Perché vietarci di andare in montagna?

Perché vietarci di andare in montagna?
a cura di Pasquale Iannetti e Redazione

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Sabato 24 marzo, presso la bellissima sala convegni dell’Hotel Fiordigigli alla Villetta di Assergi (AQ), organizzata dall’Associazione Teknoalp Mountain Club e con il patrocinio delle Guide Alpine Italiane e dell’Amministrazione Separata Beni Usi Civici (ASBUC) di Assergi (AQ), si è tenuta una Tavola Rotonda il cui tema era: Perché vietarci di andare in montagna. Le ordinanze contingibili e urgenti per la tutela e l’incolumità pubblica ed i relativi divieti.
Grande è stata l’affluenza di un pubblico qualificato e seriamente motivato di amanti e frequentatori delle montagne del nostro territorio.

Nello sviluppo delle relazioni e nella relativa discussione, si è sottolineato che la montagna è uno spazio di libertà e non di coercizione e, come tale, comporta un elevato senso di responsabilità da parte di chi la frequenta, che normalmente possiede capacità, conoscenza e competenza. 

Questo è il principio fondamentale: non si può regolamentare la frequentazione delle montagne, perché questo comporterebbe una limitazione della libertà dell’uomo che è uno dei capisaldi di tutte le attività che si praticano al suo interno e non solo. L’irresponsabilità di alcuni non può essere pagata da tutti gli altri. La sicurezza in montagna non aumenta con le sanzioni e i divieti, anzi si costruisce solo attraverso il lavoro di formazione, prevenzione ed informazione svolto dalle scuole del CAI e da quelle delle Guide Alpine.

L’inverno passato 2017-18, sull’onda della tragedia dell’Hotel Rigopiano, tutti i Sindaci delle aree montane (Castel del Monte, L’Aquila, Farindola, Penne, Campotosto, Barrea, Roccaraso, Scanno, Ovindoli, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Fano Adriano e Pietracamela) hanno emesso delle ordinanze di divieto delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, di fondo, di sci escursionistico e di ciàspole. 
Si sarebbero dovuti opporre con fermezza, a questi allucinanti provvedimenti, la Regione Abruzzo, l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il Club Alpino Italiano. Purtroppo, di questi, solo il CAI Centrale ha emesso un comunicato stampa con preghiera di diffusione.

Pasquale Iannetti, Guida Alpina e presidente di Teknoalp, è stato l’organizzatore e l’anima del convegno: egli era già ben noto al pubblico in quanto già nel 1999 aveva formalmente sconsigliato al Comune di Farindola la costruzione proprio in quel punto dell’albergo di Rigopiano. Iannetti ha introdotto il dibattito, illustrando come tali ordinanze danneggiano pesantemente la professione di guida alpina e gli operatori del settore turistico montano e che dunque, dopo avere fatto inutili ricorsi alla Prefettura di Teramo, ha da poco effettuato una denuncia alla procura verso il Sindaco di Fano Adriano, autore di una ordinanza a tempo indeterminato.
Il moderatore Stefano Ardito, il quale da anni si batte con articoli e interventi sulla tormentata problematica, ha sottolineato come i divieti dei sindaci stanno dilagando sia in inverno che in estate e che spesso restano poi in vigore per sempre. Limitando molte zone allo sci alpinismo e alpinismo invernale e arrampicata sportiva in una situazione atipica solo abruzzese. Ha introdotto poi il tema della “libertà responsabile” nell’andare in montagna, sviluppato poi nel corso del dibattito.

Tavola Rotonda, 24 marzo 2018: da sinistra, Pasquale Iannetti, Stefano Ardito, Roberto Colagrande e Vincenzo Cerulli Irelli. Foto: Luigi Tassi
  

E’ intervenuto poi il primo dei due relatori ufficiali, il prof. Vincenzo Cerulli Irelli, anch’egli appassionato scialpinista. Cerulli Irelli ha fatto una panoramica sulla legge nazionale 363 e sulla legge regionale 24 per quanto concerne le norme per lo sci fuoripista e scialpinismo. Ha affermato che i Parchi che attuano una politica restrittiva sulle attività umane, tanto da provocare uno spopolamento diffuso delle popolazioni residenti, deve rivedere la propria azione di protezione. I Parchi devono rivedere la gestione dell’intero ecosistema, ponendo l’uomo al centro del sistema. Ha poi introdotto il tema giuridico delle ordinanze sottolineando che ogni individuo, nello sport come nella vita è libero di fare ciò che vuole, purché non disturbi la sicurezza degli altri. Quindi forse lecite le ordinanze dei sindaci nei comprensori sciistici, sicuramente no invece al di fuori, nella specifica per lo sci alpinismo.

Il secondo relatore ufficiale, l’avv. Roberto Colagrande, ha ripercorso e illustrato il ricorso al TAR effettuato per conto della Associazione Abruzzo Freeride Freedom avverso due ordinanze dei sindaci di Roccaraso e l’Aquila. Ha spiegato che lo scopo principale non era tanto l’annullamento delle ordinanze in sé, dopo quattro anni chiaramente scadute, quanto un orientamento del TAR sulla questione. Che purtroppo – la sentenza è uscita proprio nei giorni scorsi – non c’è stato, rendendo vana l’azione del ricorso sotto questo profilo. Un piccolo risultato viceversa c’è stato laddove il TAR annullando l’ordinanza dell’Aquila, ha sancito che tali ordinanze “contingibili e urgenti” devono avere una durata limitata.

Villetta di Assergi, Hotel Fiordigigli, 24 marzo 2018. Foto: Luigi Tassi

Molto significativo e apprezzato anche l’intervento del Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Tommaso Navarra e altrettanto costruttivo quello del vice Presidente della Regione Abruzzo Giovanni Lolli, grande appassionato di montagna, il quale ha subito fatto capire il suo interesse a risolvere la questione delle ordinanze, dichiarando con tono scherzoso ma preoccupato che anche lui si è trovato più volte ad infrangere delle ordinanze come scialpinista praticando di fatto delle zone “proibite”. Ha sottolineato come i Sindaci siano spesso gravati da grandi responsabilità in tutti i campi della pubblica amministrazione e come spesso siano poi bersaglio facile quando succede qualcosa. Si è poi attivamente offerto di volere fare qualcosa per risolvere la questione, sulla base delle risultanze del convegno.
Si è impegnato personalmente a convocare, a breve, tutti i sindaci montani per concertare, in collaborazione con i soggetti competenti in materia, una strategia che metta in accordo la sicurezza del proprio territorio con ordinanze che non ledano gli interessi di chi lavora in montagna e di coloro i quali praticano gli sport montani (scialpinismo, freeride, ciàspole, escursionismo, alpinismo).

Si sono susseguiti poi gli interventi di Fabrizio Antonioli (istruttore nazionale di alpinismo, che ha ricordato il caso della falesia di Gaeta, dove gli incontri tra il CAI e il Comune hanno permesso di limitare i divieti); di Germana Maiolatesi, alpinista e sciatrice dell’estremo, che ha spinto a ricorrere, quando necessario, alla disobbedienza civile (pratica peraltro già spesso riscontrabile nell’attuale attività di alcune Sezioni del CAI e dei professionisti, NdR); di Ilona Mesits, di Pierluigi Parisse. E’ stata poi la volta del dott. Giulio Verdecchia dell’Associazione Abruzzo Freeride Freedom.
Verdecchia, prima di illustrare i cinque punti del suo intervento ha anticipato la conclusione. Premesso che probabilmente la nostra associazione proseguirà la battaglia legale facendo ricorso al Consiglio di Stato, ha invitato Giovanni Lolli a proseguire quanto efficacemente intrapreso dal consigliere Regionale Pierpaolo Pietrucci due anni fa: fare cioè una nuova riunione con tutti i sindaci interessati per risolvere la questione. Prendendo assolutamente spunto da quanto si fa sulle Alpi. Poi Verdecchia ha spiegato che il freeride è uno sport “nuovo” che anni fa non esisteva. Le stazioni da sci devono dunque attrezzarsi per “gestire” il freeride. Secondo Verdecchia, su questo punto in Abruzzo si è dieci anni indietro. E che, avendo i media criminalizzato non solo il freeride ma tutti gli appassionati di sport invernali, la strada parte già in salita.
Verdecchia, ha poi illustrato i riferimenti normativi in base ai quali i sindaci fanno le ordinanze. E la “ratio” delle suddette: incolumità pubblica, incolumità privata, e… incolumità “dei sindaci”. Facendo presente che il processo di emissione delle ordinanze è pesantemente influenzato dalla legge sulla protezione civile e dunque dalle comunicazioni che la Meteomont invia ai sindaci, invitandoli spesso a “vietare” lo sci fuoripista o attività in montagna.
Altri interventi sono susseguiti. Tra questi in particolare Paolo Baldi ha rappresentato l’annosa questione della chiusura della strada di Fonte Vetica, di accesso a numerose gite sci alpinistiche sul Gran Sasso. Testimoniando, da gestore del Rifugio della Rocca di Calascio, come numerose comitive di scialpinisti stranieri con tanto di guida alpina siano stati in varie occasioni intercettati dalle forze dell’ordine con ordinanze in vigore. Con il risultato che non vengono più in vacanza in Abruzzo.

Di contro a tante autorevoli presenze, si è dovuta purtroppo constatare l’assenza dei Prefetti di L’Aquila, Teramo e Pescara. Inoltre, non era presente nessun Sindaco e cosa ancor più grave mancavano il Collegio delle Guide Alpine d’Abruzzo e le Guide Alpine stesse (erano presenti solo Giampiero Di Federico e il sottoscritto). C’erano tre soli Accompagnatori di Media Montagna e non ha aderito alcuna sezione abruzzese del Club Alpino Italiano, ad eccezion fatta di Vincenzo Brancadoro e di alcuni membri del nuovo consiglio direttivo del CAI di L’Aquila, venuti a portate il loro sostegno e i loro saluti poche ore prima della loro elezione.

Giovanni Lolli. Foto: Luigi Tassi

Conclusioni
E’ stato chiarito che, anche alla luce della recentissima sentenza del TAR Abruzzo n. 00107 del 22.03.2018, che le Ordinanze devono essere emesse a tempo determinato.

E’ stato messo in particolare evidenza che un’ordinanza è un atto temporaneo di urgenza cui deve poi far seguito la messa in opera di tutto ciò che serve a ripristinare la sicurezza. Non può e non deve essere solo un modo facile e sbrigativo con cui un Sindaco possa risolvere i problemi, credendo di mettersi a posto la coscienza. Quello, poi, che più danneggia la comunità è il fatto che troppo spesso, anche se il motivo dell’ordinanza cessa, nessun Sindaco si preoccupi di revocarla, lasciando che per anni il provvedimento resti in vigore. E’ il caso di quella emessa dal Sindaco del Comune di Fano Adriano in provincia di Teramo che dal 30 gennaio 2017 è ancora in vigore. Vedi tra i documenti al fondo dell’articolo.

E’ stato anche accertato che non esiste alcuna norma di legge che autorizzi i gestori degli impianti di risalita ad apporre i cartelli di “Divieto di sci fuori pista e di free ride” affissi nelle aree del bacino sciistico. Infatti la legge 24/2005 al comma 4 prevede non il divieto di fare lo sci fuori pista e di free ride, ma l’obbligo di sconsigliare l’attività fuoripista nel caso le condizioni siano oggettivamente di pericolo.

L.R. n. 24 dell’8 marzo 2005 – Art. 99 Sci fuoripista e scialpinismo

  1. Il concessionario e il gestore dell’area sciabile attrezzata, o di parte di essa, non sono responsabili di incidenti che possano verificarsi nei percorsi fuoripista anche se accessibili dagli impianti di propria competenza, purché sugli stessi sia apposta idonea segnaletica di divieto di accesso o di pericolo di frane o valanghe.
  2. E’ sempre vietato lo sci fuoripista lungo pendii interessati attivamente o passivamente da rischio di eventi valanghivi potenzialmente connessi con l’area sciabile attrezzata.
  3. In ogni caso, i praticanti dello scialpinismo devono munirsi, laddove le condizioni climatiche e della neve favoriscano evidenti rischi di eventi valanghivi, di appositi sistemi tecnici ed elettronici per il rilevamento e il soccorso.
  4. Quanto disposto nel presente articolo deve essere indicato sulla documentazione d’informazione all’utente, e indicato su cartelli esposti presso le stazioni di partenza e arrivo degli impianti di risalita.

(Nota: Il comma 4, parlando d‘informazione, sembra non essere del tutto concorde con il comma 1, laddove si parla di divieto di accesso, NdR).

Al riguardo della prevenzione dei rischi da valanga, ecco la corretta procedura:
Art. 17 Commissione comunale per la prevenzione dei rischi da valanga.

  1. Nei Comuni con territori interessati da rischio da valanghe, le ordinanze di cui agli artt. 15 e 16 sono emesse dal Sindaco, dopo aver sentito, salvi i casi di urgenza, il parere di apposita Commissione di Comuni singoli o associati per la prevenzione dei rischi da valanghe.
  2. Della suddetta Commissione, da costituirsi con delibera della Giunta comunale, fanno parte:
  3. a) il funzionario preposto all’Ufficio tecnico comunale, che svolge anche le funzioni di segretario;
  4. b) il responsabile della stazione forestale competente per territorio;
  5. c) la guardia boschiva comunale, qualora sussista il posto nell’organico del Comune;
  6. d) un esperto in materia di valanghe, designato dal Sindaco;
  7. e) un esperto in materia di valanghe, designato dal Corpo nazionale soccorso alpino del C.A.I.;
  8. f) un esperto in materia di valanghe, designato dal Collegio regionale delle guide alpine.

Ai sensi dell’art.16 della citata legge, le ordinanze non possono essere emesse in modo generico, ma devono essere precise e circostanziate, indicando con esattezza la zona interessata dal fenomeno.
Art. 16 (L.R.18.02.1992 n. 47) Limitazioni della circolazione nelle zone sottoposte a rischio valanghivo.

  1. Nelle vie e nelle aree di pubblica circolazione, sugli impianti e nelle piste sciabili aperte al pubblico, il Sindaco, in situazione di imminente pericolo, provvede a limitare, condizionare o interdire la circolazione per il tempo ritenuto necessario e ad ordinare opportune misure per garantirne la sicurezza.
  2. I divieti e le limitazioni alla circolazione sono resi noti con apposita segnaletica, garantendone, se del caso, la visibilità notturna. Tali indicazioni sono sistemate a cura degli enti proprietari delle strade ovvero dei proprietari e/o gestori degli impianti di risalita e delle piste di discesa e di fondo, cui l’ordinanza del Sindaco dovrà essere tempestivamente comunicata.
  3. I gestori e gli enti suddetti, ovvero il responsabile in loco dagli stessi designato, sono altresì obbligati ad adottare tutte le misure necessarie a garantire l’incolumità delle persone in transito o altri provvedimenti di competenza, quando l’imminente pericolo sia loro noto o presumibile, a prescindere o in pendenza dell’emissione dell’ordinanza di cui al comma primo; essi forniscono al Sindaco immediata notizia della situazione di fatto e dei provvedimenti assunti.

Come si evince dalla lettura dell’art. 16, il legislatore ha indicato correttamente cosa deve fare un Sindaco quando sul suo territorio c’è un esagerato carico di neve e un eventuale pericolo di caduta valanghe.



Nel caso di specifici pericoli che riguardano la pubblica incolumità e che esigono l’applicazione d’interventi immediati il Sindaco può emanare provvedimenti che ordinino il divieto di percorrenza sulle strade e sulle aree di competenza del Comune; tutto questo fino a quando non siano stati adottati gli strumenti e i meccanismi idonei ad eliminare la predetta situazione e ripristinare così, lo status quo ante.
E’ stato sottolineato che bisogna mettere la parola fine a questo meccanismo contorto e perverso per il quale le ordinanze non vengono revocate, perché le conseguenze di queste azioni le pagano in primis chi abita e chi lavora in montagna e poi chi la frequenza per diletto.

Non è compito del Sindaco preoccuparsi se un alpinista si reca sulle montagne del suo comune o se questi sfortunatamente viene investito da una valanga o da una slavina. In montagna non si possono portare i limiti e le disposizioni legislative che vigono nelle città.

Nell’arco alpino questo concetto è stato oramai assimilato da tutti i Sindaci con questo il principio:
Un cittadino ha facoltà di frequentare liberamente la montagna senza sottostare a norme che regolano i comportamenti o che stabiliscono patenti d’idoneità. Ci possono essere delle aree che momentaneamente vengono interdette per tutelare l’incolumità degli abitanti ma, l’arrampicata, lo scialpinismo e l’escursionismo sono attività che presentano dei rischi e chi li pratica se ne assume la piena responsabilità; sono soprattutto le competenze e il livello di preparazione fisica e psichica che possiede l’individuo a stabilire il grado di percezione del rischio.
La montagna è, e deve continuare a essere un luogo di libera frequentazione perché è uno spazio di libertà e non di coercizione”.
 

Pasquale Iannetti. Foto: Luigi Tassi

7 spunti di riflessione per la difesa della libertà dei cittadini italiani e del diritto al lavoro dei professionisti della montagna
di Paolo Caruso

1. Consapevolezza che il problema dei divieti negli Appennini è diventato in questi ultimi anni insostenibile e sempre più generalizzato: è importante evitare l’errore di ritenere questo problema come un fenomeno locale piuttosto che considerarlo, come di fatto è da oltre 10 anni, un grave problema comune e generale. Tutto ciò ora si verifica negli Appennini ma, continuando così, a breve i divieti compariranno anche sulle Alpi in modo sempre più prepotente…
2. Consapevolezza che il territorio naturale è ed è sempre stato soggetto alle leggi della natura: non può e non deve essere confuso con le opere manufatte e costruite dall’uomo (es. ponti, strade, case, vie ferrate ecc..) per le quali l’uomo stesso è l’unico responsabile della costruzione. Chi fruisce della natura lo fa a suo rischio e pericolo: non si può chiudere una montagna perché cadono i sassi! Bisogna far sapere a coloro che gestiscono le pubbliche amministrazioni, ma anche ai cittadini che votano coloro che governano l’Italia, che l’erosione delle montagne è un fenomeno naturale. E’ quindi normale che cadano sassi, così come è normale il fenomeno delle valanghe ecc.: così è sempre stato e sempre sarà. Altrimenti a breve si chiuderanno anche i boschi perché cadono i rami, le pinete perché può cadere una pigna in testa a qualcuno e i mari a causa delle onde… Quello che può e anzi deve esserci è una giusta INFORMAZIONE. Esempio: quando alcuni anni fa si è verificato un importante crollo sul Cervino, la regione Val D’Aosta si è limitata a “sconsigliare” la salita allo stesso monte per questioni di sicurezza, senza intervenire con alcun tipo di divieto.
3. In alcuni casi, ove realmente necessario, le autorità potrebbero intervenire con alcune limitazioni ma in ogni caso queste stesse limitazioni NON POSSONO e NON DEVONO essere estese ai professionisti della montagna che per legge sono la categoria preposta alle attività escursionistiche, alpinistiche e sci alpinistiche nel territorio montano e, piuttosto, dovrebbero essere coinvolte per consentire la fruibilità del territorio stesso in una maggiore sicurezza da parte dei cittadini.
4. Si considera importante valutare la possibilità di presentare denuncia/querela per procurato allarme contro soggetti che, segnalando pericoli ingiustificati o esagerati in un territorio naturale, diffondono il panico tra le pubbliche amministrazioni e l’opinione pubblica. Esempio: il caso dell’ordinanza vigente sulla Sella dei Grilli nel gruppo del Gran Sasso. Se dopo 12 anni la “incipiente instabilità” e “il potenziale pericolo” di crollo segnalati dall’Istituto Nazionale della Montagna (IMONT) il 21/9/2006 non hanno dato luogo ad alcun evento, esiste la possibilità che si tratti di procurato e ingiustificato allarme per il quale lo stesso soggetto dovrebbe essere chiamato a rispondere, secondo le leggi italiane ed europee.
5. Si ritiene importante valutare la possibilità di ricorrere contro coloro che ostacolano la frequentazione delle montagne con motivi discutibili, non condivisi e non oggettivamente dimostrabili, ivi incluso il caso di Comuni, Province, Regioni, Enti Parco ecc. che introducono e mantengono in modo persistente divieti, ordinanze, regolamenti di carattere provvisorio e perfino allarmanti, antidemocratici e discriminatori, come il DD. 384/2014 del Parco Naz. Monti Sibillini o come l’ordinanza 35 del 22/8/2006, emessa dal Comune di Isola del Gran Sasso, che vieta l’accesso a tutto il Paretone del Corno Grande e che risulterebbe tutt’ora in essere.
6. Si ritiene altresì necessario valutare la possibilità di ricorrere contro coloro che favoriscono e di fatto hanno sostenuto i suddetti divieti: come l’attuale dirigenza del Collegio Nazionale delle Guide Alpine che in alcuni casi sembrerebbe non tutelare adeguatamente le professioni della montagna. Vedi a questo proposito quanto avvenuto a seguito del già citato DD. 384/2014 del Parco Naz. dei M. Sibillini nel caso della lettera del 5/11/2015 inviata dal Presidente del Collegio
Nazionale delle Guide Alpine alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e quanto sta avvenendo attualmente nella irragionevole politica che sembrerebbe voler eliminare la rappresentanza italiana dell’Associazione Italiana Mountain Leader (AIML) che è dal 2009 il referente in Italia della UIMLA; o come la dirigenza del Collegio Regionale delle guide alpine delle Marche che ha collaborato attivamente alla stesura dello stesso DD. 384/2014; oppure ancora, come il presidente di detto Collegio Marco Vallesi che ha firmato – ma a che titolo? con quale mandato? perché le GA italiane non sono state informate prima? conoscendo il ben noto modus operandi che in accordo con il Parco dei M. Sibillini ha causato innumerevoli problemi ai professionisti della montagna in questa zona, come si può continuare a dare credito a coloro che operano con scelte irresponsabili e non condivise? – l’ACCORDO QUADRO TRA IL COLLEGIO NAZIONALE DELLE GUIDE ALPINE ITALIANE E IL CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO, generando confusione e gravi criticità in seno alle organizzazioni che per legge sono preposte al soccorso in montagna. Il Collegio Nazionale delle Guide Alpine ha innanzitutto il dovere di impegnarsi nella difesa dell’attività principale e storica della guida alpina, coinvolgendo e valorizzando le eccellenze della categoria, e non certo sacrificare la stessa professione tradizionale di montagna in favore di attività burocratiche e di scambio che possono rientrare solo marginalmente nelle competenze professionali delle guide alpine. Per maggiori chiarimenti su alcuni dei punti suddetti, vedi il link: https://www.facebook.com/Arrampicata.Sci/videos/164072940907635/
7. Si ritiene infine indispensabile avviare una raccolta fondi per poter far fronte nel modo più efficace alle spese legali necessarie per far valere i diritti essenziali degli alpinisti e dei professionisti della montagna, a cominciare dalla libertà di poter fruire degli ambienti montani e di poter continuare a lavorare al loro interno.

Link essenziali:
Articoli pubblicati
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Relazioni
GERMANA MAIOLATESI
ILONA MESITS 
LUCA MAZZOLENI

LUIGI CIANCIUSI

ROBERTO MARINELLI

STEFANO ARDITO

GIULIO VERDECCHIA

Leggi
LEGGE REG.LE N. 47 1992 Prevenzione rischio valanghe
ORDINANZE, OBBLIGHI DEI SINDACI

Alcune Ordinanze
Comune di Roccaraso 19.01.2017
Comune di Ovindoli 8.02.2017

Comune di Ovindoli 19.01.2017

Comune di Rocca di Mezzo

Comune di L’Aquila

Comune di Fano Adriano

Ricorsi
DIFFIDA COMUNE FANO ADRIANO
DIFFIDA COMUNE L’AQUILA

RICORSO AL PREFETTO DELL’AQUILA PER L’ORDINANZA DEL COMUNE DI OVINDOLI

RICORSO PREFETTO DELL’AQUILA PER L’ORDINANZA SINDACO L’AQUILA

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Perché vietarci di andare in montagna? ultima modifica: 2018-03-28T05:46:36+02:00 da GognaBlog

54 pensieri su “Perché vietarci di andare in montagna?”

  1. Nel 2014 avevo detto che non sarei andato ad una gita cai per problemi di salute, il capogita se la prese pensando che mentivo, io giurai la verità ma lui mi invite a non venire più, inoltre venni ostracizzato su Facebook, dopo mie proteste riuscí ad aggiustare, me se succedesse anvora ci si puo difendere?

  2. Stefano grazie per le indicazioni e per il tuo parere che leggo sempre con attenzione.

    Tuttavia permettimi di puntualizzare due cose:

    Certamente le Guide hanno tutti i requisiti per attrezzare siti d’arrampicata in collaborazione con altri professionisti (ove occorra); questo mai è stato in discussione.

    Non sono gli unici nel senso che anche un Istruttore d’arrampicata libera CAI credo ne abbia tutti i requisiti. Oltre agli esami e agli aggiornamenti passano in falesia molte giornate e sicuramente non meno di una Guida che ha molte altre cose da fare.

    Pertanto se un Comune affidasse ad un istruttore CAI la manutenzione di una falesia, non ci troverei nulla di male ne azzardato.

    Quanto alle linee guida, permettimi, non sono ne le uniche, ne le prime. Se avrai la pazienza di leggere i manuali del CAI per gli istruttori (soprattutto nella parte specifica per arrampicata libera) troverai molte indicazioni ( molte peraltro incluse nelle linee guida) e tante informazioni che certamente già conosci; non sono sicuramente inferiori alle “linee giuda”.

    Se verrà riportato un argomento relativo a corsi a studenti sarà interessante discuterne perché c’è grande richiesta.

     

  3. ARianna, il tuo tono incazzato non ti rende giustizia, se mai te ne servisse.

    Mi sembra che ti muovi tra chiacchiere dei tuoi dintorni e poco piú. SEmbra davvero che voi Gae siate degli approssimativi, se i commenti sono questi che fai.

    Datti una calmata, nessuno ce l’ha con te e se sei così convinta della tua professionalità, stattene tranquilla. Le qualità vere e oneste nel tempo vengono sempre riconosciute. Dormi bene la notte.

    I Collegi delle guide alpine non sono tutti uguali, come le guide stesse. NEl centro sud ho sempre notato invidie e piccolezze che sinceramente non mi sembra esistano al nord. NOn sono razzista, ma forse le tradizioni (nel bene e nel male) a qualcosa servono. SOno anche storia, se ci pensiamo bene.

    Le guide alpine mediamente sono dei professionisti seri e operano da sempre nel rispetto della legge, che con loro é anche severa. É ovvio che pretendano uguale comportamento per chi opera in settori simili.

    QUando parli delle guide alpine sembra che siano dei vecchi trogloditi… Ce ne saranno pure, come in ogni ambito, ma normalmente non é così. PEr fortuna.

    Io non mi considero assolutamente congruo alle tue descrizioni, quindi per favore , quando ti devi lamentare cita i nomi delle persone e metti anche il tuo completo. Non mi va di inteloquire con chi mi fa indovinelli e chiacchiere da bar sport. Non piace a nessuno. Pensaci.

  4. Dino:
    Corsi per bambini con le caratteristiche che elenchi ce ne sono a decine in giro, tra i tanti ti segnalo quelli proposti da Xadventure Team composto solo da Guide Alpine (segnalo questo perché conosco bene le caratteristiche dell’evento senza nulla togliere agli altri), che anche al momento sta operando anche in quest’ambito, con notevoli risultati.
    L’attrezzatura falesie rientra perfettamente nelle funzioni delle Guide Alpine e trovi sul nostro sito alla voce Linee guida, quella che attualmente risulta l’unica indicazione esistente per la regola d’arte, la quale è stata già più volte utilizzata ed è stata inserita anche nel Regolamento della Regione Lombardia. La Regione Lombardia ha anche promosso una sessione di rivalutazione di alcuni siti per arrampicata sportiva con la collaborazione del Collegio delle Guide Alpine regionale, pubblicizzato non poco.
    Oltre a ciò capita che alcune località richiedano la valorizzazione o la rivalorizzazione di siti per l’arrampicata sportiva. Personalmente ho ristrutturato e ampliato una falesia lo scorso anno, su Bando di un Comune, con risultati che hanno superato le aspettative in quanto a frequentazione post maquillage (diversi articoli in proposito), con un rientro economico pari all’impegno del lavoro eseguito ed un ritorno turistico a beneficio di tutti gli operatori della zona. Se poi parliamo di dilettantismo ovvero di attrezzatura più o meno libera, allora ti do ragione ma nessuno ti obbliga a farlo. Nella zona, a mie spese, ho dato vita ad un’area alpinistica molto frequentata ed un altro sito sportivo lo sto attrezzando, in quel caso del rientro economico non se ne parla, è passione nient’altro come quella di molti altri attrezzatori dilettanti.
    Con il CAI già molte Guide Alpine operano, anche se non è una situazione ufficializzata e ne hanno sicuramente un rientro economico. Non tutte le sezioni lo fanno ma ciò non vuol dire che in futuro questo non possa diventare un modus operandi comune, si deve collaborare in sintonia al fine di trovare delle soluzioni che lo facciano diventare una realtà ed in questo senso posso anticipare che ci si sta già muovendo.

  5. Io non c’entro con le attività più o meno definite professionali in montagna, son marginale, ma vorrei dare una visione più generale. Il sistema professionale e non professionale italiano è quasi tutto gestito da gente “vecchia” e spesso incapace e incompetente, ma molto vanitosa, che non praticando nulla ha molto tempo da dedicare politicamente e che cerca di difendere le sue piccole rendite di posizione usando tutte le maniere possibili. Secondo me bisogna lasciarli fare anzi spingerli un po’. Tutti, ma proprio tutti e dappertutto, si stanno facendo del male con le loro mani e mi sembra che la gente se ne stia accorgendo sempre più velocemente. E’ inutile combatterli. Non capiscono che si può comunicare ai giovani solo un po’ di storia e di saggezza, si può solo cercare di aprire loro gli occhi e non chiuderglieli. In più, parlando dell’andare per monti, col tempo invecchia  il fisico e viene a mancare anche la testa e queste due cose sono molto importanti in montagna. Da un po’ di tempo loro tamponano il tutto usando il termine “sicurezza”, sfruttando furbescamente il volontariato, blindando le congregazioni/corporazioni, costruendo gruppi chiusi, inventando attività parassitarie sempre più di breve periodo, ma così si isolano e si stanno facendo sempre più male e il mondo a loro accessibile diventa sempre più piccolo e allora scelgono adepti sempre più limitati e propongono inventandole inutili regole strampalate e urlano sempre più forte proclami sempre più sfolgoranti … e … e… Bisogna avere pazienza e resistenza, senza inquietarsi, penso che la nostra società abbia deciso di trasformarsi velocemente e molti giovani ricomincino a farsi domande, almeno quelli che vogliono andare in montagna. Spero sempre di incontrare sempre più gente capace e competente.

    Aggiungo sperando che lo provano in tanti: per le attività rischiose bisogna ricordarsi il “baratto”, che non è regolamentato e non è ricattatorio, non focalizzarsi solo sul “nero” e proporre dovunque solo le proprie capacità e competenze, non le certificazioni, queste ormai sono “gabbie” per burocrati timorosi.

  6. Non entro nella discussione,(non è di mio interesse il luogo) ma mi sembra che Lorenzo Merlo abbia una vera e propria fissazione per me. Per chi dice che si un troll, c’è il mio nome e cognome su tutti i blog. Comunque diffido chiunque da usare storpiandolo il mio cognome, altrimenti potrei fare un articolo sui Merli vari…..e ce ne sarebbero di cose da diree non solo lui

  7. Gentile Arianna, ci conosciamo?
    Personalmente non mi risulta ma evidentemente la memoria mi inganna se sei così convinta di sapere chi sono ed addirittura di conoscere le mie fissazioni…

    Tanto per chiarire, ché le urla da piazza portano solo caos:
    la Commissione Abusivismo del CONAGAI è un organismo istituito nei dettami della legge, forma e regolamento sono depositati presso l’Ente di competenza, così come le nomine degli addetti.
    Per premetterti di non dire cose inesatte… ne gioverà di sicuro la tua figura.
    Sulle riserve di legge definite: zonazione, zonizzazione, perimetrazione; esiste un vasto repertorio giuridico-normativo a partire dai decreti dell’Unione europea che definiscono tali situazioni, il loro valore legale puoi definirlo tu, che a quanto si può leggere sei piuttosto colorita in materia.
    Al momento, quelle che elenchi, sono in dibattimento presso le sedi competenti e discuterne fino a chiusura degli atti non appare né corretto, né vantaggioso, perciò non sarò certo io a farlo.
    Nulla osta acché tu ti produca in divagazioni sul tema ma non aspettarti risposte anticipate.

    Sul resto delle tue personali divagazioni evito di soffermarmi come ho sempre fatto, te ne sarai accorta… ho rotto questa prassi aprendo una parentesi perché tra le fissazioni che forse non conosci, ho anche quella di voler “spazzolare” via le chiacchiere per fare luce sui fatti… d’altra parte son fissato…

    Sulle altre questioni, riguardanti le diverse figure esistenti, gli ambiti di esercizio e le proposte fatte dal CONAGAI, come detto qualche mio intervento più sotto, mi riservo di discuterne al momento in cui sarà perfezionata la pubblicazione di un articolo già in attesa. Fino a quel momento, “spiacente” ma non ne parlo.

    Peace and love!

  8. Si, mi sembra che Arianna, pur con toni concitati ma concreti, ha messo il dito sulla piaga; a mio avviso insultare chi ha idee diverse o personalizzare la discussione è sempre sbagliato.

    Nel campo che più mi sta a cuore posso dire che molte attività relative all’arrampicata (manutenzione falesie, assistenza a scolaresche, etc etc) non ha un ritorno economico accettabile per una Guida. Ho più volte provato con un amico Guida a ipotizzare corsetti per bambini indoor o outdoor; i costi per singolo non sono accessibili. Ipotizzare manutenzioni alle falesie solo da parte di Guide non è possibile. Una falesia, magari un po’ datata, richiede  minimo 10 giorni di lavoro all’anno più gli eventuali materiali. Un corso CAI di arrampicata prevede un minimo ( ma molti ne fanno molte di più) almeno 6/8 uscite in falesia, 6/8 lezioni teoriche/pratiche con un massimo di 2 allievi. Sarebbe meraviglioso se le guide potessero collaborare (porterebbero un contributo tecnico e umano incredibile) ma attualmente non si può fare poiché i costi diventerebbero altissimi e noi non potremmo pagare la Guida stessa. Occorre trovare nuove soluzioni poiché altrimenti la pressione dal basso ( Guide Naturalistiche etc etc ) sarà così elevata che le guide dovranno trasformarsi in guardiani, non essendo poi nemmeno certi che le attuali norme del 1989 tengano alla luce delle norme anti concorrenza. Nessuno, nemmeno lontanamente, si sogna di mettere in dubbio la professionalità delle Guide ma occorrerebbe andare oltre.

  9. Paolo Caruso, Stefano si occupa di divieti. Eccome. Di metterli ovunque. È la sua fissazione.
    È l’autore o almeno il sostenitore convinto delle cosiddette “zonazioni”.
    Vedi il decreto, bocciato dal TAR, a Stromboli. La zonazione sospesa dell’Etna, che comprendeva anche aree escursionistiche lontanissime dai crateri. O il decreto assessoriale lombardo che addirittura vieterebbe alle altre categorie professionali (con il valore legale di una scoreggia nel vento) tutti i sentieri CAI ovunque e qualsiasi percorso sopra i 600 metri.
    Si dichiara responsabile di una Commissione Abusivismo rivolta alle altre categorie. Cosa che non è prevista nei compiti che la legge assegna al Collegio Guide Alpine, che invece in un articolo specifico indica di vigilare sulle attività dei propri aderenti. Attività che ovviamente non viene svolta, con vera e propria omertà.

    Non parliamo poi del Collegio Marche: quello che dichiarava sui giornali “solo noi possiamo accompagnare su neve in Regione e siamo in 4” (!). Smentiti poi decisamente e in modo molto ben argomentato dalla Regione stessa.

    Il mio intervento voleva segnalare l’incongruenza tra questa battaglia contro i limiti da parte di una guida alpina come Iannetti, che quindi fa parte di un Collegio che i limiti li mette ovunque. Inutili, arbitrari e con il solo scopo di impedire ad altri di lavorare. Senza nessun legame reale con la presunta sicurezza. Come strumento anticoncorrenziale, per provare a ottenere vantaggi che il mercato non riconosce più da tempo a figure ormai inadeguate. E rancorose, come vedi.
    Soprattutto culturalmente, da quel che emerge nella mancanza di visione oggettiva del mercato dell’accompagnamento dell’escursionismo ma anche della frequentazione della montagna in generale.

    Commenti come quello di Geppino è bene che rimangano, perché anche la fallocrazia e le visioni da superuomini prestazionali sono ormai tristi monumenti all’inadeguatezza della categoria.
    Inutile dissociarsi o fare distinguo: l’immagine che il Collegio delle Guide Alpine restituisce è responsabilità di tutti gli aderenti. Comprese le colombe e le anime belle che hanno fatto finta di non vedere cosa il Collegio stava diventando sempre più.
    I vertici sempre più rancorosi e inadeguati sono comunque eletti e non sono lì con un colpo di Stato. E la situazione non fa che peggiorare. Collegio per collegio. Sempre più chiusi e rabbiosi. Antipatici a colleghi, associazionismo e volontariato, escursionisti e appassionati di montagna in generale. E ora anche al Soccorso Alpino, dato l’ultimo sgambetto, che è il figlio naturale del clima di prepotenza e arroganza da ultima spiaggia che si respira.

    Marcello Cominetti dice che le GAE non si firmano. Ma non si chiede perché o fa finta di darsi risposte di comodo.
    Eppure io sono stata riconosciuta eccome e già apostrofata per questi ed altri commenti da “colleghi” AMM. E anche da un paio di “simpatiche” guide alpine. Sono l’unica Arianna che opera come Guida Ambientale Escursionistica tra Marche, Umbria e Abruzzo. Non è difficile…
    Questo è l’anno delle minacce di fronte ai clienti, del collega a cui è stato spaccato il vetro della macchina, delle denunce per presunto “abusivismo”, inutili e usate come strumento concorrenziale. Anche solo per denigrare. Dei tentativi di mettere divieti ovunque. Degli AmM che litigano tra loro dicendo “Questa montagna è solo mia e ci accompagno solo io perché ne gestisco il rifugio”, trovandosi ovviamente il rifugio vuoto e lamentandosene pure…

    Davide Di Giosafatte, nuovo Presidente Guide Alpine Abruzzo, dichiara su Montagna.tv che nessuna guida alpina abruzzese lo fa di mestiere. E invece di GAE abruzzesi che ci campano, mantengono famiglie e creano indotto tutti i giorni, non solo nei fine settimana, io ne conosco parecchie.

    I conti non tornano. Non tornano per niente.
    Sembra di essere in una macchina del tempo e ogni giorno che passa questo Collegio danneggia sempre più tutto il comparto del turismo escursionistico al grido di “Il giocattolo è mio”.
    Ma è pure rotto. È a pezzi. E forse è anche il giocattolo sbagliato.

     

  10. “Dai diamanti non nasce niente… dal letame nascono i fior…” De Andrè

    Non entro nel merito dei messaggi troll, Alessandro Gogna deciderà il da farsi.
    Arianna: grazie ancora per le precisazioni, se vuoi riesci a contattarmi. 
    Caro Stefano, visto che sei rientrato nei modi, cioè nella forma di cui parli, provo a ridarti fiducia e ti chiamo per nome, come è avvenuto durante la nostra comunicazione telefonica che ricordo bene e come, allo stesso modo, spero tu ricorderai quanto mi sono speso in prima persona per portare beneficio e competenze alla nostra categoria e, nonostante quello che successe dopo (se non lo sai te lo dico in privato), continuo a farlo nel presente…
    Ma la forma non può essere separata dal contenuto: ed è proprio il venir meno di questo contenuto fondamentale che ha generato prima e continua a generare problemi e contrasti.  Non è questo il luogo per parlare? E perché? E, soprattutto, quale è il luogo adatto allora? L’Ente Parco dei Sibillini? Ci sono andato innumerevoli volte… a vuoto.  Il Collegio dei marchigiani? Nessun tipo di confronto possibile: dovrei avere ancora le e.mail, se vuoi te le giro, per non parlare poi della difficoltà di comprensione nel linguaggio. Poi sono andato a Milano e il risultato è stato quello che penso tu sappia. Non so quali altri luoghi rimangono, ma se vuoi ti invito da me.
    In ogni caso non sapevo che, da come mi sembra di capire, tu ti occupi per conto del Nazionale anche di risolvere i problemi delle ingiustizie e dei divieti: se lo avessi saputo ti avrei chiamato esattamente come ho fatto per l’altra questione… forse mi è sfuggita qualche comunicazione ma dopo tutti questi anni  e dopo tutti gli articoli apparsi anche su questo blog che tu stesso, se non sbaglio, hai perfino commentato, qualche cenno sul tuo ruolo avresti potuto farlo, oppure intervenire e parlarmi. In ogni caso, spero vivamente che riuscirai a trovare le soluzioni che possano sanare anche le gravi mancanze ed errori che sono stati commessi precedentemente: a tal proposito, ti confermo ancora la mia disponibilità, come è sempre stato, per favorire il conseguimento delle migliori soluzioni possibili di cui potranno beneficiare in molti.

  11. Il tema dell’articolo era ben altro, ma come mai le guide alpine commentano firmandosi senza problemi con nome e cognome (quindi mettendoci la faccia), mentre la piú parte delle gae usa solo il nome o uno pseudonimo?

    Poi c’è perfino quello che si “scusa”dicendo che succederebbero cose tremende se scoprissero (chi?) la sua identità e quindi é costretto a usare un nome falso. Eccheccazzo, ma dove siamo?

    Arianna, Geppino (custode del rif. Oronte  sull’altipiano del Porena), ha usato dei toni  rozzi, ma fai spesso dei commenti così pieni di astio che anche quando hai ragione passi dalla parte di quella che non ce l’ha.

    Firmarsi rafforza l’opinione che si esprime (cit. Comi) e ci mette tutti su un piano civile e di reciproco rispetto.

  12. Personalmente spero lo lasci. Non certo per disaccordi con Alessandra che invece spera lo tolga.

    Lo spero come lo avevo sperato per tutte altre censure applicate alle migliori boutade di Bonino.

    La motivazione è banale e doppia.

    La misura con la quale è opportuno misurare il mondo riguarda l’Interpretazione dei Bonin(i). Un’unità di misura che è opportuno non tralasciare perché corpo unico con tutte le altre che preferiamo prediligere e perché – come avevo cercato di esprimere – a volte ci tocca.

    Lasciando sul campo certe espressioni, il blog dimostra – se possibile – il suo gradiente sia di tolleranza, sia di interpretazione dei Bonin(i), ovvero la sua qualità evolutiva.

  13. Allora se togli come vorrebbe Alessandra l’intervento di lisergi togli anche il mio che è solo per lui.

  14. Ho sempre avuto stima e rispetto per Alessandro Gogna e per il suo blog e spero vivamente che il commento di Geppino Lisergi (che sia un Troll di qualche categoria di professionisti della montagna..?) sia rimosso o quantomeno venga additato come esempio di come qualcuno possa ragionare con parti del corpo che non usa…

    Detto ciò, approvo totalmente quanto riportato da Arianna, non tanto in nome di una solidarietà femminile, come di sicuro il tizio di cui sopra avrà modo di replicare, quanto perché i suoi interventi colgono appieno quella che è la situazione attuale. All’interno delle GA ci sono persone estremamente competenti e motivate, soffocate però, da quello che ho avuto modo di capire, da elementi di contrasto di corporazione, non avendo interesse a portare avanti un certo tipo di discorso e da lotte interne che, onestamente, fatico a capire. In 25 e rotti anni che vado per sentieri, anche come GAE, non ho mai visto, perlomeno da parte dei collegi locali del centro Italia, la volontà di sopperire a queste lacune. Né tanto meno ho trovato la voglia di sedersi insieme ad un tavolo e affrontare tutte le questioni relative alla sovrapposizione di competenze o all’abusivismo, a parte le iniziative personali portate avanti da pochissimi singoli “particolarmente competenti”… Anzi, quasi sempre sono emerse discussioni, diatribe, accuse. Vedi in ultimo il commento di Di Giosafatte riguardo alle GAE.

    Il farsi le scarpe a vicenda è una tipicità italiana, purtroppo. E, seppure alcune GA italiane, come accennato in precedenza, per altro poco valorizzate dai vari Collegi Regionali e dal Nazionale, siano ai vertici di contenuti professionali e potrebbero essere in grado di condurre una categoria di professionisti della montagna verso un obiettivo comune, per offrire a tutti quanto di più completo in fatto di competenze possa venire da entrambe le parti, tuttavia nella maggior parte dei casi ho riscontrato la classica italianissima volontà di barricarsi nel proprio orticello e chiudersi nella torre d’avorio dei propri privilegi.

    Il fatto è che in alcune zone le GAE hanno più competenza del territorio, quantomeno numerica, non fosse altro perché, proprio per lavoro, la frequentano molto più assiduamente che le GA. Senza contare che esistono anche le Guide del Parco. Dovrebbero essere anche loro, quindi, a poter e dover aiutare gli enti pubblici in tutte quelle situazioni in cui si rende necessario risolvere problemi di natura tecnica. O quantomeno dovrebbero essere coinvolti nelle decisioni che riguardano la fruizione del territorio, come avvenuto per il famigerato D.D. 384/14, almeno per quanto riguarda la parte escursionistica….

  15. Arianna, ti suggerisco di avere dei rapporti sessuali soddisfacenti.

  16. Come in quasi tutti i campi le corporazioni per legge sono dannose. Stanno cadendo o allentandosi tutte ( commercialisti, notai, farmacisti etc. etc.) Prima o poi si ridurrà anche quella delle Guide. Varrebbe perciò la pena, a mio parere, che le categorie della legge 89 si parlassero (onestamente spero che già lo facciano) e che con una ampia visione “guidino” il cambiamento.

  17. Caruso: come ti ho annunciato, le risposte o meglio la definizione delle situazioni che elenchi saranno pubblicate tra non molto ed erano già in programma prima dell’uscita di questo articolo. Quello sarà certamente un ambito di discussione adatto, cosa che come ti ho già comunicato, a mio avviso non è questo spazio.

    Per quanto riguarda le tue posizioni, che non giudico nella validità ma nella forma di esposizione, ti ricordo che non molto tempo fa ci siamo sentiti per  alcune problematiche che esponevi al CONAGAI e mi risulta che personalmente mi sia immediatamente dato da fare… spero non ti sia dimenticato… ne consegue che se un iscritto rileva una qualsiasi forma di irregolarità esterna o interna al Collegio o vuole presentare delle situazioni più o meno gravi come ha fatto Pasquale Iannetti, può serenamente comunicarlo allo stesso e riceverà le risposte adeguate, in questo caso il patrocinio dell’evento, al quale come detto per un errore dell’organizzazione, non abbiamo partecipato.

     

     

  18. Paolo Caruso il documento completo sul recente parere della Regione Marche sta sul sito AIGAE.ORG. Lo trovi partendo dall’home page con anche l’originale allegato.

    Se il CONAGAI facesse davvero l’Ente pubblico come dice di essere ne avrebbe informato i propri associati e avrebbe diffuso la notizia importante, essere il parere ben documentato di un’avvocatura regionale. Che contraddice molto nettamente le affermazioni “trombeggianti” che sono state invece diffuse sui giornali anche dal Collegio Guide Alpine della Regione Marche. E invece nulla.

    Deroga quindi alla funzione pubblica che gli assegna la legge 6/89, compresa quella di verificare le attività abusive dei propri aderenti come indica l’articolo specifico, per poi utilizzare la stessa legge come scudo e strumento di elevazione a poteri quasi divini di dominio assoluto su tutto e tutti.

    Anche sulle professioni che non riguardano le Guide Alpine che si occupano ad esempio di divulgazione ambientale, con competenze specifiche. Mestieri paralleli che stanno avendo un grande successo perché basati sulla conoscenza e competenza. E che stanno facendo rodere, quindi ogni tentativo ed energia viene indirizzato per bloccare, impedire di esercitare, bloccare la crescita di un fenomeno evidente. Eppure ad ogni elezione interna nei collegi regionali e nazionali prevalgono sempre più persone chiuse, arroganti e scontrose come è il caso del rinnovo recente del Collegio Abruzzo. In parole semplici: i falchi.

     

    Le Guide Alpine stanno diventando un vero e proprio muro che rallenta, blocca, frena il turismo, lo sviluppo dei territori montani e rurali. Urge riformare e ridimensionare il delirio che sta generando problemi gravi e concatenati di un organo autoreferenziale e ormai fuori controllo.

  19. Forse la soluzione professionale/passionale sarà tornare nell’ombra, togliersi patacche e apparire “nebbiosi”… così non si disturba e non si viene visti o redarguiti da “quelli veri”. Tanto la gente attenta dopo un po’ capisce a chi rivolgersi per farsi guidare e se succede qualcosa di brutto lo capisce e lo accetta.

  20. Ho ancora una piccolissima scintilla ancora viva di fiducia e di speranza, e così ci riprovo…

    Michelazzi: arroganza e accidia, insieme a imposizioni non condivise sembrano essere proprio le caratteristiche che appaiono dominare gli animi nelle vicende che ci toccano da diversi anni. Le INGIUSTIZIE portano alla GUERRA, la guerra porta alla DISTRUZIONE…. Le soluzioni a questo tipo di miseria umana sono da ricercare in parole come: DIALOGO, CONCERTAZIONE, RISPETTO, BUON SENSO, SOSTENIBILITA’, GIUSTIZIA ECC. Per molti anni, troppi, ho tentato inutilmente questa strada: fino a quando esisteranno ingiustizie gravi come nel caso in cui una manciata scarsa di professionisti di una singola regione detta legge e impone divieti, perfino insensati e discriminatori, ai professionisti e amatori di altre regioni, come nel caso delle Marche, senza alcun tipo di dialogo e concertazione, come avviene ad esempio per la questione divieto sul M. Patino (Umbria)… non si otterrà niente altro che disarmonia e scontro. Nessuno, neanche voi…, potrà mai imporre la sopraffazione di alcuni sugli altri, neanche e soprattutto nel caso di forti interessi di quegli stessi soggetti a discapito degli altri.  Se riuscirete a dare risposte e soprattutto SOLUZIONI a questi gravi problemi che derivano da quelle tendenze dell’anima che protendono verso una… diciamo… scarsa lungimiranza e civiltà, se non vera prevaricazione e sopruso, sarà un passo avanti fondamentale per tutti. Per questo ti sottolineo che io non ce l’ho con nessuno a livello personale mentre invece credo che avrai finalmente capito che mi riferisco a questo genere di gravissimi e assurdi episodi, inclusi i regolamenti capestro che ci affliggono e che sono ancora in attesa di soluzioni esaustive e sostenibili, come il famoso DD 384/14 o come i divieti insensati della Val di Bove ecc…
    Con questo penso di aver detto tutto, restando disponibile a un DIALOGO COSTRUTTIVO E  CIVILE TESO ALLA SOLUZIONE REALE DEI PROBLEMI
    Grazie e saluti
    PS
    Grazie Arianna, anche se non ti conosco, per l’informazione che ci hai dato a proposito del parere della Regione Marche… pare strano ma non ne sapevo nulla e nessuno mi ha informato.

  21. Vorrei avvisare tutti coloro che scrivono a michelazzi di usare una terminologia più semplice, altrimenti o non vi capisce o, cosa che fa più spesso, capisce fischi per fiaschi. Se avesse avuto la tua professoressa di greco…? Ma magari avesse prima avuto un professore di italiano decente!

  22. Caruso, parli di arroganza? Magari si potrebbe allo stesso modo definire il tuo intervento completamente fuori tema per molti versi e puttosto accidioso non trovi…?
    Mi risultava fossi più giovane… ma se non ero ancora nato quando tu già brigavi gir in giro… mi sbagliavo… congratulazioni per l’energia…!
    Sul resto non ti rispondo, o meglio, ti verrà risposto prossimamente con articoli dedicati agli argomenti che hai anticipato e che erano già in programma, questo articolo parla di altro per cui è un peccato sprecarlo!

    A presto!

     

     

  23. Guide alpine, Cesare Cesare Bianchi, per questo post e per altri, datevi una calmata.

  24. In conclusione vorrei dire che la strategia della disobbedienza civile, che anche Geramana Maiolatesi auspica nel suo scritto, andrebbe certamente considerata quando le norme, le ordinanze e le delibere degli Enti, diventano completamente irragionevoli, irresponsabili e, in diversi casi, perfino dannose: per gli addetti ai lavori, per le singole persone, per tutta la collettività e per il vivere civile.

    completamente d’accordo!!

  25. Amedeo, ribadisco che l’atteggiamento di limitazione e interdizione sui sentieri è molto simile a quello protezionistico sulle professioni dell’accompagnamento. E dal tuo punto di vista lo associ infatti a come venite trattati da “sottoposti” da parte del Collegio a cui appartenete senza diritti reali di rappresentanza (con voto proporzionale ai numeri, ad esempio, ma non solo).
    Non a caso l’Avvocatura regionale Marche si è appena espressa contro la pretesa di esclusività delle Guide Alpine dicendo che “”le misure restrittive, per essere ammissibili, devono essere indispensabili, proporzionate e idonee”.
    Ribadendo il concetto e portandolo sul piano della controproducente limitazione alla concorrenzialità, confermando l’orientamento in linea con le normative europee di: “”ammettere disposizioni restrittive solo laddove taluni principi, come quello della maggiore tutela della salute pubblica o dell’ambiente, risultino prevalenti rispetto ad altre esigenze, quali l’assicurare la tutela della concorrenza”.
    Diciamo che sarebbe ora di uscire dalla macchina del tempo e dall’orticello dei presunti privilegi per confrontarsi con la situazione attuale.
    Con tanta, tanta, meno inutile presunzione di superiorità.
    Non dico he deve governare sempre il mercato, ma se gli escursionisti che si fanno accompagnare hanno premiato abbondantemente altre figure professionali sarà il caso di farsi qualche domanda di tipo strutturale?

  26. Michelazzi, se io dovessi risponderti coi tuoi modi arroganti e presuntuosi dovrei dirti che oltre a ignorare ciò di cui parli non hai neanche capito i punti fondamentali del mio scritto. Ti direi innanzitutto che mi interesso di ambiente e di aree protette probabilmente da prima che nascessi tu e che dovresti imparare anche a conoscere il territorio e le problematiche dei Monti Sibillini prima di sentenziare come fai tu. Dov’eri in tutti questi anni? Ci hai mai degnato della tua presenza? Se vuoi saperlo insieme ad altre persone e associazioni particolarmente responsabili organizzai in prima persona il Convegno di Ussita del 17 gennaio 2009, proprio per favorire la conoscenza di quelle informazioni relative alla salvaguardia della natura che, in quella zona, NESSUNO prima di allora (ad iniziare dal Parco dei Sibillini) aveva pensato di realizzare per il pubblico: eppure l’informazione dovrebbe essere un elemento fondamentale da parte di un parco, ma evidentemente non sai neanche questo. Ma non avrebbe senso alcuno sprecare tempo in chiacchiere con chi non conosce o non capisce. Se tu avessi avuto la mia stessa prof di greco e di lettere avresti imparato fin da ragazzo che se alla domanda “Dove vai?” la risposta è  “Porto fagioli”… si gira in tondo, si genera confusione e non si diventerà mai persone equilibrate e consapevoli. O forse vuoi che ti mando gli articoli relativi all’episodio che descrivo inerente il Cervino? Continuerei poi evidenziandoti tutti gli altri punti in cui cadi in contraddizione.
    Ma siccome questi modi non mi sono mai piaciuti ti rispondo, almeno per questa volta, con la speranza di favorire una maggiore comprensione delle cose. Non entro nel merito di alcune questioni perché si tratta di argomenti lunghi e complicati che comunque puoi studiare nei numerosi articoli pubblicati anche su questo blog e informandoti sui link cui faccio riferimento. Semplicemente ti dico che una società civile che si rispetti supera il concetto di interesse personale senza per questo voler distruggere ciascun singolo della stessa società, e quindi ogni cittadino dovrebbe essere consapevole che “NON SI DEVE FARE AGLI ALTRI QUELLO CHE NON VUOI SUBIRE TE STESSO”.   Così come dovrebbe essere consapevole che ciò che è ingiusto o irragionevole è un male per la società intera, a prescindere dal ruolo e dalle competenze di ciascuno. L’IGNAVIA è forse il male peggiore perché permette che l’ingiustizia si alimenti a danno ora di alcuni e subito dopo di altri…. Hai saputo che sono una Guida Alpina e non un AMM…. e allora? Pensi che non posso capire ed esprimere le mie opinioni in merito? E tu invece credi di poterlo fare? Eppure io mi occupo anche del lavoro degli AMM che è, tra l’altro, anche comune a quello delle GA, oltre a lavorare nella formazione, in Italia e ancor più all’estero, delle guide alpine, dei Maestri d’arrampicata e degli AMM. Ma non voglio entrare nel merito di questo. Ti faccio una domanda: tu credi che sia normale, credi che sia giusto che gli AMM non abbiano DIRITTO DI VOTO? Michelazzi, siamo nel 2018, ci sei? Lo sai quanto è importante il diritto di voto in una società civile? Personalmente trovo simili aberrazioni ingiuste al punto tale che TUTTI dovrebbero sentirsi responsabili di questo e comprendere che non si può vivere nell’ignavia. Si tratta di questione così gravi che già soltanto questa sola potrebbe essere sufficiente per abrogare la legge in materia di professioni di montagna. Io ne parlo spesso con i miei colleghi, ma in genere ottengo solo alzate di spalle. Le stesse alzate di spalle che ho ottenuto ad esempio per il famoso DD 384/14, in cui si vietava alle guide alpine e agli alpinisti (e SOLO A LORO!)  l’accesso sul sentiero principale che dal M. Bove sud conduce al M. Bove Nord (non ti do altri riferimenti perché non conosci la zona e perché sono pubblici)… Cosa ci puoi dire di simili realtà? Lo sai chi ha concordato il regolamento insieme al Parco? Lo sai che in qualità di professionista io ho subito tutti i divieti dei Sibillini al contrario di molte persone che fanno finta di nulla e se ne infischiano di questi stessi divieti che tutti sanno essere irresponsabili e perfino forse anticostituzionali? Per spiegare tutta la situazione che va oltre il credibile, sono perfino andato a Milano (dall’Umbria e ritorno…) con tutta la documentazione per illustrare tutto nei minimi dettagli al Presidente del Conagai: hai letto la risposta del Presidente al Consiglio dei Ministri? Ti pare una risposta adeguata ed esaustiva? Michelazzi, lo sai che oltre al sentiero del M. Patino è vietata tutta la Val di Bove che era praticamente una delle pochissime aree frequentabili nei Sibillini dopo il terremoto? E lo sai perché? E lo sai che io non ci sono andato perché sono un professionista mentre allo stesso tempo ci passavano moltissime persone come amatori? E ti pare normale che una minoranza di professionisti (cioè coloro che hanno partecipato alla identificazione delle aree vietate e perfino alla redazione del DD 384/14) faccia i sopralluoghi e decida in modo non condiviso e concertato il destino di tutti gli altri professionisti? E che gli impedisca di lavorare? In altri termini: alcuni professionisti (una minoranza) incassano denaro pubblico per stabilire i divieti che impediscono agli altri di lavorare… Bene o male, io per lavoro sono quasi sempre nelle regioni del nord: ma ti sembra giusto che dove vivo non posso lavorare? Eppure il primo articolo della costituzione italiana riguarda proprio il diritto al lavoro… sei sicuro che se TU non potessi fare la guida dove abiti (in Dolomiti), perché te lo vietano, lo accetteresti?
    Caro Michelazzi, se vuoi capire meglio e se accetti un confronto rispettoso, civile ed educato sui contenuti piuttosto che tendere a sterili polemiche che danneggiano le nostre categorie, potrò interloquire ancora con te, puoi chiamarmi o scrivermi quando vuoi, in caso contrario non ho alcun interesse.
    Un grazie a Pasquale Iannetti, Amedeo De Santis e a tutti coloro che con il loro contributo, in modo civile, rispettoso e competente, aiutano a comprendere la gravità dei problemi che ci affliggono.
    Grazie per l’attenzione

  27. Stefano, anche il mio professore di filosofia diceva: “res generalia non sun umpiccicatoria”. Ma diceva anche: “si carta lavagnam cadet totam scienziam scillicat”.

    Poi se hai tempo magari guarda i curriculum alpinistici presentati dagli aspiranti guide e capirai cosa penso… la poca esperienza alpinistica è evidente anche fra gli istruttori del cai e me ne duole.

  28. Sono rappresentante AMM del Collegio del Piemonte, veste che mi vede coinvolto nel direttivo CONAGAI e sono anche il presidente dell’Associazione Italiana Mountain Leader (AIML) che è dal 2009 il referente in Italia della UIMLA. La mia residenza è a Norcia, ma dal 2016 sono domiciliato a Pinerolo a causa dei danni riportati dalla mia abitazione conseguentemente al terremoto che ha devastato una parte considerevole del territorio montano del Centro Italia. Dal 1994 al 2016 ho vissuto sui Monti Sibillini, dove ho pure gestito per 6 anni un rifugio di proprietà del Parco. In relazione a quanto ho letto vorrei solo fare due riflessioni:

    La mia casa a Norcia si trova proprio sotto al Monte Patino, dove insiste un percorso escursionistico classificato EE e identificato con la sigla E14, che fa parte dei 17 accatastati dall’Ente Parco. Personalmente, per conto del Parco, mi sono occupato di redigere il materiale necessario per ottimizarne il tracciato, anche indicando gli interventi necessari sulla segnalazione orizzontale e verticale. Dopo il sisma del 2016 il sentiero E14 è stato interdetto alla frequentazione. Capisco che magari, a seguito dei noti eventi sismici, sia divenuto necessario identificare qualche modifica al tracciato originale e che tali modifiche non siano facilmente identificabili dalla maggior parte dei frequentatori del percorso, ma chi viene ragionevolmente investito dell’onere di stabilire quali sono queste modifiche e che nella frequentazione di un tale percorso identifica la propria attività professionale e quindi la propria fonte di sostentamento, come può essere interdetto al passaggio? Mi pare che si tratti di totale mancanza di rispetto: di competenze, di ruoli e perfino di un civile rispetto umano.
    Per ciò che riguarda AIML vorrei dire che quanto riportato da Paolo Caruso denota una sua puntuale e profonda conoscenza della questione. Certamente, come dice Stefano Michelazzi, si tratta della categoria professionale degli Accompagnatori di media Montagna (di cui io faccio parte) e non delle Guide alpine (di cui fanno parte sia Paolo Caruso che Stefano Michelazzi). Tuttavia gli AMM, ca. 420 persone (340 ca. AMM e 80 ca. Guide vulcanologiche), sono tutti iscritti al CONAGAI, anche se, per via di una norma perlomeno bizzarra, non hanno diritto di candidarsi a rivestire le cariche e non hanno nemmeno diritto di voto. Pertanto gli AMM, in base alle norme attuali, sono amministrati dalle Guide alpine e ben venga che alcune di queste, come ad esempio Paolo Caruso, dimostrino una reale attenzione a questa categoria. In rappresentanza di tutti i tesserati UIMLA, sono veramente dispiaciuto della mancanza di considerazione e rispetto da parte del CONAGAI che viviamo e continuiamo a vivere relativamente alle vicende della rappresentanza UIMLA in Italia. Anche in questo caso mi pare che si tratti di totale mancanza di rispetto: di competenze, di ruoli e perfino di un civile rispetto umano.

    In conclusione vorrei dire che la strategia della disobbedienza civile, che anche Geramana Maiolatesi auspica nel suo scritto, andrebbe certamente considerata quando le norme, le ordinanze e le delibere degli Enti, diventano completamente irragionevoli, irresponsabili e, in diversi casi, perfino dannose: per gli addetti ai lavori, per le singole persone, per tutta la collettività e per il vivere civile.

    Grazie per l’attenzione.

  29. D’accordo per una volta con Michelazzi sulla suddivisione degli ambiti tra CAI e Guide professionali, che ovviamente non sono solo quelle aderenti al Conagai ma anche le Guide Ambientali Escursionistiche che sono una professione con tanto di codice ISCO, ATECO e pagano regolarmente le tasse sul loro lavoro alla luce del sole di accompagnamento escursionistico in ambiente.
    Ma allora qual’è il senso per CAI e CONAGAI di essere incastrati uno nell’altro, generando non poca confusione e ambiguità?
    Senza nulla togliere al CAI e al grande valore del contributo a tutto tondo. Ma che c’azzecca un Ente professionale con un’Associazione di volontariato?
    Come ha detto Michelazzi è l’unico caso in Europa e non solo. Solito minestrone italiano o convivenza, a volte stretta, ma necessaria a entrambi ma non al pubblico dell’escursionismo in montagna e dell’alpinismo?
    Un po’ di riordino non sarebbe male, anche per togliere alle Guide Alpine questa idea di signori assoluti e dominatori di ogni attività o foglia che si muova sui monti. Se ognuno facesse il proprio lavoro, sapendo che ci sono normali sovrapposizioni d’ambito nelle area di confine tra professioni e anche tra professionisti e associazionismo, staremmo tutti molto più sereni. Ne gioverebbero il turismo e la montagna tutta.

  30. Dino, l’assunzione di responsabilità è una cosa, professione e volontariato un’altra.

    Il CAI o le sue Scuole per l’esattezza, non sono e non devono essere concorrenti delle Guide Alpine proprio in virtù del fatto che le prime sono associazioni di volontariato le seconde professionisti con scopo di lucro.

    Il Tribunale ha sentenziato a quel modo appunto per l’assunzione di responsabilità, non per la tipologia di prestazione che altrimenti sarebbe stata esercizio abusivo della professione. Il CAI e le sue Scuole sono contemplate nella legge 6/89 e ben definite come non a scopo di lucro.
    Sta di fatto che storicamente CAI e Guide alpine sono sempre stati operativi in un ambito identico ma con funzioni differenti e ciò che ci differenzia ad esempio da altre istituzioni similari in Europa o nel resto del mondo, è proprio che le Guide alpine siano da sempre inserite nel Club alpino mentre in altri Paesi comincino appena negli ultimi anni a valutare questa condizione.

  31. L’unico punto concreto su cui, a me pare, valga la pena di discutere e “chi potrà rilasciare il patentino?”

    Non credo proprio.  Qui si minaccia la libertà di espressione e di movimento all’interno del territorio nazionale delle persone, dei cittadini italiani, a vantaggio di qualcuno/qualcosa. E non c’è nulla da discutere? Eccome se ce ce n’è !!

    Oltre che discutere c’è proprio da RIBELLARSI!

  32. Massimo Riganelli, a certe persone nemmeno mi prendo la briga di rispondere, tempo perso, con la boria e l’auto-convinzione non si ragiona, specie quando si vuole essere superiori alle leggi e si cerca in tutti i modi di screditarle (salvo poi urlare in piazza che servono altre leggi…), ma siccome immagino che le tue ipotesi derivino da chi ha voluto farsi campagna propagandistica stravolgendo i fatti, ti consiglio di aspettare prima di sentire tutte le campane e poi nel caso, di replicare con cognizione di causa. Ipotizzare irregolarità nei confronti di una persona (nome e cognome) e renderle pubbliche non è cosa leggera e senza sapere tutto, anche meno… e la responsabilità di ciò che scriviamo credo sia intrinseca…o no? La libera espressione è un diritto ma non deve ledere la dignità altrui.

    Paolo… alla faccia del pastrocchio… mescoli di tutto e di più… che c’entra capo caccia in tutto questo?
    Se poi sei così avanti da poter giudicare l’entità delle capacità alpinistiche richieste per l’accesso ai corsi Guida e quelle dei candidati ammessi… beh… m’inchino a tale esperienza e capacità!!! Sei unico!

     

  33. Non ero al corrente della vicenda della parete del Bove, ma non mi stupisce.

    Mi rincuora molto la posizione di Stefano Michelazzi ma ritengo che  sia ormai troppo tardi e che PURTROPPO il “patentino” per andare in montagna o arrampicare sia ormai solo questione di tempo.

    L’unico punto concreto su cui, a me pare, valga la pena di discutere e “chi potrà rilasciare il patentino?”

    Io credo che l’unico sia il CAI con le sue scuole e i suoi Istruttori Nazionali che dopo il corso possano rilasciare agli allievi il patentino.

    Ormai da tempo le uniche figure che possono accompagnare in montagna sono Guide e Istruttori CAI. La distinzione professionale o meno è ormai superata poiché anche la recente sentenza del Tribunale di Milano (incidente di ferrata in un corso CAI) ha stabilito che non esiste differenza di responsabilità e competenza.

    D’altronde la “tutela della pubblica sicurezza” viene per legge garantita anche dagli esami sostenuti dall’Istruttore CAI che è in grado di accompagnare e istruire non solo singoli ma anche interi gruppi. Quindi perché vietare la concorrenza tra figure professionalmente qualificate? E’ contro le leggi sulla concorrenza a mio avviso!

    Per molti versi poi le specializzazioni degli Istruttori CAI garantiscono estrema competenza nella singola specialità. Quindi perché limitare la concorrenza?

     

     

     

     

  34. Che bel pastrocchio all’italiana, mi spiace dirlo Stefano, ma non capisco se non questo. E Cesare forse poteva comportarsi meno da Cesare… e i vvff dopo la negazione di competenza di capo Caccia mi sembrano dei furbetti.

    Nessun ragionamento serio, tutti all’assalto, nessuno responsabile, tutti punibili e tutti santi.

    Un po’ più di melma, ma non cambia nulla: la coperta che costruiamo è sempre corta

    Guarda solo le competenze e le capacità alpinistiche che dappertutto se ne vanno a quel paese (le aspiranti guide sono selezionate fra alpinisti?!?!?!… ormai parlare del loro curriculum è ridicolo, non esiste, possono essere selezionati, ovvio tranne rarissime eccezioni,  solo fra forti falesisti, cascatisti e scialpinisti… le guide del futuro).

    Di sicuro non capisco, ma mi dispiace che vada così, se vivrò vedrò.

  35. Stefano Michelazzi, ti risulta bene, non sono guida, e comprendo di non essere a conoscenza di tutti gli elementi che compongono questi accordi; ho espresso la mia opinione su temi che ho a cuore, riportando nomi fatti dai tuoi colleghi nelle lettere oggetto del dibattito, ed esprimendomi, credo, senza mancare di rispetto a nessuno, ma parlando di contraddizioni… dunque trovo eccessivo il tuo richiamo nei miei confronti a prendermi la responsabilità di quanto scritto, anche perché, per principio e non solo per questioni di tipo legale, è cosa che faccio e che dovremmo fare tutti, sempre. Per quanto riguarda la normativa in vigore sui Sibillini, non stiamo parlando di riserva integrale, o almeno non ancora. Posso capire benissimo che in certe situazioni occorra regolamentare… ma qui, per fare una salita, si parla di chiedere autorizzazione tot giorni prima, indicando componenti della cordata, itinerario, etc. Per me non è così che si preserva una zona fragile, io da libero frequentatore rimango estremamente perplesso. E non credo nemmeno che sia così che si possa valorizzare questa zona meravigliosa. Soprattutto tenendo conto degli eventi che nel 2016 hanno profondamente modificato l’ambiente in questione, ovvero il sisma.

  36. Ormai siamo a dei livelli di tracotanza e arroganza non più contenibili. Con l’intervento di Michelazzi, che mi risulta esserne rappresentante ufficiale, le Guide Alpine si vorrebbero porre sempre più come signori assoluti e unici decisori a 360° di tutto. Dall’accompagnamento professionale anche in ambiti in cui non c’entrano alla libera frequentazione, dal soccorso alpino ai lavori su fune (ebbene sì, una proposta di legge portata avanti dal Conagai prevedeva l’esclusiva anche sui lavori su fune nei cantieri!!). Da dove si può o non si può andare, indipendentemente dagli enti di gestione e soprattutto in accordo con essi o in disaccordo a seconda delle situazioni di comodo. Con il diritto all’incoerenza e alla sfacciataggine. Poi propongono la “zonazione” per motivi di sicurezza di intere regioni, vulcani, isole. Ma danno ragione allo stesso tempo a Iannetti, perché cane non mangia cane, che parla a ragione di eccessi in nome di una sicurezza usata come pretesto.
    Sono Ente piubblico quando fa comodo ma senza i doveri che questo comporta: trasparenza dei dati, applicazione dell’attività di controllo verso i propri aderenti invece che inventarsi ruoli sull’abusivismo presunto che lo Stato non gli chiede di verificare. E tanto altro.
    È emergenza “realtà”, con contagio su tutto l’ambito della montagna e dell’escursionismo! Quello che manca sono proprio, come in tutti i poteri equilibrati, un sistema di monitoraggio e contrappeso che bilanci un Collegio in cui i conflitti di interesse non si contano più. A partire dai corsi in cui chi è già professionista è anche docente unico, esaminatore, organizzatore, decisore dei costi fuori mercato. Come se i medici venissero formati dall’Ordine dei Medici e non dall’Università. Situazione unica non solo a livello europeo ma credo anche a livello internazionale.

  37. “Accordo che, vale la pena ricordare, prevede ad esempio, da parte di chi fosse interessato ad effettuare attività alpinistica sulle pareti Nord ed Est del Bove, la richiesta di autorizzazione al Collegio Guide Alpine Marche e relativo necessario nulla osta!”

    che VERGOGNA.

    siamo diventati dei sudditi.

    Il Monte Bove è di proprietà delle guide alpine.

  38. Seguo personalmente la situazione, grazie al collega Pasquale Iannetti che mi ha informato di ciò che sta accadendo con dovizia di particolari e documentazione e non a caso la Tavola rotonda ha avuto il patrocinio del Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane.

    La situazione descritta nella Tavola rotonda è già stata sottoposta dal CONAGAI al proprio Ufficio Studi Giuridici Legislativi al fine di presentare eventuali mozioni alle autorità competenti, perché se è vero come è vero che i decreti restrittivi elencati, minano alla base della libera frequentazione, per noi la condizione posta mina anche alla base della nostra capacità di esercizio della professione.

    Spiace però constatare che si denunci una mancanza di rappresentanza dei Collegi, in quanto non poteva essere diversamente visto che l’organizzatore aldilà di richiedere il patrocinio, non ha avvisato nessuno sulla data, lasciandoci in attesa di avere ragguagli. Personalmente ero già pronto ed incaricato a rappresentare il CONAGAI assieme ad altri esponenti ed Alessandro Gogna aspettava notizie per prendervi parte sia come CONAGAI che come Osservatorio sulle libertà in montagna.

    SAREBBE MAGARI IL CASO DI RETTIFICARE LA NOTIZIA DA PARTE DI CHI L’HA SCRITTO, PORGENDO LE CONSEGUENTI SCUSE.

    Abbiamo più volte esplicitato la volontà di difendere le libertà personali e soprattutto quella della libera frequentazione dell’ambiente naturale e la motivazione o almeno una di queste motivazioni è piuttosto elementare: non esisterebbero le Guide alpine senza Alpinismo.

    Prima di diventare Guida alpina si deve per forza aver praticato l’alpinismo (i curriculum obbligatori per l’accesso alle selezioni parlano chiaro), altrimenti in virtù di quale evento divino potresti accompagnare le persone a fare Alpinismo?
    Pare abbastanza evidente quindi che per la categoria a cui appartengo sia estremamente importante che le libertà di frequentazione dei territori naturali sia garantita, aldilà ovviamente delle aree protette o di riserva integrale che però non sono tema delle restrizioni denunciate.

    E fin qui credo che il tema trattato dalla Tavola rotonda sia largamente condivisibile e che meriti un impegno aldilà della lettura di un articolo. Che si debba intervenire sia con gli organismi di categoria (Guide alpine, Albergatori, Operatori del Turismo in genere, ecc.) sia con le associazioni che già sono in moto per dare una soluzione al problema tra le quali il Club Alpino Italiano, che in diverse situazioni si è già dimostrato sensibilissimo a situazioni analoghe.

    Poi… c’è un dopo… con curiosità ho letto i 7 punti espressi da Paolo Caruso e…

    a dimostrazione che il “pour parler” non è un male limitato, Caruso dimostra ampiamente che Umberto Eco aveva ragione una volta di più!

    Punto 2) il Cervino caro Paolo ha visto più volte ordinanze di chiusura decise bi-partisan tra Italia e Svizzera, anzi la Svizzera lo fa anche per conto suo senza tanti compromessi, si chiama Tutela dell’incolumità pubblica. Si poteva piuttosto dire che le ordinanze in proposito hanno avuto vita fino alla sussistenza del pericolo e sono successivamente decadute, non creando una situazione analoga a quella dell’articolo e sancendo una responsabilità sicuramente superiore da parte delle autorità competenti nei confronti della frequentazione del territorio. Le notizie si devono dare per intero volendo fare informazione, tralasciarne parti essenziali fa proprio l’opposto.

    Punto 3) le categorie professionali sono già state coinvolte, non dai sindaci in argomento di sicuro ma dall’Ente Parco il quale ha stilato quel documento che tenti di sputtanare al Punto 6), il DD. 384/2014

    (http://www.sibillini.net/attivita/regolamenti/2010disposizioni_camoscio_doc_inf.pdf),

    il quale in difesa del territorio, stabilisce delle regole di convivenza tra frequentatori umani e residenti animali.

    Magari non lo sai, anzi sono sicuro che lo ignori, ma in Italia esistono infinite aree a protezione integrale dove nemmeno si può cacciare il naso a pena di denuncia e questo per tentare di salvaguardare quel po’ di ambiente rimasto che altrimenti sarebbe distrutto dalla frequentazione umana.
    A proposito quel documento e tutta la relativa situazione nulla ha a che vedere con l’argomento dell’articolo, magari non te ne sei accorto…???

    E POI… PERCHE’ AI COMUNI FREQUENTATORI PUO’ ESSERE VIETATO MENTRE AI PROFESSIONISTI NO? TROVO SCANDALOSO QUESTO TUO RAGIONAMENTO, DA GUIDA ALPINA MI RIFIUTO DI PENSARE CHE SOLO NOI POSSIAMO FREQUENTARE L’AMBIENTE SULLA BASE DI UNA QUALCHE ILLUMINAZIONE DIVINA (NON C’E’ CHIARISCITELO!). L’UNICA RISERVA DELLE GUIDE ALPINE RIGUARDA L’ACCOMPAGNAMENTO PROFESSIONALE DEFINITO DALLE NORMATIVE!

    Sembra proprio che a te non vada giù la situazione non per la sua stessa esistenza ma… il fine dalla Tavola rotonda credo sia stato proprio il contrario!

    Punto 6) e qui viene il bello!

    non condivido le tue argomentazioni che denotano una scarsa conoscenza in materia e mancanza di riferimenti normativi , elenchi situazioni che nulla hanno a che fare con l’argomento (vedi ad esempio questione AIML) e delle quali non sai nulla evidentemente, anche perché riguarda altra categoria professionale, la quale ha già ricevuto tutte le risposte del caso (loro non tu che non c’entri nulla!) e con la quale è stato già discusso il caso anche nelle assemblee annuali che evidentemente non frequenti spesso… , attacchi gratuitamente colleghi e rappresentanze senza alcuna cognizione di causa, come l’accordo tra CONAGAI e VVF (a breve sarà illustrato all’opinione pubblica) che anche in questo caso nulla c’entra con l’argomento. NON MI SEMBRA DI AVERTI MAI VISTO PRESENZIARE AD ALCUNA SEDUTA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE E TI RICORDO CHE E’ APERTA, COME NON MI RISULTA CHE TU ABBIA IN QUALCHE MODO ESPRESSO LE TUE OPINIONI ALLO STESSO CONSIGLIO AL FINE DI VEDERLE DISCUSSE!

    Punto 7) stendiamo un pietoso velo!

    E la finisco qui per non tediare i lettori di questo articolo che spero siano interessati a quella situazione e non alle tue personali frustrazioni.

    Massimo Riganelli non mi risulta che tu sia una Guida alpina né che tu abbia una qualche cognizione di causa sugli accordi che il CONAGAI ha firmato.

    Sulla frequentazione del Parco dei Sibillini leggiti la normativa che ho linkato e ne capirai qualcosa in più. Libertà di frequentazione non significa che tutto ci sia dovuto e se per giusta causa alcune aree sono protette, ed i parchi dovrebbero servire proprio a questo, e vengono normate per evitare di distruggere habitat delicati, ci si adegua e non si contesta tanto per… altrimenti poi, inutile scrivere chilometri di articoli, post e balle varie sull’ambiente da difendere e non farlo quando ci fa più comodo!

    Sull’accordo CONAGAI-VVF del quale non sai nulla, visto che per motivazioni tecniche, non dipendenti da noi, abbiamo dovuto rimandarne la pubblicazione a metà aprile, sarei cauto a citare nomi e cognomi ed a dare definizioni personali su varie responsabilità e null’iter seguito, solo sulla base di opinioni, chi ha scritto le svariate inesattezze su alcuni articoli se ne assume le responsabilità e le conseguenze.

    Per finire CAI e CNSAS sono realtà associative di volontariato ed il CONAGAI o gli altri Collegi non hanno alcun obbligo nei loro confronti, come giustamente dice il Presidente del CAI nel suo unico intervento.

    Le affermazioni dei vari esponenti seguono la stessa prassi su esposta: se ne assumono le responsabilità in qualunque sede!

    Per amore di cronaca: le Guide Alpine sono “Iscritti al Collegio” e non “Soci del Collegio” visto che i Collegi delle Guide Alpine sono Enti pubblici e non associazioni private!

  39. Come accennava Arianna, mi sembra che all’interno del CONAGAI le contraddizioni non manchino: danno il patrocinio all’importante evento di Assergi, ma, eccezion fatta per Pasquale Iannetti e Giampiero Di Federico, risulta totalmente assente il Collegio abruzzese. Il CONAGAI dunque dà il patrocinio a questo importante evento sulla Libertà, mentre nelle Marche tace (dunque acconsente) sull’ accordo siglato tra il Collegio Regionale, presieduto dalla Guida Alpina Marco Vallesi, e l’ente parco. Accordo che, vale la pena ricordare, prevede ad esempio, da parte di chi fosse interessato ad effettuare attività alpinistica sulle pareti Nord ed Est del Bove, la richiesta di autorizzazione al Collegio Guide Alpine Marche e relativo necessario nulla osta! Per fortuna Paolo Caruso, guida alpina, ha riportato l’attenzione su questa assurdità e sulla inaccettabile situazione creatasi. E per fortuna lo stesso pone l’attenzione sul recentissimo accordo quadro tra CONAGAI e Vigili del Fuoco, a quanto pare non condiviso da molte Guide, ma comunque siglato all’insaputa a quanto pare di molti soci dal Presidente Cesa Bianchi…e all’insaputa ovviamente del Presidente del CNSAS e del CAI! Credo che la necessità di difendere gli interessi della categoria, abbia portato in maniera evidente alcune persone a prendere decisioni arbitrarie, ricche di contraddizioni e non rispettose comunque delle libertà, competenza e responsabilità degli appassionati e degli altri frequentatori.

  40. l’esempio che fa Paolo è significativo.

     

    Si permette a qualcuno di fare certe cose e per compensare i danni che questo arrecherà  alla collettività, si chiede in cambio qualcosa, un contentino.

     

    Non mi sembra il modo giusto di frare.

  41. “Semplificando, le cave di marmo portano soldi e interessi collaterali, quattro sfigati che se ne vanno a zonzo per i monti (a piedi, con gli sci, con chiodi e moschettoni, ecc.) risultano poco interessanti, non solo in termini meramente economici ma anche d’immagine.”

    Giandomenico, su questo non ci sono dubbi. Ma un politico (un buon politico) deve avere una visione che va oltre quelle di tutti noi. Non può solamente pensare  a salvare la sua poltrona, oppure fare gli interessi di una certa lobbi sacrificando sempre e comunque i più deboli o sfigati. Non dico che deve ragionare sempre con il massimo rispetto dei principi etici/morali, ma anche senza calpestarli sempre a favore del più forte. Spesso e volentieri, la difesa degli interessi comuni è usata come paravento per favorere tutt’altro.

    Un equilibrio ci vuole.

     

  42. Qui da noi, per sistemare con i suoi elettori un annoso problema di rumore aeroportuale, un sindaco ha chiesto alla società aeroportuale di costruire un campo di calcio.  Forse le grida dei tifosi copriranno il rumore degli aerei, 🙂

    Intelligenza o furbizia? Per me un colpo al cerchio e uno alla botte con il proprio bicchiere pieno. Ma io ormai non capisco più nulla.

  43. La questione è a mio avviso più complessa e verte sulla pervasività della colpa.

    Quelle che un tempo si presentavano come scene di una disgrazia oggi si presentano come scene di un crimine. Pertanto, non si può biasimare più di tanto un sindaco che cerchi di pararsi il fondoschiena (poi magari c’è anche quello che ci crede pure).

    Comprendo ciò che dice Alberto ma la logica di fondo è sempre la stessa. Un sindaco che ci mette la faccia e il c…o deciderà probabilmente sempre per mettere il c…o laddove ci siano degli interessi in gioco di un certo tipo. Semplificando, le cave di marmo portano soldi e interessi collaterali, quattro sfigati che se ne vanno a zonzo per i monti (a piedi, con gli sci, con chiodi e moschettoni, ecc.) risultano poco interessanti, non solo in termini meramente economici ma anche d’immagine.

    A livello macro pensiamo cosa è successo con l’ILVA di Taranto (anche se non c’entra niente con l’argomento in oggetto) dove addirittura è intervenuto il Governo centrale.

    Un Sindaco che si trova a rischiare la galera, qualora debba prendere delle decisioni a rischio (e di decisioni a rischio deve prenderne diverse), valuterà sempre la contropartita. Se quest’ultima è pressochè nulla chi glielo fa fare di rischiare?

    Poi, come sempre, ci sono le persone meglio e quelle peggio. Quelle in grado di valutare, perchè sanno o perchè si circondano e si fidano di gente che sa, e quelle che fanno fatica a farsi il nodo ai lacci delle scarpe (le classiche teste di legno messe lì dai potenti di turno).

    In ogni caso il problema sta’ soprattutto a monte e trae origine in un comune sentire, sempre più vasto, che ha contagiato la politica, che fa le leggi, e la magistratura, che le applica.

    Bisognerebbe cambiare registro e rivedere di sana pianta il concetto di responsabilità, limitandolo ai casi assolutamente evidenti, e sostituendolo con strumenti solidaristici. Ciò al fine di evitare la ricerca di colpevoli che dovrebbero pagare e che poi spesso o non pagano o pagano in maniera esagerata.

    Ma sto’ parlando di cose talmente astruse che non so nemmeno perchè le posto.

  44. “Ha sottolineato come i Sindaci siano spesso gravati da grandi responsabilità in tutti i campi della pubblica amministrazione e come spesso siano poi bersaglio facile quando succede qualcosa.”

    quanto  a questo problema, faccio l’esempio di quando nella parte settentrionale delle Apuane ci fu il terremoto. Un certo sindaco ha emesso l’ordinanza di divieto a percorre certe cime, pareti, sentieri. Questo a suo dire per la salvaguardia delle persone che in caso di scossa avrebbero potuto trovarsi in pericolo.

    Però si è ben guardato di allargare l’ordinanza di divieto alla cave di marmo. Eppure queste cave sono nella zona interessata dal terremoto. Non erano forse in pericolo i cavatori in caso di terremoto?

  45. “Nella nostra società in generale, io vedo crescere una forte tendenza alla protezione e tutela del singolo da parte dello Stato, non solo nel campo dell’alpinismo. Le corporazioni stanno giocando in maniera interessata.”

     

    a me invece sembra che questa interesse dello stato a proteggere il cittadino sia solamente una scusa bella e buona per cotrollarlo sempre di più e limitarne la libertà. Oltre alla furbizia  dei funzionari pubblici per altro pagati profumatamente, per sgravarsi e tutelarssi dalle responsabilità.

    Me ne frego di fare le cose per bene. Poi tanto faccio l’ordinanza di divieto e mi salvo.

    Facile fare così.

    E’ il funzionario/politico che è a servizio del cittadino. Non il contrario.

  46. Finché c’è casino, ignoranza e incompetenza, va tutto benissimo, chi è capace potrà andare in montagna sempre più indisturbato, gli altri esperti da faccebucco discuteranno, litigheranno e magari si faranno più male o moriranno più spesso.

    Scusate lo sfogo.

  47. . I Parchi devono rivedere la gestione dell’intero ecosistema, ponendo l’uomo al centro del sistema.

    Non sono del tutto d’accordo. L’uomo non è al centro del sistema ma ne fa parte.

    Porsi al centro, vuol dire autorizzare a fare quello che più ci pare. Senza limiti, senxza il minimo rispetto dell’ambiente, con tutte le conseguenze del caso.

  48. Nella nostra società in generale, io vedo crescere una forte tendenza alla protezione e tutela del singolo da parte dello Stato, non solo nel campo dell’alpinismo. Le corporazioni stanno giocando in maniera interessata.

    Io spero che le corporazioni che operano nel settore (sci, arrampicata etc. ) stiano ben attente perché non sempre poi le cose si fermano al punto giusto per tutelare i loro interessi. Le cose spesso sfuggono di mano e l’incidente accade ( e ne sono capitati con professionista incluso) quindi l’autorità estende i divieti. Ma a quel punto la colpa non è dell’amministratore (che tutela se e l’amministrazione) ma di chi soffia sulla brace della paura e della sicurezza per i propri scopi economici.

    Io penso che se una situazione è di pericolo da motivare l’ordinanza di divieto,  lo è per i singoli, gli Istruttori e le Guide.

  49. Alberto ti sei risposto da solo: menefreghismo a parte, il punto è costituito da ignoranza e superficialità, sia nel dare l’ok al Rigopiano, sia nell’ emettere ordinanze.

    (poi comunque c’è da dire che in Italia siamo arrivati all’ assurdo che se non scrivi “occhio che se un camoscio ti tira na pietra puoi farti male” e uno si fa male davvero, le leggi gli permettono di mangiarti anche la casa…)

  50. “L’inverno passato 2017-18, sull’onda della tragedia dell’Hotel Rigopiano, tutti i Sindaci delle aree montane (Castel del Monte, L’Aquila, Farindola, Penne, Campotosto, Barrea, Roccaraso, Scanno, Ovindoli, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Fano Adriano e Pietracamela) hanno emesso delle ordinanze di divieto delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, di fondo, di sci escursionistico e di ciàspole. “

    Mi dovrebbero spiegare cos’ ha  a che fare la tragedia dell’albergo di Rigopiano con le attività  alpinistiche e i pericoli che ne possono derivare.

    Come sempre i politici e i funzionari pubblici se ne lavano le mani, si sollevano dalle proprie responsabilità , facendo di tutta l’ erba un fascio.

    I fatti di Rigopiano sono accaduti per ignoranza, superficialità e menefreghismo. L’alpinismo non c’entra nulla.

  51. Faccio notare che c’è un’enorme contraddizione: il Collegio Guide Alpine in diverse regioni e comuni italiani chiede e ottiene ordinanze con limiti altimetrici e “zonazioni” (vedi il caso Etna) assolutamente arbitrarie e non assolutamente collegate a situazioni di pericolo oggettivo.
    Come l’ordinanza a Stromboli (annullata dal TAR) che fissava il limite altitudinale a 400 metri o la delirante delibera di giunta in Lombardia che rispolvera la quota 600 metri come montagna e quindi esclusiva area di accompagnamento per gli aderenti del Conagai, compresi tutti i sentieri di tipo E (!) anche al di sotto.
    Ovviamente i limiti riguardano altri professionisti, come le Guide Ambientali Escursionistiche, allo scopo plateale di ritagliarsi esclusive in nome di una finta e ipocrita “sicurezza”, ma non gli escursionisti o le associazioni tipo CAI e similari.
    Non ho visto ne letto Pasquale Iannetti, ne’ nessun altro aderente al Conagai sottolineare queste vere e proprie fesserie.
    Due pesi e due misure?
    Oppure il solito corporativismo cieco, sordo e anche muto?

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