Oberland Bernese: non solo Eiger

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Il primo sondaggio d’opinione relativo alle Alpi e alla loro na­tura fu eseguito nel 1697. Johann Jakob Scheuchzer, naturalista e medico, compilò un questionario di almeno 189 domande e lo inviò agli eruditi del tempo ma anche a pastori, cacciatori, boscaioli. Le domande più importanti erano: “Esistono i draghi con le ali? Buttano fuoco dalle narici o no? Quanto sono grandi, di che colo­re sono e quale forma hanno? Sono pelosi? Che danni fanno agli uomini? Rubano il latte agli animali?”. Le escursioni che Scheu­chzer faceva con i suoi studenti alla ricerca di fossili e misu­rando quote con il barometro lo avevano convinto della necessità delle dimostrazioni scientifiche. Non era più sufficiente accon­tentarsi di credere: bisognava “sapere”.

Nel 1732 uscì a Berna il poema Die Alpen, opera del giovane Albrecht von Haller, ed ebbe uno straordinario successo. E così, grazie anche alle tele di Ca­spar Wolf e altri pittori, alla fine del XVIII secolo le Alpi cessarono di essere maledette, anzi per un borghese divenne segno di buona cultura essere stato a visitarle. Dopo la conquista del Monte Bianco (1786), la prima montagna dell’Oberland Bernese ad essere salita fu proprio la Jungfrau: i fratelli Johann Rudolf jr. e Hieronymus Meyer, di Aarau, dopo lungo studio e peregrina­zioni per i ghiacciai sconosciuti, la vinsero il 3 agosto 1811. Non furono creduti, e la famiglia Meyer, per il proprio onore, dovette ripetere l’ascensione l’anno seguente! In seguito, grazie prima a Franz Joseph Hugi e poi a Louis Agassiz ed Édouard Desor, fu iniziato lo studio della geografia dei ghiacciai.

La parete nord-est del Finsteraarhorn. E’ evidente la linea dello sperone nord-est.

Il 10 agosto 1829 si ebbe la prima ascensione certa del Finsteraarhorn, da parte delle guide dello stesso Hugi, Jakob Leuthold e Johann Währen. Questa montagna, la più alta della regione, è assai aguz­za e apparentemente invincibile: per dare un’idea di quanto avan­zato fosse l’alpinismo a quel tempo nell’Oberland, basta pensare che delle grandi montagne alpine, a parte il Monte Bianco, solo il Grossglockner (1800) e l’Ortles (1804) erano stati vinti. Il Monte Rosa, o la Marmolada, assai più facili, furono saliti solo decenni dopo! Gli studi topografici erano ben lungi dall’essere conclusi, dati i difficili accessi e la vastità dei ghiacciai. Ci pensò il notaio Gottlieb Studer, con le sue campagne e le sue a­scensioni: i quattro volumi del suo Über Eis und Schnee oder die höchsten Gipfel der Schweiz und die Geschichte ihrer Besteigung furono a lungo il testo più autorevole in materia.

Dopo il 1850 alcune grandi guide accompagnarono gli inglesi alla conquista delle montagne più importanti e difficili. La figura più celebre è quella di Christian Almer, di Grindelwald. Bravissimo tiratore e cacciatore di camosci, il 13 giugno 1854 Almer capeggiava la comitiva dell’inglese Blackwell: furono costretti a rinunciare a pochi metri dalla cima del Wetterhorn. E quando il 17 settembre sir Alfred Wills e le sue guide stavano per raggiungere la stessa cima, furono raggiunti da Almer che, non potendo sopportare quel­la ferita all’orgoglio, li aveva inseguiti con il cognato Ulrich Kaufmann. Sigismund Porges, di Vienna, dopo la prima ascensione del Mönch nel 1858, scrisse di lui: “Unisce una forza non comune al coraggio e alla più grande prudenza”.

Ancora nel 1858 salì, con Charles Barrington e Peter Bohren, l’Eiger, allora reputato inaccessibile come il Cervino; e poi (1862) il Gross Fiescher­horn, con Adolphus W. Moore e il rev. Hereford B. George; e anco­ra con quest’ultimo il Nesthorn (1865). Un altro capolavoro, che inaugurò le salite ripide, fu il versante nord (Guggi) della Jun­gfrau: Almer lo salì il 28 settembre 1865 con il rev. George e sir George Young, assieme a Ulrich Almer e Hans Baumann.

Fritz Amatter

Ma il pensiero guida di quella realizzazione fu ancora britannico. Gli inglesi dominavano la scena, come nel resto delle Alpi: la fami­glia Walker sul Balmhorn (1864), Francis F. Tuckett sull’Alet­schhorn (1859), sir Leslie Stephen, il teorizzatore delle Alpi come Playground of Europe, sul Bietschhorn (1859), sul Blümlisal­phorn (1860) e sullo Schreckhorn (1861). L’epoca delle invernali fu inaugurata dal non ancora sacerdote William Augustus Brevoort Coolidge che, con la zia Meta Brevoort e Christian e Ulrich Al­mer, salì il Wetterhorn nel 1874. Soprattutto l’ingegnere Edmund von Fellenberg, non legandovisi mai assieme, ebbe il grande meri­to di contrastare gli inglesi nella loro irrefrenabile conquista: lo vediamo primo sul Wildstrubel (1856, con Jakob Tritten), sul Doldenhorn (1862) e ancora nello stesso anno sulla Weisse Frau. Nel 1865 suoi sono il Lauterbrunner Breithorn e il Gross Grünhorn.

Ma l’impresa più bella fu il 13 luglio 1866, quando con Christian Michel e Peter Egger salì la paurosa bastionata nord ovest del Mönch, confermando così (dopo la Guggi alla Jungfrau) che l’epoca delle grandi pareti di cime già salite era appena co­minciata. Dopo la cresta sud ovest dello Schreckhorn (1883) e al­tri itinerari su creste inviolate, il secolo si chiuse con le sa­lite invernali di tutte le cime più importanti. Il 16 luglio 1904 l’industriale svizzero Gustav Adolf Hasler e la guida Fritz Amat­ter ebbero ragione dei 1100 metri del ripidissimo versante nord est del Finsteraarhorn: erano in forte anticipo sui tempi, la corsa alle “nord” era ancora lontana e impensabile, eppure ancora oggi quell’itinerario è assai temuto e raramente percorso. Indub­biamente fu la prima grande parete nord delle Alpi ad essere sca­lata. Amatter aveva già tentato l’impresa nel 1902 con l’archeologa inglese Gertrude Bell. Stephen Venables la giudica la prima (e con grande anticipo sulle altre) delle grandi pareti nord ad essere stata scalata.

Marzo 1983. Dick Renshaw durante la prima invernale dello sperone nord-est del Finsteraarhorn: è nel punto esatto che respinse Fritz Amatter nel 1902. Foto: Stephen Venables.

Occorre aspettare molti anni, e precisamente il 1921, prima che altri avvenimenti scuotessero l’ordine costituito delle dif­ficoltà: lo stesso Amatter salì il 10 settembre, con le guide Fritz Steuri e Samuel Brawand e con il giapponese Yuko Maki, la più volte tentata e lunghissima Mittelegigrat: una cresta gigan­tesca, l’ultima dell’Oberland, la cui salita destò impressione e diede fama all’Eiger. Ma, al di là del successo sulla cresta est dell’Eiger, il vero passo avanti l’aveva già compiuto il 23 lu­glio il dentista Hans Lauper che, con Max Liniger, aveva salito la parete nord del Mönch. Con quest’ascensione si chiudeva l’e­splorazione dell’Oberland Bernese e si apriva il nuovo periodo della corsa alle pareti nord, con nuovi protagonisti svizzeri e non. Oltre a Lauper, i nomi di Ernst Feuz, Walter von Allmen, Willo Wel­zenbach, Emile R. Blanchet, Kaspar Mooser, Heinz Tillmann, Erich Schulze, Alfred Drexel, Hermann Rudy, precedono l’ultima grande vitto­ria sull’Eigerwand.

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Oberland Bernese: non solo Eiger ultima modifica: 2019-08-13T05:39:45+02:00 da GognaBlog

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6 pensieri su “Oberland Bernese: non solo Eiger”

  1. Basta farsi una sana passeggiatina di 7 ore fino al remoto Aarbiwak per rendersi conto di persona dell’imponenza della nord-est del Finsteraarhorn e capire il motivo della reputazione (e della scarsa frequentazione) ancora ai giorni nostri di questa grande parete. 

  2. Quelli alti (pochi pochi) là sono proprio alti, ma il medio è un po’ più alto qui da noi, loro dicono perché hanno spittato serialmente le soste di tutte le vie e la testa si è viziata.
    Comunque l’alpinista medio è più basso di 20 anni fa sia qui che là…. qui però perché è stato troppo a lungo al basso di nuovo mattino………….. 🙂 
    In Oberland ci sono fortissimi mistaioli, ma van su spit quasi sempre.
    Così mi han detto quelli molto forti.

  3. È  un mondo a sé come la Svizzera. Ricordo il mio favoloso tour sci alpinistico tra rifugi arroccati e valli splendide!!E’ anche fucina di eccelsi alpinisti!!Un mio compaesano residente in Svizzera che vedo l’estate ha un curriculum impressionante!! Mi dice che il livello degli svizzeri è molto alto!!

  4. E’ molto “alpinistico” e per la gente moderna media che scala non va bene quasi niente…. oltre i crestoni abbordabili.

  5. Peccato che l’Oberland sia cosi’ lontano (almeno per noi della pianura) e terribilmente “caro”, perché è un mondo alpinistico sterminato e ricchissimo di possibilità. È una specie di seconda catena delle Alpi, di cui si conosce poco in termini di storia alpinistica. Ottimo quindi questo interessante testo.

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