Oltre il marmo

Oltre il marmo
di Elena Quaglia
(pubblicato in parksofitaly.com il 20 luglio 2021)
Foto di Andrea Ribolini

Da qualsiasi parte ci si arrivi, le Apuane si stagliano improvvise contro un paesaggio che non sembrava sospettarle. Né Alpi né Appennini, pur avendo delle prime la verticalità e dei secondi la ritrosia, a cui aggiungono una vegetazione influenzata dal vicino Tirreno. Quasi non sapevo della loro esistenza prima di conoscere Andrea, parecchi anni fa, ma da allora ci sono tornata più volte, continuando a meravigliarmi ad ogni nuova, piccola scoperta. I branchi di mufloni che attraversano la strada. Gli antichi villaggi in pietra sperduti nei castagneti. Il fatto che, in una giornata limpida, dalle loro cime si possano vedere sia il Monviso che la Corsica.

Andrea Ribolini è un Dottore Forestale e lavora per l’Orto Botanico Pellegrini-Ansaldi, che dai 900 m del Pian della Fioba si affaccia sia sulla costa di Massa che sulla vicina Garfagnana. Andrea è anche un appassionato di buona cucina e un grande fan del Toro.

In questi villaggi di cavatori e operai, la fede calcistica in quella che un tempo era la squadra del proletariato è più comune di quanto si possa pensare. La fede politica, invece, vede una storica simpatia per i movimenti di stampo anarchico. Apuani, popolo di ribelli, che se da una parte lotta contro l’ordine costituito, dall’altra vive da sempre un controverso rapporto di dipendenza dallo strapotere delle industrie del marmo.

Le attività estrattive iniziano già nel tempo dei Romani; per gran parte dei loro 2000 anni di storia, le cave hanno fornito un materiale preziosissimo solo grazie all’impiego di un imponente lavoro umano. Ogni singolo blocco veniva tagliato e sagomato manualmente, portato con trasporti rudimentali a valle e poi fino al mare, da dove raggiungeva palazzi e laboratori per trasformarsi nelle statue immortali di Michelangelo o nei colonnati del Bernini.

Incontriamo Andrea per farci raccontare qualcosa in più sul rapporto fra cave di marmo e Parco delle Apuane.

Le cave costituiscono ancora un fattore cruciale nel tessuto economico e sociale di questi territori. Il pensiero corre sempre alle opere d’arte ma…cosa è diverso oggi, nel business del marmo?
Negli ultimi decenni, con l’innovazione tecnologica e l’aumento della velocità di estrazione è cambiato tutto. Ora per far funzionare un’intera cava bastano pochi addetti di macchina, ma non per questo estrarre è più redditizio; il mercato è cambiato ed è stato scoperto il valore del materiale di scarto, che rende ormai quasi di più rispetto a quello di pregio.

Il marmo, infatti, è composto da percentuali variabili di carbonato di calcio, e quello di Carrara è molto puro, quasi al 100%: frantumato ha svariati utilizzi chimici, farmaceutici e alimentari. In pratica può diventare un colorante o finire nel nostro dentifricio.

Ad oggi delle 5 milioni di tonnellate estratte ogni anno più dell’80% è detrito da cui ricavare il carbonato di calcio, ma anche della percentuale rimanente di blocchi solo una piccola parte viene lavorata in loco. Il marmo è perlopiù esportato grezzo in Cina o nei paesi arabi, dato che si è perso l’interesse a valorizzare la materia prima in loco e altrove la manodopera costa meno.

A parte le ricadute economiche dirette, ci sono costi indiretti che non immaginiamo? Qual è per esempio l’impatto reale delle cave sugli ecosistemi?
La prima conseguenza è l’interruzione degli ecosistemi, ma gli impatti non sono limitati alla superficie della cava: il frastuono dell’estrazione disturba gli animali, la marmettola (polvere di marmo), che dovrebbe essere raccolta e smaltita, non viene invece trattata e quindi con la pioggia è trasportata nei corsi d’acqua, inquinandoli e depositandosi sul fondo come una colata di cemento li rende sterili, invivibili per piante, animali e microorganismi. Alla lunga può avere un effetto “colesterolo” sui corsi d’acqua sotterranei, fino ad ostruire le sorgenti. Inoltre comporta elevati costi di depurazione per ottenere acqua potabile, a carico dei cittadini.

A parte quello ecologico e umano, c’è poi ovviamente anche l’impatto paesaggistico ed economico. Se vado in montagna cerco pace e silenzio, quindi anche dal punto di vista turistico qua tutto diventa più difficile da gestire.

In effetti un’area naturale protetta attraversata dai bulldozer sembra un po’ un controsenso. Ma quanto potere può effettivamente esercitare il Parco, e quanto invece deve scendere a compromessi per proteggere questo territorio?
Il Parco delle Apuane è nato negli anni 80 su spinta popolare e di associazioni ambientaliste proprio per tutelare le montagne dall’incremento di attività estrattive: il compromesso era che sarebbero rimaste solo le cave già attive e autorizzate in quel momento, con chiusura e ripristino naturalistico di molti siti.

Purtroppo così non è stato… perchè il Parco non ha i superpoteri. È una realtà regionale, che deve sottostare agli strumenti di pianificazione approvati a livello politico, su tutti il Piano Regionale Cave e il Piano Paesaggistico, quindi nella pratica se volesse opporsi all’apertura di altre cave, le aziende e i Comuni farebbero ricorso e il Parco lo perderebbe.

Quello che il Parco può fare è imporre delle misure volte ad alleviare il più possibile gli impatti ambientali e paesaggistici e controllare che queste prescrizioni vengano o meno rispettate.

E tu ti consideri un attivista per il territorio? Come si divide l’opinione pubblica riguardo alla questione cave?
Diciamo che sono partito come attivista e ho poi avuto la fortuna, grazie anche al mio percorso di studi, di lavorare per contribuire direttamente alla tutela delle montagne, per quel che è possibile. Di sicuro si percepisce nella popolazione una lenta ma crescente consapevolezza dell’impatto delle cave, anche se la maggior parte delle persone rimangono ancora indifferenti.

Ultimamente si parla tanto di sostenibilità, e il marmo allo stato attuale semplicemente non è un business sostenibile. Ma nonostante la chiara necessità di ridurre il numero di siti estrattivi e riconvertire dove possibile, le cave sono tuttora in aumento!

Solo a Massa, nei prossimi anni, passeremo da 18 a 25 cave attive. Insieme a chi ci lavora, e a una buona fetta di popolazione ancora attaccata all’antico prestigio del marmo, sono spesso le istituzioni a non voler vedere i lati negativi delle cave.

Sotto alle Apuane ci sei nato ma da pochi anni ti sei trasferito nel paesino di Antona, nel cuore delle montagne massesi. Cosa ti ha spinto a rimanere in questo territorio complicato, a fare questa scelta?
Al di là degli aspetti bucolici, la praticità è quella di abitare vicino al mio luogo di lavoro. Poi è un posto tranquillo, ho trovato dei pezzetti di terra da coltivare e costruito rapporti con le persone dei paesi.

Mi piace agganciarmi alla mia attività di guida escursionistica e cercare di portare gente a conoscere questo territorio. Magari, vedendo questo nuovo interesse turistico, a qualche paesano verrà in mente di riaprire una bottega o un circolo.

Una piccola dimostrazione che un modello diverso di sviluppo può funzionare anche fra queste montagne di marmo. Forse le rivoluzioni iniziano così.
Diciamo che mi sono sempre espresso sui disagi causati dalle cave in queste zone, ma adesso che in montagna ci vivo forse posso parlarne e agire da una nuova prospettiva.

A proposito di azione, tu gestisci l’Orto Botanico delle Apuane. Cosa ha di particolare e qual è l’obiettivo di questo posto?
È particolare perché rientra nella categoria degli orti botanici montani: nel piccolo è rappresentativo di diversi ambienti e paesaggi delle apuane. Si possono osservare molte specie vegetali come orchidee spontanee ma anche specie endemiche esclusive (ovvero piante che vivono soltanto in Apuane). Inoltre sorge su un dente roccioso molto suggestivo, una montagna in miniatura, dove viene fatta una gestione che mantiene l’aspetto naturale del luogo ma inserendo nuove specie in armonia col paesaggio.

Per chi non è mai stato in Apuane, la visita all’Orto e l’escursione con una delle nostre guide diventa un pretesto per comprendere l’insieme di tutti quei fattori che contribuiscono a rendere queste montagne così uniche dal punto di vista naturalistico. Aiuta a capire il fatto che le Apuane non sono solo marmo, ma sono soprattutto natura e paesaggi da tutelare e valorizzare.

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Oltre il marmo ultima modifica: 2022-03-21T05:54:00+01:00 da GognaBlog

15 pensieri su “Oltre il marmo”

  1. La via della libertà, la Resistenza e la leggenda del Monte …
    https://www.voceapuana.com › 2021/04/11 › la-via-del…

     
     

    11 apr 2021 — La via della libertà, la Resistenza e la leggenda del Monte Altissimo. Le Apuane tra misteri e segreti. Prosegue la rubrica in collaborazione …

     
    Pasini anche qui c’è tanta storia apuana di sopravvievenza e di speranza.

  2. Pasini, che ne penso..?
    Penso che in Italia, oggi come allora,  siamo molto divisi. Anche se oggi, gli animi,  sono assai  assopiti, il benessere ci ha narcotizzato. Ma non so per quanto, perchè alcune certezze che davamo oramai per scontate, iniziano a vacillare . La guerra che pensavamo non vedere più qui in Europa,  è dietro l’angolo. Un piccolissimo essere invisibile ci ha ricordato che siamo vulnerabili, permettendo  a qualcuno di metterci  all’angolo e ci ha fatto diffidare gli uni degli altri. I muri, che con tanta gioia furono abbattuti, si stanno rialzando per ristabilire i confini dei possedimenti. I diritti costituzionali vacillano e  “l’avvocato Randello” a qualcuno non dispiacerebbe.
    Poi ci sono persone   che cambiano direzione piuttosto facilmente. Vero che, da dove spira il vento può condizionare la rotta,  e che  bisogna diffidare di chi non cambia mai idea. Ma a tutto c’è un limite, altrimenti siamo solo bandiere al vento.

  3. Benassi. Lo so bene. Amo tantissimo Carrara e ci vengo spesso. Per questo, ti confesso sinceramente e apertamente,  l’articolo di quel fascista di Cappellari mi ha fatto girare profondamente le palle, anche più di quello del vetero comunista filosovietico di Gentili. Per dirla piatta piatta, come diremmo senza diplomazia, tra amici in una trattoria storica di Carrara. ciao

  4. Vero Pasini. Le Apuane non solo solo marmo, ma molto di più. Il problema è che bisognerebbe farlo capire a chi dice che non c’è altra possibilità che la sola  attività di escavazione.
    Per la storia umana apuana ti dovrei far parlare con alcuni amici che la conoscono profondamente.

  5. Benassi. Le Apuane come dice il titolo non sono solo marmo ma anche storia e che storia. A proposito di storia, hai letto l’articolo di Cappellari (storico “revisionista” del Fascio) linkato da Merlo? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Saluti. Ps. Oggi abbiamo un articolo sulla Nato di Valerio Gentili (storico della lotta armata partigiana a Roma). In gergo marinaro potremmo dire che sembra esserci una certa predilezione per le strambate. A ciascuno le sue preferenze. 

  6. che diverse cave Apuane siano in mano a multinazionali predatrici estere è noto da tempo. Del resto noi italiani siamo bravi a svenderci. L’importante che ci garantiscano un bel suvvetto  sotto al culo e l’illusione di poter gridare siamo ANARCHICI….
    Parole al vento… in compenso ci rimarrà la distruzione.

  7. Anch’io penso che non ci siano più speranze per le Apuane, come peraltro non ci saranno soldi europei per salvare dall’abbandono i borghi pittoreschi sulle montagne di Massa. Antona, per esempio.

  8. Carlo, il parco è puro fumo negli occhi. Vorrei dire di più, ma poi rischio una denuncia.
    Posso raccontare questo anedotto piuttosto emblematico accaduto un pò di anni fa. Il nipote di un mio amico, che fa lo scultore, previa autorizzazione mise una statuetta poco sopra il passo dell’Alpino. Si dimenticò di toglierla entro i tempi Autorizzati. Il parco gli fece una bella e salata multa, come se fosse stato fatto  uno scempio ambientale.  Giusto il parco aveva ragione. Ma dico,  siamo in mezzo allo scempio e si sanzionano a queste cose.

  9. Alberto, concordo su tutto ciò che scrivi. Aggiungo solo una cosa riguardo al parco e alla sua ipocrisia, per lo meno nell’esempio che segue. Nel 2018 è stata rifatta, come certamente sai, la ferrata del procinto che, tra l’altro, risulta essere la più vecchia d’Italia e una tra le più antiche in Europa. Dovevamo portare il materiale e l’attrezzatura in cima con l’elicottero e fino a giugno , non ricordo il giorno preciso, non abbiamo potuto fare il volo perché il parco li vietava per la nidificazione di qualche bipede. Ebbene nei giorni dei voli proibiti (eravamo a preparare il lavoro) si sono sentiti molti scoppi di mine….di una cava che c’è alla partenza della teleferica del rifugio.. Come evidenziato anche nell’articolo le persone che ci lavorano sono rimaste pochissime. Parlando con un cavatore tra il bacino di val serenaia e cave cantonaccio (sotto la nord del Pizzo d’uccello) risultano essere in 11 (undici!!) per la devastazione di intere zone. Anche i tentativi di ripristino fanno abbastanza ridere e non potrebbe essere altrimenti con voragini di una gran quantità di metri cubi . Personalmente non ho speranza che la cosa possa migliorare, sono molto scettico. 

  10. il mercato è cambiato ed è stato scoperto il valore del materiale di scarto, che rende ormai quasi di più rispetto a quello di pregio.

    E questo è un grosso problema. Perchè così tutto va tutto bene. Non ci sono scavi ed estrazioni mirate. Va bene anche la roccia mediocre, fratturata. Tanto viene macinata.  Lunghe file di camion per caricare e trasportare i materiali di scarto dai ravaneti. E quando questi saranno svuotati? Si passerà con le mine a far saltare per aria i fianchi dei monti per produrre altro materiale di macinare?

  11. PIETRASANTA. Hanno tutti risposto presente all’assemblea, sulla riapertura dell’ex cava Ceragiola, andata in scena martedì scorso al Cro di Solaio. Oltre un centinaio di persone fra cittadini, cavatori, comitati, minoranze consiliari – Pd e Fratelli d’Italia – si sono infatti confrontati su un tema, quello del via libera all’attività estrattiva nei pressi di Castello, che è motivo di seria apprensione per la comunità di zona. Tutti presenti fatta eccezione per gli amministratori comunali di maggioranza: non c’era il sindaco Alberto Giovannetti, non si sono fatti vedere gli assessori, non si sono affacciati neppure i consiglieri di una coalizione che oggi è alla guida della città. «Un’assenza che è stata motivo di grande amarezza per tutti noi: sottrarsi a un dibattito, non interloquire con i cittadini che ti invitano per dialogare, capire, non è un bel segnale. Siamo sorpresi e dispiaciuti dal mancato confronto con la maggioranza» il pensiero dei promotori dell’iniziativa. Che però non hanno alcuna intenzione di fermarsi.
    «Sabato pomeriggio, a partire dalle 16,30, saremo in piazza Duomo, per raccogliere firme di sostegno alle osservazioni che presenteremo contro la riapertura della cava, così come previsto dal piano operativo» fa sapere una residente di zona, Lucia Franceschi che aggiunge: «L’assemblea di martedì scorso è stata molto partecipata: hanno parlato tutti, ex cavatori che rivolevano il loro lavoro, ex cavatori che invece erano consapevoli delle conseguenze della riapertura della cava: polvere e rumore. C’è stato chi, con forte irritazione ha evidenziato, ad esempio, che la propria casa era diventata pericolante e aveva dovuto spendere molti soldi per metterla in sicurezza a causa delle escavazioni nella cava Giardino di Solaio. All’incontro erano presenti anche molte associazioni ambientaliste che ci hanno dato il loro appoggio: Comitato Monte Costa, La voce degli Alberi, Grid, Apuane Libere, Amici della Terra, Italia Nostra. La stragrande maggioranza delle persone ha ribadito il proprio no alla riapertura di cava Ceragiola».
    I motivi, a detta della comunità di zona, sono diversi. «L’area presenta elementi di instabilità e di degrado idrogeologico, morfologico e necessita di recupero ambientale. Il piano operativo consente di escavare in sotterraneo fino a 60mila metri cubi di materiale con l’obiettivo di recuperare tutta l’area a conclusione della escavazione. La concessione viene data per cinque anni con la possibilità di proroga di altri cinque anni. Cava che si trova a 100 metri dal borgo Castello, a qualche centinaia di metri da Corvaia e dall’Uccelliera, a poche decine di metri dal fiume Versilia. Come può la riapertura di un sito vicinissimo a un fiume e in una zona densamente abitata contribuire al miglioramento della qualità della vita della comunità? I nostri amministratori comunali avranno anche la possibilità di imporci polvere e rumore per i prossimi 10 anni, ma non possono impedirci ora di fare domande e attendere risposte. Per questo motivo torniamo a chiedere un incontro con il Sindaco: un confronto è necessario».

  12. queste storie del cavatore anarchico e della  difesa delle tradizioni degli antichi cavatori,  fanno ridere e piangere allo stesso tempo.
     
    E’ di adesso l’intenzione del comune di Pietrasanta di riaprire l’escavazione in una vecchia cava chiusa da anni in località Corvaia e sotto il orgo di  Castello. La politica fa il solito ricatto dell’occupazione, 10 posti di lavoro. Ma tutte  quelle famiglie che hanno la propria abitazione li intorno? Quelle non contano? Non hanno diritti?

     
    https://youtu.be/Suac4BRsZCQ

     
     
     

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