Orsi, quel che resta dell’orrore

Prima di leggere l’interessantissimo articolo di Alessandro Ghezzer, è opportuno visionare questo film di Davide Celli (figlio del più noto scienziato Giorgio), un buon documentario che riassume bene, senza faziosità a nostro parere, i termini di tutta la vicenda, con l’aiuto anche di esperti. L’inchiesta è dedicata all’orsa KJ2, uccisa da un proiettile della Forestale Trentina, su ordine del Presidente Ugo Rossi, perché ritenuta pericolosa. Cosa si nasconde dietro questo abbattimento? Gli orsi sono davvero pericolosi per l’uomo? La popolazione sulle Alpi Italiane continuerà ad esistere? Queste sono alcune delle domande alle quali questo documentario cerca di rispondere. Per saperne di più: https:///www.facebook.com/celli.davide. Altre informazioni le trovate sul sito dell’associazione italiana che si batte in difesa degli orsi alpini: http://www.legioursa.eu. Se volete finanziare la difesa degli orsi o un altro video fate una donazione su IBAN IT45 B031 2702 4040 0000 0001 902.

Lettura: spessore-weight**, impegno-effort**, disimpegno-entertainment**

Orsi, quel che resta dell’orrore
di Alessandro Ghezzer
(fa facebook, 17 agosto 2017)

Quando sento il governatore Ugo Rossi (stra)parlare di orsi, con la sua sicumera fasulla, provo ogni volta un senso di nausea. Anche ieri a Radio24 ha sproloquiato su quanto siamo fighi noi trentini nella cura dell’ambiente e degli animali, vantando il fatto che il Trentino è l’unica provincia alpina italiana dove ci sono gli orsi.

Ma siamo davvero così fighi? Eravamo l’unica regione dove gli orsi autoctoni erano faticosamente sopravvissuti, nonostante lo sterminio e la persecuzione non tanto differenti che altrove, eppure li abbiamo lasciati tranquillamente estinguere (questo non è del tutto vero, perché all’inizio degli anni ’90, quindi subito prima del ripopolamentoo con gli animali sloveni, nel Parco Adamello-Brenta sopravviveva ancora qualche esemplare. La mancanza di femmine comunque era accertata. NdR). Un tardivo ripopolamento è stato affrontato sostanzialmente come una operazione di marketing. Finita male. Anzi malissimo: un disastro di immagine che sarà molto difficile da recuperare.

Gli orsi nella fossa di cemento a Sardagna, Trento

Se andiamo indietro nel tempo, la sensibilità ambientale era anche peggiore. Fino al 1977 in Piazza Dante a Trento viveva rinchiusa in un gabbione di pochi metri un’aquila, la tristemente famosa “Bepina”. In città sono stati reclusi orsi fino al 1994. Nel sobborgo di Sardagna altri due orsi sono rimasti rinchiusi in una fossa di cemento armato fino al 1996 (non nell’Ottocento!).

Ora la “Busa degli Orsi” è stata ristrutturata spendendo quasi centomila euro come sede di “eventi” e concerti, recitano entusiasti i comunicati stampa: ovviamente non una parola sugli animali che hanno vissuto in quel luogo anni di prigionia e sofferenza. Uno fu anche fucilato in gabbia perché era divenuto troppo aggressivo col compagno (1965). Oggi si direbbe che era problematico, ma la soluzione del problema allora è stata la stessa di oggi: una bella pallottola.

Altri orsi in gabbia erano a Riva del Garda e a Rovereto. Quest’ultimo morì nel 1977 e dall’autopsia fu individuata la causa della morte: un’ulcera perforata provocata da un grumo di carta stagnola nello stomaco, formatosi dagli involucri delle caramelle che i visitatori gli buttavano e di cui era ghiotto.

Alcuni esperti targati Pat (Provincia Autonoma di Trento) hanno sostenuto che è stato giusto uccidere KJ2 perché imprigionarla sarebbe stato come torturarla. Eppure abbiamo a tutt’oggi un orso recluso nella buca malsana del Santuario di San Romedio per il sollazzo dei turisti, e altri nelle cosiddette aree faunistiche (Spormaggiore), che sono aree più grandi di una gabbia, ma pur sempre di prigioni si tratta. Per un animale che in natura si sposta decine di km al giorno, dev’essere un’esperienza terribile.

Altri orsi sono rinchiusi nel lager di Casteller, una specie di Guantanamo per orsi in salsa trentina, alle porte del capoluogo. Questi orsi dunque possono essere torturati, con la scusa magari che sono nati in cattività o che dove stavano prima stavano peggio. Come siamo generosi noi trentini. Nessun esperto spende una parola, neppure di pietà, per lo sfruttamento della sofferenza degli animali ad uso turistico.

Col passare degli anni tuttavia, grazie a Dio, la coscienza ambientale collettiva è migliorata: oggi non sarebbe più possibile tenere un’aquila o degli orsi in gabbia in città. Buona parte dei trentini reagirebbe con sdegno a questo orrore.

Mi piace pensare, anche se non mi illudo troppo, che tra 20 o 30 anni si proverà lo stesso orrore per l’assassinio deliberato di un’orsa che ha avuto il solo torto di difendere i suoi cuccioli.

I cuccioli di KJ2 hanno solo 8 mesi! Lo zoologo Osvaldo Negra del Muse: “A loro mancano delle informazioni. Non faranno mai il primo letargo con la mamma. Non sanno andare in letargo, non sanno comportarsi durante l’inverno. Non hanno imparato a trovare una tana per trascorrere i molti mesi del letargo, non hanno imparato ad allestire il ricovero che li dovrà ospitare. E’ mancato l’esempio della mamma”. Solo il 50% le possibilità di sopravvivenza.

Orsa KJ2, l’abbattimento «politico» e il mistero dei cuccioli abbandonati
(a cura della Redazione di ecodibergamo.it, 14 agosto 2017)

Il Wwf ha dichiarato di voler andare a fondo della vicenda. I cuccioli probabilmente sono stati abbandonati al loro destino.

«Valuteremo tutte le possibilità per andare in fondo a questa vicenda e mettere in luce le responsabilità. Noi siamo per la collaborazione con gli enti locali, ma non se l’ente in questione si sveglia la mattina e decide di uccidere l’animale, tirando per la giacchetta le norme previste dal Piano di Azione». Così all’Adnkronos Marco Galaverni, responsabile Specie e Habitat del Wwf, confermando la volontà dell’associazione di passare alle vie legali dopo l’uccisione dell’orsa KJ2, avvenuta la sera del 12 agosto scorso nella zona del Bondone, la montagna che sovrasta la città di Trento, in quanto ritenuta “pericolosa”.

Il riferimento è al Piano di Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-orientali (il cosiddetto Pacobace) che prevede, per gli orsi considerati problematici, due misure di intervento: la cattura per captivazione permanente e l’abbattimento. Abbattimento che, in questo caso, è stato eseguito dagli agenti del Corpo forestale della Provincia autonoma. Ma per il Wwf, non era questo uno dei casi in cui ricorrere alla più estrema delle soluzioni. Innanzi tutto, perché la valutazione della pericolosità di un orso dovrebbe tenere presente sia la dinamica dell’evento sia la storia dell’esemplare.

In questo caso, l’esemplare era stato ‘segnalato’ due volte, «ma in entrambi i casi con l’orsa c’erano anche i suoi piccoli, ed erano presenti dei cani che l’animale ha sicuramente avvertito come minaccia per i cuccioli. Presenza dei cuccioli – sottolinea Galaverni – che non è stata documentata, facendo sembrare immotivati gli attacchi dell’orsa. Invece la presenza dei cuccioli è un elemento importante che sposta l’ago della bilancia». Insomma, considerato il comportamento alla luce della presenza dei cuccioli, l’animale doveva “al massimo” essere oggetto di captivazione se non solo di monitoraggio. «L’uccisione è una scelta drastica e fuori luogo in questo frangente, una scelta politica più che tecnica. Avevamo già diffidato ufficialmente la Provincia a intraprendere azioni che mettessero a rischio la vita dell’orsa», aggiunge l’esperto del Wwf.

E i cuccioli? Dei piccoli dell’orsa abbattuta ad oggi non si sa niente. «Dagli elementi a nostra disposizione, riteniamo probabile che siano stati abbandonati al proprio destino», sottolinea i responsabile del Wwf, ricordando che i cuccioli di orso, a differenza di altre specie, diventano autosufficienti tardi, staccandosi dalla madre verso i due anni, ed è questo il motivo per cui le orse sono così energiche nella difesa dei propri piccoli. Ad ogni modo, con questa uccisione e con l’incertezza sul futuro di questi cuccioli, si assottiglia la già esigua popolazione di orsi in Italia che conta appena un centinaio di esemplari. Una cinquantina di orsi sono presenti in Trentino (dove negli anni ’90 erano rimasti solo tre esemplari, tutti maschi e quindi destinati all’estinzione, motivo per cui la Provincia stessa propose il piano di ripopolamento utilizzando degli orsi provenienti dalla Slovenia) e altrettanti in Abruzzo, con una sottospecie unica che conta appunta circa 50 esemplari concentrati nel Parco nazionale e aree limitrofe. Stop. Fine degli orsi in Italia. Non così tanti, insomma, da rappresentare una minaccia. Per cercare di fare chiarezza sul tema, e interrogarsi sulla gestione dell’orso in Italia (e soprattutto su cosa non ha funzionato) a settembre il Wwf organizzerà gli Stati Generali dell’Orso, coinvolgendo tutti i portatori d’interesse, dal ministero dell’Ambiente a Comuni, Regioni e Province e, naturalmente, la comunità scientifica.

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Orsi, quel che resta dell’orrore ultima modifica: 2017-09-08T04:48:21+02:00 da GognaBlog

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12 pensieri su “Orsi, quel che resta dell’orrore”

  1. Questi sono gli interventi che vorrei vedere un po’ più spesso, grazie Sergio!

    Certo che a guardare bene il costo dell’orso è proprio ridicolo: con 133000 € non ci paghi nemmeno un quarto di una di quelle rotonde che un qualsiasi comune si sente in dovere di fare dovunque…

  2. Comunque di fronte alle tante inesattezze lette in questi giorni sulla questione dell’orso KJ2, sarebbe bene ristabilire qualche verità.
    (che preciso non vengono dal libro di zeni…)

    riporto un riassunto non di parte “vegana” e “pucciosa” ma realista degli ultimi anni dell’orso in Trentino….

    1) Per cercare di risollevare le sorti dell’ultimo nucleo di orso bruno delle Alpi italiane, nel 1996 ha preso avvio mediante finanziamenti LIFE dell’Unione Europea il Progetto Ursus – tutela della popolazione di orso bruno del Brenta, più noto come Life Ursus. L’intervento di salvaguardia nei confronti del plantigrado è stato promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta e condotto in stretta collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA).

    2) Dato l’elevato impatto emotivo della specie, la fase preparatoria del progetto ha previsto altresì la realizzazione di un sondaggio di opinione: più del 70% dei residenti interpellati si sono dichiarati a favore del rilascio di orsi nell’area

    3) numerosi sono stati i partner che hanno collaborato all’iniziativa. Sono infatti stati formalizzati accordi operativi, oltre che con le quattro province confinanti a quella di Trento, anche con l’Associazione Cacciatori Trentini, che collabora tuttora anche al monitoraggio degli orsi immessi, con il WWF – Trento e con numerosi altri enti, organizzazioni ed associazioni di categoria.

    4) il numero di giovani e adulti stimato nel 2016 va da 38 a 48 esemplari. La stima della popolazione complessiva, prendendo necessariamente in considerazione anche la quota dei cuccioli 2016, è definita in un range più ampio di 49 – 66 esemplari.

    5) Nel 2016 sono state inoltrate al Servizio Foreste e fauna 185 denunce di presunti danni da orso. Sono pervenute al Servizio 136 richieste di indennizzo. Sono stati complessivamente liquidati 73.394,23 € per danni da orso bruno. Nel 2016 è stata registrata una sola vera criticità legata ai danni, relativa a sette eventi di predazione su asini (6 esemplari morti e 1 ferito) avvenuti in Val Rendena. Dalle analisi genetiche dei campioni biologici raccolti su tre dei sette eventi predatori, i danni sembrano attribuibili ad un solo soggetto maschio adulto (11 anni) denominato MJ5 Nel corso del 2016 sono state presentate al Servizio Foreste e fauna 136 richieste per misure di prevenzione (recinti elettrici e cani da guardianìa), volte alla protezione dei patrimoni zootecnici (bovini, equini, ovini e caprini) e apistici. Di queste, 117 sono state evase dagli Uffici Distrettuali Forestali (UDF) attraverso la fornitura in comodato d’uso gratuito; 83 erano destinate ai patrimoni apistici, 34 a quelli zootecnici. La spesa complessiva ammonta a circa 60.000,00 €. il territorio con presenza stabile dell’orso bruno è stato diviso in 6 aree omogenee, per ognuna delle quali è stato individuato un responsabile. Nel 2016 è proseguito e si è ulteriormente consolidato il sostegno ai pastori, soprattutto nelle aree a maggior presenza di orso. Complessivamente sono stati seguiti 39 alpeggi, per un numero totale di 12.615 capi ovicaprini, 237 equini e 1.243 bovini. Ai pastori sono state fornite reti (altezza 105 cm) con elettrificatori di adeguata potenza (2,6 Joule) e batterie ricaricabili alimentate da pannelli solari. Inoltre sono stati trasportati in quota 6 box per permettere ai pastori di rimanere nei pressi del gregge anche durante la notte. I risultati sono stati ancora una volta buoni: nell’intero anno e su tutti gli alpeggi seguiti sono stati accertati complessivamente solo 6 attacchi al bestiame protetto, che hanno provocato la perdita complessiva, accertata, di 20 capi ovini, vale a dire lo 0,14% dei capi monticati e protetti; un’incidenza contenuta e proprio nelle aree più frequentate dall’orso.

    6) In provincia di Trento la gestione delle emergenze costituisce un campo di azione sul quale si è reso necessario operare da tempo e, ancor più precisamente, in conseguenza della presenza di singoli animali considerati “problematici”. Nel 2016 si sono registrati falsi attacchi da parte dell’orso in tre occasioni. KJ2 è stata abbattuta dopo che le analisi genetiche hanno provato che è la responsabile di due attacchi all’uomo, nel 2015 e nel 2017. L’eliminazione di orsi pericolosi è esplicitamente prevista dai protocolli del progetto posti alla base del rilascio.

    Lunga vita all’orso.

  3. Piuttosto che tutta una serie di articoli improvvisati mi associo anch’io al consiglio di fabio…il bel libro di Mattia Zeni “in nome dell’orso” una delle poche letture equilibrate in merito…interessantissimo a dir poco…

  4. Luigi Spagnolli che è intervenuto nei commenti lodando la “gestione” dell’orso e ovviamente la pratica venatoria è, se non erro, l’attuale responsabile dell’Ufficio Caccia e Pesca della Provincia di Bolzano (e pure ex sindaco di Bolzano, per ben tre volte, ed ex direttore del Parco Stelvio). Per capirci: nel suo nuovo prestigioso incarico è colui che caldeggia di sparare alle marmotte! https://www.salto.bz/it/article/01092016/marmotte-un-danno

  5. Tra i diversi commenti non riscontro un punto importante. Gli orsi sono stati forzatamente portati in Trentino. Non è un particolare di poco conto, prefigura una responsabilità precisa. Se ora qualcuno pensa di risolvere con “Ci siamo sbagliati, per rimediare gli spariamo” senza minimamente esaminare altre alternative, è qualcuno privo di senso di responsabilità, non in grado di adempiere ad una funzione pubblica, non vale assolutamente la pena di ascoltarlo. Il Trentino sta dando un pessimo esempio di arroganza e faciloneria.

  6. Ciao a tutti! Per chi vuole essere veramente aggiornato ed informato sulla questione orso in Trentino consiglio “In nome dell’orso” di Matteo Zeni. Recente pubblicazione con basi scientifiche scritta da chi Vive e lavora da una Vita con gli orsi. Ciao a tutti

  7. Mi associo al commento di Paolo Panzeri. E ricordo che le due popolazioni di orsi più consistenti d’Europa, quella slovena (500 individui) e quella carpatica (alcune migliaia) – senza le quali la specie si potrebbe considerare quasi estinta nel Vecchio Continente – sopravvivono per due ragioni fondamentali:
    1. perchè sono sottoposte ad un prelievo venatorio consistente (100 abbattimenti/anno circa, solo in Slovenia)
    2. perchè sono foraggiate, così da rimanere in generale legate ad un determinato territorio. La cosa minimizza i potenziali conflitti con le attività umane, in quanto viene “dedicata” un’area poco antropizzata ad ospitare gli orsi, scientemente non vi si perpetra uno “sviluppo” socioeconomico fondato sull’incremento della presenza umana, ma in cambio si sfruttano gli orsi, insieme ad altre specie selvatiche cacciabili, a scopo venatorio. La popolazione di orsi viene però, in tal modo, “addomesticata”: essi non sono più del tutto selvatici, perchè finiscono per abituarsi al cibo fornito loro dall’uomo.
    In Trentino si è avuto il coraggio di fare un ripopolamento finalizzato alla ricolonizzazione, da parte dell’orso, di tutto l’arco alpino, esclusivamente secondo i meccanismi della natura. Sicuramente commettendo errori. Ma leggere che a causa dell’abbattimento “istituzionale”, ovvero in cui l’ente pubblico preposto ha fatto una scelta legittima e fondata, anche se non condivisa da tutti come è ovvio che sia, di un singolo individuo – laddove si omette colpevolmente di ricordare che in casi analoghi di conflitti uomo-orso il più delle volte l’orso muore in modo illegale – si sarebbe creato “un disastro di immagine che sarà molto difficile da recuperare” fa davvero piangere. Piangere perchè si conferma la drammatica realtá italiana nella quale si preferisce lasciare a se stessa una natura comunque pesantemente condizionata, da millenni, dalla attività umane, abdicando al dovere di fare scelte anche dolorose per mantenere gli equilibri necessari alla sopravvivenza delle specie, così come previsto dalla Direttiva Habitat, al solo fine di “salvare” un singolo animale “bello” – mai viste manifestazioni di piazza per rospi o ratti -. Italiani struzzi d’Europa, nella gestione della Fauna.
    Ripeto: senza gli sloveni ed i rumeni l’orso in Europa sarebbe pressochè estinto. Loro però lo nutrono artificialmente e gli sparano (nota personale: una situazione che non mi piace affatto). In Trentino, con tutti gli errori ed i limiti del progetto Life Ursus, si è provato a fare dell’altro, molto più virtuosamente; e invece di sostenere un progetto virtuoso, si spendono fiumi di inchiostro e di emozioni per una singola orsa morta. Certamente infelice e sfortunata, perché si è trovata due volte nel posto sbagliato nel momento sbagliato: ma quanti selvatici finiscono, in fondo per gli stessi motivi, sotto le ruote di un’auto? È tempo che i cosiddetti animalisti comprendano che è esattamente facendo come pensano loro che le specie si estinguono: una gestione è necessaria, ma come ogni attività umana di interesse collettivo deve avere una regia puibblica – con tutti i problemi legati alla relativa disponibilità di risorse – e deve essere fondata sulla scienza, non sulle emozioni. Emozioni che fanno vincere ovvero perdere le elezioni ai politici, ma che fanno anche acquisire ovvero smarrire tessere di soci alle associazioni, con gli oboli connessi, e soprattutto fanno sì che chi produce informazione venda di più. Per favore, che non si parli di ideali, ma di interessi. Anche degli animalisti.

  8. Credo non vi sia bisogno di abbassare il dovere di istruirsi anche perché non è la sola scuola che può emancipare un cittadino, bensì la realta socio culturale dell’intero paese e qui siamo davvero messi molto male.
    L’italiano è in buona maggioranza ignorante, razzista, pallonaro e poco incline ad essere solidale, basti leggere i vari commenti sugli immigrati e la presa che riescono ad avere certi partiti che definirei nazifascisti.
    Poveri Orsi e poveri tutti con questa feccia.

  9. preciso meglio quando parlo di estinzione: in Trentino, prima del ripopolamento con orsi sloveni, erano sopravvissuti 3 orsi autoctoni senza capacità di riprodursi, quindi la popolazione era tecnicamente estinta

  10. Troppi diritti e pochi doveri!
    Tante “guardie” e tanti “giudici” dei diritti e nessuna dei doveri.
    Più una persona è ignorante e non è capace di fare qualcosa di suo per gli altri, oltre a nutrirsi e gozzovigliare (la definisco stupida), più fa notizia, viene ascoltata, vista come esempio di senso civile e magari partecipa ai vari governi.
    Ma se la maggioranza preferisce così……
    Propongo di abbassare ulteriormente il dovere di istruirsi!

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