Polemiche in alpinismo
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Polemiche in alpinismo ci sono sempre state e probabilmente sempre ci saranno. Discussioni sulla liceità dei chiodi (Preuss-Piaz), accanite diatribe sulla liceità dello spit, sulla riattrezzatura delle vie storiche, sugli incidenti… e chi più ne ha ne metta.
Non dobbiamo fare altro che accettare la nostra litigiosità, subendo serenamente la nostra vera natura di umanità percorsa a volte da passioni anche violente. Viene perfino il dubbio che, senza polemiche, tutto potrebbe essere addirittura un po’ noioso.
Occorre vedere anche il lato positivo: discutere provoca attenzione e confronto, dunque favorisce discernimento e apprendimento da entrambe le parti.
Il particolare caso della polemica al riguardo di pretese menzogne da parte degli alpinisti (cito per tutte le decennali discussioni sul caso Casara e sul caso Maestri) è indubbiamente più delicato. Qui si coinvolge infatti l’onore di un individuo, dunque la polemica può apparire ancora più antipatica del solito.
Certi “processi” in qualche caso hanno una conclusione (per esempio, oggi è assodato che Peary non raggiunse il Polo Nord per primo, come quelli della mia età avevano studiato a scuola), ma nella maggior parte delle vicende non si giunge ad un preciso verdetto, con il risultato di avvelenare ancora di più la triste diatriba.
Lo stesso atteggiamento mentale che dovrebbe essere impegnato nelle polemiche di ordine classico (accettazione della litigiosità, visione positiva di quest’ultima) è quello che ci può salvare anche nel caso della polemica sulla verità raccontata da un individuo. E a maggior ragione.
Il primo step in questo cammino è ribadire il nostro credere nella “parola” dell’alpinista.
Il secondo passaggio, dietro l’insistenza dell’accusatore, è il pensare positivamente che nessuno è colpevole prima che la menzogna sia stata dimostrata e soprattutto che è doverosamente l’accusatore che deve costruire l’impianto accusatorio con dovizia di prove, mentre al contrario colui che si difende non deve fare nulla.
Il terzo passaggio dovrebbe vedere la “costruzione” di un disinteresse dell’opinione pubblica per il “caso”: purtroppo avviene quasi sempre il contrario. Infatti, se ci fosse disinteresse, prima o poi il castello di accuse crollerebbe da solo: mentre invece, tanto più c’è attenzione morbosa, tanti più puntelli all’impianto accusatorio chissà come vengono repentinamente reperiti e circolano alla velocità della luce. E ciò a dispetto dei puntelli della difesa che, chissà perché, girano sempre più lentamente.
Ciò detto, si può già concludere che la vis polemica è davvero un virus e nessun antibiotico potrà averne ragione prima di una sua naturale conclusione.
Infatti, se a dispetto di tutto, l’accusa dovesse rimanere e godere di un suo consistente seguito, allora è compito dello storico interessarsene: abbiamo con ciò chiamato il medico. Meglio sarebbe chiamarne più d’uno. Anche perché, al capezzale del malato, non troverebbero solo l’accusato ma semplicemente l’intero alpinismo, quasi moribondo.
Dunque gli storici devono agire, e presto. E sperare nella loro imparzialità.
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Collaborazionista del nazifascismo che si è finto pazzo per salvarsi le palle e farsi riportare in America. Leggere si legge ma bisogna essere consapevoli della provenienza della predica.
Quando c’è polemica c’è anche interesse e l’interesse porta generalmente ad una evoluzione che se espressa graficamente può però ricordare le quotazioni di borsa (alti e bassi).
Ciò che spesso manca nella polemica è il rispetto e la mancanza di quest’ultimo risulta molto fastidiosa, soprattutto quando a mancare di rispetto è chi sa poco o nulla di cosa si stia parlando.
del K2 Bonatti fu accusato di essere un polemico rompi balle.
Poi è venuto fuori che aveva ragione.
Mi viene subito in mente il K2 ed il mezzo secolo di polemiche
spesso e furbamente si da del solito polemico a chi prende una ferma posizione in difesa di valori in cui crede fortemente e lo ribadisce a voce alta.
Alpinisti pubblici ormai come pescatori?
Nel montagnare le frustrazioni per la frenesia di riconoscimento pubblico da anni fanno da padroni, poi bisogna trovare altre giustificazioni nevvero.
Auer semplicemente dice: ci sono persone luminose e altre che fanno di tutto per essere illuminate.
la storia… ora Comici era uno che sbagliava a gradare di quarto e avrebbe dovuto gradare quarto più 🙂