Nuovi impianti da sci dove non nevica più

Perché costruire impianti e piste da sci sotto i 2000 m è ormai assurdo? Qui è spiegato bene.

Nuovi impianti da sci dove non nevica più
(la Regione Lombardia investe milioni, protestano gli ambientalisti)
di Luca Rota
(pubblicato su lucarota.com il 25 ottobre 2024) 

Così recita il titolo di un articolo pubblicato dal quotidiano Il Giorno il 30 settembre 2024, firmato da Federico Magni – lo vedete qui sotto; il sottotitolo precisa ancora meglio i contenuti: «Dalle Orobie alle Prealpi si finanziano infrastrutture sotto i duemila metri di altitudine. E le Olimpiadi di Milano-Cortina potrebbero dare un’accelerata. Anche il CAI insorge: “Soldi buttati”». Il tutto su una doppia pagina – nell’edizione cartacea – sovratitolata Montagna da reinventare:

Con tali contenuti assolutamente chiari e eloquenti (converrete con me al riguardo), Il Giorno sembra voler inaugurare la ripresa del dibattito sull’industria dello sci, su impianti, piste, cannoni eccetera, che con l’arrivo dell’inverno (nonché con le sempre più prossime Olimpiadi di Milano-Cortina) a breve ripartirà e ribollirà come non mai, passando da dibattito legittimo e importante a diverbio forzato e strumentalizzato fino a vero e proprio dissing (gara di insulti tra colleghi, NdR) ideologico-politico da bettola di quint’ordine.

Posto ciò, sarebbe bene per la montagna restarsene fuori da cotanto pantano, evitando di rincorrere gli slogan propagandistici – qualsiasi essi siano – e piuttosto riflettendo sulla realtà oggettiva delle cose, che è poi ciò che fa chiunque sia dotato di ordinario buon senso: il buon senso che parrebbe sancire come palesemente insensato qualsiasi progetto di infrastrutturazione sciistica su certi versanti e sotto certe quote, lì dove non nevicherà più, o non più a sufficienza, e dunque dove sciare in maniera decente e sostenibile (ambientalmente e economicamente) sarà impossibile.

Or dunque, restando lontani – come detto – dagli slogan di chi sostiene l’opportunità di spendere soldi pubblici per realizzare impianti e piste da sci in certi contesti, così come da quelli che si oppongono strenuamente per salvaguardare l’ambiente naturale dei territori coinvolti: perché non si dovrebbero più costruire infrastrutture sciistiche su certi versanti e al di sotto di certe quote?

Ho citato il buon senso, poco sopra. Bene, scrive un buon dizionario che il buon senso è «la capacità di comportarsi con saggezza e senso della misura, attenendosi a criteri di opportunità generalmente condivisi.» Quali sono i criteri più generalmente condivisibili? Ovviamente quelli basati sulla realtà oggettiva, sui dati di fatto scientifici (in quanto tali innegabili, se non volendo negare la realtà stessa entrando nell’ambito delle devianze psico-sociopatiche: come i terrapiattisti, appunto) sui quali costruire la più equilibrata capacità di comportamento con saggezza e senso della misura.

Le piste del Pian delle Betulle, in provincia di Lecco, nel pieno di uno degli ultimi “inverni”, il 15 gennaio 2022.

Nel periodo che stiamo vivendo i dati di fatto fondamentali sulla montagna, dai quali deriva ogni altra cosa, sono quelli climatici. Qualche tempo fa ho scritto (tra i molti altri) di alcuni progetti di nuovi impianti sciistici in Valsassina (provincia di Lecco), che qui cito ad esempio per mia vicinanza geografica: in particolar modo, all’Alpe Paglio si vorrebbe installare una seggiovia e ripristinare una pista di sci tra i 1430 e i 1780 metri di quota, mentre ai Piani di Bobbio un altro nuovo impianto salirebbe ai Piani partendo da 1000 metri circa. In ballo ci sarebbero un bel po’ di milioni di Euro, in gran parte pubblici. Soldi ben spesi o mal sprecati, come mi chiedevo in uno degli articoli scritti al riguardo tempo fa?

Lontano dagli slogan, ribadisco, e posto che i casi citati sono simili ad innumerevoli altri sulle Alpi e sull’Appennino, ho provato a darmi (e dare) una risposta di buon senso, cioè razionale, basata sui dati di fatto rilevati dalla scienza e messi nero su bianco sui report e nelle serie storiche meteoclimatiche. Ho chiesto al Centro Geofisico Prealpino, ente scientifico prestigioso che ha sede in un territorio del tutto affine a quelli sopra citati, un’analisi della realtà climatica storica recente e attuale sulle Prealpi Lombarde. Ecco qui: «La serie di Campo dei Fiori parte dall’inverno 1975 e dice già cose interessanti. Le temperature medie invernali nei 50 anni esatti dal 1975 al 2024 sono aumentate, da regressione lineare, di 2,4 °C. L’ultimo inverno 2023-24 è stato il più mite (media 4,2 °C), e 7 dei 10 inverni più tiepidi si sono concentrati dopo il 2000. La media degli ultimi 10 inverni è di 2,3 °C a quota 1226 m, e lascia supporre una quota media degli 0 °C invernali a circa 1700 m».

Ciò in soldoni significa che sulle nostre montagne sotto i 1700 metri di quota, e a qualsiasi esposizione, già ora la permanenza della neve al suolo non è più garantita. Anche se nevicasse, la temperatura non è quella adatta al mantenimento e comunque gli episodi di pioggia saranno più probabili di quelli nevosi. Questo è un primo innegabile (dacché scientifico) dato di fatto. Ecco, tornate un attimo sopra a rileggere le quote degli impianti progettati in Valsassina (e i numerosi altri proposti in molte località simili) e capirete già bene come stanno le cose.

La diminuzione delle precipitazioni nevose scientificamente rilevata dal Centro Geofisico Prealpino.

Ma andiamo oltre: ancora nel marzo 2021Daniele Cat Berro e Luca Mercalli, della Società Meteorologica Italiana, citando un approfondito studio dell’EURAC Research (entrambi enti scientifici altrettanto prestigiosi, di nuovo), scrivono che «Oltre allo spessore della neve, a ridursi è anche la sua durata: sul versante sudalpino la lunghezza della stagione innevata è diminuita in media di 24 giorni sotto i 1000 metri, e di 34 giorni tra 1000 e 2000 metri, ovvero oltre un mese (all’anno) di suolo innevato in meno». In pratica significa che se pur nevicasse – cosa sempre più improbabile sotto certe quote, vedi sopra – la neve al suolo ci sta per sempre meno tempo, il che rende economicamente insostenibile il costo di esercizio e di gestione degli impianti e delle piste di un comprensorio sciistico posto sotto i 2000 metri di quota, ancor più a quote inferiori. Ecco dunque un secondo innegabile (dacché scientifico) dato di fatto.

Peraltro, le analisi del Centro Geofisico Prealpino e della Società Meteorologica Italiana sono confermate da un altro prestigioso ente scientifico d’oltreconfine, l’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera, che in un recente report dall’eloquente titolo Inverni poveri di neve, così rimarca: «Gli inverni saranno notevolmente più caldi entro la metà del secolo. Sebbene ci saranno più precipitazioni, cadranno più frequentemente sotto forma di pioggia a causa delle temperature più elevate. In particolare, nelle regioni più basse nevicherà meno spesso e in quantità minori. Le aree nevose della Svizzera si ridurranno quindi notevolmente.» È un terzo innegabile (dacché scientifico) dato di fatto, quindi.

Andiamo ancora avanti. Di recente, Il T Quotidiano, organo di informazione indipendente trentino, ha pubblicato un’intervista a Roberto Barbiero, climatologo dell’Agenzia provinciale per la protezione ambientale (Appa) il quale, nel riferire circa l’impatto dei cambiamenti climatici in Trentino, ha rimarcato che «una delle conseguenze più evidenti sarà l’innalzamento della quota di affidabilità della neve (30 centimetri per 100 giorni), che nel giro di 25 anni passerà da 1750 a 2000 metri». Era a 1511 metri di quota nel periodo 1961-1990, oggi è a 1750 metri (dato conforme a quello determinato dal Centro Geofisico Prealpino per l’area delle Alpi e Prealpi lombarde, vedi sopra) e la velocità di salita in quota si fa sempre maggiore, dunque i 25 anni suddetti potrebbero essere anche meno. Sono dichiarazioni che fanno il paio con quelle rilasciate lo scorso febbraio da Claudio Visentin, storico del turismo di chiara fama, docente da anni al Master in International Tourism dell’Università della Svizzera Italiana (USI) di Lugano, il quale, posta l’attuale realtà ambientale delle Alpi, ha sancito senza mezzi termini che «La stagione degli sport invernali non ha futuro. L’ultimo turista sugli sci arriverà nell’inverno 2040». Due altri esperti accademici di chiara fama da altrettanti enti scientifici prestigiosi che determinano il quarto e il quinto innegabile (perché scientifico, di nuovo) dato di fatto.

Potrei anche continuare ancora a lungo, ma penso a Agatha Christie la quale scrisse che «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova»: beh, qui siamo a cinque e non semplici indizi ma dati di fatto su basi scientifiche, rispetto ai quali la sostenibilità e la giustificabilità di progetti come quelli dell’Alpe di Paglio (quota massima 1730 metri) e dei Piani di Bobbio (quota massima 1850 metri, ma i nuovi impianti proposti sono sotto i 1600 metri) svanisce come – fatemelo dire – neve al sole, e parimenti i molti altri progetti di infrastrutturazione sciistica similari presentati negli ultimi tempi sulle montagne italiane (bisogna ammettere che la Lombardia si sta “impegnando” parecchio al riguardo), quasi tutti sotto i 2000 metri di quota. Realizzarli equivale a edificare una grande casa su un terreno già oggi instabile e che nel giro di qualche anno, al massimo di qualche lustro, franerà inesorabilmente, nonostante il netto parere di geologie e ingegneri: secondo voi quale impresario si azzarderebbe a mettere in atto una cosa del genere e a spenderci milioni e milioni di Euro? Certamente non chi, in questo caso, operi in base a buon senso, saggezza, lungimiranza e autentica volontà di valorizzazione di quel terreno, di quel luogo.

Ecco: quelli sopra citati sono progetti scientificamente illogici, insensati, privi di connessione con la realtà delle cose, destinati a fallimento pressoché certo, degradanti i luoghi a cui vengono imposti e dilapidanti risorse pubbliche che potrebbero essere investite in modi ben più redditizi sia per i soggetti direttamente coinvolti che per l’intero territorio e la comunità che vi abita.

Foto di harzpics da Pixabay.

Come vedete – e lo ribadisco con forza – qui non si tratta di “ragionare” sulla questione da posizioni di parte (che, sia chiaro, è certamente legittimo manifestare fino a che non vadano oltre la più ordinaria logica, anche per decenza culturale del dibattito conseguente), ma di fondare il ragionamento su dati scientifici oggettivi e innegabili, dai quali ricavare considerazioni, valutazioni e magari decisioni che al riguardo siano le migliori possibili, cioè le più sensate e conformi alla realtà effettiva delle cose. Non impressioni, opinioni, convinzioni, inesorabilmente contaminate dalle idee dei singoli e delle parti ma certezze, ad oggi, dalle quali scaturiscono le oggettività di domani e che contrastano certo negazionismo ideologico e strumentalizzato dei fatti e delle verità che tutti abbiamo di fronte. Ecco, di questo le nostre montagne hanno un assoluto bisogno, oggi ancor più, dato che alle già numerose criticità da affrontare si aggiunge in maniera crescente la variabile del cambiamento climatico: certezze, non altro.

Nota
Il presente articolo è stato pubblicato anche su ValsassinaNews, contestualizzato alla realtà sciistico-turistica delle montagne valsassinesi. Cliccate qui sotto per leggerlo:

 

6
Nuovi impianti da sci dove non nevica più ultima modifica: 2024-12-01T05:03:00+01:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

30 pensieri su “Nuovi impianti da sci dove non nevica più”

  1. Cikto un esempio calzante NON per la natura di impianto di risalita sciistico ma per lo spreso di soldi pubblici, il patto scellerato politici-elettori e l’ipocrisia. Per le Olimpiadi 2006, a Sansicario (alta Valle di Susa) è stata costruita ex novo a pista da bob/slittino. c’erano anche progetti alternativi, come utilizzare la pista olimpica di Labertille (Francia) di poche edizioni precedenti. NIET! Costruire” Non ricordo il costo dell’impianto del 2006. Usato per le gare olimpiche, max una quindicina di gg, poi nel gennaio 2007 per una gara di Coppa del Mondo di slittino. In quella occasione tutti si accorsero che la pista è esposta  SUD OVEST (!), per cui il ghiaccio del tracciato fonde rapidamente sotto al sole. Nella gare 2007 usarone delle tendine per proteggere il ghiaccio, ma gli spettatori non vedevano gli atleti scendere (dovevano guardare il maxi-schermo, ma tanto valeva starsene davanti alla TV di casa). Riusultato: da allora l’impianto NON è mai stato utilizzato, neppure per allenamenti. Si è parlato di recuperarlo (spesa sui 30-40 ml di euro) per le Olimpidi 2026, ma è prevalsa l’altra idea, altrettanto demenziale, di rifare la pista di Cortina. Risultato: è notizia di poche settimane fa che l’impianto verrà smantellato totalmente al costo previsto  di 13 ml di euro. Attualmente l’obiettivo è NON costruire nulla in sostituzione, ma far tornare il terreno a prato: cosa accadrà davvero quando avranno tolto l’attuale cemento, non si sa.. Una boiata pazzesca, dirette Fantozzi. Sottolineo che al tempo della costruzione tutte le cariche amministrative torinesi/piemontesi erano in mano a persone del Pd o di ara sinistra (Castellani, Presidente del Comitato olimpico, era stato sindaco di To, come indipendente di sinistra). Ora abbiamo un sindaco del Pd e un Presidente di Regione di FI (peraltro apprezzo entrambi). Il sistema è fatto così: sarà faticoso scardinarlo, il patto faustiano fra politici, anche di sinistra, e cittadini-elettori è fattore molto profondo. L’esempio è sintomatico per tutta la realtà degli impianti in montagna.

  2. I controsensi dell’Appennino: ci sono stazioni sciistiche dove si “spara” con i cannoni da neve usando l’acqua corrente potabile. Il tutto con costi solo immaginabili, che ovviamente ricadono sullo sciatore-utente e – soprattutto – con una sottrazione sistematica di una risorsa di cui dovrebbero usufruire i cittadini. L’acqua al rubinetto scarseggia, i cannoni vanno a mille! Fico

  3. Io se fossi lo stato italiano , i soldi li investirei in Stellantis e starei tranquillo : gli operai producono auto , la gente le compra, che cosa potrebbe mai andare storto ?

  4. Ma di quali imprese parliamo  ,che usano al 90% manodopera straniera , è ora di finirla di devastare il territorio, con impianti sciistici dove la neve non arriva più, capannoni per logistica per merci cinesi , pedemontane , tangenziali, bre be mi . Tutto fatto con I nostri soldi . A riempire le tasche di mafiosi del cemento del trasporto e della politica.

  5. Francox:
    Se il sindaco di Bellagio non fosse d’accordo, lo mandano a casa, commissariano il comune e sul San Primo ci mettono pure 2 pale eoliche.
    Così funziona!

  6. Oramai la inaffidabilita’, la incompetenza, la voglia di mostrare quanti soldi spendono (creandoci inutile debito) e l’opportunismo di cambiare partito di molti politici è sempre più evidente a tutti, e cittadini sempre più indignati non vanno più a votare, finché non si ribellerranno in modo più pratico. Per assurdo, il ministro dell’economia Giorgetti (Lega) chiede più oculatezza contro gli sprechi, mentre l’assessore regionale Fermi (passato alla Lega) si intestardisce su cannoni per neve artificiale, tapis roulant, gatto delle nevi, un laghetto artificiale, dove i bambini potranno sguazzare in acqua putrescente, ricca di colibatteri, nuovi parcheggi e giochini in plastica ai 1150 m. del monte S.Primo! Tutto questo in pieno accordo col sindaco di Bellagio, per accontentare milanesi e turisti provenienti da tutto il mondo, senza considerare che oltre al clima che è cambiato, il piacere di frequentare quei monti, è  dato dalle belle peculiarità NATURALI che essi hanno.

  7. La cosa più sensata è quella di ripiantare alberi dove anni fa sono stati tagliati per fare spazio alle piste da sci. Ne godremmo tutti e il pianeta ci ringrazierà

  8. Sig. Luca A.: pensieri molto condivisibili, soprattutto il raggiungimento di condizioni e prospettive di lavoro e miglior benessere dei ‘valligiani’, al pari dei ‘cittadini’ che hanno beneficiato, molto tempo prima, dei processi di industrializzazione e del terziario.
    Si paventa una crisi, già in buona parte iniziata, che genera non poche incertezze. Come ogni crisi, industriale o finanziaria. Si pensi al settore dell’ automobile in occidente, ad esempio. La storia economica ci insegna che dalle grandi crisi sono sempre nati grandi cambiamenti e nuovi sviluppi. Ma chi è coinvolto soffre, come i contadini dell’ ottocento quando la meccanizzazione agricola ha creato milioni di disoccupati, poi pian piano assorbiti dalle industrie.
    Ora non si intravvedono vicine soluzioni per il ritorno del freddo e della neve in montagna e il cambiamento climatico si sente ‘a pelle’ e ‘a vista’ prima ancora delle statistiche.
    Si spera che la chimica applicata all innevamento artificiale faccia produrre neve più resistente al calore? Forse si, ma i più accorti ‘valligiani’ guardano soluzioni verso una montagna con estati più lunghe. E butto lì un esempio: si pensava ad una recente crisi delle bici, dopo una certa saturazione del mercato. Vediamo invece la rapidissima diffusione di piccoli e sofisticati motori elettrici applicati alla due ruote, su e giù per strade e valli. È una possibile soluzione? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma intanto qualcosa sta cambiando e per fortuna la fantasia la creatività umana sembrano illimitate …
     

  9. Giuseppe Balsamo, mi hai battuto sul tempo: stavo rispondendo esattamente la stessa cosa a Andrea Dollerite.
    Con l’aggiunta di una risposta alle domande finali: l’alternativa non è tra fare o meno investimenti in montagna piuttosto che preoccuparsi di finire arrosto. Posta così è appunto una domanda retorica, da attivista pro-investimento nella “neve tecnica”.
    La domanda corretta da porsi è che investimenti fare in montagna (ma anche al mare, in città e in campagna) che aiutino a vivere senza finire arrosti.
     

  10.  “Non ritiene piuttosto ,che, come è sempre accaduto il pianeta possa trovare un’equilibrio e il trend possa fermarsi??.   ” Scusa non capisco questa frase …. com’è sempre accaduto intendi dire tipo: dopo Chernobyl, dopo l’estinzione dei dinosauri o dopo l’olocausto?
    Abbiamo un’idea diversa di equilibrio mi sa…..

  11. Non ritiene piuttosto ,che, come è sempre accaduto il pianeta possa trovare un’equilibrio e il trend possa fermarsi??
     
    Dollerite, il pianeta troverà certamente un nuovo equilibrio (dinamico e senza apostrofo 🙂 ), come ha sempre fatto e farà fino a quando verrà inglobato dalla sua stella (forse).
    Il punto (per noi c.d. sapiens) è se questo equilibrio sarà compatibile con la vita della razza umana e di tutte le altre che hanno la fortuna di condividere parte del loro cammino con la nostra.
    Se a noi stessi non importa del nostro futuro, perchè dovrebbe importare al pianeta ?
     
    P.S. Trovo interessante la pubblicazione, in contemporanea, di un articolo che parla di “realtà oggettiva delle cose“, “buon senso” e “dati di fatto rilevati dalla scienza” e uno che esecra i medesimi concetti e professa l’inesistenza di una “realtà esterna a noi e oggettiva” e considera i c.d. “scientisti” come una “masnada genuflessa ai dogmi della scienza” (oltre al solito straparlare di meccanica quantistica, ma vabbè 🙂 ).

  12. Io non mi stupisco più di nulla sono disilluso e deluso su tutti e da tutti….per me possono fare gli impianti in riva del mare coi soldi pubblici…..questa è la nostra società, questo è la civiltà che abbiamo voluto…..il buon senso, la scienza, i dati oggettivi…..sono finiti, se mai sono esistiti….

  13. Di fronte all’antieconomicità di certe opere pubbliche, viene da pensare male e dire: “a chi giova?”

  14. Andrea all’ultimo commento, cosa intendi dire scrivendo “come è sempre accaduto”? A quando ti riferisci?
     
    Quello che ha scritto Luca è un articolo sugli impianti di risalita inutili, non sulla tendenza del clima.
     
    Luca A., ci elenchi le categorie che vivono in valle che sono ricche grazie allo sci?

  15. Non faccio “nomi” ma di impianti nuovi mai utilizzati almeno fino ad oggi al sud  ne esistono diversi  alcuni  persino con pista omologabile/ta Fis (!) e altri sono in costruzione . Resto  cmq   dell’idea di  portare avanti un’economia, dove risulta essere possibile, che passi attraverso un’attento uso idrico per quanto della ” neve tecnica”  ,che per qualità e lavorazione compensa la durata accorciata da madre natura, senza dimenticarsi di buttare l ‘occhio alla diversificazione.  Ricordo ai critici che in località dove la storia dello sci è terminata, fatte alcune eccezzioni ( solitamente località/ città di  bassa valle con un tessuto economico presente e diversificato già all’origine)  il futuro è segnato,così come i valori immobiliari di coloro i quali hanno investito il loro lavoro in un sogno montano Il trekking,il rafting,la bike,le piscine ecc  se non al massimo esponente, non sono sufficienti a far da traino e portare grandi numeri,solo le Dolomiti in Italia e pochi altri luoghi alpini all’estero potrebbero barcamenarsi. Chiudo con una domanda al giornalista/climatologo in questione,i dati evidenziati sono rispondenti a quello che stiamo vedendo/ vivendo, ritiene quindi che ,antieconomicità a parte o sperpero, il problema maggiore sia quello del fare o meno investimenti in montagna o piuttosto di preoccuparsi di finire arrosto tutti quanti?  Non ritiene piuttosto ,che,  come è sempre accaduto  il pianeta possa trovare un’equilibrio e  il trend possa fermarsi??.   

  16. E fra l’altro , la politica ha il dovere di porre delle condizioni facilitatrici allo sviluppo ( ad esempio le infrastrutture come treni , argini , ponti e strade ) , ma spesso e volentieri quando cerca di farsi imprenditrice fallisce miseranente , perche’ non ha grosse capacita’ imprenditoriali.
    .
    A Taranto per esenpio abbiamo un modello di sviluppo Ex Ilva che funziona male ( il paragone con le piste da sci e’ un po’ardito ) , ma la politica in vari lustri non ha trovato soluzioni piu salubri o migliorative , ammesso che ci siano.

  17. In questo momento si parla di Lombardia ma la questione si pone su tutte le Alpi (e credo gli Appennini) solo un po’ posticipata in là…
    Quelli che (come me) sottolineano l’assurdità di continuare  insistere sull’economia del turismo invernale pistaiolo, devono stare molto attenti a non sembrare moralisti da salotto. Mi spiego: io che abito e lavoro a MIlano, adesso sono seduto sul divano a scrivere queste parole e son tranquillo che quest’inverno lavorerò nel mio ufficio e avrò lo stipendio assicurato (più o meno…). Chi abita in valli alpine che si reggono solo sul turismo, fa giustamente osservare che senza il turismo sciistico “di massa”, lui vivrebbe ancora in una stalla come i sui bisnonni cibandosi di patate lesse e latte in attesa della primavera, o emigrando; e mi accuserebbe di pontificare sulla sua pelle. Dobbiamo ricordarci che moltissime valli alpine devono l’uscita dalla miseria al business dello sci. Possiamo biasimarli se -adesso che sono ricchi- sono restii ad affrontare l’evidenza dei fatti, rinunciare al business invernale e “cercarsi un altro lavoro” o andarsene? Loro non lo faranno mai. Toccherebbe a una politica lungimirante “orientare” lo sviluppo di quelle aree in altre direzioni, progressivamente differenziando l’economia di intere vallate anche su altri settori economici. Cosa che richiede tempi lunghi e progressività.  L’attuale politica però non lo fà perché non vede oltre le prossime elezioni, non ha visioni di lungo terrmine, preferisce dare oggi valanghe di soldi per avere consenso a breve termine, e quello che sarà tra dieci anni non la riguarda.

  18. povero PIANETA stiamo ancora giocando alla grande, quando arriverà il momento di fare sul serio mettendolo al PRIMO POSTO.
     
     

  19. @ 9
    Paolo Corti , io non voglio dire che sia intelligente fare impianti a Pian Rancio , che resta innevato quando va bene 15 gg l’anno , ma che mi sembra stupido farne una questione lombarda piuttosto che veneta o trentina.
    .
    Io da un po’ consumo la sciolina fuori dalle piste , pero’ non mi sfuggono certe dinamiche : l’impianto di risalita e’ l’attivita’ meno profittevole del mondo , e non serve per un guadagno diretto , ma a tenere in piedi un indotto significativo non solo economicamente , ma anche a livello di residenti sul territorio.
    .
    Tu hai parlato di Madesimo , che da un paio d’anni ha gli impianti chiusi e sta spendendo miliardi in impianti nuovi.
    .
    Credo che sarebbe ora che chi ha meravigliose  idee progressive per lo sviluppo sostenibile ce ne renda partecipi , perche’ senza piste io ed altri quattro pirla con le pelli a Montespluga non bastiamo nemmeno a fare restare aperti i due bar che ci sono.

  20. Molto azzeccato il paragone tra Andermatt e il rilancio/investimento sulle prealpi lombarde.
    La quota di partenza della funivia ad Andermatt è simile alla quota di arrivo del mitico terrabiotta lariano, peccato che poi gli impianti arrivino a quasi 3000. 
    Forse Expo é giovane, buon per lui, io purtroppo mi ricordo di quando si sciava in ottobre in Val di Lei e si finiva a luglio. 
    Sempre più utili idioti. 
    È poi mi pare che Andermatt sia a nord del Gottardo, mi pare che il lario sia metà apprezzata del turismo d’oltralpe per il fatto che stia a sud.
    Magari qualcuno ha pensato, che essendo il San Primo esposto a nord, beh, magari l’investimento ci sta se nevica. 
     

  21. Mi incuriosisce come tutto venga usato per fare polemica politica : stante che gli impianti sotto i 1500 sono destinati a rimanere innevati molto meno tempo di prima , qualcuno crede che ad Andermatt ( 1400 slm ) non costruiscano e non rinnovino gli impianti e facciano “girare l’economia” con la rivella e gli scialpinisti ?
    La Val Bedretto non ha impianti tranne uno minuscolo (per fortuna ) , che turnover pensate faccia con gli scialpinisti ?   

  22. Avete mai visto il nuovo impianto di risalita sul Gennargentu ??!! 1850 MT  slm. 
    Mai aperto.
     
     

  23. Le casse della regione Lombardia, la regione più ricca, sono piene di milionate di euro di tasse ( Irap, addizionali regionali Irpef), e meno male che c’è l’evasione se no sarebbero ancora più piene. 
    Cosa ne facciamo?
    – Alimentiamo ancora di più stipendi e prebende di politici e famigliari loro?
    – Diamo una sanità pubblica gratis a tutti? Cosi falliscono tutte le cliniche private e si allungano ancora di più le liste d’attesa? Perchè si sa, se una cosa è gratis la si fa anche se non serve.
    – Nuovi ospedali? Già fatto da  Galan in Veneto anni fa, non mi è sembrato un successone! E poi sarebbero da riempire con medici e infermieri sudamericani , pakistani, nord africani…contenti voi!
    – Facciamo una seconda Pedemontana? E’ già un flop la prima!
    – La galleria dello Stelvio?
    – Fermiamo la giostra su cui siamo tutti? Cioè, facciamo pagare meno tasse e lasciamo a casa disoccupati tutti i lavoratori delle ditte di costruzioni? Per me va bene.
    A voi la scelta!

  24. Beata ingenuità… ma è così difficile da capire? Nuove piste e nuovi impianti si fanno perché i soldi ce li mette Pantalone, e ogni altra considerazione sul clima e sul buon senso è aria fritta, non gliene frega niente. E perché si fanno allora? E’ il vecchissimo do ut des: io politico ti regalo quattrini pubblici e tu “prenditore” di contributi mi rivoti alle prossime elezioni. Tanto metà dell’elettorato non va più nemmeno a votare, vota solo chi ha interessi economici da difendere o da ottenere

  25. (la Regione Lombardia investe milioni, protestano gli ambientalisti)
     
    E invece dovrebbero protestare gli abitanti tutti, perché, alla fine, quei soldi sono di tutti quanti.

  26. Si butta denaro per interessi privati sia degli imprenditori (tanto costruttori di impianti quanto gestori, nonché il relativo indotto, dai bari sulle piste a hotel in paese, ristoranti, commercianti vari, fino ai singoli che fanno il lavoro stagionale degli omini degli skilift ecc) sia per interesse privato dei politici locali. Questi ultimi ci guadagnano quanto meno il volto che li conferma nella carica e, in alcuni casi (chissà quanti) perfino delle “stecche”. La spiegazione è tutta lì. Semplice da individuare, complicatissima da estirpare. Qui ci si focalizza, giustamente, sul tema “impianti da sci”, ma il male è endemico e riguarda trasversalmente tutta l’Italia, tutti i settori e tutta la popolazione italiana.

  27. Qui mi fa pensare che i politici che propongono questi lavori sono ignoranti in materia, oppure fanno finta di esserlo, nel senso che buttano milioni di euro per poi infilarsi nelle loro tasche il ritorno indietro di tali denari. Oramai lo sanno tutti che la neve , specialmente a quote più basse sta veramente diventando un optional. Anche dove abito io un tempo si poteva sciare fino al primo dicembre Maggio con ancora tanta neve, e a volte i fiocchi scendevano ancora. Adesso è sempre più critica la faccenda e gli impianti chiudono almeno un mese prima quando va di lusso.
    Non capisco perché si continua a buttare denaro in certi ambiti.
     

  28. Oddio, la foto della “pista” esangue di Pian Delle Betulle a 1530 mt slm era colpa si del cambiamento climatico , ma soprattutto del fatto che ci sia stato un anno con poche precipitazioni invernali.

    E’ chiaro che senza precipitazioni la neve e’ un problema anche a 5000 mt slm.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.