Paolo Ferri, docente di Didattica e Pedagogia speciale alla Bicocca di Milano interviene in difesa del Piano Scuola 4.0 contestato da Susanna Tamaro.
Piano Scuola 4.0, meglio educare che bandire
di Paolo Ferri
(pubblicato su corriere.it/scuola il 4 gennaio 2023)
In un recente articolo pubblicato dal Corriere della Sera, la scrittrice Susanna Tamaro si è pronunciata contro il cosiddetto Piano Scuola 4.0 e le altre misure del Pnrr che si propongono di digitalizzare gli spazi scolastici e formare insegnanti e dirigenti alle competenze digitali.
Ci permettiamo di dissentire e di ritenere i provvedimenti adottati dall’ex Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi estremamente necessari per promuovere l’alfabetizzazione digitale avanzata del nostro sistema scolastico. Il Piano – finanziato dal Pnrr con 2,6 miliardi di euro – prevede un intervento infrastrutturale su circa un terzo delle aule degli edifici scolastici italiani per trasformarle in spazi architettonici innovativi e tecnologicamente «aumentati».
Le scuole italiane, oggi, nella maggior parte dei casi, non hanno aule (e nemmeno laboratori) che permettano agli studenti di utilizzare i notebook e i dispositivi digitali ogni giorno per la didattica e lo stesso vale per gli ambienti virtuali di apprendimento e i software, anche i più basilari (fogli di calcolo o i word processor).
La dotazione tecnologica delle aule, oggi, si limita al registro elettronico e ad una Lim o ad un proiettore a disposizione dell’insegnante. I nuovi spazi di apprendimento, e volutamente non usiamo il termine «classi», invece, saranno molto differenti: avranno una disposizione fisica degli arredi a «geometria variabile» e cioè permetteranno un’agevole riconfigurazione in funzione delle attività didattiche e delle tecnologie digitali o analogiche necessarie per svolgerle.
Un modello di progettazione che è ben descritto nel Manifesto degli spazi educativi redatto dall’Agenzia governativa per l’Innovazione didattica (Indire) nel marzo del 2019. Si tratta del modello uno + quattro. Tutta la scuola (una appunto), secondo il Manifesto, dovrà essere un ambiente di apprendimento polifunzionale, connesso a banda ultra-larga e dotato di dispositivi digitali che abilitino, quando necessario, le attività quotidiane del gruppo classe. Inoltre, ogni plesso scolastico dovrà possedere «quattro» spazi.
a. Un’«Agorà» di tutta la comunità scolastica, un ambiente ampio, come un Auditorium, per la condivisione di eventi aperti anche al territorio (come l’orientamento in ingresso e in uscita), ma soprattutto per la presentazione in plenaria di progetti particolarmente significativi condotti dai gruppi classe.
b. uno «Spazio della scoperta e dell’esplorazione» e cioè una serie di laboratori tematici dotati di strumentazione specifica per l’osservazione, la sperimentazione e la manipolazione, reale e digitale, dei contenuti di apprendimento dove maturare competenze disciplinari e trasversali.
c. Una serie di «Spazi informali», intesi come luoghi dell’incontro, del riposo e della socialità: ambienti comodi e rilassanti per chiacchierare, consumare i pasti e divertirsi.
d. Una serie di «Spazi individuali»: per lo studio autonomo, la riflessione, la lettura e cioè postazioni riparate e protette con strumenti di lettura/scrittura individuale.
Il Piano scuola 4.0 si propone di integrare pienamente l’ambiente fisico dell’apprendimento con quello digitale. Ognuno dei quattro spazi descritti più sopra disporrà di una dotazione tecnologica adeguata: non solo dispositivi per gli allievi ma ambienti virtuali per l’apprendimento, stampanti 3D, visori di realtà virtuale, tavolette grafiche e software per la gestione di video e immagini e per programmare con il coding.
Il Piano Scuola 4.0 va poi combinato con le misure del Pnrr dedicate alla formazione degli insegnanti. Sarà costituito presso il Mim (Ministero dell’Istruzione e del Merito) un «Polo sull’educazione digitale» che coordinerà l’erogazione ibrida, cioè parte online parte in presenza, delle attività formative – basate sui Framework europei Digicomp 2.2 e Digicomp.Edu – per 650mila insegnanti e dirigenti.
Questa parte della Missione 4 – Scuola e ricerca del Pnrr è, infatti, finalizzata ad un obiettivo concreto e, insieme ambizioso: preparare prima gli insegnanti e poi i bambini e i ragazzi ad un uso critico, creativo e proattivo delle tecnologie digitali . Promuovere cioè competenze di cittadinanza digitale attiva che possano ridurre l’uso passivo e inconsapevole dei dispositivi e delle piattaforme digitali cui danno accesso. La scuola pubblica è l’unica istituzione sociale che possa svolgere in modo egualitario e garantito per tutti questa nuova alfabetizzazione.
Se il Pnrr non verrà modificato dal nuovo governo, potrà portare con sé un duplice vantaggio: appassionare bambini e ragazzi alla scuola attraverso linguaggi più vicini a quelli che utilizzano nella vita di tutti i giorni e, soprattutto, insegnare loro ad usare le tecnologie per la loro crescita personale e professionale e non come strumento di intrattenimento mercificato.
Si tratta di garantire ad allievi e studenti gli strumenti per divenire cittadini consapevoli della nostra società dell’informazione digitale e per permettere loro di conoscerla meglio e augurabilmente di cambiarla.
Il commento
di Carlo Crovella
La scuola è il contesto istituzionale dove le giovani generazioni imparano a vivere. L’apprendimento delle nozioni, per quanto rilevantissimo, è secondario rispetto all’imprinting che serve nel proseguo dell’esistenza. La scuola è una “cosa” seria, in essa ci lavorano “seriamente” milioni di docenti e per questo va affrontata seriamente dagli studenti (di ogni livello), nel rispetto di dettagli anche marginali come l’abbigliamento e il linguaggio. Un dettaglio che sta scappando dal controllo è l’utilizzo indiscriminato degli smartphone durante le lezioni in classe. Ha comprensibili motivazioni originarie, collegata a necessità didattiche (rapido accesso a testi, traduzioni, calcoli, ecc), ma ormai è stato sdoganato il suo utilizzo personale (e quindi ludico) in classe. Questo non va assolutamente bene: occorre che i giovani imparino a tenere separati svago e studio (in un domani il lavoro). Chi si abitua a smanettare durante le lezioni scolastiche, non avrà remore a farlo in pieno orario di lavoro. Tuttavia la soluzione non è vietare tout court il cellulare in classe. Occorre impartire agli studenti una precisa “educazione digitale”.
Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Non so che intenda l’autore quando scrive che le scuole non hanno spazi adeguati per l’utilizzo di notebook.
In ogni caso, avendo diversi amici insegnanti, so quanto sia stata forte la pressione, soprattutto nei primi mesi del 2020, all’utilizzo di tecnologia fino a quel momento estranea per molti di loro.
Per di più, purtroppo, nella maggior parte delle scuole pubbliche è consentito l’uso del telefonino in classe.
Come stanno facendo notare da anni psicologi e professori, condivido l’idea che si debba tornare a sviluppare la manualità, la fantasia e l’espressione sia verbale che corporea, visto che sono dilaganti i problemi legati alle capacità mnemoniche e di concertazione, per non menzionare quelli relazionali.