Perché montagna? (GPM 042)
di Gian Piero Motti
(pubblicato su rivista Fila, settembre 1975)
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Anche in Italia il numero di coloro che si avvicinano alla montagna è in crescita costante e notevole. Da cosa nasce questo “ritorno ai monti”?
Il discorso montagna solo fino a una decina di anni fa sembrava limitato allo sci. D’altronde il numero di appassionati dei campi di neve era ed è salito a un tetto quasi insuperabile, con relativi problemi di saturazione e sovraffollamento. È certo che anche a livello industriale il settore sci ha rappresentato un campo d’attività formidabile in tutti i sensi, con risvolti sia positivi che negativi. Ormai però si è giunti a un punto chiave, da cui ancora non si riesce ad intravedere una possibile via di uscita. È inutile volersi nascondere e negare che da un po’ di tempo nello sci qualcosa non funziona, comincia ad apparire tra gli appassionati una forma, ancora molto timida, di rifiuto che si manifesta nella ricerca di pratiche sportive in montagna, che riescano a offrire quello che oggi lo sci di pista non offre più.
I motivi di questa stanchezza possono essere individuati in diversi settori, alcuni più appariscenti, altri più sottili, da ricercare nel nostro stesso modulo di vita attuale.
Se ci poniamo la domanda, ebbene le prime risposte che ci sembrano più logiche sono rivolte al problema del superaffollamento, delle interminabili code in macchina (che in realtà riescono a dimezzare quella che poteva essere una giornata intera spesa sui campi di neve), e infine del costo degli impianti.
Pagina di apertura dell’articolo sulla rivista Fila, settembre 1975
Ma se vogliamo essere più precisi e profondi nella nostra analisi, dobbiamo cercare nel modo di vivere attuale i veri motivi di una noia che sta assumendo proporzioni sempre più vaste nei riguardi dello sci di pista. Una delle caratteristiche più fastidiose e maltollerabili della nostra società è la assoluta programmazione del modo di vivere, diviso in spazi e tempi determinati, con poche o scarse possibilità di evasione da questo modello. Ci pare anche poco onesto voler nascondere che l’attività lavorativa a numerosi livelli raramente assume un valore soddisfacente e creativo.
Il valore che lo sport assume nel nostro modello esistenziale non è certo di secondo piano, per i motivi che prima abbiamo esposto. Quindi un problema di evasione più che di svago, oseremmo dire timidamente di sublimazione.
Ecco che nella ricerca del gioco e dell’avventura la montagna può veramente occupare un posto di primissimo piano, non tanto nella pratica passiva e spersonalizzata dello sci in pista, ma soprattutto nell’escursionismo, nello scialpinismo, nell’alpinismo, e nel fondo.
Praticare queste attività significa riscoprire un mondo esterno e interno che pareva irrimediabilmente perduto. Non voglio tanto insistere sui soliti luoghi comuni del contatto con la natura, della libertà degli spazi… altri e meglio di me si sono espressi in questo senso. Escursionismo, scialpinismo e alpinismo hanno dei punti di contatto comuni, anzi si potrebbe dire che hanno una base comune per poi svilupparsi in maniera differente a seconda della esigenza psicologica e fisica del singolo. L’escursionismo permette di conoscere a fondo il mondo della media e dell’alta montagna senza correre rischi di sorta, nella assoluta libertà di agire, nel rispetto di un mondo naturale che richiede, da parte di chi lo avvicina, sensibilità e spirito di osservazione.
Gian Piero Motti. Foto: Jacopo Merizzi
Lo scialpinismo in questi ultimi anni ha avuto uno sviluppo eccezionale. Probabilmente lo sciatore, che ormai ha raggiunto una buona padronanza sui campi battuti, è stanco di ripetere fino alla noia gli stessi gesti e gli stessi movimenti su un terreno che conosce in ogni minima struttura. Certo lo scialpinismo ha il suo prezzo da pagare ed è rappresentato dalla salita che si compie per raggiungere una vetta o un colle da cui iniziare la discesa. Ma anche la salita, se affrontata con un’attrezzatura adeguata e se compiuta lentamente e con ritmo, non è affatto faticosa, anzi offre una magnifica occasione per poter finalmente essere partecipi del mondo della montagna e per poter cogliere degli aspetti che in pista sono inimmaginabili.
Certo la parte più entusiasmante e avventurosa spetta alla discesa, dove ciascuno può veramente sbizzarrirsi a seconda della sua capacità e dove anche lo sciatore più abile incontra il suo limite. Ogni qualità di neve richiede una tecnica appropriata, solo l’esperienza e un lungo tirocinio permettono di scendere sicuri e in ogni stagione su tutti i terreni. Ma dopo un breve periodo di presa di confidenza, anche lo sciatore di medio livello, su pendii non troppo ripidi, può vivere la splendida sensazione di solcare con leggerezza la neve polverosa, vivendo istanti di gioia del tutto sconosciuti nel caos delle piste.
Il fondo, se a livello agonistico è uno sport piuttosto duro, che richiede allenamento costante e sacrificio, ma trasportato in una atmosfera amatoriale è veramente divertente e per nulla faticoso. Lo dimostra il fatto che di anno in anno gli appassionati di questa disciplina vanno aumentando vistosamente: molti giungono dalla pista e desiderano vivere quest’esperienza diversa e più intima. Anche qui è necessario acquisire una tecnica base, comunque non troppo difficile da apprendere, poi ciascuno è libero di scegliere il livello di attività che più preferisce, dalla breve passeggiata di pochi chilometri fino alle magnifiche gare di tipo nordico, ormai molto frequenti anche nelle valli alpine italiane.
La parola alpinismo subito desterà un’impressione di paura nei lettori. E un vero peccato che tutta una stampa e una letteratura in mala fede abbiano contribuito a formare nella mentalità del profano un collegamento ideologico tra alpinismo e rischio della vita. L’alpinismo è una disciplina estremamente seria, in cui nulla può essere improvvisato o lasciato al caso. Richiede perfetta conoscenza della tecnica, controllo di se stessi, pazienza e allenamento. Eppure io non conosco nessun’altra attività sportiva che sappia donare le sensazioni che l’arrampicata sa offrire.
In questa splendida e armonica ginnastica, che si avvicina alla danza per la grazia e l’equilibrio con cui deve essere compiuta, il corpo e la psiche riescono a raggiungere un’unità sorprendente, aiutate dalla concentrazione assoluta che sovente riesce quasi a creare dei vuoti totali di pensiero.
Ci sono dei rischi. È evidente. Ma sono accuratamente calcolati e contenuti in uno spazio piuttosto ristretto. A mio giudizio il rischio più grave è quello che si corre quando ci si lascia assorbire dalla spirale della competizione, o quando peggio si sale solo in funzione della vetta da raggiungere o del risultato da conseguire. L’arrampicata, perché sia gioia di vivere e perché assuma un significato positivo, dovrebbe essere un gioco senza spazio e senza tempo, quindi un fattore estetico puramente fine a se stesso, a prescindere dal risultato che se ne può ottenere. È un totale ribaltamento della concezione romantica dell’alpinismo, basata sulla lotta per la conquista ideale della vetta, con relativo eroismo ed esaltazione della morte gloriosa di chi cade durante la salita. È un modello che ormai i giovani alpinisti rifiutano nettamente. Ma stiamo attenti a non cadere in una contraddizione altrettanto pericolosa. L’arrampicata è difficile, a certi livelli: non possiamo mistificare una verità e dire che tutti possono arrampicare su ogni difficoltà. L’alpinismo difficilmente potrà divenire sport di massa, in quanto non possiamo (ed è giusto che sia così) far diventare facile ciò che è difficile. Possiamo mettere tutti in condizione di poter arrampicare, poi ciascuno saprà esprimersi a seconda delle proprie capacità, ma saranno sempre pochi quelli che possono superare le difficoltà estreme.
Quali gli sviluppi futuri di queste attività? È difficile poterlo prevedere con sicurezza. Lo sci ha bisogno di rinnovamento, di un’apertura verso altre ramificazioni più interessanti, quali le discese fuori pista, lo scialpinismo e il fondo. Altre ramificazioni, come l’avio ski (qui l’autore si riferisce evidentemente all’eliski, NdR), cominciano ad apparire, ma per ora sono riservate a una ristretta élite. È anche probabile che nuovi terreni vengano adibiti a uso sportivo e sorgano nuove stazioni sciistiche, sperando che prevalga la discrezione e il buon gusto, nel rispetto della bellezza e del paesaggio, doti che gli speculatori di questo settore dimostrano il più delle volte di non possedere affatto. Un dato di estrema importanza che l’industria non può e non deve sottovalutare è che finalmente il consumatore sta acquistando una propria coscienza. Per ovvi motivi oggi l’industria deve mutare il suo spirito di produzione. È una crisi abbastanza profonda, da cui potrà uscire solo chi rapidamente saprà adeguarsi al nuovo modello ideologico, inserendosi finalmente in un mosaico dove maturità e intelligenza abbiano la prevalenza.
5Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Cominetti, fai un figurone, la battutona merita certo nome e cognome. Ringrazia mio figlio di anni 4 che con il suo “qu” ti ha servito l’assist.
Ullallá, stiamo assistendo a uno sdoppiamento di identità (ma non di personalitá).
ANONIMI TUTTI, ANDATEVI A NASCONDERE!
Vedere un versante d’inverno da lontano, brulicante di decine di omini che formicolano scendendo sulle piste e risalgono facendo la giostra e’ una delle visioni della montagna piu’ deprimenti che esistano. Che le piste siano a palla di biliardo, ripide o piane, con fighetti o no poco importa, luna park restano in ogni caso. Chi ha dei dubbi sul vero costo ( per l’ambiente ) di tutta la faccenda si faccia un giro d’estate tra le piste. Per restare nell’amato Dolomiti Superski andate al Col Rodella, o al Belvedere di Canazei. Vedrete che razza di prati sono rimasti. Ah gia’, ma che ve ne importa. Son tutte paranoie degli ambientalisti. L’importante e’ non fare code e pagare poco.
Negli emirati hanno costruito intere stazioni sciistiche all’interno di “stadi della neve” coperti totalmente artificiali. Secondo me, ve ne portassero alcuni anche qui in Europa non notereste la differenza.
Vedere un versante d’inverno da lontano, brulicante di decine di omini che formicolano scendendo sulle piste e risalgono facendo la giostra e’ una delle visioni della montagna piu’ deprimenti che esistano. Che le piste siano a palla di biliardo, ripide o piane, con fighetti o no poco importa, luna park restano in ogni caso. Chi ha dei dubbi sul vero costo ( per l’ambiente ) di tutta la faccenda si faccia un giro d’estate tra le piste. Per restare nell’amato Dolomiti Superski andate al Col Rodella, o al Belvedere di Canazei. Vedrete che razza di prati sono rimasti. Ah gia’, ma che ve ne importa. Son tutte paranoie degli ambientalisti. L’importante e’ non fare code e pagare poco.
Negli emirati hanno costruito intere stazioni sciistiche all’interno di “stadi della neve” coperti totalmente artificiali. Secondo me, ve ne portassero alcuni anche qui in Europa non notereste la differenza.
Non
sono Crovella. Non ho smartphone, ma uno ZTE 430 Blade (costa adesso
intorno 80 euro). Andiamo con ordine. Le piste sono diventate
autostrade innevate; questo non è sci: è un Luna Park. Più che sci
assomiglia agli scivoli di acqua che d’estate si fanno negli
acquafan.
Tutto
ciò per accontentare fighetti e russi.
La
nuova moda delle piste biliardo e impianti di risalita hi-tech con
centro commerciale incluso ha portato ad una lievitazione dei costi
mostruosa, tanto che, ad oggi, la maggior parte delle famiglie
italiane non può più permettersi la classica settimana bianca.
Il
principale responsabile di questa trasformazione dello sci è il
Dolomiti Supersky che per primo ha iniziato a lisciare le piste per
accontentare una folta schiera di presunti sciatori e a costruire
stazioni che sembrano centri commerciali.
Inoltre
il Dolomiti Supersky, grazie anche ai finanziamenti, ha messo fuori
causa gli altri comprensori sciistici, tanto che, senza sovvenzioni
statali e regionali a quest’ora, quest’ultimi, potrebbero chiudere.
E’
vero: prima c’era una forte sensibilità ambientale negli
imprenditori di montagna, di cui parla Cominetti, ma ormai è morta e
sepolta.
Bisogna
tornare ad uno sci più naturale; alle piste vanno fatti lavori
minimi, e solo per renderle praticabili e sicure. Non sono necessari
super impianti tecnologici, basta un normale impianto che ti porti in
cima. Poi non si capisce perché, quando si fa un nuovo impianto o si
ammoderna l’esistente, si debba, contemporaneamente, realizzare un
“centro commerciale in testa e in valle”. Occorre tornare
ad uno sci più romantico e, soprattutto, più accessibile come
prezzi alle famiglie italiane.
Chiedo scusa! Ho scritto Crovella, ma non so se il Carlo del primo commento sia lui. Crovella va sostituito con Carlo nel mio commento precedente.
La pensò esattamente come Crovella sui sentimenti che animano lo sci alpinismo ma una volta tanto devo dare ragione a Bonino (o chi diavolo é) perché le cose vanno esattamente come dice lui è né come prospettava Motti o sostiene lo stesso Crovella. A parte poche stazioni esclusive, lo sci di massa si identifica nel Dolomiti Superski. Porta molto lavoro e ricchezza e il numero degli skipass venduti é in aumento. Questo ha ucciso tutte le altre stazioni, specie in Piemonte, che forse sono quelle che in molti prendono come riferimento. Personalmente amo la montagna e lo scialpinismo ma non posso negare che milioni di altri invece amino scorrazzare sulle piste noiose. Ho abitato a Corvara 22 anni e casa mia si trovava su una pista da sci. Certe giornate mi ritrovavo per qualche momento con gli occhi sbarrati alla finestra a fissare ipnotizzato gli sciatori passare e sognavo di avere un fucile da cecchino e sparare alle rotule di quegli idioti scivolatori, ma pur restando un mio sogno, non l’ho mai fatto perché sarei finito in galera e preferisco starne fuori. É l’unico motivo per cui non lo feci e penso che mai lo farò.
Un mese fa se n’è andato all’età di 97 anni Erich Kostner di Corvara, l’inventore del Dolomiti Superski. Ho avuto il privilegio di conoscerlo abbastanza per poter dire che era una delle migliori persone che io abbia incontrato in vita mia. Era figlio di una grande guida alpina e lui stesso era un alpinista è un contemplatore. Era anche un impresario ma aveva una sensibilità che oggi non ha nessuno. Credo che negli ultimi anni della sua esistenza fosse fiero di avere sollevato drasticamente le sorti di molte valli dolomitiche dalla povertà, ma allo stesso tempo sono certo che pensasse che la situazione, ormai in mano a giovani manager rampanti col cappottino in cachemire tre quarti (quelli che stanno rovinando il mondo è a cui sparerei con il famoso fucile da cecchino che non ho), gli fosse sfuggita di mano. Quando lo incontravo per le vie del paese voleva che gli raccontassi delle mie scalate o gite con gli sci e a volte mi inviata a a farlo a casa sua per il solo piacere di ricordare fatti e luoghi che conosceva benissimo e con una cultura impressionante. Lo sci é anche questo.
L’articolo del 1975 mi sembra che le abbia cannate tutte le previsioni.nI comprensori sono cresciuti, la qualità anche, il Dolomiti Superski è invidiato in tutto il mondo. Sig. Carlo se ne faccia una ragione.
Io continuerò a sciare perchè mi piace, non sono un fighetto, non sono russo, ma preferisco spendere per sciare piuttosto che spendere per uno smart da 500 Euro , che lei sicuramente ha. Prima di dare titoli pensi a quanto lavoro dà lo sci. Lo scialpinismo non procura posti di lavoro, si può fare entrambi, ma lo sci non morirà mai, io sono un vero sciatore e non farò mai scialpinismo. Il rispetto per gli altri sig.Carlo non è nel suo dna.
Una volta tanto sono d’accordo. Lo sci sta andando al capolinea per tre motivi: i prezzi, ormai, sono divenuti esagerati; le piste sono diventate biliardi, troppo facili, dunque noiose, e troppo vveloci,dunque, molto pericolose; le stazioni sciistiche sono diventate luna park, troppe attrazioni extrasciistiche, con troppa gente e troppi russi. Lo scialpinismo, invece, è uno sport bellissimo. Economico e salutare. A breve, penso, che quasi tutti i veri sciatori si sposteranno sullo scialpinismo. Sulle piste rimarranno solo i fighetti cittadini e russi. L’alpinismo, al contrario, non potrà mai essere uno sport alternativo. Richiede doti atletiche particolari che non tutti hanno.