Gianfranco Valagussa è socio CAI della Sezione di Domegge di Cadore, alpinista e Guida naturalistica ambientale regionale.
Perché ancora con il CAI?
di Gianfranco Valagussa
[già pubblicato sulla rivista Le Dolomiti Bellunesi (estate 2016) e su altitudini.it (11 luglio 2016)]
“La via del ritorno è difficile, molto difficile, ma anche straordinaria. Lungo di essa si prende coscienza di tutte le paure rimosse, di tutti i fantasmi e i mostri del passato che si sono buttati nel cestino. In sostanza si ripercorre all’indietro il cammino del tempo: e un fantastico viaggio nella notte per arrivare alla luce, dove si impara ad essere umili e coraggiosi, a osare quando è il tempo di osare e a non cedere alla tentazione di osare quando non è il tempo di osare, anche se vi sarebbe la possibilità di farlo (Gian Piero Motti, Arrampicare a Caprie)”.
Siamo nati diversi
Non sono in delirio di onnipotenza, non ho iniziato a darmi del “voi” non pretendendolo nemmeno dagli sconosciuti. Nel 1972 ho aderito al “cai”.
Il minuscolo è voluto per affetto verso un ragazzone incontrato un paio d’anni fa su un sentiero. Il passaggio era praticamente distrutto da una frana e alla nostra (non ero solo) domanda perché il CAI non avesse sistemato il percorso, alzò i palmi delle mani sorridendo e rispose “qui servono i cai, non il CAI”. Il CAI del fare per la montagna, non quello delle élite.
Gianfranco Valagussa, il Nonno
Perché iscriversi in quel 1972? Ho aderito leggendo I falliti di Gian Piero Motti (Rivista Mensile del CAI, settembre 1972). Prima di allora mi era sufficiente leggere sulla tessera la frase di Guido Rey per scartare ogni ipotesi di adesione. Erano anni particolari. Poi ho capito che un sodalizio (1) è tale perché vige una regola semplice da accettare, ma difficile da praticare: la solidarietà.
Il sodalizio oggi risente degli effetti negativi prodotti dalla disgregazione di idee di cui sono vittime tutte le associazioni: partiti, sindacati, chiesa, istituzioni. Quello che manca è un’idea (2) capace di dare respiro all’associazione, favorire la comunicazione.
Semplicemente dovremmo star insieme per realizzare un progetto comune che riguarda, nel caso del CAI, la montagna. Quale progetto? Come si può trovarsi d’accordo su un progetto e decidere di realizzare un fine comune? Qui occorre rifarsi alla storia generica, a questo scopo si organizzano i congressi, i concilia (3). Sapete come avvengono i congressi? Chiedete a chi ci è stato, se non vi fidate di chi scrive.
I congressi, non solo quelli del CAI ovviamente, vengono preparati contattando i possibili partecipanti con cui potrà essere diviso il frutto dell’azione comune, che potrà essere economico, di fama, di potere o altro secondo il fine dell’organizzazione, dell’associazione, del partito, dell’idea quindi. Contano i voti ai congressi.
Punto il dito contro qualcuno? Assolutamente no, si tratta di una idea ipotetica.
Raccolti i voti, costruiti gli organismi, decisi gli incarichi, ci si avvia alla determinazione del futuro gruppo dirigente eletto, di conseguenza, non dai partecipanti ma “con il consenso dei partecipanti”. Il problema è come si ottiene il consenso, come si convogliano gli elettori. In alcune associazioni varrà l’interesse economico, per altre quello ideologico, per altre ancora la condivisione di scopi etici o l’affermazione individuale.
Il collante per egemonizzare i voti è l’etica
Altra parola chiave: etica. Occorre sottolineare che non intendo accomunare una organizzazione specifica a un interesse specifico, le ragioni della adesione sono trasversali. Il raggiungimento del fine non è subordinato alla capacità degli eletti, ma agli eventi naturali o forzati che si succedono nel corso di un mandato. Cosa dico? Rispondo con una domanda. Avete mai chiesto a chi avete eletto cosa ha realizzato del suo programma? Non mi piace vincere facile, quindi non mi riferisco ai partiti nazionali ma al vostro comune o alla associazione alla quale aderite o al sindacato (Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Confcommercio, Associazione Artigiani, ecc.) che rappresenta la vostra categoria economica. Bene, il collante per egemonizzare i voti è l’etica (4).
Cadore, il Regno delle Ciaspe
La distinzione tra ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è utile o indesiderabile, diventa il nuovo motivo del dopo elezione. È il ribaltamento per cui le nuove esigenze determinano l’abbandono di un’etica per un’altra. Ripeto, per essere chiaro: si dice cosa è bene e su quello si chiede il voto, si fissano le regole per raggiungere lo scopo e prendere il voto, si fanno i conti con ciò che interessa per costruire una maggioranza; ed è a questo punto che saltano gli scopi dichiarati inizialmente per raggiungere i voti necessari. Ovvero un compromesso (5). Le organizzazioni “supermarket” ne sono la testimonianza, sono quelle che rappresentano tutto e il contrario di tutto, aggiungerei, per avere l’appoggio di tutti o di una maggioranza utile alla elezione. Esempi? Siamo tutti d’accordo sulla preservazione dell’ambiente alpino, quindi scriviamo che non vogliamo l’eliski, l’elitour o altri motori in aree naturali, non vogliamo nuove ferrate, non vogliamo nuovi bivacchi, siamo per limitare l’uso del territorio alpino per sport e competizioni invasive. Non serve citare documenti, non siamo burocrati. Poi ci sono le eccezioni, e mi fermo al Cadore.
Eliski: parte dalle Guide Alpine di Cortina la richiesta di praticare l’attività in due zone della conca, l’anno successivo si aggiungono altre Guide di Calalzo e Auronzo (6). La scusa è la regolamentazione, ma oggi sappiamo che non esiste nessun controllo reale e che gli elicotteri svolazzano ovunque, trasportando persone per i più svariati motivi, eliski, elitour, elicaccia, elipranzo. Non serve, come è successo, che qualche rappresentante istituzionale chieda di “denunciare” gli illeciti, bisogna prima dire come le istituzioni effettuano i controlli e chi li effettua.
Moto e ciclocross: basta seguire qualche sentiero facile e vicino agli abitati per diventare testimoni di ciò che avviene. E non tocchiamo il tasto quad. Ma il CAI cosa c’entra? Alla guida di questi comuni ci sono ex dirigenti del CAI e iscritti storici, che magari sono stati conosciuti dagli elettori proprio per il ruolo avuto nell’associazione e per quello votati.
Nuova ferrata in memoria del Vajont, voluta da CAI e Istituzioni locali, ideata da alcuni dirigenti del Soccorso Alpino (per la propria affermazione?) e realizzata da Guide Alpine per consolidare le loro entrate economiche. Avete guardato quali associazioni si trovano tra i patrocinatori delle varie competizioni in quota per il rilancio del turismo cadorino? Fatelo.
Nuovo bivacco a Forcella Marmarole voluto dal CAI centrale e locale, sicuramente con un approccio tecnico di competenza, visto che l’attuale presidente della locale sezione del CAI è un professionista del settore.
Il regno delle ciaspe (o dello sci alpinismo?). Alcune semplici note: le ciaspe (ciaspole nel mondo del turismo invernale) servono per camminare nella neve non battuta, perché batterla? La verità è sulla copertina del primo depliant del Regno delle ciaspe ripreso in un recente articolo anche dal Corriere delle Alpi. Lo scialpinismo è un’esperienza fondata sulla conoscenza delle complesse problematiche della montagna invernale, dove lo scialpinista impara a gestire autonomamente l’ascensione: lo sforzo fisico (la fatica) diventa una componente indispensabile nel raggiungimento dell’obbiettivo e rappresenta un’irrinunciabile completamento dell’esperienza (Roberto Valenti, Ecologia ed Etica, Manuale CAI 1999. Ribadiamo evidenziando che tale concetto è valido anche per le ciaspe.
L’operazione “Regno” è servita anche alle Guide Alpine, in accordo con le istituzioni locali (CAI compreso), a promuovere i corsi per Accompagnatore di Media Montagna, ben sapendo che si tratta di una sovrapposizione con le Guide Naturalistiche, ciò approfittando del tema sicurezza, quando non esistono casi di incidenti in montagna in inverno che abbiano coinvolto queste figure professionali. Lo so che c’è una legge nazionale, non perdete tempo a ricordarmelo.
È servito ai rifugi il “Regno”? Certamente, e questo è il lato positivo che dovrebbe essere supportato anche da un riferimento culturale contro l’uso dei motori e per mantenere/aiutare queste strutture, che sono soprattutto presidi culturali e di aiuto in un ambiente naturale difficile e delicato. Scrive Vincenzo Torti: “Direi in ultima analisi che promuovere una legge, la quale vieti il volo in ambiente montano al di fuori degli scopi individuati di pubblica utilità (lavori in quota di vario genere e soccorso, rifornimento), sia ormai quasi una necessità anche per evitare, come dice Luca (Maspes), che ci aggiungiamo inaugurazioni di lapidi, croci, trasmissioni televisive con i dirigenti “in alto”, ecc.”.
Ma la mia proposta dov’è?
Si chiederanno i più attenti. Bene, i TAM (organi CAI per la Tutela Ambiente Montano) sono sicuramente, dal punto di vista tecnico ed etico, gli organismi più coerenti con le indicazioni del nostro sodalizio. Diamogli lo spazio che meritano, essendo più tecnici che politici. Al momento dell’iscrizione ci sia la possibilità di destinare una quota percentuale del costo della tessera direttamente a loro, visto che la parola libertà (7) ha senso proprio solo al momento della sua applicazione diretta; senza risorse economiche non esiste autonomia (8) d’azione.
Forse così il nuovo CAI potrà iniziare a crescere, libero. Anzi, intanto che ci sono, aumento la posta in gioco. Oltre a indicare una quota per gli organismi tecnici, si potrebbe destinare una quota consistente alla sezione territoriale di appartenenza (a proposito di libertà e autonomia) sulla quale gravano i compiti più specifici di rapporto con gli iscritti, quelli che restano visti i cali numerici. Penso in modo specifico al cambio delle percentuali: la percentuale di quota oggi destinata alla sezione vada al centro, mentre la corrispondente percentuale resti di libera scelta, con percentuali suddivise tra gli organismi. Oggi la proporzione nella mia sezione di appartenenza è di € 12,50 alla Sezione e di € 29,50 al Centro. Anzi, propongo un elenco di destinazioni a cui sottoscrivere una quota: il rifugio, manutenzione di un sentiero, TAM, Soccorso Alpino, Alpinismo Giovanile, Onc, oppure un generico “alla Sezione”.
Ma comunque sto con il CAI, per poter leggere in un futuro non lontano un articolo dal titolo I nostri fallimenti, dove qualcuno ammetta che l’idea è un’altra e che, permanendo le distanze tra una e l’altra etica, quella dichiarata e quella praticata, si trovi il coraggio di fondare, non rifondare, il nuovo CAI, il nuovo Collegio delle Guide Alpine ed un nuovo Soccorso Alpino (sono Sezioni Nazionali del CAI), perché non è vero che in queste società si decide all’unanimità, in modo bulgaro si diceva tempo fa. Anche lì c’è chi la pensa diversamente.
Solo una volontà comune può effettivamente migliorare l’organizzazione
È evidente che ciò di cui mi voglio occupare è, molto semplicemente, promuovere un dibattito, un confronto di idee che riesca a modificare lo stato attuale dell’organizzazione partendo “dal basso”, nella consapevolezza che solo una volontà comune può effettivamente migliorare l’organizzazione. In una parola: condivisione.
Cadore Motor Games 2014
Qualcuno sorriderà, altri stringeranno le spalle scuotendo la testa, qualcuno deciderà di scrivermi, per dimostrare il contrario di ciò che ho affermato. Bene, allora lo scopo è raggiunto. Qui sta la ragione per cui non scrivo a un gruppo dirigente, o al singolo blasonato, senza accettare la richiesta riportata da Lo Scarpone (si veda “Il Club Alpino Italiano è un luogo aperto anche alle critica”), perché solo la protesta organizzata può portare a modifiche sostanziali. Ai singoli da soli non viene dato peso (si veda sul Gogna Blog La non risposta del CAI).
Ma prima un’ultima considerazione. In molti ritengono che il CAI deve considerare le ragioni economiche, prima di opporsi e contestare le varie iniziative prese da istituzioni e privati. Ecco alcuni esempi con affermazioni di noti alpinisti e dirigenti che non nomino perché qui non conta chi lo dice: molti si riconosceranno, poiché rappresentano un modo di pensare. “Voi che siete contro, sapete quanto costa un elicottero e quanto lavoro deve fare per mantenersi?” oppure: “Lo sport è il veicolo per lo sviluppo turistico delle zone alpine che non hanno risorse produttive”, ed ancora “Quella funivia ci permetterà di collegarci con le migliori aree turistiche”, o anche “Quella ferrata è un’ottima iniziativa, vista la grande frequentazione” e “Il nuovo bivacco è una grande opportunità per quei luoghi che sono poco visitati”.
Bene, ma lo sviluppo economico prevede una pianificazione, una analisi dei costi e dei successivi guadagni, una analisi del mercato. In quante delle azioni svolte è stato fatto? Per le ferrate? Per gli impianti? Per le attività sportive? O ci si è accontentati di un finanziamento dalle istituzioni locali o nazionali o europee in cambio di visibilità.
Un CAI futuro deve almeno schierarsi contro e non favorire tali operazioni.
Se dovete pubblicizzare la montagna utilizzate un pendio verde o bianco e cime solitarie o una immagine di sciovie e elicotteri, motoslitte e quad? Pensate davvero che una via ferrata abbia a che fare con l’alpinismo?
Un CAI combattivo, più coerente, meno supermarket
Quello a cui penso è un CAI dove le Commissioni di Tutela dell’Ambiente Montano contino più degli organismi politici, dove il volontario che sistema sentieri o aiuta nelle riparazioni del rifugio o bivacco sia considerato meglio di un dirigente.
Un CAI meno attento ai rapporti istituzionali e politici. Un CAI combattivo, più coerente, meno supermarket che accontenta tutti. Un CAI, insomma, che responsabilizzi sulle tematiche dell’ambiente alpino con una organizzazione meno burocratica e soprattutto dove l’autonomia delle sezioni non venga confusa con anarchia di comportamenti.
Durante una comunicazione in aula sul tema delle trasformazioni della vita nelle Dolomiti alla Scuola Media di Domegge ho iniziato chiedendo agli scolari che cos’è il CAI, e la risposta di un singolo scolaro è stata: sono quelli che organizzano le gite.
Sto nel CAI perché ritengo che il futuro della montagna, delle Dolomiti, è nelle mani del nostro sodalizio. Qualcuno sorriderà di nuovo scuotendo la testa, lo ricordo quel sorriso, è la stessa reazione che anni fa avevano alcuni quando si parlava di ghiacciai che sparivano, di raccolta differenziata, di inverni senza neve, di estati senza pioggia, di energie alternative, eccetera.
Note
1) Un sodalizio è, citando la Treccani (mica balle), l’unione di persone che si riuniscono per cooperare a un fine comune, comunanza di vita tra amici e compagni, ovvero amicizia, intesa, legame, rapporto.
2) Idea = rappresentazione mentale di una entità reale o astratta, ovvero concetto, immagine; attività della mente rivolta a prefigurarsi una possibile realtà, ovvero eventualità, possibilità, prospettiva.
3) Concilium/Concilia, per il popolo romano era una assemblea o riunione di popoli stranieri, di confederazioni, della plebe, di tutto il popolo. Semplificando il concetto si tratta di un congresso, dal latino congressus, incontro.
4) Etica: “il ramo della filosofia che si occupa della sfera delle azioni buone e cattive e non di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle più adeguate”.
5) Compromesso = soluzione media adottata per superare un contrasto o una difficoltà.
6) Nella delibera del Comune di Auronzo si legge, tra l’altro, che sui versanti nord delle zone interessate dall’eliski non si trovano animali selvatici nel periodo invernale…
7) Libertà. 1- possibilità di comportarsi in conformità alla propria coscienza, ai propri valori, come realizzazione del proprio io, insomma in relazione a se stessi; 2- possibilità di un agire in rapporto ad altri, siano essi cittadini, autorità, poteri. Le due concezioni possono trovare un fondamento comune nel concetto di responsabilità.
8) Autonomia. In senso ampio, capacità e facoltà di reggersi da sé… Con riferimento a enti e organi dotati di indipendenza, il diritto di autodeterminarsi liberamente nel quadro di un organismo più vasto. L’autonomia normativa consiste nel diritto di emanare norme proprie; l’autonomia finanziaria è la facoltà di stabilire da sé le entrate e le spese; l’autonomia di gestione è la facoltà di dirigere da sé la propria attività.
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quando il CAI smetterà di fare business per tornare a fare semplice “servizio” allora torneranno tanti che oggi come il sottoscritto non lo possono più vedere…
Condivido pienamente l’analisi e lo scritto di Gianfranco Valagussa.
In ogni associazione ci sarà sempre colui che si adopera giorno e notte, e colui che invece fa solo numero.
Come tornare all’etica di un tempo del CAI?
Togliere il “soldo” alla persona, all’incarico, e destinarlo eventualmente solo alla Sezione.
Solo così si vedrà il vero volontariato, la vera passione e la vera partecipazione.
Diversi si sono iscritti al CAI per tradizione di famiglia. Ma poi in montagna non ci vanno. Iscritti dai genitori ci sono andati per poco. Magari da piccoli a qualche accantonamento sezionale. Ma in seguito nulla.
Altri si iscrivono per avere lo sconto CAI nel rifugio . Ma del CAI non gli frega nulla.
Altri si sono iscritti per fare un corso in una scuola del CAI . Ma in seguito in montagna o a scalare non ci vanno con il CAI o frequentano qualche sezione.
“Sto nel CAI perché ritengo che il futuro della montagna, delle Dolomiti, è nelle mani del nostro sodalizio. Qualcuno sorriderà di nuovo scuotendo la testa, lo ricordo quel sorriso, è la stessa reazione che anni fa avevano alcuni quando si parlava di ghiacciai che sparivano, di raccolta differenziata, di inverni senza neve, di estati senza pioggia, di energie alternative, eccetera.”
Se bisogna scegliere fra il peggio e il meno peggio meglio scegliere il meno peggio ma questo non significa scegliere il meglio (sulla raccolta differenziata sarebbe il caso di spendere due parole e sulle energie alternative pure).
Il problema è all’origine. Al CAI può iscriversi chiunque. E’ come diventare socio Coop, come iscriversi ad un sindacato. Se ci fosse una selezione all’origine si verrebbe molto probabilmente a creare un gruppo più piccolo ma coeso, accomunato da interessi comuni. Nella situazione attuale è inevitabile che la maggioranza non partecipi, perché si è iscritta intravvedendo una sorta di convenienza (una volta girava la voce che in questo modo non si pagava l’eventuale primo trasporto in elicottero in caso di infortunio), e che quindi solo in pochi se la cantino e se la suonino.
A questo punto per me non se ne uscirà mai. Forse sarebbe meglio che i veri interessati costituissero un’associazione parallela.