Paola “Ornella” Antonioli

Paola “Ornella” Antonioli
(pubblicato su La Pietra dei Sogni con il titolo Quale speranza?, 2014)

Paola Antonioli, da tutti chiamata Ornella, poi Nella, nacque a Zurigo il 12 ottobre 1944.
Appassionata di montagna si dedicò fin da giovanissima agli sport a essa collegati: escursioni a piedi, sci e scialpinismo.
Specialmente nello sci raggiunse livelli tecnici molto buoni, tanto da farle pensare di sostenere l’esame per diventare maestra. Scelta che però ritenne opportuno non fare.
Diplomata al liceo linguistico scelse di lavorare in ufficio, cosa che ben presto si accorse non esserle sufficiente.
Alla fine del 1968 ci conoscemmo e ci sposammo nel 1971. Con me iniziò una movimentata vita di montagna e viaggi: per lungo tempo Ornella si dedicò alle escursioni extraeuropee, facendo da tour leader in vari viaggi organizzati dal pioniere del trekking in Italia, Beppe Tenti.
Nel 1972 Ornella fu tra i primi italiani, assieme a uno di questi gruppi, a percorrere il corridoio del Wakhan, in Afghanistan.
Nel 1975 con me fu la prima italiana a visitare il Ladakh subito dopo la fine della sua chiusura agli stranieri. Stessa cosa per il Sikkim, nel 1977.
Organizzammo anche trekking per nostro conto (Sikkim, Groenlandia), indipendentemente da Trekking International e da Beppe Tenti.
Nel 1981 fece parte del team che misi in piedi per la realizzazione dell’ambizioso progetto di Mezzogiorno di Pietra. Anche lei si proponeva lo studio e la scoperta di tutte le più belle zone adatte all’arrampicata e al trekking del nostro Meridione, un lavoro che costò sei mesi di tempo solo per le campagne svolte sul campo.

Paola Ornella Antonioli in Afghanistan centrale, agosto 1975

Nel Meridione d’Italia vedemmo assieme zone dimenticate dal turismo, dallo sviluppo e persino dalla speculazione, zone abbandonate a loro stesse e alla propria decadenza che sopravvivevano con i poveri metodi di sempre a una realtà vieppiù corrosiva: laggiù gli ultimi.

Ci trovavamo a percorrere le gole del Raganello e del Barile, seguivo le possibilità naturali più semplici di pareti rocciose assai complesse e sconosciute. Nell’ansia della scoperta, dimenticavo le realtà umane circostanti e l’importanza che esse avevano, non fosse altro che per la conservazione dei territorio stesso che tanto mi stava a cuore. Era lei a ricordarmelo, la sera.

Denunciavo il degrado dei boschi, dei pascoli, dei torrenti, ma tra le righe si poteva intuire il degrado della gente. Allora ero convinto che la scoperta di nuovi giochi e la progressiva conquista del “Far-South” avrebbero portato la “civiltà” alle genti e la gioia a noi stessi. Ero convinto che il Nuovo Mattino avrebbe trionfato. Già allora lei invece avrebbe voluto farmi ammettere con una punta d’amarezza che le mie erano solo illusioni, che il muscolo aveva trionfato sul cuore, che lo sport aveva ucciso l’esplorazione e che la gente che viveva laggiù stava come prima se non peggio. La religione del Nuovo Mattino era uno dei tanti colonialismi missionari che non hanno attecchito.

In questo progetto l’apporto di Ornella fu essenziale, soprattutto dal punto di vista logistico. Perché entrambi non perdemmo le nostre convinzioni, sapevamo che per fortuna anche altri continuavano un discorso controcorrente. E il fatto di essere sempre stati in pochi non era motivo sufficiente per cedere alla tristezza e all’autocommiserazione.

Pensavamo che la voce del Pollino non potrà mai avere uno spiraglio di luce e di benessere se parco, lavoro, protezione, istituzione non saranno governati da gente che abbia compreso quanto la dignità civile dipenda dalla dignità della terra su cui si vive e quanto, senza fatica, sia impossibile tradurre ogni buon proposito. Pensavamo che i secoli borbonici non si annullavano con un’assistenza statale sempre più massiccia, e i nostri timidi tentativi di conoscere un territorio rischiavano di naufragare in un’effimera Primavera di Praga.

Altra attività di Ornella fu la brillante traduzione di opere dal francese o dal tedesco: i volumi da lei tradotti sono circa una dozzina, tra cui i più significativi libri di Reinhold Messner.
Nel 1982 fondò con me la Edizioni Melograno, una casa editrice che volle distinguersi subito per la novità di concezione e per i titoli, tra i più significativi del tempo. L’allarme per il nostro pianeta era ormai generale; mentre l’informazione dei media denunciava una contrapposizione mondiale Nord-Sud e gli squilibri di gestione territoriale che ne derivavano, mentre s’ingigantivano le au­tonomie di manovre speculative particolari nei confronti delle responsabilità generali, ecco che gradualmente anche gli alpinisti, da sempre refrattari a ogni condizionamento “politico”, presero coscienza della vulnerabilità del nostro terreno di gioco. Ornella fu tra le prime ad aderire a Mountain Wilderness e a lavorare per l’associazione.

Dopo il divorzio da me, proseguì la sua attività nel campo della cultura di montagna, collaborando per anni con Gino Buscaini alla redazione dei vari volumi della Collana Monti d’Italia del CAI-TCI.
Tra i sogni che più desiderava realizzare era l’inizio di una nuova attività, quella di tramite tra i conferenzieri di montagna e gli enti interessati a serate culturali sulla montagna. “Videomontagna” era il nome di questo progetto, destinato però a non vedere la luce, che si sarebbe perfezionato invece (e con notevoli modifiche) nel giugno del 2003, con il nome di “Alt(r)i Spazi”. Ornella fu ovviamente tra i fondatori di questa associazione di cui io sono il presidente ancora oggi.

La competenza, le capacità, l’iniziativa e il carattere di questa donna ebbero purtroppo una dolorosa fine il 29 dicembre 2003, a Milano, dopo una malattia, relativamente breve ma senza possibilità di appello.

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Paola “Ornella” Antonioli ultima modifica: 2022-05-29T05:25:00+02:00 da GognaBlog

6 pensieri su “Paola “Ornella” Antonioli”

  1. “Che cosa resta della gloria di Roma?”
    Ricordi in chi rimane, poi il tempo spazzerà via tutto.
    … … …
    Al mondo siamo messi cosí.
     

  2. Voglio ricordarmi di una giornata in cui, in 3 cordate, salimmo la via Messner a Cima Nove di Fanes. Nella era legata con Ornella Calza e un amico di Corvara aveva portato il suo cane lupo che  secondo lui  ci avrebbe aspettato alla base. Invece Rocky, così si chiamava l’animale, seguì la cordata delle due Ornelle lungo il primo tiro facile giungendo quasi in sosta ma restando incordato pericolosamente.
    Le manovre per riportarlo alla base furono piuttosto rocambolesche. 

  3. Se le “8 montagne” hanno avuto tanto successo,( insondabile il mistero che  porta un romanzo alla ribalta  o lo fa mantenere chiuso in un cassetto di redazione assieme a polvere e ragni), materiale non manca per …un’opera di quelle giuste, vere ,ben congegnate ( buona pure per un film o docu-film). Se ci son riusciti altri…

  4. Grazie Alessandro per averci consegnato questo ricordo tanto intenso. e grazie ad “Ornella” per le tracce che mi ha lasciato.

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