Numero chiuso sulla via normale francese al Monte Bianco
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Il 4 settembre 2018 è stato stabilito che sulla via normale francese del Monte Bianco è andato in vigore il numero chiuso: nel 2019 ogni giorno potranno iniziare la scalata non più di 214 alpinisti. A vigilare sul rispetto del provvedimento sarà una brigata predisposta dal comune di Saint-Gervais, con agenti autorizzati a emettere contravvenzioni ai trasgressori. Nessun provvedimento di questo genere per gli altri itinerari classici, la via dei Grands Mulets o la via dei Trois Mont Blanc dall’Aiguille du Midi. E ovviamente per le vie del versante italiano.
Dunque stop alle folle che lungo la via normale del versante francese, quella del refuge du Goûter, salgono tra i 300 e i 500 alpinisti al giorno, con punte fino a mille persone nei fine settimana. Dal 2019, il numero degli scalatori dovrà ridursi notevolmente: è il risultato di un accordo tra lo Stato francese, il comune di Saint-Gervais, le guide alpine, la gendarmeria e il Club alpino francese.
L’intesa (che deve ancora essere formalizzata) prevede l’introduzione dalla prossima estate di un permesso per salire ai 4810 metri della vetta. La quota massima di scalatori autorizzati al giorno è di 214 perché questo è il numero di posti letto del refuge du Goûter, dove la prenotazione continuerà a essere obbligatoria. Esulta Jean-Marc Peillex, sindaco di Saint-Gervais, da sempre in prima linea per la regolamentazione degli accessi sul Monte Bianco: “Sono fiero di annunciare che dal 2019 il Monte Bianco non sarà più oltraggiato. È una giornata storica per questa montagna”.
Più cauto il prefetto Pierre Lambert, che ha precisato come “i contorni giuridici di questa misura dovranno essere oggetto di una seria analisi tecnica“.
L’accordo arriva alla fine dell’ennesima estate turbolenta in alta quota, con numerosi incidenti ma anche con alcuni episodi incresciosi: pugni e insulti a guide alpine (colpevoli di far notare agli alpinisti i comportamenti scorretti), il tentativo di portare un cane sulla vetta, una tenda piantata sulla cima, aspiranti scalatori senza ramponi, spesso slegati, o addirittura in scarpe da ginnastica su una cresta ghiacciata. E ancora guide abusive, alpinisti sorpresi a riposarsi su un pericoloso ponte di neve, il bivacco Vallot occupato per giorni da una ventina di scalatori.
Commenta Reinhold Messner: «Sono contrario alla chiusura delle montagne, ma dico pure che la montagna non regge più la massa enorme di gente, spesso impreparata, che la vuole salire. Per questo condivido la decisione francese, limitare l’accesso per aumentare la sicurezza».
«Anche la montagna – ricorda Vincenzo Torti, presidente del CAI – è attraversata dalle mode e questo fa sì, per esempio, che tutti si concentrino su poche mete. Come CAI, invece, cerchiamo di educare a una fruizione consapevole della montagna, anche attraverso la promozione di cime alternative, magari meno conosciute ma non per questo meno affascinanti, con l’intento di distribuire gli appassionati sul territorio. Ed evitare ingorghi pericolosi. Per chi si caccia nei pasticci ma anche, è bene ricordarlo, per chi è poi chiamato a recuperare questi sprovveduti, come i nostri tecnici del Soccorso alpino».
Considerazioni
Si è giunti all’accordo solo alla fine di questa stagione estiva, a mio parere più per la necessità diplomatica di far “digerire” il boccone amaro a tutti i contrari che non per la difficoltà di arrivare a un accordo condiviso tra le parti interessate. C’è così un’intera stagione invernale, più quella primaverile, in cui scontrarsi nella battaglia per la libertà da una parte e per il controllo dall’altra.
Sono tra i primi a lamentare l’incresciosa situazione della via normale francese al Monte Bianco, ma non posso accettare che questa sia la soluzione. Rifiuto e respingo qualsiasi limitazione della libertà in montagna perché con i divieti e le restrizioni si giunge solo a uccidere lo spirito che sta alla base dell’alpinismo e che è anche la sua caratteristica principale, cioè la libera espressione di chi lo vive. Mi rifiuto di pensare che il numero chiuso sia oggi introdotto coscientemente come anticamera della salita a pagamento, ma questo esattamente succederà, purtroppo, proprio come già è nei paesi asiatici dove si paga un consistente permesso per salire le cime. E non mi sembra francamente che il salato fee che le spedizioni devono pagare per l’Everest (ma anche per le altre vette) abbia risolto la drammatica situazione alpinistico-ambientale che grava sia sul versante tibetano che su quello nepalese.
Piccola folla in vetta al Monte Bianco
La soluzione passa invece attraverso una paziente operazione educativa e dissuasiva che nessuno degli attori in causa ha la capacità tecnica di ideare e condurre, proprio perché culturalmente rozzi, alla pari degli aspiranti scalatori di quell’agognata vetta. Far capire che il Monte Bianco, ma anche la montagna in generale, non è a portata di click. Anziché reprimere, serve educare. E’ molto più facile e assai meno costoso vietare e chiudere invece di educare a ciò che di bello si può fare in una valle come quella di Chamonix. Convincere il turista giapponese o neozelandese o cileno che è più emozionante avere un’esperienza vera su qualche altra montagna che non ammucchiarsi tutti insieme sullo stesso itinerario. Mostrare con filmati, conferenze, testimonianze pubbliche e avvisi ripetuti nella massima diffusione cosa succede a chi non intraprende la salita con il materiale adatto. Sfatare cioè la leggenda di questa pazzia collettiva con la dissuasione. Invece il numero chiuso, su persone di quel genere, produrrà l’esaltazione di essere tra i privilegiati: dunque la vetta sarà in cima ai sogni distorti di un numero ancora maggiore di persone. Aver “fatto” il Bianco sarà vieppiù motivo di orgoglio élitario, modaiolo, esclusivo e adrenalinico. E riuscirci in scarpe da tennis continuerà ad essere uno stupido sogno e cibo trash per i social.
Contrariamente al sindaco Peillex, io penso che ad essere stata oltraggiata non sia stata la montagna in questi anni. Insulto e oltraggio vanno invece indirizzati ai protagonisti della pagliacciata che è diventata la salita al Monte Bianco. Ove per protagonisti intendo turisti aspiranti scalatori, guide alpine tassiste, club alpino francese, amministrazione comunale e, soprattutto, agenzie turistiche.
Per approfondimento: ARTICOLO DI ORIANA PECCHIO dell’8 settembre 2018
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Magari ti ringrazio, come me la mandi? via mail ? Grazie
Fuori dal coro, a me pare che il provvedimento del Sindaco rappresenta la posizione più’ ragionevole.
Ovviamente, assumendo che, lasciando a parte le rispettabilissime utopie, i rifugi NON saranno mai smantellati, e le guide locali continueranno a vivere dei salitori al Monte Bianco, il cui numero e’ destinato ad aumentare continuamente. Pure abbastanza ovvio e’ che meno persone=meno incidenti.
Credo che il vero dibattito che incendia sia un altro, il fatto che la montagna affollata svilisce e mortifica l’esperienza di quanti cercano ‘avventura’ e solitudine, e che per torto o ragione assumono di avere piu’ diritto di accesso rispetto al salitore da supermercato.
Allora sarebbe più’ coerente dire che i rifugi andrebbero aboliti ovunque, così’ come tutti gli impianti di risalita, e tutte le altre infrastrutture umane. Sulla carta siamo tutti pronti a firmare…
Si tratta dell’it. 192 dell’edizione originale francese del 1978 (4a edizione ValloT), a pag. 117. A chiunque sia interessato posso mandare la scansione.
Scusate ma non riesco a rovare la relazione della via Payot alternativa al grand coulor; si dice a pag.111 della guida Vallot itinerario n.192. Sulla guida che ho io non c’è nessun itinarario 192, mi sapete indicare di quale guida si tratta? Io possiedo la Guida Vallot vol.1 edizioni Mediterranee.
Grazie
posso fare l’esempio del monte Procinto in Apuane. Sulla Cintura al centro della parete est, c’è un grottone dove molti andavano a cagare. E’ stato riempito di merde , carta da culo e assorbenti.
Poi il sottoscritto l’ha ripulito mettendosi a fare il raccattamerde.
Ora mi domando ma chi ci caga? MAROCCHINI …?? Oppure chi va li a scalare….
Possibile che non ci si renda conto che nel grottone la pioggia non ci arriva e tutto rimane lì ?! Bel troiaio da parte di chi magari dice anche di amare questo luogo. Che trova bello questo luogo. Possibile trasformare in un letamaio questa antro? che poi serve anche da riparo in caso di pioggia improvvisa.
Sul lato nord all’attacco della via XXV Aprile, nello stesso giorno che ho ripulito di merde il grottone, ho raccolto una cinquantina di mozziconi di sigarette. Anche li sono stati gli estracomunitari…?
Ci si lamenta dei vecchi chiodi, che le vie non sono bene riattrezzate, che le piastrine sono arrugginite, che le vie non hanno scritto alla base e non si sa dove andare, lamenti di qui e lamenti di là, ect, ect., ma poi si riempie di merda e sporcizia il posto.
E si… tutta colpa dei Marocchini !!
Difficile prendere la parola in un blog dove si legge di tutto e il contrario di tutto. Aggiungo solo alcuni esempi per mettere a conoscenza di quelli che se vedono non parlano e se parlano non sentono. Su molti percorsi di vie normali verso fine stagione bisogna fare zig zag per non pestare merde e sperare che il vento soffi in direzione opposta, vai ad arrampicare e sovente l’odore è nauseante perché anche lì è pieno di merde, tutti ecologisti con la casa degli altri, tutti amici degli animali, tutti con il cane ma nessuno che lo tiene al guinzaglio e così potrei continuare per delle pagine ancora. Poi vai al campo base dell’Aconcagua e se hai la dissenteria e non arrivi alla tenda preposta per la toilette ci sono le guardie anche di notte che ti fanno la multa. Li funziona e se non ci fossero le guardie e le multe bisognerebbe scappare da quel letamaio che gli alpinisti inevitabilmente lasciano in qualsiasi paese e senza differenze di nazionalità.Ma mi domando, ma a casa loro si comportano così, e se no, perché quando sono fuori in natura non si comportano un po’ più civilmente? Le pietre che cadono sempre dall’alto e che vanno anche di traverso,se ci passi in quel canalone ,non aspettano di sicuro le notifiche del sindaco e se è scritto da qualche parte che quella è la tua ora anche se avevi il permesso scritto da quel personaggio famoso che vorrebbe diventare il sindaco francese, non ci son caschi che tengano e non potrai reclamare a nessuno i danni … morto non più borbottare.
Ho letto qua e là (anche qui) che la capanna Vallot è una discarica, che le tracce di salita nella neve sono gialle, arancioni, verdi e marroni per gli escrementi che gli “alpinisti conquistatori” vi rilasciano, che l’enorme e tecnologico rifugio Gouter puzza come una fogna, in più so che i francesi non amano lavarsi e di solito “puzzano di rosetta selvatica”… per non parlare delle varie droghe disperse, comprese le confezioni.
Mi domando quale sia l’avventura della salita e la bellezza dei luoghi, dato che sembra si stia due giorni negli escrementi.
Non è più bello salire il Bianco da altre parti?
O la moda impone alle menti (piccoline) di salire dalla normale francese?
Non penso sia la via più facile o la meno costosa e il Bianco è un “pancione talmente grande” (mi perdonino quelli del clubibrokki normalisti dei 4000) che permette di salirci sopra da tante parti.
O sono le strutture professionali a volere procedere sempre su questa via per guadagnare da vivere più facilmente?
Quelle di Luciano Ratto sono normalissime opinioni, che naturalmente possono essere condivise oppure no. Perché definirle «deliri»?
I suoi scritti sono stati divulgati piú e piú volte negli anni scorsi, e spiegati nei dettagli, valutando i pro e i contro delle varie possibilità. Perché definirli «semplicistici»?
brocco firmati! Sei uno dei pochi che ha detto qualcosa di sensato circa questo post. Non restare nell’anonimato, non ti fa bene né onore alcuno. C’è bisogno di opinioni come la tua. Vieni fuori dal nascondiglio, nessuno ti farà del male.
A parte questo, qui si leggono deliri semplicistici (vedi Ratto) che fanno solo pensare che il sindaco che chiude, limita e vieta, abbia solo ragione. Ha ragione, se l’obiettivo é quello di tenere a freno dei pazzi incoscienti. Ma sapete quanto costa andare a prenderli? E che rischi si corre per farlo? Libertá non significa omissione di soccorso e la normale al Bianco é ormai spazzatura per sfigati. Gente che non sa niente di montagna nè di alpinismo, ma che cerca solo di collezionare mete note da esibire con i colleghi di galera (=stile di vita dei più) . Lasciamoli nel loro box di tristezza e esultiamo del fatto che se vanno lassù lasciano liberi un sacco di spazi preziosi. Sarà da stronzi ma se la sono proprio cercata.
Il motto delle direzioni di molti club alpini è da decenni: largo agli incapaci (perché danno immagine e pagano bene).
E allora super sentieri con super rifugi albergo e conduttori certificati con tanti “specchietti luccicanti” per le allodole (tipo il club dei normalisti quattromilisti o ottomilisti più o meno ossigenati).
Ma per indirizzare in montagna gli incapaci bisogna costruire un sistema di regole infinite e spesso ridicole (come loro).
Il peggio avviene quando sono gli incapaci a imporre le regole (ma anche solo a proporle) 🙂
Comunque per andare in montagna bisogna fare fatica anche se non si usa il cervello e si merita un qualche rispetto.
Sulle grandi montagne di moda…Bianco, Gran Paradiso, Capanna Margherita… la maggior parte della gente (che) sale con la guida…la maggior parte cordate di lumache palesemente al limite…probabilmente la loro unica salita dell’estate…va bene per carità, basta non lamentarsi che son tante…
LA DIATRIBA SUL MONTE BIANCO
Torno ancora una volta sul problema del numero chiuso al Monte Bianco per la via del Goûter, e sono indignato per la faciloneria e l’improntitudine con cui ,deliberatamente, l’ineffabile sindaco di Saint–Gervais, Jean Marc Peillex, sposta i termini del problema della sicurezza della via del Goûter, banalizzando l’intera questione.
Ritengo che, al riguardo, si faccia una grande confusione tra due problemi:
– il primo, è l’affollamento del Monte Bianco, tema che riguarda anche altre montagne delle Alpi (vedi il Cervino) e del mondo intero (vedi Everest),
– il secondo, è la pericolosità della via del Goûter, di cui si discute da molti anni, visto il ripetersi degli incidenti con morti e feriti (rispettivamente in media quattro e otto all’anno).
E’ un misero escamotage, un puerile tentativo quello del sindaco di attribuire all’affollamento le disgrazie che si sono verificate in questi anni; il “canalone della morte” è così chiamato perché la sua pericolosità è stata denunciata fin dai primi salitori.
E’ pura follia pensare di correlare la sicurezza nel percorrere questa pericolosissima via al numero chiuso (240) coincidente con i posti del rifugio del Goûter. Forse che si può impedire a qualcuno di salire al rifugio anche al di fuori di questo numero? Tra i punti fondanti della Repubblica Francese compare al primo posto la parola “Liberté ”: come si può pensare di impedire a chiunque voglia, a suo rischio e pericolo, di salire e di bivaccare fuori del rifugio o di continuare la salita senza fermarsi nel rifugio, o semmai, di scendere a valle?
Al limite, “L’ascesa si può tranquillamente fare dalla Tête Rousse”, diceva Christophe Profit, guida alpina locale e leggenda degli anni Ottanta. E per alleggerire l’affollamento del Cervino, una proposta simile l’ha formulata il Presidente delle Guide del Cervino Flavio Bich: “Basta fare la salita in giornata, partendo dall’Oriondé, evitando la capanna Carrel”.
Peillex insomma vuole sottopone gli alpinisti che desiderano salire al Bianco per la via del Goûter, a un duplice sopruso:
– il primo, perché impedisce di salire a chi intenda proseguire, o di bivaccare evitando il rifugio,
-il secondo, perché costringe a prenotare il rifugio che costa 150 euro a notte: è questo un assurdo balzello per un lasciapassare che consenta di rischiare la vita due volte (salita e discesa), per 214×2=428 passaggi giornalieri, nel canalone della morte, magari sotto gli occhi della “Brigade Blanche”, una squadra di agenti giurati, autorizzata a effettuare controlli sul posto ed emettere contravvenzioni per i trasgressori.
Vorrei aggiungere a questo punto alcune proposte operative, con le quali già chiudevo il mio dossier pubblicato nell’agosto 2015 sul sito del “Club 4000”, intitolato appunto “Lo scandalo del canalone del Goûter-La roulette russa sul Monte Bianco”; tra queste proposte indicavo (e indico tuttora) una nuova via, posta sulla destra orografica del canalone, che potrebbe essere messa in sicurezza, su indicazione delle Guide Alpine di Saint-Gervais con impiego di imprese locali , attrezzandola perciò con cavi, fittoni, corde, scale, protezioni varie.
Ritengo che potrebbe essere realizzata in poco tempo (qualche mese di lavoro) e con spesa contenuta: comunque tra tutte le soluzioni ipotizzabili sarebbe senza dubbio la meno costosa e la meno impattante sull’ambiente naturale. Non si deve più perdere altro tempo, in discorsi, riunioni, discussioni. Occorre chiedere alle autorità competenti di provvedere a un accurato ed approfondito primo “disgaggio” del percorso sulla destra orografica del vallone (variante 192 della guida Vallot), fin sulla Cresta Payot, attrezzare velocemente questa via e metterla in sicurezza come sopra e con adeguati segnavia, dare comunicazione di queste decisioni a tutto il mondo alpinistico con adeguati mezzi informativi.
Luciano Ratto
(CLUB 4000)
Marcello, non esiste alcun segreto: il “gioco” si chiama “manifestazione del proprio pensiero”. È il mio libero pensiero, non quello di Partito, qualunque esso sia.
Sono stato educato a valutare fatti e persone sulla base degli elementi oggettivi e delle informazioni di cui dispongo, prescindendo dalle ideologie. Quando mi informo ascolto le diverse campane, rifletto, poi la mente formula il suo giudizio. Almeno, è così che cerco sempre di comportarmi. Spesso, prima di giudicare una persona, mi chiedo: “Al suo posto avrei saputo fare meglio?”.
Credo di essere una delle persone piú lontane dalle ideologie fascista e comunista, semplicemente perché amo la democrazia. Ciò non mi impedisce di detestare con tutto me stesso l’ipocrisia, la malafede e gli intrallazzi criminali dei partiti democratici, o sedicenti tali.
Per esempio (ritornando all’argomento di questa discussione), ho espresso semplicemente ciò che penso riguardo al problema del degrado della Via del Goûter e della sua soluzione, senza considerare che cosa avrebbero potuto pensarne i fascisti o i brigatisti rossi, Bonino o Cominetti.
Tutto qui. Con cordialità.
Marcello ha ragione a proposito dei CESSI francesi, sono carissimi e fanno schifo. Pero’ dire che basta non andarci puo’ non bastare perche’ la massa, purtroppo, continuera’ ad andarci e sara’ contenta di trovare dei CESSI di lusso in alta quota.
La normale al Bianco dal Gouter non é “montagna” come si intende nell’accezione alpinistica che tanto ci piace. Quindi, siccome é frequentata da clienti del supermercato chi se ne frega se la regolamentano, chiudono o mettono un pedaggio! BAsta non andarci, no? Poi, per me che sono genovese, bastano i 150€ di pernottamento in quei cessi di rifugi francesi per farmi desistere immediatamente. Bélin!
Bertoncelli ma a che gioco giochi? Ora sembri un fascistone benpensante e boninista pure ottuso, ora un brigatista rosso. Ma qual’é il tuo segreto?
Viviamo in una società e quindi dobbiamo rispettare le sue regole. Parlare di libertà è una illusione, possiamo parlare di autonomia: la capacitè di muoversi in mezzo ai nostri simili rispettando le regole stabilite nei secoli. Ma per essere autonomi ci vuole intelligenza e la maggioranza degli uomini ne ha poca o preferisce non usarla. Quindi altre regole più o meno per gli stupidi. E la minoranza di chi usa il cervello deve adeguarsi, nel bene e nel male.
Quello della libertà in montagna sta diventando un argomento estremamente complesso e spinoso. In teoria è un principio intoccabile ed irrinunciabile; sappiamo quanto le limitazione della libertà di accesso, con l’introduzione di regolamentazioni come nel caso del Monte Bianco, costituiscano precedenti pericolosi che potrebbero aprire le porte ad altri divieti. E’ anche vero però che la libertà occorre meritarsela. Purtroppo negli ultimi tempi, lungo alcuni itinerari iper-frequentati – e non solo sul Bianco – accadono fatti veramente incresciosi che mettono in discussione l’assolutezza del principio.
Sono contrario a qualsiasi regolamentazione della montagna. No al numero chiuso, no alla patente di alpinista per poter salire sulle cime, no agli esami alpinistici di chicchessia.
La montagna è il Regno della Libertà (Samivel). Ma è anche la libertà di comportarci bene, con senso di responsabilità.
Sono io che devo decidere quale vetta salire, non il vigile urbano con la paletta rossa e il blocchetto delle multe. Ma sono sempre io che devo possedere la maturità per evitare il caos e la folla, e scegliere la meta con prudenza e cognizione di causa, qualunque sia la mia capacità, dal sentiero al sesto grado e oltre.
Alla fine anche la Francia liberale di Macron sarà simile all’Ungheria autoritaria di Orban?
Considerate quale potrebbe essere la nostra esperienza intima sui monti senza rifugi. Immaginate il Colle del Gigante senza funivia e senza il Rifugio Torino, nella natura selvaggia. Salire da Entreves a piedi: quanta fatica! Ma poi al Colle ci affacceremmo su un mondo glaciale intatto. Solo noi e pochi altri al massimo.
Quel giorno rimarrebbe nel cuore per tutta la vita. Ora, invece, il ricordo di chi sale in funivia con i mocassini quanto può durare? Quanto tempo conservate in memoria una giornata al luna-park di Riccione? e che emozioni ne ricavate?
Come disse quel tale: “Ora gli dei sono fuggiti altrove”.
Per tentare di risolvere il problema dell’affollamento sulla Via del Goûter al M.Bianco, la soluzione piú drastica – e forse giusta – sarebbe quella di abbattere (!) il rifugio omonimo.
Bisognerebbe eliminare anche la ferrovia a cremagliera che sale da Saint Gervais e lasciare solamente un rifugio al Nid d’Aigle, rifugio che allora sarebbe davvero degno del suo nome. Da lí alla vetta ci sono 2.500 metri di dislivello, come ai tempi dei nostri nonni. Loro ci riuscivano; noi no? Ma, evidentemente, sto parlando di fantascienza.
Nel caso proposto, un problema da risolvere sarebbe poi quello dello smaltimento dei rifiuti e della cacca di chi, per l’ascensione, si attenderebbe comunque sull’Aiguille du Goûter. È quanto succede ora anche al campo base dell’Everest. Ma è un problema che si potrebbe risolvere. Ciò che davvero non va è il degrado attuale.
E cosí si dovrebbe fare per tantissimi altri rifugi alpini.
… … …
Tutti noi alpinisti dovremmo comunque dare il nostro contributo scegliendo mete poco frequentate, ma altrettanto belle, oppure salendo la Via delle Bosses in ottobre, prima delle nevicate autunnali.
Sarebbe bello se il criterio che discrimina la possibilità di accesso fosse tecnico (saper fare i nodi principali, progressione su ghiacciaio, saper usare l’attrezzatura) e non economico, che cosi il prezzo del rifugio non fara altro che salire
Credo che la frase “non è un diritto ma un merito” riassuma perfettamente il tutto.
Non si può pensare che sia tutto dovuto altrimenti non ha alcun senso andare in montagna, perché ora come ora non ci si pone la possibilità del fallimento. Chi crede che salire in vetta sia un diritto aquisito pensa che tutto andrà bene e facendo così sottostima anche i rischi.
Ma se manca la possibilità del fallimento non ha più senso l’alpinismo. Senza la possibilità di fallire il tutto diventa una mera routine priva senso.
Che senso avrebbe salire sulla vetta del Bianco avendo la certezza matematica di successo per chiunque? Nessuno, senza l’incertezza (pur minima) l’alpinismo muore.
Chiudere i rifugi non si può fare e non credo vada fatto altrimenti ci rimettono pure gli alpinisti “normali”, certo si potrebbe pensare di mettere un freno a certi rifugi che ormai di rifugio hanno solo il nome. Mentre per il resto, a partire dal prezzo, sono degli hotel, la Hörnlihutte ne è l’esempio lampante
Eliminare i rifugi. Questa e’ la soluzione per il Bianco. E non vuol dire fare dell’elite, ma ridare dignita’ ad una montagna e anche a chi la sale.Perche’ non c’e’ un diritto ma solo un merito.
Non ci metto più piede da anni, dirotto ogni richiesta di salita verso altre montagne. Mantengo il ricordo sfogliando le “Cento più belle ascensioni” di Rebuffat o le pagine sgualcite di vecchi Vertical colme di tante danze verticali sul magnifico “protogino”.
Un tempo i gladiatori si sentivano eroi (più o meno) ed erano orgogliosi di morire davanti al loro “cesare”, proclamavano: morituri te salutant!
Penso che l’importante sia non fare il gladiatore moderno, poi io direi di incentivare quelli che vogliono fare i gladiatori, farebbe bene alla società la scomparsa di certa gente 🙂 e di sicuro ci sarebbe anche da guadagnarci (in primis guide & c. e industrie) qualche euro ancora di più 🙂
La questione è alquanto complessa e ci sono problematiche che è impossibile negare. Sulla via normale francese, e più in generale su cime “famose”, salgono un’esagerazione di persone. L’aggravante è che una buona percentuale di chi sale non è “preparata” per affrontare una tale ascesa. Ho visto, in più occasioni, turisti letteralmente trainati dalle guide affinchè arrivassero in cima. In questi casi mi domando quale sia il senso di questa azione, che senso ha per una guida trascinare a forza un cliente per farlo giungere in cima? Beh, certamente il cliente ha pagato, probabilmente nemmeno poco, e quindi “bisogna” farlo arrivare in cima… Personalmente però vedo questo come uno svilimento e snaturazione della della guida, la cui funzione (a mio modesto parere) non è quella di fare da mulo e far giungere in vetta cani e porci a qualsiasi costo, ma di essere un punto di riferimento altamente qualificato e professione per coloro che pur desiderando vivere la montagna non hanno le “competenze tecniche” per farlo in autonomia. A mio modo di vedere coloro che attuano un comportamento del genere svendono la montagna, la banalizzano, la rendono un luna park dove vale l’equazione per cui per arrivare in cima basta pagare. Per fortuna esistono moltissime guide che non fanno così e che educano i loro clienti alla montagna.
Parimenti mi domando che soddisfazione ci possa essere nel farsi trasportare su una cima solo grazie alla forza bruta e non grazie alle proprie capacità. La risposta credo sia semplice, sono turisti, quindi capiscono poco o niente di montagna, a loro probabilmente interessa solo arrivare in cima, forse per vantarsi con gli amici o forse per capriccio personale. Si illudono, per ignoranza, di aver conquistato la cima quando in realtà l’hanno solo piegata con il mero utilizzo del denaro e della fatica altrui. Coloro che fanno così sono esattamente uguali a coloro che sborsano migliaia di euro per salire sull’everest con l’ossigeno, le corde fisse predisposte e i campi già preparati. Le uniche differenze sono il prezzo pagato per arrivare in cima e il fatto che si trovano sulle alpi e non sull’Himalaya. L’alpinismo che attuano è lo stesso, un mero alpinismo di consumo.
Come se le montagne fossero il reparto un grande supermercato dove si può scegliere una cima qualsiasi tra quelle in vendita e per portasela a casa basta andare alla cassa e pagare.
Sono d’accordo con Messner bisogna educare la gente, troppe volte si vede gente totalmente impreparata in montagna, io gente in ghiacciaio con le scarpe da ginnastica l’ho vista con i miei occhi. Inoltre nulla ci garantisce che quei 214 che saliranno in vetta saranno preparati, anzi probabilmente una buona non lo sarà ma si arrogherà il diritto a salire con la semplice motivazione dell’aver pagato.
Il monte bianco sta purtroppo diventando come il cervino, cioè una montagna inflazionata e assediata tutti giorni da qualsiasi versante in cui il lucro sembra sovrastare qualsiasi altra cosa. Non è ancora a livello del cervino, che credo rimarrà imbattuto per diverso tempo sopratutto per quanto riguarda il versante svizzero, ma si sta avvicinando, basta guardare il rifugio gouter per rendersene conto. Certo non è ancora a quel livello ma inizia ad avvicinarsi.
Chiudere la montagna e renderla “elitaria” è sbagliato è un tentativo di nascondere i sintomi ma senza curare la malattia, è in sostanza un palliativo. Ma un malato che viene sanato dai sintomi e non dalla malattia prima o poi muore…
Il 13 agosto 1968 alle 10 e 13′ arrivai sulla vetta del Bianco: avevamo dormito al Gouter: in una camera da 8 posti eravamo solo io ed il mio compagno Giammaria ( ed era il 13 agosto…!) Alla Vallot c’erano una trentina di alpinisti (30, non 300) in attesa che la nebbia si diradasse. Io e Giammaria arrivammo e sostammo sulla vetta ( l’unica che sbucava dalle nubi, purtroppo) per oltre mezz’ora, sempre solo noi 2. In discesa incontrammo finalmente 3 o 4 cordate che salivano. Altri tempi, ma mi chiedo: quanta gente -oggi- ha il fiato e l’allenamento per questa salita ! per arrivare al Gouter bisogna COMUNQUE scarpinare per 1600 m. di dislivello! E va bene che oggi il materiale – scarponi, maglione ( oggi pile) , picca ecc. pesano molto meno : ma sono sempre 1600 m , più i 1000 – quasi tutti sopra quota 4000- per la vetta!
Comunque, sarei più d’accordo con Messner: tentare di educare , combattendo contro la “moda” ed i suoi strumenti di (dis)informazione sarebbe una battaglia persa in partenza ( p.es: abbiamo cominciato a mettere le cinture di sicurezza in auto quando arrivavano le multe).
PS: 150 E un pernottamento: nel ’68 pagammo la tariffa con sconto CAI, circa 2000 lire.
Concordo con Simone Di Natale: chiudiamo il Gouter e vediamo se si risolve il problema.
Stessa cosa vale per il Cervino: togliamo i canaponi e vediamo se la selezione naturale non funziona più di quella burocratica auspicata.
Si sta verificando quello che succede sulle grandi cime di 8000mt la corsa selvaggia di persone che anche con una preparazione inesistente vogliono salire.Anche io tanti anni fa la prima volta che ho salito il bianco dalla parte francese sono stato al rif.Gouter traboccante di persone.Il rif.non era certamente come quella di oggi,e chi già allora adoperava la capanna Vallot come posto per dormire per essere piu vicino alla vetta.Solo che adesso con l’idea di poter fare tuttobquello che si vuole non ci sono più regole e le cose peggiorano con l’incivilta’delle persone.Quindi ben vengano le regole ed i divieti e il soccorso se non c’è danno deve essere fatto pagare come fa la regione piemonte.
purtroppo il problema non è di facile soluzione. però, aldilà di qualche mentecatto che sale sui ghiacciai con le clarks, penso che i veri problemi di questa invasione sia costituito fondamentalmente due categorie: 1) i “ricchi” del pago, ergo faccio ciò che voglio come voglio e quando voglio, ma soprattutto 2)gli alteti, il popolo delle ultratrail, dello scialpinismo in tutina e carbonio (ma senza saper fare una curva in discesa). Molto spesso digiuni delle minime nozioni alpinistiche, convinti che per salire i monti bastino solo gambe allenate e polmoni capienti, gasati dalle pagliacciate di burgada e soci, coccolati da tanta stampa di settore che ormai identifica l’alpinismo come un semplice gesto atletico… senza girarci troppo intorno, sono loro il problema principale, sul monte bianco così come sul rosa, sulle dolomiti, perfino in appennino… la mia speranza è che essendo una moda, passi alla svelta, restituendo la montnagna a chi la ama davvero.
C’è qualcosa che non mi torna.
Nell’articolo è scritto che il refuge du Goûter può accogliere 214 persone.
E lo chiamano rifugio?
Io lo chiamo albergo, o dormitorio…o scegliete voi il termine che vi aggrada.
Prima si costruiscono degli alveari in alta montagna e poi ci si lamenta dell’affluenza e si mette un numero chiuso? numero che coincide con la capacità di accoglienza del rifugio stesso?
Di fatto la tassa per l’accesso al Bianco da quel versante è già stata messa. O paghi il Gouter o non sali.
Facciamo invece che il Gouter si chiude, e vediamo in quanti salgono al Bianco con i propri mezzi. Visto che quello è il versante facile salga chi lo fa in giornata o si porta dietro una tendina!!
I provvedimenti prospettati non i sembra volgano al rispetto della montagna , ma solo a garantire di far cassa con meno fastidi.
Fra poco qualcuno dirà che l’accesso alle torri del Vajolet dovrà essere regimentato e parametrato sulla capienza del ristorante albergo posto ai suoi piedi, che anche in questo caso viene impropriamente chiamato rifugio?
Che tristezza!!
Massa da massificare per vivere comodamente e ben conosciuti, o massa da non massificare e vivere scomodamente e poco conosciuti: questo è il dilemma: essere o non essere, apparire o non apparire! 🙂
(dilemma delle guide italiane e del cai, ma in generale direi della società della mediocrità)
Non sono mai a capire il fascino di intrupparsi e fare a gomitate, bianco, Cervino o everest che sia…
Comunque vedo un bel problema quello del controllo. Tornelli non credo siano possibili, fare un baracchino per l’omino in cima o a metà cresta difficile (e poi quanto dovresti pagarlo?).
Magari si potrebbe usare un bel drone che fotografa tutti e poi a valle si fanno i conti e così si da anche il colpo definitivo alla wilderness! 🙂
Stavolta sono d’accordo con Reinhold Messner!
Educare la massa all’approccio più corretto con l’ambiente e pura utopia e ne sa qualcosa il collega che si è visto offendere e minacciare proprio al Gouter.
Ne sappiamo qualcosa un po’ tutti… la risposta migliore è: Fatti i cazzi tuoi!… la peggiore attualmente è stato il pugno in faccia beccato da un altro collega sulla normale dal Gouter…
Dove arriva la massa non c’è più in ballo una questione di libertà dell’individuo, diventa invece necessario regolamentare per evitare che questa libertà venga compromessa proprio da chi la usa come scudo per le proprie divagazioni, limitando al contempo quella altrui.
Questione ormai di rispetto dell’ambiente e del prossimo, non di libertà.
Se ad un unico individuo (che ne abbia voglia si intende), puoi riuscire a spiegare le tue ragioni facendolo ragionare, ad una massa eterogenea con obiettivi personali diversissimi fra loro, è impossibile!
Prova a spiegare ad un turista che arriva da oltre oceano,spendendo un capitale per salire in cima al Bianco che ci sono alternative, magari anche più di soddisfazione… si gira, se ne va, e trova un’altra guida, magari abusiva (se ne stanno accorgendo a Chamonix che hanno limitato quelle ufficiali senza tener conto che la piaga sono gli abusivi.. ma i francesi sanno sempre tutto loro…).
Sulla nord dell’Eiger posso accompagnare serenamente due alpinisti, prassi comune in alpinismo e sul Cervino uno solo? Limitazione a garanzia della sicurezza… bene, accolta! Nessuno di noi ha contestato dicendo che si limita la nostra libertà di scelta professionale né che in questo modo si riducono i guadagni.
Monte Bianco massimo due clienti per Guida, già da molti anni per gli stessi motivi, ci siamo conformati… sulla Traversata delle tredici cime, molto più impegnativa che la salita al Gouter andiamo con tre e anche quattro clienti, ma lì la massa non è arrivata né arriverà mai, troppo impegnativo.
Ci scandalizziamo per gli infradito sul ghiacciaio del Gigante e limitrofi, chiedendo da più parti vengano presi dei provvedimenti e poi al momento in cui si tenta di limitare questa situazione (ormai le somiglianze sono infinite), ci scandalizziamo allo stesso modo…???
Le tonnellate di merda raccolte alla Vallot testimoniano lo sconquasso ambientale dovuto ad una frequentazione selvaggia ben vengano limitazioni che possano in qualche modo rimettere un po’ di ordine e di equilibrio!
Due anni fa in occasione dei 150 anni della prima salita al Cervino mi sono ritrovato ad una capanna Carrel che traboccava con oltre 100 persone, considerando che i posti sono 50 direi che selvaggio sia dir poco… ben venga la limitazione che stanno studiando in Valtournenche per evitare il più possibile di dover intervenire continuamente con il soccorso!
Si vuole salire alpinisticamente il Monte Bianco (visto che ormai la salita dal Gouter sembra più un percorso turistico)? Bene, allora le vie normali sono 4 (non conto la Tournette) e le chances di farlo infinite basta scegliere l’alternativa più consona.
Considerando poi che nessuno vieta nulla ma si tenta di trovare una soluzione limitando l’accesso al percorso, quindi prenotando per tempo tutto rimane fattibile, non vedo per quale ragione ci si debba scandalizzare.