Passo Sella, un monumento all’analfabetismo paesaggistico

Il rifugio Passo Sella, sul valico dolomitico fra Trentino e Alto Adige, fu costruito nel 1904 dalla Sezione di Bozen del DuÖAV (Deutscher und Österreichischer Alpenverain) che, con grande lungimiranza, acquistò anche circa 200 ettari di terreno circostante per mantenere incontaminato l’ambiente impedendo la proliferazione di altre costruzioni.
Più volte ampliato, nel 1924 passò in proprietà alla Sezione CAI di Bolzano, che, con la collaborazione dei gestori “storici” (famiglie Valentini e Cappadozzi) lo ha ristrutturato più volte e adeguato alle esigenze delle varie epoche trascorse. Nel 1942 (all’epoca dell’uscita della guida di Arturo Tanesini, Catinaccio, Sassolungo e Latemar) era stato ribattezzato “rifugio Marescalchi. “Sorge sul versante N (Gardena) a qualche centinaio di metri dal valico geografico e stradale, sulla carrozzabile al centro di una magnifica conca erbosa; è un’ampia e bella costruzione in muratura, composta di due corpi principali, con vasta veranda sul fianco meridionale; conta un vasto bazar, una capace autorimessa e una graziosa chiesetta; ha 40 stanze riscaldate a termosifone con 70 letti” scriveva il Tanesini.

Una vecchia cartolina (anni ’30) ritrae il rifugio del Passo Sella. Foto: GhedinaSellaResort-TIC0-0211

In estate per il traffico ormai a livelli esplosivi (migliaia di auto al giorno, più autobus e moto), d’inverno per lo sci, il passo Sella era diventato una Gardaland impossibile da gestire. Rimaneva la vecchia costruzione che, con la sua nobiltà, stemperava una realtà consumistica degna della riviera adriatica.
Ma nell’autunno 2013 il rifugio passo Sella, che nel frattempo era arrivato a 86 posti, è stato abbattuto, su consenso del CAI di Bolzano (proprietario) e la ricostruzione è stata affidata in gestione a una impresa che sta costruendo un enorme resort a 4 stelle.
Gli ambientalisti erano convinti che il progetto venisse rigettato in quanto la provincia di Bolzano aveva posto prescrizioni molto importanti e positive.
Invece la Commissione Edilizia del Comune di Selva di Val Gardena ha dato il via libera al progetto, senza alcuna variante sul progetto presentato, dai più definito “osceno”.

«I lavori sono quasi ultimati, ai primi di luglio si apre». La soddisfazione è palpabile nella voce di Alan Stuffer, capocordata della società che sta realizzando il nuovo rifugio Passo Sella, il Dolomiti Mountain Resort. L’iter burocratico iniziato cinque anni fa ha portato lo scorso autunno all’abbattimento del vecchio rifugio di proprietà della sezione di Bolzano del CAI, che ha chiuso un accordo economico con la società di Stuffer. L’imprenditore gardenese ha ottenuto dal CAI un diritto di superficie quarantennale per l’utilizzo e la gestione dell’hotel in cambio di un consistente canone annuale.

In cambio il CAI, scaduti i quarant’anni di concessione, si ritroverà fra le mani un vero e proprio gioiello di edilizia d’alta quota. Perché quello che sta sorgendo a quota 2213 m si tratta dell’unica struttura alberghiera di lusso delle Dolomiti costruita a questa altitudine, ai piedi del gruppo del Sassolungo, e sarà in tutto e per tutto rispettoso del contesto naturale che lo circonda” scrive la giornalista Silvia Fabbi.

Il rifugio Passo Sella nel 2012SellaResort-IMG_2703

«Abbiamo acquistato legname proveniente da vecchi fienili per il rivestimento esterno della struttura, in modo da non creare un edificio troppo impattante e rispettare lo stile dell’edificio preesistente» spiega Stuffer.

Della costruzione si sta occupando la Immobiliare Passo Sella snc, di cui fanno parte oltre a Stuffer anche Alan Perathoner (ex olimpionico di sci e socio di Stuffer nella società di gestione) e Paolo Cappadozzi, membro della famiglia che negli ultimi 85 anni ha gestito il vecchio rifugio Passo Sella.

La notizia è grave e non può essere passata sotto silenzio. Bisogna organizzare qualcosa e mettere apertamente sotto accusa non solo la sezione di Bolzano ma anche il CAI centrale e la sua letargica commissione TAM. Il progetto mi sembra vada nella direzione opposta alla proposta di inclusione del Sassolungo/Sella nelle Dolomiti Monumento del Mondo dell’UNESCO” commenta subito Carlo Alberto Pinelli di Mountain Wilderness.

Riccardo Cristofoletti, presidente del CAI Bolzano, aveva presentato in assemblea sezionale l’operazione, ormai in divenire, con parole che trasudano l’ottimismo dell’imprenditore: «All’inizio di luglio 2014 invece verrà inaugurato il nuovo albergo-rifugio passo Sella di nostra proprietà… è stata un’operazione lunga e complessa, però siamo contenti di averla condotta in porto. Noi non ci saremmo mai potuti permettere di investire 6-7 milioni di euro nella demolizione e ricostruzione del vecchio rifugio. Così abbiamo trovato un accordo con una società che si è accollata tutte le spese: lo gestiranno e per 40 anni ci pagheranno un diritto di superficie, quindi l’immobile tornerà al CAI. Il nuovo complesso è in parte adibito ad albergo e in parte a rifugio, visto che quella è una zona particolarmente frequentata dagli amanti dell’arrampicata».

Il Dolomiti Mountain Resort nel rendering invernaleSellaResort-Winter

Tutti erano a conoscenza della volontà del CAI (nazionale) di abbandonare i rifugi accostati alla grande viabilità. Una scelta anche condivisibile in alcuni casi.
A Passo Sella, il CAI di Bolzano si è sempre vantato di non aver permesso alla speculazione sciistica di invadere grandi spazi perché buona parte dei terreni sono di proprietà del CAI stesso come del resto il rifugio. Va detto che se non vi fosse stato questo freno le oscenità della gestione del Passo Sella sarebbero state ben più devastanti del presente, nonostante la già pesante situazione paesaggistica e antropica. Nell’autunno la Provincia Autonoma di Bolzano aveva dato al CAI e ai gestori del progetto di rifacimento (abbattimento e ricostruzione) delle prescrizioni alquanto severe in tema di manutenzione delle caratteristiche della struttura originaria, anche per un parziale aumento volumetrico.

I gestori hanno concordato con il CAI il progetto, a firma dell’architetto altoatesino Marika Schrott, che poi è stato approvato, quando al contrario il CAI, quale proprietario dell’area e quindi firmatario del progetto, poteva rifiutare. Invece ha depositato la licenza edilizia presso il comune di riferimento, Selva di Valgardena (il peggior comune, in tema urbanistico, dell’Alto Adige, contrario all’inserimento del Sassolungo in Dolomiti UNESCO, l’unico ostacolo ancora presente). La commissione edilizia, trascurando le osservazioni dell’ufficio urbanistico della provincia di BZ, ha approvato il progetto come dai rendering qui allegati, con aumenti volumetrici e sconvolgimento della struttura originaria. Pare che in commissione edilizia comunale il dibattito sia stato acceso e abbia portato a spaccature non superficiali, ma alla fine ha vinto il progetto “di lusso”. Inizialmente contrario al progetto è stato il sindaco di Selva, Peter Mussner, che però alla fine, dopo la contestazione, ha dato disco verde al progetto.

«Certo, le perplessità le avevamo anche noi e alla fine il progetto è senza dubbio discutibile, almeno per quanto riguarda l’architettura. Però il rifugio non si poteva certo lasciare com’era e alla fine ne è uscita una struttura degna dell’immagine che la Val Gardena vuole dare di sé» dice Mussner.
«Avevamo consigliato a Stuffer e colleghi di affidarsi alla consulenza, peraltro gratuita, del Comitato provinciale per la cultura edilizia e il paesaggio, che aveva formulato alcuni criteri per rendere il progetto più armonico con il paesaggio. Questi criteri (che l’amministrazione comunale condivideva), non essendo vincolanti, non sono stati rispettati… ma alla fine la commissione edilizia, che prima si era spaccata a metà, ha votato a favore» spiega ancora il sindaco Mussner.
«L’idea era che dovesse sorgere un edificio in linea con i vecchi rifugi di una volta, quindi con molta roccia e poco legno. I promotori del progetto hanno deciso di fare altrimenti, e di non ascoltare le prescrizioni del Comitato perché non volevano perdere troppo tempo. Ma in fin dei conti siamo tutti d’accordo che questo intervento dovesse essere fatto. Possiamo non concordare con i modi e con lo stile architettonico, ma nel merito questo progetto è un bene per tutta la zona» conclude il primo cittadino di Selva.

In linea con Peter Mussner, parzialmente critico ma in fondo favorevole al progetto, è l’approccio del presidente del CAI Alto Adige, Giuseppe Broggi. Ricordiamo qui che Il CAI Alto Adige racchiude in sé le 15 sezioni del CAI sparse sul territorio provinciale.
«I rilievi degli ambientalisti mi troverebbero d’accordo se stessimo parlando di una situazione in cui i passi dolomitici sono chiusi al traffico. Va invece tenuto presente che il rifugio Passo Sella si trova di fatto su una strada ad alta se non altissima percorrenza. In considerazione di questo fatto non avrebbe avuto più alcun senso realizzare un rifugio vecchio stile, come se stessimo parlando di un rifugio d’alta quota… in ogni caso se non l’avessimo fatto noi l’avrebbe fatto qualcun altro, e in ogni caso il CAI ha tutto il vantaggio ad aver dato disco verde all’operazione. Innanzitutto per il fatto che fra quarant’anni l’edificio tornerà in nostro possesso, ma anche perché il canone mensile che il CAI di Bolzano incasserà dai gestori del nuovo rifugio è un’entrata preziosa per garantire la copertura di tutte le spese preventivate in tempi di generalizzate ristrettezze economiche» ci spiega Broggi.

«L’edificio preesistente aveva oltre 100 anni e non era mai stato fatto oggetto di restauri, al punto che ormai ci pioveva dentro ed era davvero difficile garantire il servizio agli ospiti. In molti ci hanno detto che avrebbero preferito il restauro del vecchio edificio, ma ormai le strutture erano così compromesse che non era più possibile intervenire sull’esistente e abbiamo dovuto procedere ad abbattere tutto» comunica Stuffer.

L’edificio dunque avrà 60 posti letto: oltre a una sola (ovviamente più economica) camerata (conservata nel progetto su richiesta del CAI di Bolzano), il resto gli ospiti potrà contare su camere singole o doppie, come in un vero e proprio hotel. La riorganizzazione degli spazi interni ha richiesto un sensibile aumento di cubatura. Come in ogni resort di rispetto, ci saranno la sauna finlandese e il bagno turco, come pure il bagno Kneipp e la piscina coperta a 30° C, con zona controcorrente e panchine idromassaggio.

Il Dolomiti Mountain Resort nel rendering estivoSellaResort-estate

Il portavoce di Mountain Wilderness Luigi Casanova, nelle sue dichiarazioni ai giornali, ha espresso tutta la delusione per una vicenda: «Abbiamo seguito tutto l’iter che ha portato alla demolizione della vecchia struttura e al varo della nuova, osteggiando il progetto, che ci appare come il frutto di una resa al dio denaro, e alla speculazione pura… Il vecchio rifugio era costruito su una struttura tradizionale, mancavano servizi considerati oggi essenziali ed era carente sotto il profilo della sicurezza. Pertanto anche una demolizione poteva starci, ma nell’ambito di un progetto che rispettasse gli stessi criteri volumetrici e di tipologia storica dell’edificio… Il Comune doveva dare delle prescrizioni più stringenti e più efficaci a garantire la tutela del paesaggio, ma ci ha meravigliato, più della Provincia e del Comune, l’atteggiamento del CAI di Bolzano, perché ha scelto di abiurare al significato più autentico di un rifugio di montagna, cancellando la propria storia e omologandosi alla cultura di urbanizzazione delle grandi pianure… queste sono speculazioni fatte a spese del paesaggio, in nome di una nuova servitù della gleba che di fronte al turismo non pone alcun vincolo e finisce per distruggere anche un patrimonio dell’umanità come le montagne delle nostre province. E i principali responsabili di questa situazione siamo proprio noi gente di montagna».

All’amarezza di Casanova si contrappone Alan Stuffer a difendere il proprio operato, rincarando la dose su ciò che avrebbe potuto essere e non è stato per senso della misura: «La Provincia di Bolzano aveva nominato un collegio di tre esperti svizzeri, secondo i quali avremmo potuto costruire un edificio di sei piani, dalla volumetria doppia di quella che stiamo realizzando, e con 100 camere, tutto in cemento armato, non dipinto e senza legno. Se avessimo seguito questo consiglio avremmo realizzato un’opera di fortissimo impatto sull’ambiente naturale. Invece abbiamo scelto una struttura su tre soli piani, più bassa e più larga, meglio inserita nell’ambiente di passo Sella, e che tende a sparire dalla vista. La volumetria è poco più estesa di quella del vecchio rifugio. Con i permessi che avevamo in mano avremmo potuto costruire cinque o seimila metri cubi in più di quanto abbiamo invece costruito. Accetto le critiche, anzi ben vengano se ci aiutano a migliorare. Ma in questo caso ritengo siano fuori bersaglio».

Il Dolomiti Mountain Resort, renderingSellaResort-Ansicht-(7)

«Il resort al passo Sella? Un monumento all’analfabetismo paesaggistico», questa volta è il presidente di Italia nostra di Bolzano, l’urbanista e architetto Beppo Toffolon, che boccia senza appello il progetto di costruzione del rifugio a cinque stelle in quota. Nella sua intervista, apparsa sul Corriere della Sera Trentino il 24 aprile 2014, definisce sconcertante che, per favorire il turismo, si accetti qualsiasi cosa, finendo per rovinare il territorio.
«Il turismo produce ricchezza e benessere, ma esiste un limite oltre il quale i vantaggi possono ritorcersi su se stessi diventando il loro contrario».
Secondo Toffolon è assai discutibile che le strutture vecchie si debbano demolire perché non stanno in piedi: “È un alibi banale e inammissibile, perché con le tecniche moderne è possibile consolidare qualsiasi cosa, e non è detto che il recupero costi più di demolire e ricostruire”.

Video rendering del Dolomiti Mountain Resort

Aggiungo che l’idea che per diminuire l’impatto basti usare un po’ di tavole di legno vecchio prese da qualche fienile, andando a tappezzare il cemento di struttura, è da respingere senza appello.
Possiamo anche decidere di passare dalle camerate alle singole con bagno, aggiungere saune e piscine, ciò che non si può accettare è lo stravolgimento della tipologia architettonica solo perché si vuole la spa a tutti i costi. Occorre rispettare i precedenti caratteri di originalità, anche per non omogeneizzare i rifugi di montagna con le strutture di valle, visto che le funzioni dovrebbero essere diverse. Su questo, il CAI proprietario, avrebbe dovuto riflettere ben di più.

postato il 12 maggio 2014

Passo Sella, un monumento all’analfabetismo paesaggistico ultima modifica: 2014-05-12T06:36:02+02:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

17 pensieri su “Passo Sella, un monumento all’analfabetismo paesaggistico”

  1. Thomas non voglio ridurre questa discussione in una polemica fra me e te ma vivendo in Apuane anchio sono un montanaro e so cosa vuol dire vivere in montagna. Cosa vuol dire essere un montanaro. Quali sono i problemi.
    La vita del montanaro è dura ma questo non gli da mica il diritto di fare tutto quello che gli pare. Come purtroppo avviene in Apuane.
    Inoltre non mi trattare come il classico turista che pensa solo al suo divertimento. Sono sempre venuto nella vostra terra con tanto rispetto e ammirazione. Rispetto per la natura, per la gente , per la storia. Ammirazione per gli scenari , le cime e anche per la gente.
    Te parli di “sostentamento” e dal modo come lo scrivi sembra quasi siete poco sopra la soglia della povertà.
    Per il turista da voi i prezzi non è che poi sono cosi bassi. Non mi sembra che regalate nulla a nessuno. Ora non voglio fare i conti in tasca a nessuno ma non credo che l’economia delle Dolomiti sia un’economia povera. Da un punto di vista turistico avete un territorio che vi regala più stagioni. Inverno: sci, cascate di ghiaccio, ect. Estate: alpinismo, escursionismo, ciclismo, parapendio, ect. Insomma ce nè per tutti i gusti e in tutte le stagioni. Senza periodi morti.
    Lo so anchio che siete gente che vi fate il culo, che lavorate tanto, che amate la vostra terra e per certi versi la rispettate. In effetti di sporcizia a giro non se ne vede. Ma è indubbio che avete anche avuto la fortuna di abitare un gran bel territorio. Che vi regala tante possibilità.
    Poi c’è anche il fatto che siete una regione a statuto speciale. Anche questo mi sembra un discreto vantaggio.

    Quello che però mi sembra di vedere, ma posso anche sbagliare, e che ogni anno che passa, l’aggressione dell’uomo nei confronti del territorio è sempre più evidente con nuove costruzioni che sinceramente non vedo il bisogno.
    Costruire nuovi alberghi, nuovi impianti, nuove strade, non credo che serva a fare prevenzione contro i disastri naturali.
    Guardandomi intorno sinceramente il territorio dolomitico mi sembra piuttosto saturo.

  2. Caro Alberto non metto in dubbio la tua frequentazione e la passione per le cime e le scalate Dolomitiche, ma il curriculum alpinistico non c’entra niente, guardi il meteo,se prevede bello parti,vieni per il fine settimana o per il periodo di ferie, fai le tue scalate e te ne vai, come fanno tutti i turisti. In Dolomiti (per fortuna) ci sono tante persone che vivono sotto le montagne per tutto l’anno,bel tempo,brutto tempo, nei momenti magici dell’enrosadira ma anche con le tempeste e le bufere ,operatori turistici e anche contadini che falciano i prati e curano i pascoli, l’attivitá turistica va a braccetto con quella agricola e la cura del territorio é sinonimo di amore per il territorio stesso,la fatica e il sudore segnano le giornate del montanaro come quella dell’alpinista. Ti sei mai chiesto perché nel territorio dolomitico raramente si sente parlare di frane o di alluvioni? Ma per viverci c’é bisogno di lavoro, non tutti siamo albergatori o commercianti, qui non ci sono fabbriche, pochi uffici, niente mega centri commerciali ,l’agricoltura d’alta montagna insieme al turismo sono la nostra fonte di sostentamento, tu guardi quel progetto e vedi solo speculazione e colate di cemento, e va bene, quella é la tua visione, ma in quel rifugio ,o albergo, o chiamalo come vuoi, oltre all’imprenditore che non é comunque un diavolo, ci sanno camerieri,cuochi, e tutto il personale che da li troverà sostentamento. Nessuno vuole distruggere il territorio, questa é la nostra terra, la terra dei nostri antenati che per secoli abbiamo conservato e che abbiamo intenzione di consegnare ancora migliore ai nostri figli e ai nostri nipoti. Oltre a un uso consapevole e sapiente del territorio non vedo alternative, i luna park di cui parli tu sono solo rari siti ,le Dolomiti sono altro, il riconoscimento UNESCO è arrivato di recente, se fosse tutto così mercificato e rovinato quel riconoscimento non sarebbe arrivato non credi? O la tua idea per noi è di farci lasciare la nostra casa e la nostra terra , e magari come ha giustamente detto un politico trentino poco tempo fa , costruire qualche condominio in periferia di Bolzano o Trento o Belluno e mantenerci li con il reddito di garanzia cosí da poter abbattere alberghi e impianti e vedere le Dolomiti senza costruzioni e ferri come piacerebbero ad alcuni? Lo spopolamento e l’abbandono del territorio in gran parte del versante italiano delle Alpi è causa di molti disastri ,in Dolomiti per fortuna questo non é successo, anche per merito di scelte politiche piú lungimiranti che hanno permesso ai montanari di poter vivere dignitosamente sul proprio territorio, questo vorremmo continuare a fare. É solo la mia personale opinione,scusate l’intromissione, ciao a tutti!

  3. Caro Thomas, non so quanti anni hai, ma io in Dolomiti a scalare e camminare ci vado da circa 35 anni.
    Dopo le Apuane sono un po’ la mia seconda patria alpinistica. Stai sicuro che le conosco piuttosto bene, più di quello che tu immagini. In tutti questi anni non mi sono soffermato solamente al Passo Sella, a Gardeccia o al parcheggio del rifugio Auronzo.
    Queste valli, cime, pareti piuttosto solitarie e intatte, di cui parli, stai sicuro che me le sono andate a cercare. Le ho visitate e ne ho salito pareti, cime e cenge piuttosto esposte. Te ne potrei fare un elenco anche piuttosto lungo e nutrito di cui sono sicuro rimaresti assai meravigliato sia dalla quantità che dalla qualità, visto anche che vengo da piuttosto lontano. Ma te lo risparmio visto che non sono qui a fare una sviolinatura sulla mia attività alpinistica dolomitica.
    Tutto questo per dirti che di questi monti io sono innamorato e in tutti questi anni credo proprio di averglielo dimostrato. Ai monti salendoli molte e molte volte e alle genti economicamente!
    Quanto al motivo del lavoro che citi, a me sembra una scusa che non c’entra proprio nulla. La solita scusa per fare della speculazione edilizia. Non credo che sia una nuova colata di cemento armato che possa portare nuovo lavoro alle genti dolomitiche. Se non alla sola società cementizia. E’ evidente che oggi come oggi le Dolomiti sono più che inflazionate dall’opera dell’uomo: alberghi, rifugi, piste da sci, impianti di risalita, strade, traffico, ecc. Sopra ti ho citato tre luoghi, non a caso, che ne sono la dimostrazione. Credo anche che se andrete avanti di questo passo non farete altro che farvi del male. Sotto tutti gli aspetti naturalistici, di inquinamento, quindi di salute e turistici. Non c’è più bisogno di nuove costruzioni, di nuovi interventi dell’uomo. Ce ne sono anche troppi. C’è invece bisogno di un cambio di direzione, di luoghi integri e liberi dall’intervento umano dove si possa di nuovo respirare un po’ di natura.
    Sono convinto che questo sia anche il futuro per un nuovo tipo di turismo, un turismo rispettoso della natura che porterà un nuovo modo di fare turismo e una nuova economia.
    Voi avete un tesoro, ma se lo distruggerete a suon di cemento armato la gente se ne andrà da un’altra parte a cercare luoghi più integri, solitari e anche meno costosi!!

    Inoltre non ti ho dato dell’ignorante ma solo di avere un po’ i paraocchi come i cavalli. Non guardarti solo davanti ma anche intorno.

  4. Se sei così avanti caro Alberto, vai ancora un pochino più avanti e invece che soffermarti su queste opere che danno così tanto fastidio alla tua superiore sensibilitá,ma che danno lavoro alla gente delle Dolomiti ,prova a cercare qualche valle ancora intatta,le Dolomiti ne sono piene,basta saperle cercare. Scusa se é intervenuto uno così indietro e ignorante come me

  5. caro Thomas questo non è il nuovo.

    Demolire tutto e ripristinare il prato. Questo si che è NUOVO!!!!

    ma evidentemente bisogna essere troppo avanti per capirlo.

  6. Sono d’accordo con Matteo,anche a me piace molto di piú il nuovo,cosa ci sia di bello nel vecchio proprio non capisco,apparte la nostalgia di un tempo che fu! Poi vorrei chiedere a Michelazzi quali siano i vantaggi fiscali di cui godono i rifugi perchè a me non risulta che ce ne siano?!

  7. Da quello che si vede dai renderne una vera schifezza. Caratteristico come un aeroporto internazionale. New York o Mumbai … tutto uguale. E poi se c’e la strada. Un bel campeggio per tende da bivacco e via… a che serve tutta quella roba a chi va in montagna???

  8. Direi che è il caso di distinguere i piani di discussione.
    In senso generale, non è affatto detto che un vecchio edificio, nonostante decadi e decadi di onorato servizio, sia meno invasivo e impattante sulla “estetica” dell’ambiente rispetto a uno nuovo.
    In moltissimi casi gli edifici sui passi di tutte le Alpi sono tetri, scuri e mediamente orribili e quello del Rifugio sul Passo Sella non faceva certo eccezione.
    Altra cosa è discutere sulla pretesa (assolutamente folle IMO) di continuare a utilizzare lo sfruttamento definendolo “valorizzazione”.
    Come ha detto qualcuno qui sopra, meglio sarebbe stato demolirlo e ripristinare il prato.
    Ma questa è utopia..

  9. Ma che vuol dire “meno impattante”?
    Se il vecchio caseggiato era orribile questo non è da meno. Il progresso sta nel ripristino del paesaggio, nella salvaguardia dell’ambiente naturale. Li di costruzioni, di cemento armato, di strade, funivie, ce ne sono anche troppe. Si va in certi luoghi per ammirare la bellezza e la maestosità dell’ambiente naturale, non certi troiai. Che poi si ha anche il coraggio di chiamarli rifugi…

  10. D’accordo con Matteo, trovo orribile il vecchio caseggiato e decisamente meno impattante il nuovo progetto
    ciao

  11. Quello di sfruttare i fondi e gli sgravi avviene anche in altri settori e luoghi.
    Si prendono i fondi, si fa un po’ finta di fare dei lavori. Si finiscono i fondi e poi arrivederci e grazie.

  12. In tutto questo, situazione che vede ovviamente favorevoli e contrari, invece di commentare dicendo ciò che penso, pongo una domanda.
    Una domanda che visti i numerosissimi internatuti che circolano su questo blog, magari una risposta la trova… :
    Negli interventi delle varie autorità, si legge di guadagni, per i gestori ovviamente, per la comunità, per il CAI Bolzano, e tutto potrebbe pure starci, visto sotto l’ottica dello sfruttamento montano. Ma chiedo, la tasse, le pagheranno in qualità di albergo (peraltro di rifugio ha sempre avuto solo il nome e di sicuro non ha mai brillato per la cortesia di gestori e lavoranti o per l’amore per i monti e/o l’alpinismo del quale probabilmente neppure conoscevano il nome…) con annessi e connessi (stelle, stelline, ecc.) o continueranno a ricevere fondi comunitari e sgravi fiscali per i rifugi di montagna?
    Sarebbe bello capirlo, no… ?

  13. Invece avrei apprezzato che dopo aver demolito quello vecchio non avessero ricostruito nulla.
    Ripristinato il prato in modo da poterci fare delle belle capriole sull’erba e magarci poterci bivaccare per poter assaporare i rumori della notte e godermi le la volta celeste come soffitto.

  14. “Credo che le Dolomiti un domani espelleranno gli alpinisti. Prevedo vacanze a caro prezzo, escursioni obbligate quanto un minigolf, parchi coercitivi. La città sarà più avventurosa”. Lo scrivevo nel 1990, e la tendenza era oramai chiara dai primi anni 80. Così volevano che andassero le cose i valligiani e non c’è nulla da fare, i soldi, troppi soldi e tutti d’un colpo (senza altretanta crescita culturale che non sia il folklore per attirare ulteriori turisti), chiamano soldi. Con lo stesso Arturo Tanesini, tra l’altro progettista della funivia della Marmolada, ne parlavo e lui confidava che si sarebbero fermati: “Hanno a cuore il loro territorio, hanno conosciuto la fame e pertanto qualche realizzazione turistica li fa adesso vivere un po’ meglio, ma vedrai che si fermeranno…”. C’è una prevalente avidità di denaro, in quelle valli, che mi ha portato a questo punto al disamore. Dovessi tornarci, attraverserei le montagne di notte, per non vederne lo scempio.

  15. Caro Matteo a te piace…?

    Bene!!!

    “i gusti son gusti” disse quello che baciò il maiale”…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.