Ordinanze non legittime

Ordinanze non legittime

Parecchi comuni italiani, alpini e appenninici, ricorrono, in seguito a nevicate più abbondanti del solito, a ordinanze di divieto di frequentazione delle aree a rischio valanga (vedi, tra le ultime, https://altrispazi.sherpa-gate.com/altrieventi/altrincontri/minacce-alla-liberta-in-toscana/). Il fenomeno è in netta espansione perché sempre di più i sindaci temono responsabilità legali in caso di incidenti. Questo fiorire di ordinanze è totalmente inutile, essendo compito del comune la sola comunicazione del pericolo. Non hanno infatti i requisiti di legittimità “tutte quelle ordinanze sindacali che vietano e limitano attività ed accessi verso aree potenzialmente pericolose se tali prescrizioni non sono controllabili e gestibili”.

Questo grazie a un DPCM del 2019 che sostanzialmente dice che le ordinanze sindacali di divieto non hanno validità a meno che non siano suffragate da apposite perizie nivologiche (non da bollettino valanghe) puntuali e precise per luogo/pendio/versante e temporaneità di inizio e fine.

La Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Anno 160 – n. 231, 2 ottobre 2019 riporta con validità di legge quanto stabilito con Decreto Presidenziale nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 agosto 2019:
Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificazione di protezione civile territoriale nell’ambito del rischio valanghe (19A06095).       

Ciò che è da sapere al riguardo dell’illegittimità di certe ordinanze è riportato nell’Allegato 2, più sotto.

Testo della Direttiva
(cliccare per leggere la versione integrale)

Il Presidente del Consiglio dei Ministri
– Vista la legge 21 marzo 2001, n. 74, recante «Disposizioni per favorire l’attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico» e successive modifiche e integrazioni;

– Vista la legge 21 dicembre 2003, n. 363, recante «Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali di discesa e da fondo»;

– Vista la legge 6 febbraio 2004, n. 36. recante «Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato» ed in particolare l’art. 2, comma 1. lettera l), ove è stabilito che il Corpo forestale dello Stato ha competenza in materia di controllo del manto nevoso e previsione del pericolo valanghe ed attività consultive e statistiche connesse, svolte attraverso il proprio Servizio Meteomont;

[…]
emana la seguente direttiva

1. Finalità e compiti generali.
Il presente atto ha lo scopo di delineare gli «Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificatone di protezione civile territoriale nell’ambito del rischio valanghe».

Il documento include due allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante: il primo allegato attiene alle procedure operative del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio valanghe ed il secondo definisce le procedure operative per la predisposizione degli indirizzi regionali finalizzati alla pianificazione di protezione civile locale, nell’ambito del rischio valanghe.

La gestione del sistema di allertamento nazionale è assicurata dal Dipartimento della protezione civile e dalle regioni attraverso la rete dei Centri funzionali, nonché dalle strutture regionali e dai Centri di competenza chiamati a concorrere funzionalmente e operativamente a tale rete, in attuazione di quanto disposto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004 e successive modifiche e integrazioni e di quanto previsto dall’art. 17 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 recante «Codice della protezione civile».

In coerenza con quanto previsto per il rischio idrogeologico e idraulico dalla direttiva citata e dalle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della protezione civile recanti «Metodi e criteri per l’omogeneizzazione dei messaggi del sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico e della risposta del Sistema di protezione civile» del 10 febbraio 2016, ciascuna regione e/o provincia autonoma avrà cura di indirizzare e/o stabilire le procedure e le modalità di allertamento per il rischio valanghe, nonché per la gestione dell’emergenza da parte del proprio sistema di protezione civile nell’ambito del piano regionale di protezione civile previsto ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1. Ciascuna regione e/o provincia autonoma avrà cura di fornire altresì gli indirizzi regionali per la predisposizione dei piani provinciali e comunali di protezione civile indicati alla lettera b) del medesimo comma 1 del citato art 11. Per quanto concerne le disposizioni inerenti alla definizione criticità valanghe di cui all’allegato 1, è necessario con­siderare la stretta correlazione tra le suddette attività e le dinamiche meteorologiche e nivologiche a scala sinottica, le quali richiedono l’utilizzo di modellazioni ed analisi a mesoscala tipicamente afferenti alla rete dei Centri fun­zionali, ai quali deve evidentemente essere assicurato un adeguato supporto tecnico-specialistico settoriale da parte di soggetti con elevata esperienza, a livello sia regionale sia nazionale. Fra i predetti soggetti vi rientrano in primis gli uffici regionali e provinciali aderenti all’Associazione delle regioni e province autonome dell’arco alpino italiano (AINEVA), nonché le strutture operative di Meteomont, i quali possono operare anche in virtù di appositi accordi.

La programmazione regionale di previsione e preven­zione, oltre alle funzioni, ai compiti ed all’organizzazione delle attività di previsione, monitoraggio e sorveglianza va­langhe, include la funzione di pianificazione di protezione civile territoriale, necessaria ad una efficiente organizza­zione della risposta operativa all’emergenza sul territorio.

E opportuno che i piani di protezione civile sul rischio valanghe, laddove esistenti, recepiscano gli elementi re­lativi alla suddetta pianificazione, riportati nell’allegato 2 della presente direttiva.

2. Disposizioni finali
[…]
All’attuazione della presente direttiva si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Roma, 12 agosto 2019
Il Presidente del Consiglio dei ministri
Conte

Registrata alla Corte dei Conti il 13 settembre 2019
Ufficio controllo atti P.C.M., Ministeri della Giustizia e degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, reg. n. 1830.

Allegato 1
Procedure operative del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio valanghe
[…]

Allegato 2 (a pag. 10 della Gazzetta Ufficiale Anno 160, n. 231, 2 ottobre 2019)
Procedure operative per la predisposizione degli indirizzi regionali finalizzati alla pianificazione di protezione civile locale nell’ambito del rischio valanghe.

Premessa.
[…]
Il contenuto del presente allegato si riferisce a situazioni emergenziali derivanti da valanghe che possano causare danni gravi, anche relativamente estesi, su «aree antropizzate» così definite nel precedente Allegato 1 par. 2: «l’insieme dei contesti territoriali in cui sia rilevabile la presenza di significative forme di antropizzazione, quali la viabilità pubblica ordinaria (strade in cui la circolazione è garantita anche nei periodi di innevamento), le altre infrastrutture di trasporto pubblico (es. ferrovie e linee funiviarie), le aree urbanizzate (aree edificate o parzialmente edificate, insediamenti produttivi, commerciali e turistici) asservite comunque da una viabilità pubblica ordinaria, singoli edifici abitati permanentemente (ancorché non asserviti da viabilità pubblica ordinaria) e aree sciabili (contesti appositamente gestiti per la pratica di attività sportive e ricreative invernali)».

Le suddette aree sciabili comprendono le «aree sciabili gestite», ovvero «l’insieme delle infrastrutture, impianti, piste (compresi gli itinerari di collegamento non classificati come piste), con le relative pertinenze e le altre zone specializzate che nell’insieme consentono di offrire agli utenti un servizio complesso finalizzato all’esercizio delle attività sportivo/ricreative invernali su territorio innevato».

Relativamente alle suddette aree sciabili gestite si rendono necessarie talune puntualizzazioni.

La responsabilità sulla normale vigilanza, per la prevenzione di potenziali danni da valanga a persone e cose, e sugli interventi di natura gestionale, volti alla salvaguardia dalle valanghe di dette aree sciabili gestite, è attribuita, secondo le normative regionali e locali, ai soggetti gestori delle attività economiche principali svolte nei comprensori e, quindi, agli esercenti d’impianti e dei percorsi gestiti con diverse modalità.

Il gestore o esercente ha l’obbligo di predisporre un piano di gestione delle emergenze in caso di pericolo valanghe sul proprio comprensorio, non ricadendo responsabilità alcuna in capo al comune durante l’attività ordinaria. Qualora si ravvisino mancanze del gestore o dell’esercente il comune può imporre limitazioni all’esercizio dell’attività del gestore o esercente medesimi.

Spettano invece al comune, coadiuvato dalla commissione locale valanghe o da analogo soggetto tecnico consultivo, gli interventi urgenti per le fattispecie di pericolo immediato per l’incolumità pubblica, originato da potenziali valanghe. Nel caso in cui la commissione o analogo soggetto tecnico consultivo non siano presenti presso la regione quest’ultima avrà cura di promuoverne e disciplinarne l’istituzione.

Considerato quanto sopra, è opportuno fornire la definizione di Territorio aperto: «tutto quanto non riconducibile alle aree antropizzate, così come definite in allegato 1, ed alle aree sciabili gestite, così come sopra definite, non soggette ai compiti di vigilanza e gestione, con finalità di prevenzione propri della commissione locale valanghe o di analogo soggetto tecnico consultivo del comune. pertanto il territorio aperto è percorribile dall’utente a suo esclusivo rischio e pericolo».

Le misure preventive applicate nei territori aperti coincidono con l’attività informativa sulle condizioni di pericolo di valanghe rappresentate nei Bollettini neve e valanghe – BNV, a favore dei frequentatori dell’ambiente innevato (Nota 1).

La decisione di realizzare il presente documento scaturisce dal fatto che le emergenze derivanti da fenomeni valanghivi interessano, di norma, i livelli di coordinamento locali.

[…]

(Nota 1)
Non hanno i requisiti di legittimità tutte quelle ordinanze sindacali che vietano e limitano attività ed accessi verso aree potenzialmente pericolose se tali prescrizioni non sono controllabili e gestibili
. Ai sensi della sentenza del Consiglio di Stato (n.2109 8 maggio 2007) sono illegittime le ordinanze contingibili ed urgenti che non presentino consistenza ed evidenza univoca e rilevante (specifiche per l’area oggetto del provvedimento) comprovate da una attenta valutazione da parte di tecnici esperti attraverso idonei accertamenti istruttori volti a dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti per adottare l’anzidetta ordinanza (vd. anche Tribunale amministrativo regionale Campania – Napoli sez. V, sentenza 11 maggio 2007 n. 4992; Tribunale amministrativo regionale Lazio, sentenza 28 novembre 2007 n. 11914; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 28 giugno 2004 n. 4767). Per idonei accertamenti istruttori s’intende un’indagine, in loco, sulle reali condizioni di instabilità del manto nevoso e non una valutazione desunta dal BNV che, per sua natura, effettua valutazioni e previsioni a scala sinottica (almeno 100 km2 come da indicazioni EAWS).

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Ordinanze non legittime ultima modifica: 2021-01-23T05:07:00+01:00 da GognaBlog

40 pensieri su “Ordinanze non legittime”

  1. il sindaco di Minucciano ha emesso altra Ordinanza n. 3/2021 di divieto di attività escursionistica, scialpinismo, ciaspolate e altre attività di tempolibero, in montagna in ambiente innevato di alta quota, sul versante montuoso delle Alpi Apuane , a partire dalla quota di 900 mt. a partire dalla data odierna (16/01/2021) e fino a revoca della presente ordinanza.
    Oltre al divietro di transito carrabile e pedonale su alcune strade.
    PER RISCHIO VALANGHE.

  2. Non si può fare nulla alla luce del sole, almeno oggi come oggi, per il motivo che ho già illustrato e che riprende anche Di Natale. L’opinione pubblica maggioritaria oreferisce il modello in essere. Fare la rivoluzione oggi non porta da nessuna parte: troppo forti l’interesse a mantenere lo status quo. Tuttavia la cosiddetta “opinione pubblica” non è un totem immutabile nei secoli. La si può cambiare, certo non in tempi brevi…, ma come dicevano i latini “la goccia scava la pietra”. Nel mio piccolo elargisco delle gocce qua e la’ magari germoglieranno, chissà. Preferisco così che lamentarsi e basta.

  3.  Articolo di oggi 26 maggio sul quotidiano l’Adige online.”PERICOLO VALANGHE E DIVIETI IGNORATI SUL BONDONE.SLITTE E SCIATORI ANCHE VICINO AL MONTE MUGON” ,eppure l’ordinanza del Sindaco era scritta a perfezione, rispettando pure le indicazioni del Consiglio di Stato.
    L’Autorita’intende non si puo’ fare(poter fare in senso legale, essere permesso dalle leggi).Il praticante sul posto capisce :ma come,io vedo che si puo’fare ( in senso pratico.. nessuno e niente mi fa da ostacolo, il mezzo ce l’ho, guardie non ne vedo,  non ci sono fili spinati o recinti, lo stan facendo anche  Tony e Menego)..allora il Sindaco si sara’sbagliato..io vado!
    Vedere le ordinanze e leggi rispettate  e’ impossibile, tentare di  governare inutile.

  4. Io sono arrivato da anni ad una conclusione…siamo in minoranza e quindi le cose non possono andare come vorremmo.
    Non si tratta di educare o di cercare di farsi sentire.
    La maggioranza vuole una vita diversa dalla nostra.
    Quindi mi ritaglio il mio spazio e cerco di vivere secondo le mie regole per quanto possibile.
    A volte…spesso…mi incazzo comunque. Poi mi ricordo quanto sopra e riparto un po’ più sereno…

  5. Crovella, tuttavia Pasini ha violato delle regole. Sono d’accordo che abbia agito bene, sarei il primo a seguirne l’esempio  (anzi, lo faccio già in un altro ambito). Ma non cambia il sistema che si sta incancrenendo in senso opposto. Che vogliamo fare alla luce del sole?

  6. L’esperienza di Pasini sui sentieri è un esempio di cosa intendo per investire le proprie energie in modo efficace. In alternativa, fra mille ipotesi, possiamo attivarci a espandere il più possibile  una “certa” mentalità e un certo konw how, tali che garantiscano a tutti di autorespinsabilizzarsi. Se ciascuno “capisce” che oggi lì è pericoloso per valanghe ed evita di andarci, le autorità arriveranno a percepire che non ci sara’ piu’ bisogno di alcuna ordinanza… (fantascienza, ma almeno si lavora per un obiettivo, senza limitarci sempre e solo a mugugnare…). Ciao!

  7. Comunque non è un problema legato alla montagna, ha ben altro respiro. È un problema culturale della pubblica amministrazione e della legislazione. È un problema politico a livello nazionale. 

  8. Benassi. Caro Alberto lo so bene. Infatti rischiamo di selezionare proprio quelli disposti al rischio perché hanno corposi interessi da promuovere e difendere. Non è facile trovare una persona giovane o meno giovane, per bene e smart, con un lavoro, magari una prospettiva di carriera davanti, disposta a buttarsi nell’arena. Certo ci sono gli idealisti, anche se a volte, per pessimismo, stentiamo a crederci, ma neppure da loro si può pretendere troppo, in un’epoca post-moderna dove la militanza ideologica si è un po’ consunta. Comunque teniamo duro e quando ne troviamo uno cerchiamo nel nostro piccolo di aiutarlo. Ciao

  9. Caro Pasini non tutti i sindaci sono armati di buone intenzioni e sono vittime .

  10. Che desolazione non poter parlare di atti di buon senso, per timore di denunce.
    Confesso (e nego) che anche lontano dalle montagne, all’interno di uno dei musei da noi gestiti per la didattica, piccoli interventi di manutenzione da noi effettuati devono essere tenuti nascosti, come discesi dal cielo.
    Per la stessa ragione.
    Temo si stia avvicinando il momento di un serio ripensamento delle nostre azioni. 

  11. Grazie Alberto Benassi delle tua attenzione al territorio di Stazzema che comprende montagne bellisssime come Il monte Forato, il Procinto ecc, a cui tutti siamo legati affettivamente. Come mi hai detto tu stesso recentemente, dietro quei divieti all’escursionismo, non c’è solo lo scarico di responsabilità “valanghive” ( fa quasi ridere il termine, visti i luoghi) si nascondono  anche altri interessi a scoraggiare le passeggiate e l’espansione dell’escursionismo con tutte le sue conseguenze ( il proteggere aree naturali dalla devastazione, lo sviluppo di una cultura ambientalista, ecc. ) per privilegiare l’escavazione della pietra, cioè  privilegiando l’economia locale di pochi a discapito di tutti. Infatti quella bella vallata, che è un piccolo gioiello dell’Alta Versilia, apppartiene a tutti noi, che ci si vada o no.
    Sono anche d’accordo con Carlo Crovella che, come dice nel suo ultimo commento, occorrerebbe cambiare modo di vivere,ma non solo con le parole, bensì con i fatti.. e accettarne le conseguenze! Verissimo. Io però ho insegnato filosofia per 38 anni nelle scuole superiori italiane ( frustrante a volte battersi contro il sistema, non certo con gli studenti che invece, al contario, gratificano anche molto) e ho sempre creduto che se nessuno ci prova, a cambiare i modelli culturali vigenti, fatti di de-responsabilizzazione-autoritarismo ( vanno spesso insieme perchè il primo causa il secondo), le società resteranno sempre le stesse, con i loro limiti. Non credo ai cambiamenti “bianco-nero”, cioè: o si cambia tutto o tutto resta uguale; credo che il cambiamento sociale possa ( ma non è necessario e automatico, ovvio), dico possa anche partire da una presa di coscienza prima individuale, poi via via collettiva, fino a sfociare in piccoli cambiamenti, poi più ampi, da sostenere continuamente e con l’impegno di tutti. Dal basso verso l’alto, insomma.
    E’ una concezione idealistica, forse, lo so, ma è ciò che mi spinge ancora a condividere con tutti voi le mie idee, sperando che pian piano, anche questi mini-passi portino ad una presa di consapevolezza un po’ più ampia. Tutto qui. Non scrivo qui, per sfogare le mie frustrazioni, ma al contrario per condividere e anche per imparare da voi. Grazie Carlo Crovella, infatti i tuoi commenti mi hanno aiutato a vedere meglio e li condivido; credo che anche tu, essendo parte di organizzazioni che stimo, sono sicuro che ti batta per cambiare la gente. Questo è il compito di luoghi di scambio di opinione come questo e altri. La realtà da accettare sarebbe, altrimenti, troppo triste: quella del continuo aumento di divieti e di regolamentazioni delle nostre attività in montagna o nella Natura in genere, o nella vita quotidiana!.. Forse  questo sarà il futuro, ma io non me la sento ancora di lasciare che le cose prendano questa piega senza fare e dire niente…
     

  12. Proprio ieri ho incontrato in piazza il nuovo sindaco del piccolo paese ligure dove abito in questo periodo. È una persona perbene,animato da buona volontà e ha sostituito da poco il vecchio sindaco che aveva portato il comune al commissarianento. Ha una piccola attività  commerciale e mi ha detto che in questi primi tre mesi ha ricevuto ingiunzioni di ogni tipo da varie autorità con minacce di essere tirato in ballo con responsabilità personali, lui e tutta la Giunta. Lo hanno terrorizzato. Il tutto per poco più di 1000 € al mese di indennità di carica. È stato costretto ad emanare una serie di delibere cautelative per le mareggiate delle settimane scorse che sarebbero state un’ovvieta’ per persone ragionevoli senza che ci fosse il comune a dirlo. Come ha detto qualcuno, se va avanti di questo passo accetteranno cariche elettive a livello locale solo persone benestanti o farabutti. Con un amico abbiamo riaperto due vecchi sentieri sulla collina, tagliando i trochi caduti , facendo pulizia e ripristinando la segnaletica. Il sindaco mi ha detto una cosa che sapevo già: grazie mille, ma mi raccomando non lo dica a nessuno che è stato lei, perché magari si becca una denuncia per aver tagliato i tronchi caduti senza autorizzazioni. Così è. Lavorando per un mondo decente dobbiamo navigare in questo mare senza farci troppo male a vicenda.

  13. Anche per non sprecare troppo tempo, non mi addentro ulteriormente nei risvolti giuridici, troppo complesso è il discorso. Il nostro modello giuridico-sociale è fatto così: per legge il sindaco non è responsabile se i cittadini fumando prendono una malattia fatale, mentre è responsabile se un qualsiasi passante, transitando su una strada pericolante e non esplicitamente vietata, viene travolto dal crollo. Non c’entra se il danneggiato fa causa o meno, la responsabilità esiste in quanto tale. Per estensione vale su tutto il territorio comunale, anche sui versanti innevati con certe condizioni. Nel dubbio, le autorità pongono divieti preventivi. Li comprendo, stante il modello in essere: farei così anche io. Non penso che, qui in Italia, arriveremo mai a cambiare il modello giuridico-sociale complessivo perché non si può cambiare la singola regoletta, occorre riformulare il modello nel suo complesso. E’ inutile auspicare per noi un modus vivendi alla tedesca: la radice culturale mediterranea, e italiana in particolare, non collima con la mentalità “teutonica” (ho già spiegato i motivi culturali). Molti di voi sarebbero in prima fila a protestare contro un eventuale modello “alla tedesca” esteso a tutta l’esistenza: se non credete a questa mia affermazione, è solo perché non focalizzate cosa significhi un cambiamento del genere nell’esistenza. Quindi i divieti “incomprensibili” esistono perché, alla fin fine, ci piace di più vivere in questo modello, pagandone i prezzi pur mugugnando, che cambiare il modello. In ogni caso, se davvero siete convinti che si possa o addirittura si debba cambiare il modello, non lo si otterrà mugugnando e basta, occorre tirarsi su le maniche e agire in quella direzione. Io ho altri obiettivi, che considero più realistici, e le mie battaglie politico-sociali le faccio in altre direzioni. Questa la considero una causa persa, inutile spenderci energie. Ciao!

  14. altra cosa piuttosta “strana” è che,  se si va sul sito del comune di Stazzema, nonostante sia stata emessa ordinanza di revoca dell’ordinanza n. 1 del 05/1/21 con la quale si vietava  l’escursione su sentieri innevati per pericolo valanghe, ad oggi, in prima pagina, appare sempre questo avviso dell’ordinanza di divieto.
    Eccolo:
    IL SINDACO DI STAZZEMA HA EMESSO ORDINANZA N. 1 DEL 05/01/2021 DI DIVIETO DI ESCURSIONE SUI SENTIERI INNEVATI DEL TERRITORIO COMUNALE PER IL PERICOLO VALANGHE.
    Ma non dovrebbe essere tolto?
    L’ordinanza di revoca invece non si vede. Sicuramente c’è,  ma chi la trova? E  come mai non è così altrettanto evidente????

  15. quello che è grave e assurdo, che questi atti di divieto, trovano appoggio e linfa, nel suggerimento di “qualcuno” che va a mettere la pulce nell’orecchio a questi funzionari e politici. Senza pensare poi alle conseguenze, ai precedenti che si creano.

  16. il modello è marcio perchè sono marce le persone.
    Si vieta per pericolo valanghe ma non si vieta per pericolo tumori.
    Il fumo non si vieta. Si da  l’ informazine che fa venire il cancro ma non si vieta.
    Qui  non s’informa, si vieta e basta.
    Come mai il Sindaco Verona non vieta di fumare ai propri cittadini?
    Si preoccupa che non finiscano sotto una valanga , ma se ne frega se gli viene il cancro?
    Dove sta la differenza?

  17. Per completezza di informazione, segnalo che le ordinanze in questione NON sono figlie dell’esasperato ricorso ai DPCM nell’era Covid, ma costituiscono un elemento strutturale del nostro modello. Esempi e relative grane sono stati registrati anche in epoca pre-Covid, vedi:
    https://gognablog.sherpa-gate.com/il-caso-di-riccardo-m/
    Il modello è marcio, ma non lo si cambia con un dibattito, né con l’azione del solo CAI, credo neppure con un solo testo di legge, bensì con una generale revisione dell’impostazione della vita (ipotesi che investirebbe l’intera nostra esistenza e non solo il risvolto dell’andare in montagna), cosa che non credo possibile nella realtà italiana, per i motivi culturali che ho già esposto. Ciao!

  18. un saluto a Vitaliano e Marco che ben conosco per la passione comune dei luoghi Apuani, che purtroppo, è in mano a certi amministratori pubblici, che tengono in considerazione questi luoghi, per la sola “COLTIVAZIONE…” del marmo.
    Si, se non lo sapete, questi personaggi amano “coltivare”…
    Ironia a parte, ma che rispecchia, putroppo una cruda realtà.
    Come ben scrive Marco nel suo intervento, manca una vera cultura della montagna. Eppure l’Italia è un paese esenzialmente montuoso, tutto un versante delle Alpi, tutto l’Appennino,le isole, ma la montagna è vista e fa notizia solo per gli incidenti , quando muore qualcuno.
    Abbiamo funzionari pubblici che con questi atti liberticidi, dimostrano di NON conoscere il proprio territorio che ambiscono a governare.
    Il sindaco Verona vietando per pericolo valanghe di andare al rifugio Forte dei Marmi da una grande dimostrazione di competenza valanghiva e di conoscenza del suo territorio. Una cosa ridicola. Eppure è di Retignano.
    Funzionari pubblici che si comportano da dittatori e trattano i proprio cittadini  da sudditi senza cervello. Che con la scusa della sicurezza, si sgravano di responsabilità. Facile fare così!! Questo purtroppo è l’andazzo di oggi.
    Vietare invece di educare, vietare invece di far conoscere un territorio, vietare invece di vedere in una bellissima nevicata una opportunità.
    Vietare ma con quale diritto?? Per la mia sicurezza?
    Alla mia sicurezza ci penso da solo.
     

  19. La questione ritorna al punto di partenza: il populismo di giudici e politici sta inquinando la democrazia in Italia. Ormai solo un dio ci può salvare! Come scrive Heidegger.

  20. Paradossalmente , sarebbe il momento giusto, per chi ha artva, zaino airbag, avalanche ball, pala e sonda..,  cordini  colorati a ventaglio , boccagli ecc di riunirsi in gruppi.Uno estratto a sorte si fa  seppellire in zona gia’ interessata da valanga   che dato il grado 4 e’occasione propizia , si confonde il posto e..poi gli altri della compagnia tenutisi alla larga e che non hanno spiato,    lo vanno a  cercare coi vari metodi e dissepellire e riscaldare . Si testano attrezzature e tecniche. Dicono che i primi minuti sono  importantissimi , ma se mai non si prova a soccorrrre o ad essere soccorsi..e si invoca sempre l’elicottero e altro non si fa.Un nascondino gioco di societa’…con tutte le precauzioni.Poi se proprio si vuole esagerare , si fa cadere su uno o un gruppetto una vera valanga…che incombe.
     
     
     

  21. In toscana stiamo procedendo come segue:
    “Il gruppo formato da rappresentanti del CAI Toscana, della commissione CISASATER, della commissione regionale escursionismo, dal presidente del collegio delle guide Toscana, sta lavorando per aprire un dialogo con gli enti comunali. E’ pronta la lettera che, a breve, verrà inviata al Coordinatore della consulta per la Montagna- ANCI Toscana, Vicepresidente della Regione Toscana con delega alle politiche per la montagna. Con l’intento di costituire un tavolo di confronto per fare queste ordinanze in maniera più selettiva e mirata quando davvero ci sono pericoli oggettivi in determinate zone. Saranno messi a conoscenza anche il presidente del CAI Torti e il presidente delle guide alpine.”

  22. Aspettavo questo blog da qualche settimana e finalmente è uscito.
    Devo ringraziare chi lo ha scritto perchè ha fatto il grosso lavoro di raccogliere informazioni molto utili. Io vivo in prossimità delle Alpi Apuane e da ormai un mese circa assisto alla pubblicazione di ordinanze di sindaci che vietano le attività sportive sul territorio montano: vietate escursioni, cispolate, gite sci-alpinistiche a causa del “pericolo valanghe elevato, grado 3” !!  ( piuttosto comune durante l’inverno). Terrei a sottolineare che lo spessore del manto nevoso nei comuni in questione, ad es. il Comune di Stazzema mt 450 (famoso perchè ai piedi di una montagna iconica per gli arrampicatori locali : il Procinto), è stato di poche decine di centimetri e soltanto sulle cime delle Alpi Apuane ( montagne che mediamente raggiungono i 1500-1900 mt.) gli spessori della neve hanno raggiunto valori significativi per creare pericolo di valanghe localizzate ( grado 3).
    Tengo a sottolineare che nel comune di Stazzema ( LU), ad esempio, i sentieri  quasi sempre corrono nel bosco tra i 400 mt e i 1000-12oo mt, e fare una passeggiata a queste quota non rappresenta alcuna possibilità di esporsi al pericolo di valanghe, salvo forse qualche mucchio di neve acumulato sui rami di una pianta.. Frequento le Alpi Apuane dal 1972 e ho visto nevicate abbontanti e continue durante certi inverni del passato, con il verificarsi ripetuto di qualche valanga in zone specifiche, tipiche e conosciute, nei giorni successivi ad una forte precipitazione nevosa ( come ad es. in alcuni punti della via normale alla Pania della Croce, 1859mt). Tuttavia nel corso dei decenni precedenti non ho mai visto alcuna disposizione di divieto della frequentazione della montagna, salvo molto risentimento nei confronti di escursionisti sprovveduti e privi di ramponi e piccozza, nei giorni in cui si è formato ghiaccio sui sentieri e sulle cime.
    Credo che il Covid-19, le continue ordinanze restrittive del governo sulle libertà di spostamento dei cittadini, abbiano innescato un processo a catena di “scarico di responsabilità” legali, ma soprattutto morali nei confronti di una popolazione che non ha più una cultura della montagna ( in Toscana non siamo in Austria…)  ed è spaventata da qualsiasi possibile “rischio” connesso.
    Il discorso sull’accettazione del rischio, della responsabilità individuale, vedo che è stato esposto molto bene da Carlo Crovella ai commenti 5 e 8, di cui condivido in pieno l’analisi culturale. Concordo con i commenti di Giorgio Daidola, Paolo Gallese, Roberto Pasini e direi tutti gli altri.. Potrei dilungarmi su altre ordinanze dello stesso tono, recentemente emesse da altri piccoli comuni della Provincia di Lucca e Pistoia, ma non migliorerebbe il quadro: manca una cultura della responsabilità individuale in montagna perchè si è persa  ( ove ci fosse mai stata prima!) una conoscenza della montagna, ma soprattutto perchè la montagna è sempre stata ed è spettacolarizzata dai media nazionali come luogo dove si precipita, si muore travolti da valanghe ecc, creando sensazionalismo e risentimento per chi si espone a tali rischi ” inutili”. Tuttavia noto  che da sempre nessuno biasima in modo cosi severo chi guida un’auto a 150km/h in autostrada ( non è necessario, no?)  oppure fuma 40 sigarette al giorno, perchè questo genere di rischi fa parte della vita “normale”, sebbene essi, su scala nazionale, generino un numero di morti molto più elevato degli incidenti da valanga o da cadute. Il rischio in molte attività umane definite “normali” esiste, ma viene accettato dalla massa come inevitabile, mentre si punta il dito su quella” inutile” ricerca di spazi di libertà fisica e mentale nella Natura. 
     
     

  23. Bollettino  odierno ARPAV, del Veneto.Zona  Alpi e Prealpi: pericolo grado 4.Faccio finta di non sapere ( 4 e’numero alto o basso?)..vado avanti e 4 su scala crescente di 4 , quini il massimo pericolo.. faccio finta di non capire e leggo…oltre
    “Il pericolo di valanghe è in generale Forte (grado 4) su tutto il territorio montano e per quanto riguarda l’attività valanghiva e la stabilità del manto nevoso, oggi il problema tipico valanghivo è rappresentato dalla neve fresca e dalle valanghe da slittamento. Lungo i percorsi abituali sono possibili distacchi di grandi valanghe che localmente posso raggiungere il fondovalle.
     eh no cari miei , io voglio sapere  che  pericolo c’e sulla strada che porta al monte Pizzoc in   Cansiglio.. si parla di percorsi abituali non del mio particolare Caro Sindaco datti da fare.. fai fare una perizia oggettiva lo dice il  Consiglio di  Stato.In  zona Cortina ecc .hanno un diavolo sopra i capelli, non sanno piu’ dove accumulare la neve tolta da strade e marciapiedi..e qualcuno pretende un’ordinanza specifica di zona con idoenei accertamenti?, il bollettinoARPAV e’troppo generico bisogna restringere il raggio.IO MI  FIDO  degli esperti pagati per emanare bollettini e basta.Poi stasera o domani leggeremo di incidenti valanghivi eventuali  restando in casa tranquilli ( ma ai soccorritori eventualmente chiamati a soccorrere e sondare e procedere a gambe trascinando toboga gireranno parecchio)

  24. Leggo oggi in cronanca Trentina domenica 24:”Quattro scialpinisti sono stati travolti da una valanga staccatasi poco dopo le 13 dal dosso di Costalta.”Non e’ un nome che mi  balza subito all’attenzione , non e’ famoso.Poi si precisa che tale dosso si trova in comune di Baselga di Pine’.Piu’nota per il pattinaggio velocita’ su ghiaccio.L’abbondanza di neve rende appetibili zone  marginali , forse mai tentate.Puo’un  Sindaco ipotizzare che qualche  avventuroso esploratore abbia una brillante idea di tentare nuovi itinerari e quindi immediatamente sul far della notte provveda a nominare, far firmare contratto e poi avere una relazione su tale dosso o altre zone misteriose? O sono i praticanti  a doversi regolare,, consultando bollettini ed anche  previsioni meteo e carte  valanga che in Trentino sono consultabili online? anche  le numerose sezioni  CAI   SAT che hanno  diffusione capillare  e hanno il loro territorio sottomano potrebbero aver emanato  avvisi in tempo utile .Pero e’ possibile anche  che 4 skialper evitino  accuratamente di informarsi, oppure decidano ugualmente di partire , considerando la zona prescelta non soggetta a valanghe .Infatti in pochi secondi si trova sul web:”Salita molto frequentata soprattutto da escursionisti con ciaspole; l’itinerario è particolarmente adatto ai principianti per le pendenze ridotte dei pendii che caratterizzano questo versante del Dosso di Costalta ed alla sicurezza del tracciato, quasi mai esposto a pericolo valanghe.Il percorso segue per buona parte dell’itinerario le strade forestali presenti e si sviluppa su pendio aperto nella sua parte finale dove si raggiunge la croce di vetta con il suo superbo panorama. “Allora con tale presupposto anche non espertissimi partono..ma in quel particolar momento il pendio nevoso aperto fa uno scherzo ai relazionanti,  si beffa del”quasi mai esposto”…e pure un  sindaco ritiene di non dover porre divieti.Vicenda finita  con 2 illesi e 2  ricoverati non gravi , grazie alla pronta segnalazione  di uno dei 4 ed all’efficienza dei soccorsi.Poi seguiranno le fatture di pagamenti, polemiche , indagini sull’operato del Sindaco…magari litigi tra i 4 su “dividiamo alla romana o”tocca  solo a voi 2 , noi ce la siamo cavata senza bisogni di soccorsi.” Esperienza personale: con un amico decidemmo placida escursione su strada forestale bella larga con neve vergine… impresa da  poco tanto per fotografare impronte e la frazioncina sottostante  sotto la neve.  Dopo una curva incassata..la strada  ha un cumulo altro parecchio di valanga scaricata  da centinaia dimetri piu’in alto  e arginata entro una valletta…neve  infarcita  di  rami e tronchetti e sembra fatto recente..Meno male che allora il  Sindaco di Moena  non aveva doveri previsti dalla sentenza del Consiglio di Stato..di simili canaloni ce ne sarebbero stati a decine.
     

  25. Schneider. Grazie della segnalazione. Ricordo di aver letto quel libro anni fa. Ho in mente vagamente la distinzione tra rischio e pericolo e l’analisi delle differenza tra esperti e pubblico nella concettualizzazione del rischio. Vivo in esilio Covid e non ho accesso ai miei libri. Puoi provare a riassumere per noi cosa Luhmann dice di interessante secondo te sul tema di cui stiamo discutendo? Faresti cosa gradita a molti. Grazie.
    Matteo. Sai cosa ho pensato anche: l’andar per mare è molto più antico dell’arrampicare e dell’alpinismo, non solo ma nasce soprattutto da bisogni concreti e utilitaristici, oltre sicuramente all’aspetto dì curiosità ed esplorazione. Questo ha creato nei secoli una comunità caratterizzata da tradizioni, valori e regole condivise che esercita una forte influenza sui comportamenti singoli, anche nei non professionisti e che si tramanda nel tempo. Carlo ha ragione di dire che i valori e le convinzioni interiorizzate attraverso l’educazione hanno un effetto regolativo fortissimo sui comportamenti individuali. Ma è un processo lungo. La pressione del gruppo può essere avere effetti malefici ma anche benefici e arriva prima. Sicuramente è molto più forte della terza leva, le norme di legge. Se chi evade le tasse o non rispetta le regole elementari del vivere civile (comprese le regole di sicurezza in montagna) è  considerato dagli altri figo, le norme di legge valgono poco e contare sui valori individuali interiorizzati è piuttosto selettivo. La comunità arrampicatoria non ha una storia così lunga, si è allargata molto rapidamente negli ultimi 30/40 anni, il prestigio dei gruppi che tradizionalmente esercitavano la leadership culturale si è indebolito e certi comportamenti un po’ fuori dalle righe sono diventati a volte un segno di libertà e autonomia. Mi ha colpito ad esempio, senza offesa per carità, l’intervento di chi ha detto che lui porta il kit antivalanghe ma non lo mostra se glielo chiedono. Ma perché? Per dimostrare cosa? In barca uno non lo farebbe mai, a prescindere dalla multa, e non si sentirebbe affatto sminuito nella sua libertà di uomo di mare, considerando il marinaio soldato che glielo chiede parte della stessa comunità.

  26. Riallacciandomi alle considerazioni di Roberto, ho constatato che la mia generale visione della montagna (non solo, ma in particolare, sull’odierno caso di specie) è fortemente caratterizzata dall’essermi formato in una scuola con particolari caratteristiche, fra queste le grandi dimensioni. In montagna le grandi dimensioni impongono un’educazione “militaresca”, sia in termini di comportamento del gruppo nel suo insieme (che è letteralmente un piccolo esercito) sia in termini di responsabilizzazione di ciascun singolo componente. Le regole sono poche ma inflessibili, le gerarchie sono nette e indiscutibili (pur in un contesto di amicizia e di cordialita’). Ognuno impara (o, meglio, è forgiato dal sistema…) a doversi arrangiare in prima persona, perché in un gruppo così numeroso non c’è sempre un “angelo custode” vicino a ogni partecipante. Quindi devi saper sempre cosa fare e come farlo e questo ti porta a imparare a ragionare in via preventiva. Insomma una formazione molto severa, ma proficua. Una formazione concettualmente militaresca, ma efficace, che poi uno si porta nella sua attività montana personale e, spesso, anche nella vita comune. Non a caso molti della ns scuola frequentano anche scuole veliche come Caprera o Glenans. Lo spirito e’ lo stesso, un mix di saper ubbidire e imparare a sapersi responsabilizzare in prima persona. Con questo mix non solo non hai bisogno della “mammettina”, ma addirittura non sopporti un’eventuale perdurante mammetta nella vita. Pero’ queste due cose (ubbidire e saper decidere responsabilmente) oggi mancano profondamente, non solo nell’andare in montagna, ma nella società in generale. La società attuale e’ quella della deresponsabilizzazione individuale. La conseguenza di tale assenza strutturale è che le autorità politiche non possono che mettere divieti preventivi. Nel dubbio, vietano. Probabilmente lo farei anche io, se occuparsi ruoli di responsabilità locale. Il modello non mi piace: per questo da decenni mi batto per una maggior “educazione” (nel senso che intendo io). Alpinisti più “educati” rendono superflui i divieti. Paradossalmente più è militaresca la mentalità del singolo (al seguito di un’adeguata formazione) e più è libertario il sistema generale. Al contrario, più e’ libero il singolo (anche di comportarsi in modo scriteriato) e più diventa “stringente” il sistema generale. Tertium non datur. Ciao!

  27. Caro Roberto, penso che la risposta al tuo dubbio sia abbastanza semplice.
    La gente è molto più disciplinata e attenta al mare per due motivi.
    Il primo è che è molto evidente dove inizia e dove finisce il mare e quindi il pericolo, mentre per la montagna è molto più difficile stabilire il confine.
    Il secondo è che per la scimmia uomo il mare (e l’acqua in generale) è l’ambiente più alieno e evidentemente pericoloso che esista. Una valle, un versante roccioso o un gobbone innevato, un bosco, ma anche un ghiacciaio non troppo inclinato o crepacciato non ispirano la stessa repulsione e diffidenza, anzi spesso paiono belli, placidi e “amichevoli”.
    Quindi è facile sottovalutare il pericolo: 100m in terra (anche non orizzonti) appaiono molto, molto differenti da 100m d’acqua.

  28. Leggendo i commenti mi sorge un dubbio a cui antepongo una mia interpretazione (spero corretta) sul territorio della contesa:
    mentre è ben chiara la definizione di aree antropizzate, vengono anche ben specificate le aree sciabili gestite, rimane da definire le restanti “aree sciabili” così come definite nel citato DPCM nell’allegato 2 ovvero “altre zone specializzate che nell’insieme consentono di offrire agli utenti un servizio complesso finalizzato all’esercizio delle attività sportivo/ricreative invernali su territorio innevato”.
    Quindi se ben compreso al di fuori delle aree antropizzate e le aree sciabili gestite, le restanti aree sciabili (per sciabili includo anche i terreni dove viene praticato lo scialpinismo) le ordinanze comunali possono limitare/interdire la frequentazione mentre rimangono escluse e le ordinanze sono nulle se non previa analisi di un tecnico sull’area stessa le restanti zone.
    Paradossalmente un’ordinanza comunale può vietare di salire un monte da un versante sciabile mentre salirlo da una via alpinistica o comunque “non sciabile” è lecito e la responsabilità cade in capo all’utente stesso.
    Questo mio pensiero si allaccia anche alle recenti norme anticovid in cui mentre allo sportivo scialpinista è consentito poter frequentare “allenarsi” nonostante le attuali restrizioni sui spostamenti, agli altri appassionati del mondo alpino tali spostamenti sono interdetti in quanto non rientrano tra le categorie degli “sportivi”

  29. Condivido la critica agli eccessi di regolamentazione e ai divieti. Come ho già detto, mi colpisce sempre la differenza tra mare e montagna, mediamente sia chiaro, perché poi in ogni ambiente ci sono soggetti particolari. Non è un giudizio di valore, ma solo una considerazione sociologica/antropologica. Se una capitaneria emette un avviso di pericolo di forte burrasca, nessun velista, professionisti, amatori esperti e meno esperti, esce se non è proprio necessario. ( Se sei già fuori il discorso è diverso ovviamente ) E se esci e poi ti devono venire a prendere non vieni considerato un super-figo, ma un pistola irresponsabile e non ci fai una bella figura e si ricordano di te, visto che poi le barche hanno un nome in bella vista. Mi chiedo da dove derivi questa differenza di cultura che ho constatato di persona: maggiore prestigio dell’autorità, abitudine alla disciplina, profili di personalità più orientati a valutare attentamente il rischio, più sicura attendibilità delle previsioni? Sanzioni più certe? Tradizioni militari ? E queste differenze si vedono anche in altri campi, come il rispetto di regole e procedure di diverso genere, riguardanti comportamenti e attrezzature. Questo ovviamente non significa che non ci siano incidenti, ma si parla in generale di cultura di gruppo. Seguendo il ragionamento di Crovella, se la gente di montagna fosse un pochino più marinara (esclusi gli amanti dei “ferri da stiro”) forse ci sarebbe meno bisogno di divieti. Magari bisognerebbe mandare tutti quelli che fanno un corso di alpinismo a fare un supplemento alla scuola di Caprera o alla scuola dei Glenans, o un paio di giorni sulla Vespucci? C’è da pensarci, visto che abbiamo discusso tanto della formazione. Buona domenica.

  30. La matrice religiosa è qui molto indiretta, sta nella concezione generale. Ci aspettiamo lo stato-mamma, che ci dice quando mettere il golfino e ci vieta di fare il bagno per un tot di ore dal panino. A mio parere tutta questa impostazione (che va ben oltre la montagna) ha una matrice ideologica nella cultura cattolica, che è un concetto completamente diverso dalla “fede” religiosa. Cmq, temo di aver introdotto un elemento che distrae e allontana dal tema chiave.: è irrilevante la causa per cui ci aspettiamo sempre lo stato-mamma, cioè che rileva sul fatto di specie è che ci aspettiamo lo stato-mamma. La mia posizione è: Troppi divieti? ce li vogliamo. Se dimostrassimo (come fanno gli europei del Nord, perché educati in tal senso) che sappiamo “assumerci la responsabilità e le conseguenze delle nostre decisioni”, l’apparato statale (dal Governo alle autorità locali) non dovrebbe neppure intervenire. Invece in Italia domina il desiderio di fare tutto quello che si vuole epperò di pretendere contemporaneamente dalla macchina pubblica che sappia fronteggiare ogni situazione di emergenza anche al seguito di nostre decisioni sbagliate. Sappiamo dimostrare che tutti stiamo a casa quando c’è pericolo di valanghe? Bene, non ci sarà bisogno di divieti. Inoltre: sappiamo dimostrare che ci assumiamo la responsabilità di esser andati sul terreno nonostante il pericolo? Bene, a maggior ragione non ci sarà bisogno di divieti pubblici. Invece dimostriamo che non sappiamo auto-contenere le nostre libertà, in nessun frangente dell’esistenza: allora non stupiamoci che le autorità (per pararsi il didietro) mettano dei divieti preventivi. Io personalmente sono per la deregulation più estesa: nessun divieto e in montagna si deve essere capaci di valutare le cose, oppure (se sbagli) si deve saper che ci si può restare secchi. Non ti va di esser esposto al rischio di restarci secco? Bene, non andare in montagna, finita lì. Se diffondessimo una visione del genere, chi si sente insicuro starebbe a casa. Paradossalmente la proliferazione dei divieti dà una sensazione psicologica di sicurezza: c’è sempre la mammina che pensa a me e mi dice quando possono o non posso andare in montagna. Siamo entrati (da decenni) in un circolo vizioso: la gente non ragiona e questo costringe le autorità a mettere i divieti preventivi, ma ogni ulteriore divieto è un freno a crescere nella capacità di decisioni autonome di ogni singolo cittadino. Anziché educarci, ci crogioliamo nel senso di protezione che ci dà lo stato-mamma

  31. Secondo me i divieti non hanno profonde radici religiose cattoliche, sono un  pararsi  le spalle, chi li emana non vuole grane legali e finanziarie.Liberi di trasgredire  come largamente praticato ogni giorno sulla strada, ma non si vada poi a chiedere risarcimenti, di affibiare colpe ad altri.Di questo  passo si troveranno ancora candidati alla carica di Sindaco o sara’ una professione da ricchi e ben sostenuti da una lobby, un partito?Se si agisce in un modo restrittivo ti denunciano al Consiglio di Stato, se invece lasci campo libero querelano per non aver picchettto i percorsi.. o per non aver controllato col perito(e dove lo trovi a la carte? e se lo trovi come lo paghi?e se lo paghi non ti fa ricorso la corte dei Conti?)..la nevicata della notte prima.Poi ci si meraviglia se la criminalita’ organizzata  addomestica le elezioni anche in comuni alpini, per fregarsene delle valanghe  econcentrarsi su altri interessi.Gli Arpa e Meteomont emanano bollettini non just in time , cioe aggiornati alla mezz’ora, ma per due o tre giorni  a venire.La responsabilita’ individuale contempla anche  che si consultino questi, oltre a molto altro.Poi   fortuna o sfortuna che non sanno se il malcapitato o graziato e’ esperto o no.

  32. Queste norme sono frutto di giuristi burocrati che le valanghe le hanno viste solo alla televisione e che credono che tutto possa essere controllato, valutato grazie ai pareri dei cosidetti “esperti”. Una prassi seguita dagli stessi personaggi anche per il contenimento della pandemia, per la chiusura generalizzata degli impianti di risalita, compresi gli innoqui skilift e le vecchie seggiovie. Personaggi che della montagna, ma forse non solo della montagna e dello sci non capiscono nulla. Con riferimento agli esperti di valanghe mi piace ricordare una frase del grande alpinista e sciatore André Roch, direttore del servizio controllo valanghe del noto istituto di Davos: “Sciatore esperto, stai attento, la valanga non sa che tu sei esperto”. Roch venne travolto per ben tre volte da valanghe… Con riferimento agli editti dei sindaci essi sono esempi classici di comportamenti tipici di gente che vuole comandare senza rischiare nulla. Appartenenti alla famosa civiltà dei “paraculi”.

  33. In Italia abbiamo una concezione “mammona”, cioè desideriamo che ci sia sempre la mamma che pensa per noi. In ogni profilo dell’esistenza. La mamma che ci dice di mettere il golfino e ci vieta di fare il bagno per un tot di ore dopo il panino. E’ conseguenza della dominante cultura cattolica (incentrata sul “se chiedi perdono, ti mondi dai peccati”, laddove peccati sono anche gli errori commessi ), mentre la cultura dell’Europa del Nord, di stampo protestante, si incentra sulla prioritaria responsabilità individuale (ciascuna risponde di ciò che ha commesso: se sbagli, paghi). Sembra una scemenza il collegamento fra questa differenza e il tema in questione, ma in realtà non lo è. Imperniare il tutto sul perdono, significa ipotizzare che ci sia Qualcuno che ha il potere di tirare un colpo di spugna su ciò che abbiamo commesso, errori compresi (nella fattispecie: errori = andare in zone dove c’è elevato pericolo di valanghe). Con l’evolversi nei secoli di una concezione “laica” dello Stato, questo “Qualcuno” è diventato un’autorità laica, che in quanto tale non ha il potere di fare miracoli (salvarci mentre veniamo travolti dalla valanga e chiediamo perdono). Cosa può fare lo Stato e la Pubblica Amministrazione all’atto pratico? Vietare. Vietare aprioristicamente. Vietandomi di andare in un luogo pericoloso per valanghe, mi proteggono dal mio eventuale errore di volerci andare a tutti i costi, anche solo per negligenza (cioè decido di andarci senza capire che è una scemenza). Poiché gli errori sono infiniti (anche solo limitandoci alla montagna, figuriamoci nel resto dell’esistenza), i divieti stanno estendendosi a macchia d’olio. Io sono ancora più pessimista di Paolo Gallese: fra un po’ avremo norme per legarci le scarpe o per uscire sul pianerottolo condominiale. Tornando a bomba (!) sul tema ordinanze, anche questo problema è una forma di inquinamento antropico. Una montagna più “nature“, cioè senza divieti, senza regole umane, senza patentini e numeri chiusi (ma anche senza aiuti antropici, senza strade, senza nuovi rifugi, senza impianti ecc ecc ecc) tornerebbe ad essere regolata dalle sole leggi della natura. In quel contesto, l’uomo che “capisce” quando e dove andare, sopravvive; l’altro uomo che “non capisce”, non sopravvive. Questa semplice legge di natura suscita il rifiuto della nostra cultura dominante e di conseguenza occorre normare con una proliferazione di regole umane. La soluzione? A parte una montagna meno antropizzata da regole, divieti ma anche da aiuti e soccorsi, ne vedo una sola: educare (e-ducere, tirare fuori dall’ignoranza), educare alle leggi della natura. E’ la montagna che comanda, non l’uomo. Un uomo “educato” (non nel senso di gentile, ma di acculturato alle leggi della natura) “sa” quando e dove andare. A quel punto, non sarebbero necessarie ordinanza, divieti, regole, numeri chiusi ecc ecc ecc. Buona giornata a tutti!

  34. La frammentazione dei saperi, l’elezione delle specializzazioni, l’idea razionalista che l’ordine corrisponda alla nostra razionalizzazione mostra il suo lato disumano. Chi la scalzerà dalle menti ignare che ne replicano la celebrazione?

  35. L’ho già detto con voluta ironia, ma non troppo. Stiamo andando verso una pericolosa deriva, in cui sarà necessario consultare un legale e un commercialista prima di andare in montagna. 
    Basterebbe davvero una legge sola: quella che escluda responsabilità pubbliche in ambienti naturali e ponga il principio di auto responsabilità. 
    Ben sancita e visibile con cartelli ai limiti di aree antropiche e/o attrezzate.

  36.  Molto piu’  in breve, la cosa e’riassumibile nel proverbio “Summus ius, summa iniuria”. Digitandolo si trovano sul web le spiegazioni ed interpretazioni del detto…quando si dettaglia troppo e tutti hanno le loro ragioni o  i loro torti  in disquisizioni che si mangiano la coda.Nel migliore dei casi si arriva all’inapplicabilita’.
     

  37. Ma dove stanno tutti gli accertatori tecnici che comprovino ed accertino e gestiscano  …in maniera univoca ecc ecc in loco per ogni loco??       Si sfornano col copia incolla? Se anche  ce ne  fossero per ogni comune montano sottoposto a nevicate e quindi a ripetuti accertamenti  di ogni canalone e anfratto , sarebbero obbligati a fornire una perizia firmata?  o  si tirerebbero indietro dato che in caso di errate o incerte valutazioni,verrebbero denunciati e magari si mangerebbero la casa in avvocati ed eventuali risarcimenti?Non bastano i bollettini valanghe e meteo emanati da Arpa regionali o servizi Meteomont? NO e’NO..occorre l’indagine in loco.. allora un  escursionista deve prima dare il tracciato gps, il verificatore parte in tempo reale e alla fine certifica o no.Anche un Sindaco e’ costretto ad autotutelarsi emanando direttive limitanti..pure in caso di ferrate  non sicure o non ancora ispezionate. Quante dovrebbero essere poi gli accertamenti?Uno ogni mezza o intera giornata , o settimanali??Pure un Sindaco, specie di piccoli comuni dove il gettone e’ scarso, rischia  casa e stipendio … se e’ vero come accaduto, che lo denunciano anche per caduta improvvisa di sassi alla base di una parete.Per pararsi la schiena emanano restrizioni, poi chi trasgredisce e’ libero di farlo, ma non di accampare risarcimenti.Il  consiglio di Stato  giudica dal suo punto divista , l’ultima ruota del carro  e’impossibilitata in pratica a far effettuare gli accertamenti comprovanti senza ombra di dubbio la legittimita’ delle sue ordinanze limitative, se anche  ci fossero tutti gli esperti disposti a perlustrare  non avrebbe  forse in bilancio comunale risicato fondi per pagarli.Magari un Sindaco Montanaro e’alle prese con strade intasate,  marciapiedi e tetti da spalare,  anziani isolati da soccorrere e…e deve mandare qualcuno in vaste zone  a ispezionare i percorsi, perche’ lo chiede qualche sciatore??Fossi un escursionista  o praticante attivita’, mi informerei con i bollettini meteo e valanga,deciderei se rispettare o trasgredire o andare con una stampa della sentenza del Consiglio di Stato nello zaino a scanso di contestazioni di rarissimi vigilanti,almeno non denuncerei un Sindaco, moderno Cireneo…sia in caso   di incidente occorsomi o di ordinanza limitante.Forse assieme all’ARtva, occorre uno smartphone con app che richiama le sentenze ..o magari un amico avvocato compagno di escursione. Gia’ che ce ne sono a iosa, un accompagnatore maestro di sci e anche Guida e anche  avvocato e anche Assicuratore e anche con cane valanga e pure un drone che riprende . ..Che valore avrebbero poi, dove esistano, le carte tecniche  che riportano  in colori le zone soggette a valanghe storiche o  rischio geologico ?carta straccia?Ogni  Istituzione  ragiona  dal suo punto di vista ..il risultato del tutti verso tutti e’la paralisi o lo scatenamento di cause e controcause…ricorsi e o contro ricorsi…e  sentenze definitive dopo parecchi anni. Vedi  Rigopiano o condanne di sciatori che hanno causato valanghe.. nel frattempo diventati coi capelli bianchi..

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