Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è da anni al centro di una continua e puntigliosa contestazione da parte di alpinisti, visitatori e operatori del settore, al riguardo del divieto di accesso pressoché integrale a cospicui settori del parco stesso, divieto tale da impedire ogni tipo di attività sportiva o culturale.
M. Bove (Parco dei Sibillini). Foto: Photonica3
Uno dei più convinti oppositori ai divieti è la guida alpina Paolo Caruso, che in questo momento è il referente della parte che si oppone al Parco.
Da qualche settimana qualcosa si sta muovendo, qualcosa che non sia il muro contro muro degli anni scorsi e il feroce scambio di e-mail. Il neo Presidente Oliviero Olivieri, ha contattato alcuni rappresentanti delle varie organizzazioni che operano in montagna (Guide Alpine Marche, Guide Parco, CAI ecc.) per cercare di capire come risolvere i problemi che sono ormai diventati gravi ed evidenti, se non forse insormontabili.
Lo stesso presidente ha avuto anche un incontro con Paolo Caruso, entrambi consapevoli che il dialogo e il compromesso sono le uniche vie di uscita per risolvere i contrasti e gli scontri.
Caruso ha indicato per grandi linee le soluzioni più equilibrate e sensate. Ci sono sicuramente alcuni aspetti “politici” (che riguardano anche le organizzazioni legate alla montagna), ma ci sono altri aspetti, meno politici e più concreti, per i quali è importante trovare soluzioni giuste e senza altri fini.Il vero dialogo probabilmente è il punto d’incontro tra Ministero, Parco ed Esperti della Montagna. Questi ultimi sono persone con importanti competenze, con curricula inequivocabili e di rilievo, persone cui tra l’altro sta a cuore, forse per primi, la salvaguardia del territorio.
In concreto, la soluzione passerà attraverso la fine dei divieti o il loro ammorbidimento con regolamentazioni numeriche. Nella chiacchierata sono stati affrontati temi importantissimi come l’eccessivo affidamento al soccorso: la formazione e la preparazione viene spesso trascurata, tanto c’è il soccorso… E l’impatto inerente gli interventi del soccorso è forte e di fatto ha determinato il divieto alpinistico sul Monte Bove. E’ chiaro dunque che non si andrà verso un futuro migliore se non si porrà più cura alla formazione e all’educazione.
L’incontro si è concluso con l’impegno di un incontro generale a gennaio 2014, preceduto dall’invio al Parco delle nuove proposte di regolamentazione a cura degli esperti della montagna.
M. Bove (Parco dei Sibillini). Foto: Luigi Alesi
Dette proposte sono molto concrete e precise, un elenco accurato del massimo numero di presenze giornaliere nelle diverse zone del Parco, stagione per stagione. Un compromesso di grande sacrificio, soprattutto perché dobbiamo constatare, ancora una volta, quanto siamo lontani da un turismo e una frequentazione della montagna responsabili.
Le menti più lungimiranti pongono al centro della questione l’esigenza del cittadino di potersi muovere in un ambiente naturale con il minor numero di vincoli possibile. Perché solo un cittadino di questo tipo, libero e responsabile, può davvero apprezzare, e quindi sostenere fino in fondo, i valori ambientali che un Parco è chiamato a difendere, ma anche a promuovere e diffondere. Al contrario, un cittadino non libero di scegliere, pienamente immerso nell’offerta turistico-sicuritaria, non sarà mai in grado di essere un bravo soldato dell’ambiente, preferendone essere l’acquirente, a volte anche distratto.
Questo cozza contro la maleducazione e l’irrispettosità diffuse, motivazioni che per certuni da sole bastano a giustificare la chiusura, anche quella completa legiferata per tre anni.
Chi è contro il numero chiuso crede fermamente nella libertà e la regolamentazione delle presenze sarà per lui una sconfitta cocente, forse più cocente del divieto!
Da una parte c’è la considerazione che meglio pochi che nessuno, dall’altra il numero chiuso si scontra di sicuro con l’integralità delle idee più moderne e libertarie, per ora non seguite da una formazione e una preparazione ambientale degne di questi nomi.
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La libertà perduta
Parto con dei ricordi da alpinista di un’escursione fatta qualche anno fa sulla montagna più alta del Molise: la Meta. Questa volta con me però c’è solo la bicicletta.
Come da ricordi il bosco è ripido e quindi mi carico la bici in spalla e via. Dopo poco noto che il sentiero è formato per lo più da sassoni grandi come palloni da calcio e che quindi anche parte della discesa la farò nello stesso modo….
Finito il bosco, dai miei ricordi doveva cominciare un bel tratto pedalabile, ma i sassoni continuano e quindi anche le spalle continuano a lavorare. Poco prima del passo dei Monaci da un punto dove stranamente funziona il telefono chiamo un mio amico a Bolzano che mi chiede se sono da solo. La mia risposta lo trova impreparato perché non sono da solo nel senso della compagnia, sono proprio solo su tutta la montagna ed è il 4 agosto! Noi siamo abituati a trovare sui sentieri decine se non centinaia (o migliaia in agosto nei posti più battuti) di persone. Penso che passino più scalatori in una settimana sulla Prima Torre del Sella che camminatori in tutto agosto sulla Meta. Qui si respira veramente la libertà, ma arrivato al passo vedo un cartello ed incuriosito mi ci avvicino per leggerlo, e qui mi manca il fiato e la libertà sfuma come poche altre volte mi è successo. Non potevo credere a cosa stavano leggendo i miei occhi: VIETATO salire sul monte Meta dal 20 luglio al 5 settembre per tutelare i camosci.
Allora:
1. Sono abituato a vedere tutelati gli animali quando si riducono di numero, invece qui li tutelano perché aumentano. Ma se sono aumentati vorrà dire che hanno trovato un buon posto in cui sono già poco disturbati (ricordo che il 4 agosto ero l’unico (a vista) su tutte le Mainarde, ad eccezione di due persone lontanissime in direzione del monte Marrone, che sono riuscito a vedere solamente perché indossavano abiti colorati.) In Alto Adige anche in una giornata di pioggia in agosto trovi più persone, invece qui non si vede una nuvola.
2. La tutela degli animali cade invece se tu vai all’Ufficio del parco e prenoti una gita organizzata pagando una guida: 15 Euro a persona con minimo 5 partecipanti e massimo 50 nei feriali e 80 nei festivi. Quindi se siete meno di 5 dovete sperare che altri abbiano prenotato altrimenti non si sale…la guida non si muove per così poco. Adesso vorrei sapere però se 5 o 50 turisti possano disturbare i camosci più di me che sono l’unico su tutte le Mainarde non solo sulla Meta.
3. Divieto assoluto di salire a cavallo o in bici. Sfido un altro pazzo a salire fino li con la bici in spalla per poi fare una discesa dove circa la metà é anche con bici a spalla…
4. Si possono seguire solo i sentieri segnalati per salire in vetta: l’unico sentiero che parte dal passo devi proprio cercarlo perché la scarsità dei passaggi ha fatto crescere l’erba che in molti punti ne ha cancellato il percorso….
Questo divieto è stato come una pugnalata al cuore, perché la montagna è e deve rimanere un luogo libero e privo di divieti e di leggi. È un territorio dove anche al giorno d’oggi bisogna trovare quella libertà che ormai nel fondo valle non esiste più e forse neanche potrebbe esistere.
Se nelle Dolomiti dove passano ogni anno migliaia di persone convivono turisti, alpinisti, mtbiker, marmotte, camosci, stambecchi, ecc. credo che anche sulle Mainarde questo possa avvenire. Ricordo che entrambe le volte che sono stato su questa cima, sempre in agosto, sono rimasto piacevolmente impressionato dalla mancanza di gente.
Il punto più duro da digerire è comunque quello delle guide. Su tutte le alpi e non solo puoi andare ovunque ti pare e se ma solo se scegli di andarci con una guida, la paghi e lei ti accompagna. Se però ci sono delle restrizioni, ad esempio quando vengono interdette all’arrampicata delle pareti o delle falesie durante il periodo della nidificazione degli uccelli, neanche la guida ti può portare…invece qui se paghi, i camosci non sono più da tutelare….
Siamo in un periodo di crisi ed è giusto cercare occupazione, ma questo non è sicuramente il modo giusto per far partire un turismo di montagna, anzi mi sembra proprio quello giusto per farlo sparire del tutto. La scusa della tutela dei camosci risulta veramente fastidiosa a chi in montagna ci va da molto tempo e sa che su un territorio come quello delle Mainarde, ai camosci di quelle “quattro” persone che passeranno a Ferragosto “ nu je ne po’ fregà de meno”
Sono stato domenica sul Monte Camicia (Gran Sasso), e ho avuto modo di fare amicizia con una folta colonia di camosci. Da quelle parti non vige alcun divieto e non mi pare che i camosci si lamentino più di tanto, al punto che uno di loro si è avvicinato a noi fino al sentiero. Chiaramente il nostro comportamento è stato più che responsabile e non abbiamo arrecato alla colonia di camosci alcun disturbo.
Ma vi sembra che gente che fa più di 1000 metri di dislivello, in cerca di emozioni e contatto con la natura, possa essere gente “irresponsabile”? I divieti nella pianificazione ecologica dei parchi non serve a niente, fanno solo danno al turismo e a gente in gamba. Non vi preoccupate, gli stronzi non ci arrivano lassù.
Leggetevi “Uomini e parchi” di Giacomini-Pavan (pubblicazione purtroppo quasi introvabile) e avrete veramente l’opportunità di crescere