Oyu, Kilimanjaro e Monte Bianco, solo per citarne di famose, ma ce ne sono molte altre) hanno raggiunto un tale degrado alpinistico, dovuto all’affollamento delle loro vie normali, che non possono essere trattate come terreni di libertà. Semplicemente perché di ” libero” non hanno nulla.
La decisione del Sindaco viene da una persona responsabile ed evidentemente competente in materia. Si capisce il suo agire a malincuore ma la situazione è tale da imporre norme dittatoriali allo scopo di dissuadere l’esercito di imbecilli incoscienti e incompetenti che si aggira sotto ferragosto sui monti.
Non si tratta di libertà ma di avere o no del buon senso e il fatto che la “protesta” di Jornet sia cosi in evidenza e le venga pure dato peso (sono alieno a ogni forma social nonché sociale) mi fa pensare che gli imbecilli sono molti di più di quelli che già pensavo.
Voglio vedere un trailer che sale dal versante italiano… via del Papà ? Via dei Rochers ? Innominata ? Cresta di Peuterey ? Sperone della Brenva ? Killian questa volta hai pisciato fuori dal vaso. Facevi più bella figura a startene zitto.
Quanti correndo in montagna hanno il tempo, la forza fisico/mentale o la voglia di ammirare la natura che li circonda mentre salgono? Paolo Cognetti col suo libro le Otto Montagne ha vinto il premio Strega 2017 perché ha saputo ricreare su carta una montagna che forse oggi pochi colgono. Quanti escursionisti vedo durante le mie salite, con i bastoncini, le scarpette e zainetto per la merenda! Il motto è la velocità, fare tante cose, scattare immagini col cellulare e subito via per raggiungere la meta. Quanti sanno leggere una cartina, usare la bussola, parlare con discrezione per avere la fortuna di avvistare un animale selvatico o immergersi nel silenzio che la città ormai ci nega. Chiaro che la massa aiuta il business, ma è un ostacolo al mondo mistico delle alte quote. Per ritornare a Kilian, riporto le parole di un famoso freerider: racconta che mentre scia in neve fresca per la produzione di un film, la programmazione e la sicurezza sono eccezionali; viceversa quando fa scialpinismo con gli amici è possibile ritornare sui propri passi se le condizioni non gli permettono di continuare. Le gare hanno un margine di sicurezza che non è lo stesso se siamo da soli. Allora le ordinanze ben vengano, perché ricordano che tutto ciò che si fa potrebbe avere conseguenze negative anche per altri.
Da facebook, 22 agosto 2017, ore 16.30
Ha sopravvalutato la resistenza della sua ragazza … Pierluigi, pensi che per il freddo Kilian non riesca a scendere dal Bianco?
Da facebook, 22 agosto 2017, ore 16.30
Libertà sì, ma ad un patto: Bonatti sul Dru, Messner al Nanga ecc.. Hanno seguito i propri sogni senza contare sull’aiuto indebito di eventuali soccorritori. Quindi, se uno vuole salire in mutande, prego, ma ne paghi eventuali conseguenze. Non come lo pseudo fenomeno, che non merita neppure la citazione del suo nome, che chiamò i soccorsi quando aveva freddo… Povero cocco… Con € 5.000 gli passava la voglia di esibirsi!
Da facebook, 22 agosto 2017, ore 10.27
Non mi piace, l’alpinismo non è esibizionismo
da Facebook, 22 agosto 2017, ore 8.25
Mi limito al solo caso Jornet. Costui fu salvato dal soccorso alpino sullo Sperone Frendo in scarpe da corsa e “bermuda” (per fortuna non in costume da bagno, non ancora) assieme alla sua degna compagna. Una figura da perfetto imbecille presuntuoso.
E ora ha l’impudenza di presentarsi nudo sulla vetta del Monte Bianco per protesta. Non si tratta di protesta, ma di becero esibizionismo. Quando, in futuro, gli si sarà congelato il pisello, ce lo mostri – tutto nero e tutto duro – sui suoi amati “social”. Chissà quanta pubblicità: una manna per lui!
Condivido anche ciò che dice Emanuele.
Si viene educati a non conoscere i pericoli e i rischi, ma ad imparare “la sicurezza” (la bussola per salire sul Bianco? anche il manuale per usarla insieme all’altimetro? le cartine altimetriche no? e allora le paline con le quote per tarare l’altimetro chi le mette? e se il Gps è farlocco?) dicendo che così si è liberi!
Magari la soluzione è quella che si adotta sull’Everest: corde fisse e tutti in fila, con ristori attrezzati e personale d’aiuto?!
E’ esattamente il contrario di come si dovrebbe spiegare e insegnare l’andare in montagna, ma è un business fantastico, direi enorme e tutti lo sfruttano: per esempio ora è di moda fare tutto di corsa.
Però se si lasciasse perdere il servizio di soccorso, la selezione naturale interverrebbe e i costi scenderebbero….. anche morali?!
In nome della libertà si potrebbe decidere con una campagna mediatica ben fatta di lasciar fare (è il contrario di ciò che si fa adesso, ma cambierebbe poco, anzi tutti sarebbero più contenti)?!
E’ la teoria dei politici sul pallone: solo contenimento spettacolare?!
Una triste domanda alla quale non ho ancora risposta: il ragazzo con la guida, scomparsi col brutto salendo dal versante italiano, sono stati ritrovati? Dove erano andati?
Considerazioni, per me totalnente condivisibili e auspicabili. Temo però che la tendenza porterà altrove. La maggioranza dei moderni frequentatori della montagna, la percepisce come un videogioco virtuale. Dove si può guadagnare da vivere (i maestri), oppure collezionare trofei per la stanza dei ricordi. E la caratteristica dei videogiochi, è l’assenza totale di qualsiasi rischio. Perlomeno fisico…
Sono salito al M. Bianco anni fa per lavoro salendo da Chamonix. La guida alpina che ci accompagnava e ci assisteva per le riprese video, sosteneva che così come per guidare la macchina serve la patente, anche per l’andar per monti ci vuole un patentino. Non ho mai capito se lo diceva pro domo sua o lo pensasse convintamente.
Il versante italiano? Quello si difende da se.