Profili – 03 – Gianni Lanza

L’idea iniziale era che in questa rubrica comparissero solamente arrampicatori o alpinisti dilettanti e non certo dei professionisti della montagna.

Non tanto per una sorta di antipatia personale nei confronti delle guide, anzi ho più amici tra di loro che nel sodalizio del CAI, quanto per la malcelata presunzione da parte di molti che le guide facciano qualcosa solo ed esclusivamente per il loro tornaconto. Cosa questa assolutamente non vera perché comunque alla base di questa attività svolta in qualsiasi forma c’è un solo motore, la passione.

Per ulteriori dettagli sulla rubrica Profili, vedi la presentazione fatta a suo tempo. Per Profilo 01 vedi Luciano Orsi; per Profilo 02 vedi Fiorenzo Michelin.

Profili – 03 – Gianni Lanza
di Elio Bonfanti

Di Gianni Lanza, del quale sono coetaneo, avevo già sentito parlare molte volte ed avevo anche ripetuto alcune sue vie, ma l’occasione per conoscerci é arrivata da una sua telefonata dove mi chiedeva se avrebbe potuto mettere mano ad un itinerario aperto da Gian Carlo Grassi e dal sottoscritto negli anni ‘80 del Novecento. Dato che alcune volte ho incontrato “personaggi” che hanno cancellato itinerari, gli hanno cambiato nome, o semplicemente li hanno schiodati per farli diventare “trad” senza nemmeno peritarsi di chiedermelo, l’educazione e il tono di questa telefonata me lo hanno reso subito simpatico e dirgli di sì è stata l’immediata conseguenza. Poi il suo curriculum di scopritore di nuovi itinerari ha fatto il resto ed ecco che ve lo presento.

Dafne Munaretto e Gianni Lanza in vetta al Père Eternel

Lanza è un professionista della Montagna, frequenta l’ambiente da tanti anni ed è uno scopritore di numerosi itinerari sia di arrampicata che di alpinismo. Tra la bassa Valle d’Aosta, il Biellese, la Valle dell’Orco e nel Finalese, ha aperto o richiodato un buon numero di vie. Mi pare però che la molla che lo muove in questa attività sia soprattutto la passione, sentimento che traspare anche nelle relazioni che fa e che inserisce sui siti https://www.vielunghevalledaosta.com www.vielunghefinale.com e www.montagnabiellese.com.

Gianni Lanza

Raccontami un po’ di te, della tua vita al di là della montagna.
La mia vita è totalmente legata alla montagna. In questi lunghi quarant’anni di professionismo ho saputo mantenere vivi l’entusiasmo e l’amore sia per la montagna che per la natura, in tutte le sue forme.

Quando hai iniziato ad andare per monti?
Ho iniziato nel 1973, avevo 12 anni, poi non ho mai mollato.

Siamo coetanei: quindi, essendo targati “Cartagine”, quali sono stati i personaggi che ti hanno ispirato?

Tra gli alpinisti mi hanno colpito molto Georges Livanos, Guido Machetto e Gian Carlo Grassi: ma soprattutto mi ha ispirato il fatto di poter fare delle scelte importanti misurandomi con la natura.

Ah però… tre personaggi molto diversi tra di loro. Il Greco scanzonato, ironico e smitizzatore con una spiccata idiosincrasia per le grandi fatiche e i bivacchi, Machetto (profondamente biellese), viceversa cultore di un alpinismo aperto a un mondo, le alte quote, che in quegli anni era in divenire. Da ultimo Grassi, romantico e sognatore, icona di un certo modo di intendere la montagna. Di ognuno di questi personaggi cosa ti ha maggiormente colpito?

Di tutti mi ha colpito il lato umano. Di Livanos l’ironia, così poco presente nell’alpinismo, di Machetto la poesia e di Grassi, a fronte di un’attività estrema ed enorme, la modestia.

Gianni Lanza (sotto) impegnato con Cesare Marchesi nella richiodatura di Superpanza, vBric Spaventaggi, Finale Ligure

Tike Saab cose è stato, hai voglia di parlarne?
Tike Saab è stata la prima scuola di alpinismo costituita da professionisti ad essere ufficialmente riconosciuta in Italia. Si è trattato di un bellissimo periodo della mia vita che mi ha permesso di rapportarmi con le amministrazioni pubbliche, di far conoscere le guide alpine e di riqualificare non solo alpinisticamente le montagne biellesi. Come tutte le cose ha avuto un inizio ed una fine ma questa parentesi ci ha permesso di costruire 5 ferrate, di riattrezzare alcune vie classiche della zona e di creare l’alta via che segue la cresta delle Alpi Biellesi per circa 40 km…

Quali itinerari di alta montagna hai percorso e in che anni?
Dal ‘76, allora avevo quindici anni. Quasi da subito ho arrampicato da capocordata e dopo aver salito le classiche delle Alpi Biellesi, mi sono spostato ad assaggiare le rocce della valle dell’Orco e del Piantonetto senza disdegnare le classiche pareti nord delle alpi occidentali. Successivamente sono venute salite di qualche importanza, oltre ad una delle prime ripetizioni integrali al Diedro Machetto alla Tour des Jorasses, ho ripetuto la via Heckmair sulla Nord dell’Eiger, lo Sperone Walker sulla Nord delle Jorasses, la Cassin sul Badile, la Lacedelli-Ghedina alla Cima Scotoni, la Cassin alla Cima Ovest e la Comici in Lavaredo. Ma sono ancora tante le salite che ho effettuato nelle nostre Alpi e negli Appennini, ad esempio solo sul Grand Capucin ho ripetuto tre itinerari tra cui due in invernale, la via Berardini-Paragot sulla parete nord e O Sole Mio sulla Sud. Ho anche fatto un po’ di attività in solitaria ed in free solo e tra le salite compiute mi piace ricordare la via Machetto al Becco della Tribolazione. Negli anni la mia attività di guida è stata molto intensa e nelle grandi “course” con i clienti sono molto legato alla ripetizione della Sud dell’Aiguille Noire.

La tua attività si è limitata alle Alpi o hai spaziato anche in giro per il mondo?
Dopo alcune spedizioni alpinistico-esplorative mi sono concentrato sulle spedizioni commerciali che ho condotto in prevalenza sui rilievi dell’Africa. Dal Wadi Rum in Giordania, al Marocco, all’Hoggar algerino per arrivare sino ai 4985 metri del Kilimanjaro in Kenya. Questi sono i luoghi dove ho potuto praticare sia lo scialpinismo che l’arrampicat,a aprendo anche tra l’Hoggar e il Marocco un certo numero di vie nuove. Nella mia attività mi sono anche spinto negli Stati uniti d’America raggiungendo la Yosemite Valley e la Devil Tower, ma è nelle montagne del Sud America che ho sviluppato un fitto programma di viaggi toccando l’Equador, il Perù il Chile e la Patagonia. In queste nazioni ho salito moltissime cime tra le quali addirittura quattro volte il Cotopaxi, il Huascaran e con un ragazzino di sedici anni la Torre Nord del Paine per la Via Monzino. Relativamente allo scialpinismo mi sono concentrato molto sulla Svezia e sulla Norvegia, che da sempre offrono un terreno perfetto e condizioni costantemente buone.

Dafne Munaretto in apertura di Le bionde e i grigi, Mont Charvatton

Ho saputo che hai attraversato il continente americano in 100 giorni.
Sì, è stata una staffetta lungo i 16 mila km dell’America iniziata a metà ottobre e terminata a metà febbraio di una ventina di anni fa. Questo affascinate viaggio, nel quale si sono alternati alcuni gruppi di escursionisti, prese le prime mosse ad Anchorage in Alaska e terminò ad Ushuaia alle soglie dei mari antartici. Andammo quindi dalle terre del mitico Yukon alle sconfinate lande patagoniche alla ricerca delle emozioni che solo le terre e gli uomini di quei luoghi potevano darci. Così, inseguendo le tracce degli alpinisti e degli esploratori del passato, potemmo rivivere le avventure e le scoperte di un epopea umana indimenticabile.

La professione di guida è la ragione per la quale oggi vai in montagna o la montagna è la ragione per la quale fai ancora la guida?
Senza dubbio la montagna è la motivazione: nel mio lavoro di guida, dopo i primi anni di assestamento, ho sempre proposto ai clienti cose che mi interessassero. Alla fine ho guadagnato molto meno che fare il tassinaro delle cime, ma ho preservato la passione, e tutto sommato mi son divertito.

L’accompagnamento: rischi, condivisione e soddisfazione in quale percentuale si mescolano?
Non lo so, fin qui facendo molta attenzione ho avuto fortuna; soddisfazioni molte. Per quanto riguarda i rischi, essendo sempre in montagna, per forza di cose sono stati molti, ma in realtà ci si abitua e non ci si pensa.

Dall’inizio della tua attività ad oggi cosa è cambiato di più?
Ai tempi del mio esordio la montagna era un luogo riservato a pochi; in tutti questi anni ho visto cambiare mode, persone, etica, frequentazione. Cinquant’anni di pratica sono molti, sono stato fortunato ad arrivare in tempo per veder sorgere il “Nuovo Mattino” e tutta l’evoluzione seguente.

Parlando di etica molte persone attaccano lo spit, ma secondo me il cambiamento radicale è dovuto all’isolamento: da quando si ha il telefonino, ovunque ti trovi puoi sperare la salvezza di un elicottero in tempi brevi. Una volta si ragionava nei termini di doversi arrangiare da soli, per cui anche più peso sulle spalle per essere autonomi ad affrontare eventuali difficili emergenze o ritirate: quando partiva il soccorso, ormai era già tutto molto compromesso. Ai grandi tradizionalisti, integralisti, chiederei di lasciare il telefono a casa.

Dafne Munaretto, prima solitaria della via Giampi Simonetti al Monte Mucrone, 6 agosto 2020

Quando hai iniziato ad aprire vie nuove e con che stile?
Ho iniziato negli anni ‘80, mi è sempre piaciuto arrampicare dal basso, inizialmente con i mezzi dell’epoca, poi con l’avvento del trapano e delle vie a fix, ho iniziato ad aprire delle vie, la maggior parte delle quali facili e ben protette che talvolta utilizzavo per portarci qualche stage di clienti che arrampicavano in autonomia da primi di cordata.

Quanto apprezzamento e quante critiche hai ricevuto per il tuo lavoro?
Non saprei, vedo nei siti di arrampicata che le mie vie, soprattutto le facili e ben chiodate, sono molto ripetute.

Oggi va di gran moda il “trad”. Cosa c’è di diverso con il trad… che facevamo noi prima dell’avvento dello spit?
Il nostro era trad forzato in quanto non c’erano altri mezzi per proteggersi, fare le soste, ecc. Adesso sembra un trad più sfizioso, trad sì, ma soste a fix, qui questo vale e questo no… a me che derivo dal passato (non prendetela per superbia) fa un po’ ridere. Ci son fessure, ci son friend adatti, più ne hai e più tutto si semplifica. Prendi una via come la via Staich al monte Cossarello, ci sono alcuni fix che sono stati messi dove all’epoca dell’apertura c’erano i chiodi tradizionali: sei trad? Lascia a casa i friend e falla così, allora avrai un’idea di come fu salita negli anni ’50. Lo stesso vale per molte altre vie più conosciute come la Fessura della Disperazione al Sergent, aperta quando i friend non esistevano ancora.

Vuoi parlarmi di qualche tuo compagno di cordata che ricordi con particolare affetto o simpatia?
Ho condiviso gli ultimi anni con Dafne Munaretto. Con lei, grazie al suo aiuto, ho potuto fare cose bellissime, riscoprire l’arrampicata in una chiave moderna, raggiungere obbiettivi insperati, costruire e aggiornare i nostri siti.

Hai qualche aneddoto divertente da raccontare?
Ne avrei molti: il cliché che mi diverte di più è quello dei banfoni. Li vedi strisciare come vermi che però, invece di stare all’amo di una canna da pesca, utilizzano questa per progredire, poi leggi i loro commenti… Tipo “facile via”, “ottima chiodatura”, “chiodatura distanziata ma sempre sicura”, “facile via da fare nel pomeriggio”… ne ho visti molti…

Materiale er la richiodatura di Superpanza

Tra le vie che hai aperto a quali sei più legato?
Le vie sono legate alle persone con cui le hai aperte, la via Tutto si farà alla Torre di Aimonin, la via Mani Gemelle ad Albard, e la via Le Bionde e i Grigi al monte Charvatton, le ricordo molto volentieri. Poi ci sono due vie aperte negli anni ’90 che non hanno ripetizioni, mi piace ricordarle per l’avventura vissuta quando le salimmo. Sono La via dei Biellesi allo Scoglio di Mroz e la via Notti Messicane all’altra faccia della Luna ad Arnad.

Per cui se dovessi consigliare a qualcuno di ripetere tre fra le tue vie, quali suggeriresti?
Sicuramente tra le recenti la via Le Bionde e i Grigi al monte Charvatton e poi direi Mani Gemelle ad Albard. Un terzo itinerario che vorrei consigliare, anche se non è stato aperto da me, è la via Superpanza a Bric Spaventaggi (Finale Ligure), della quale, dietro al preventivo consenso dell’apritore Alessandro Grillo, ho effettuato la richiodatura.

Hai sempre fatto tutto a spese tue o qualcuno ti ha aiutato?
Molto a mie spese, poi anche qualche piccolo aiuto è arrivato. Negli ultimi tempi è nata una collaborazione con l’azienda Grivel, che ci aiuta a sostenere il nostro sito www.vielunghevalledaosta.com.
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LE VIE
Via: Le Bionde e i Grigi al Monte Charvatton
Apritori: Gianni Lanza, Dafne Munaretto, Anna Mosca Siez e Carlo Torriere, il 12 e 13 agosto 2022
Zona: Bassa Valle d’Aosta Pontboset, Valle di Champorcher
Quota partenza: 850 m all’auto, 1000 m alla partenza della via
Quota vetta: la fine della via Le Bionde e i Grigi è posta a 1200 m
Sviluppo arrampicata: 260 metri
Tipo di apertura: dal basso con fix
Esposizione: sud-ovest
Protezioni: fix inox

Difficoltà: 6b, 6a obbl. (un breve tratto di 6c o A0 per la variante Lanza-Bizzocchi in comune con la via Tommy).

Note
La via è facilmente concatenabile con la prosecuzione della via Tommy, terminando quindi a 1500 m. L’itinerario si sviluppa sempre a sinistra di Quarant’Anni di Emozioni, riconoscibile per i vecchi fix scuri da 8 mm.

Gianni Lanza in apertura di Le bionde e i grigi, Mont Charvatton

Equipaggiamento: normale da arrampicata, 2 corde da 60 metri, protezioni veloci inutili

Accesso: arrivando dal Piemonte oltrepassare l’abitato di Bard, alla rotonda prendere a sinistra verso Hône ed imboccare la Valle di Champorcher. Seguire la strada principale fino a Pontboset ed oltrepassare un bivio a destra per Courtil rimanendo sulla strada principale: appena prima di un breve tunnel imboccare una strada a destra per Terrisse e Valvieille, e parcheggiare dove finisce la strada (parcheggio limitato).

Avvicinamento: salire lungo la scaletta a destra delle baite (indicazione per palestra di arrampicata Mont Charvatton) e proseguire lungo il sentiero nel bosco superando alcuni tratti attrezzati con gradini e mancorrente: proseguire con andamento verso sinistra per evidenti tracce che conducono ad una scala di ferro che si scende; poco oltre, una breve corda fissa porta in prossimità dell’attacco della via, scritta alla base. Ore 0.30.

L1: salire la placca lavorata appoggiata, 4a, che diviene leggermente più verticale, 4c, sosta su 2 fix da collegare, 30 m

L2: salire leggermente a sinistra e superare un tratto verticale, 5c, affrontare un muretto tecnico, 6a+, che porta ad uscire su bellissima placca con quarzi, 5c, spostarsi a destra in placca, 5b, e raggiungere la sosta da calata, 25 m

L3: salire una placca tecnica, 5c, proseguire con andamento verso sinistra, 6a, quindi rientrare verso destra proseguendo verticalmente, 6a poi 5c, fino a raggiungere la sosta in comune con la Via Tommy, sosta con catena o con due fix da collegare, 20 m

L4 (variante Lanza-Bizzocchi) in comune con la via Tommy: salire una placca inclinata verso destra, 4a, superare un tratto in camino, 5c, quindi salire un diedro strapiombante, 6c o A0, ed uscire a destra sullo spigolo, 6b+ o A0, quindi traversare a destra, 6a poi 5c fino a raggiungere due soste su fix da collegare in comune con la via Tommy, 20 m

L5: traversare a sinistra, 5a, quindi salire un bellissimo muro di quarzi lavorato, 5b, sbucando su una placca inclinata, 4a, sosta su 2 fix da collegare circa 1 metro a destra della viaTommy, 20 m

L6: ignorare i fix che salgono verso sinistra appartenenti alla via Tommy e seguire i fix con andamento verso destra in placca, 5c, superare un bombamento lavorato, 5c, quindi proseguire su bellissimo spigolo arrotondato in placca, 5c con passi di 6a, piegare leggermente a destra per raggiungere la sosta con un caratteristico buco che la rende comoda, sosta su 2 fix con cordone e anello di calata, 30 m

Dafne Munaretto in apertura di Le bionde e i grigi, Mont Charvatton
In arrampicata su Le bionde e i grigi, Mont Charvatton

L7: salire leggermente verso destra e superare un muretto, 5b, proseguire su bella roccia lavorata passando leggermente a destra della sosta della via Tommy, seguendo poi un andamento verso sinistra, 5a, raggiungere un tratto con roccia nera e superare un lieve muretto, 5c, quindi grazie a grossi buchi, 5a, raggiungere la sosta su 2 fix con cordone e anello di calata, 45 m

L8: salire per placca tecnica a buchi, 6a, raggiungere una lama staccata che toccando non si muove ma che ci sembrava dubbia e quindi l’abbiamo opportunamente imbrigliata (ovviamente prestare attenzione ed evitare di tirarla affrontando il passaggio a destra di essa; è stato aggiunto un fix in uscita proprio per aiutarsi con il chiodo piuttosto che con la lama). Salire quindi sfruttando la fessura a destra del blocco, 6b o A0, superare un placca (allungare la protezione), 6a, quindi affrontare un delicato traverso verso destra in placca, 6b, e risalire, 6a+ poi 6a fino alla sosta su 3 fix con cordone e anello di calata, 25 m

L9: salire la placca, 5c, ignorando a destra i fix di Quarant’Anni di Emozioni, proseguire in direzione di un canale, 4a, che si percorre, 4a, fino alla sosta su 2 fix con cordone e maillon rapide, 30 m

Da qui si può proseguire facilmente sulla via Tommy alla fine di L7 oppure effettuare le calate.

Discesa: in doppia sfruttando a piacere le soste della via Le Bionde e i Grigi oppure della via Tommy.
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Via: Giampi Simonetti al Monte Mucrone
Apritori: salita dal basso il 2 e 5 settembre 2017 da Gianni Lanza, Roby Sellone, Teo Bizzocchi, Seba Biolcati, Dafne Munaretto, Marco Roggero, Luca Ruffino e Giorgio Santimaria
Prima invernale: Teodoro Bizzocchi, Gianni Lanza, Claudio Lanza e Dafne Munaretto il 29 dicembre 2018
Prima solitaria: Dafne Munaretto il 6 agosto 2020
Zona: Monte Mucrone
Quota partenza: 2000 m
Quota vetta: 2335 m
Sviluppo arrampicata: circa 300 m
Tipo di apertura: dal basso con fix inox
Esposizione: nord-est
Protezioni: fix inox
Difficoltà: 6b, 5c obbl.

Note
La via nasce in ricordo di Giampi Simonetti, noto industriale biellese appassionato di alpinismo e scialpinismo. Una via contemporanea dalla linea incredibile, salita dal basso negli esigui spazi rimasti sulla Parete Piacenza, una delle poche che permette di raggiungere direttamente la vetta del Mucrone. Bella arrampicata di notevole sviluppo che segue le pieghe della montagna, su ottima roccia. La via è attrezzata con fix inox e permette una rilassante arrampicata con un obbligatorio relativamente basso, 5c. Tutti i passaggi più difficili possono essere superati in A0. L’idea è stata di aprire una via con una chiodatura molto popolare, adatta anche a chi, abituato in falesia, si cimenta per le prime volte su vie in montagna di più tiri. I gradi non sono severi.

Equipaggiamento: normale dotazione alpinistica; una mezza corda da 60 m che usata doppia è sufficiente in quanto i tiri non superano mai i 30 m. 

Accesso: da Biella raggiungere Oropa, Piazzale Funivie.

Avvicinamento
A
: dalla Stazione Superiore della Funivia di Oropa raggiungere il Lago del Mucrone e prendere il sentiero attrezzato che parte sulla riva sinistra e porta alla Ferrata del Limbo e al Sentiero del Limbo. L’avvicinamento si svolge in traverso su prati ripidi, attrezzati con corde fisse: utili imbrago e longe.

Giunti alla base della Parete Piacenza reperire la partenza della Ferrata del Limbo. La via attacca circa 10 m a destra della ferrata: ore 1.

B: segnato sulla carta percorso [2] da Oropa Piazzale Funivie, portarsi a monte del piazzale e imboccare la ex pista da sci Busancano. Salire lungo la pista, che giunta sotto ad un roccione detto Tetto Frachey svolta a sinistra: proseguire ancora sulla strada ignorare il bivio a sinistra che porta al Lago delle Bose, dopo una curva a destra reperire una traccia (D11b) che sale tra i mughi. Seguirla, e, dopo un tratto pianeggiante, risalire un ripido prato fino a raggiungere l’Alpe Bose 1705 m. Proseguire a monte della baita diruta, per ripida traccia fino ad arrivare in un ampio vallone che si risale verso sinistra, dopo circa 200 metri la traccia piega un po’ verso destra passando sotto alle pareti del Colle del Limbo (sulla sinistra), e con percorso ripido sbuca nelle grandi pietraie alla base della Parete Piacenza. Proseguire costeggiando le pareti verso sinistra fino alla partenza della via, che si trova poco a destra della Ferrata del Limbo, cartello con nome. Ore 2.

Dafne Munaretto sulla via Giampi Simonetti
Gianni Lanza sulla via Giampi Simonetti

L1: muro verticale e traverso a sinistra, 6b (A0), poi placca, 6a, e traverso a sinistra, 5c, 30 m; sosta con catena

L2: sperone, traverso a sinistra poi placca, 5a, 20 m; sosta con catena

L3: fessura e bombamento un po’ verso destra, 5c, 30 m; sosta con catena

L4: placca e muretto strapiombante, 5c, 15 m; sosta con catena

L5: traverso a sinistra, 5c, poi placca liscia, 6b (A0), 15 m; sosta con catena

L6: traverso a destra poi sperone, 5a, corda fissa per superare una breve fascia di rododendri, 30 m; sosta con catena

L7: sperone, 4a, 30 m; sosta con catena

L8: sperone, 4a, poi 3°, 30 m; sosta su 2 fix

Attraversare la cengia erbosa verso sinistra per circa 40 m e reperire la partenza del secondo salto. 

Dafne Munaretto sulla via Giampi Simonetti, prima invernale
Gianni Lanza sulla via Giampi Simonetti, prima invernale

L9: placca, poi leggermente a sinistra, 5c, poi 5b, 30 m; sosta con catena

L10: placca che in alto diventa verticale, 5c, passo di 6a, poi 5b, 30 m; sosta con catena, (a sinistra è visibile la vecchia sosta della via Lambada Gorge, aperta da Michele Fardo e Silvano Piovesan nel 1991 a ricordo di Giorgio Agosto, caduto in quell’anno dal Pilier Lomasti);

L11: placca inclinata, 4a, poi traversare a destra, (qui la via Giampi Simonetti aggira il salto rossastro stando a destra, i fix visibili che superano il tetto verso sinistra sono della via Ugo Angelino) 4c, 30 m; sosta con catena

L12: placca inclinata, 4a, 25 m; sosta con catena

L13: placca inclinata, 4a, poi 3°, 30 m; sosta su 2 fix

Variante di attacco: per facilitare la partenza esiste una variante aperta da Teo Bizzocchi e Seba Biolcati. Salire la ferrata per circa 20 m; partenza verso destra, A0, fino a collegarsi con la seconda sosta della via originale, 3° e 4a, 30 m

Discesa
Aggirare il blocco di roccia dove si sosta e andare verso destra su rododendri e erba. Poco dopo si incrocia il sentiero d’uscita del Canalino: seguirlo fino a raggiungere il Sentiero del Limbo, la croce e successivamente, per cresta, la cima del Mucrone, ore 0.15. Dalla cima scendere il sentiero ben segnato che passa vicino ai ruderi della Funivia Anticima e successivamente alla Bocchetta ed al Lago del Mucrone, ore 1.
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Via: Superpanza al Bric Spaventaggi
Apritori: Alessandro Grillo e Vittorio Simonetti per la parte bassa, con Giancarlo Croci per la parte alta nel marzo 1975.
Richiodatura: effettuata in due giorni nell’autunno 2022 da Gianni Lanza, Teo Bizzocchi Cesare Marchesi e Dafne Munaretto. Per la completa riattrezzatura il lavoro è stato fatto salendo dal basso utilizzando fittoni resinati.
Zona: Orco Feglino (SV)
Sviluppo arrampicata: 110 m
Tipo di apertura: dal basso con chiodi normali, ora risistemata a resinati
Esposizione: ovest
Protezioni: resinati da 10 mm e alcuni chiodi
Difficoltà: 7a, 6b obbl

Note
La via Superpanza all’omonima parete è qualcosa di spettacolare: pensare che Grillo e Croci avessero salito questi strapiombi dal basso con chiodi tradizionali, sostando in piena esposizione, fa venire i brividi. Fino all’ottobre 2022 la via versava in stato di semi-abbandono così, grazie al contributo dell’affittacamere Bonora, di www.vielunghefinale.com e con il permesso di Alessandro Grillo, abbiamo risistemato la via. Nonostante il grado obbligatorio possa apparire basso, la via si svolge su una parete strapiombante che richiede esperienza e sicurezza. La richiodatura, che ricalca quella originale, non banalizza le difficoltà. Nonostante storicamente nelle guide e/o siti vari la L2 sia stata riportata come di 6b+ o come 6c, percorrendo la vicina via Vuoto a Perdere, valutata da tutte le guide e/o siti vari 6c+, ci siamo resi conto che in particolare il primo tratto di L2 di Superpanza sia decisamente più duro e su appigli piccoli e dolorosi. Ci sentiamo quindi di proporre per L2 il grado 7a.

Dafne Munaretto in arrampicata su Superpanza

Equipaggiamento: normale da arrampicata

Accesso: dal casello di Feglino, scendere in direzione di Finale, quindi salire con svolta a gomito in direzione Orco: dopo circa 300 m parcheggiare in uno slargo sulla sinistra in corrispondenza di un bivio nei pressi della Località Sanguineo.

Avvicinamento: percorrere la strada di cava e superata la frazione, proseguire ancora dritto fino ad oltrepassare una cancellata. Procedere sempre dritto sino a dove la strada di cava piega a sinistra, imboccare il sentiero e dopo circa 50 m prendere l’evidente traccia a sinistra che conduce alla parete. Ci si trova quindi alla base della parete, che si segue verso destra salendo leggermente ad un terrazzo prima delle corde fisse, alla destra di un grande tetto giallo. Ore 0.10.

L1: salire il muretto a destra del grande tetto, 5a, fino ad una cengia con corda fissa, qui allungare molto le protezioni, traversare a sinistra per una decina di metri, 3, quindi salire verso l’evidente diedro rossastro, 5a, da cui si esce con un traverso verso sinistra, 5a, sosta su resinati inox da calata, 35 m

Dafne Munaretto in arrampicata su Superpanza
Gianni Lanza in arrampicata su Superpanza

L2: salire lungo lo strapiombo, primi metri duri 7a (vedi note), successivamente si è sempre in strapiombo ma si trovano a sorpresa buone maniglie e mano a mano che si sale la difficoltà diminuisce, 6c poi 6b, uscire quindi sulla placca grigia verticale, 6a, e raggiungere la sosta oltrepassando un fico, presenti 2 soste, entrambe con 2 resinati inox, 25 m

L3: salire verticalmente con bellissimi movimenti e appigli, 5b, proseguire seguendo le maniglie, 5b e 5c, piegare quindi verso destra, 5a, e raggiungere la grande cengia con sosta su 2 resinati da collegare sotto un evidente diedro, 35 m

L4: salire l’evidente diedro con bellissima arrampicata, 6b, traversare a sinistra, 6a, quindi salire il tratto leggermente strapiombante con buone prese, 5c, uscire oltre un alberello, qui traversare a destra reperendo la sosta su 2 resinati, 15 m

Discesa: dalla sosta di L4 con breve calata tornare alla cengia. Qui è possibile scegliere varie linee di calata, o lungo la via, oppure spostarsi leggermente a destra e calarsi su Vuoto a Perdere. Se ci fossero più cordate è possibile anche spostarsi a sinistra (faccia a monte) circa 40 m superando alcuni fix e una vecchia sosta su golfari arrugginiti, reperendo una nuova sosta su resinati appartenente alla via Popolo Migratore. Da qui una calata di 30 m deposita al lato destro di un grottone, quindi con una seconda calata da 55 m si raggiunge la base della parete. Rientro per sentiero di salita. Ore 0.30.

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Profili – 03 – Gianni Lanza ultima modifica: 2023-11-29T05:33:00+01:00 da GognaBlog

7 pensieri su “Profili – 03 – Gianni Lanza”

  1. 7
    valter says:

    per me le due cose fondamentali sono aver fondato Tike Saab, prima scuola di alpinismo in Italia , e …..madonna che viaggio Alaska – Ushuaia, ma come hanno fatto ?
    comunque Gianni Lanza, Guida alpina, è un grande.

  2. 6
    Marcello Cominetti says:

    Regattin, gradi a parte (comunque dubito che proprio Andrea Gallo abbia gradito Vuoto a Perdere 7a), la roccia di Finale è la stessa di Buoux ma anche di Lumignano (VI).

  3. 5
    Luciano Regattin says:

    Non bazzico dalle parti del Finalese da quasi 20 anni, ma i nomi, una volta che li associ ad una via che hai ripetuto, rimangono impressi nella memoria. Infatti, spulciando tra i ricordi scritti, riscopro di aver salito Vuoto a perdere negli anni in cui si partiva in folti gruppi dall’estremo nord-est per prendere bastonate a Finale nelle feste natalizie o pasquali. Un tipo di scalata  quella sui buchetti finalesi che da noi, per  meri motivi geologici, è sostanzialmente inesistente e richiede un pò di assuefazione e pratica. Detto ciò, tanto per continuare le chiacchiere da bar, le valutazioni della via, come da guida di Gallo dell’epoca (quella dei primi anni ’90 con in copertina Betta Belmonte in arrampicata sui Tre Frati), erano di 7a sul tiro più duro (tanto per smentire Cominetti :). E così è riportato sulle mie annotazioni :), Superpanza veniva dato invece 6b+ (il tiro più duro). Ciò a conferma che si sa che i gradi sono scolpiti sulla sabbia.
    Quanto a Lanza, tanto di cappello per aver spaziato in così tante attività, tra le quali gli invidio l’attraversata da Anchorage ad Ushuaia e per tutte le sue creazioni.

  4. 4

    Tanto per restare nei discorsi da bar:
    a metà degli anni ’90 con degli amici facevamo a gara a chi faceva Vuoto a Perdere (che era gradata 6c e non 6c+) con meno rinvii possibili.
    Ci ritrovammo a farla, Pietro Stranini, Pancesco e il sottoscritto, con solo l’ultimo rinvio prima della sosta. Siccome nessuno se la sentiva di farla free solo, omettendo quindi anche l’ultimo rinvio dove tra l’altro c’è un passetto delicato per arrivare in catena, ce ne andammo a bere delle birre.
    Questo tipo di “gare” le facevamo a fine giornata anche su altre vie: Ultima Via a Cucco e Vivere di Rabbia allo Specchio di Montesordo. Meno male che siamo ancora tutti vivi.
     
    Complimenti a Lanza per voglia e costanza.

  5. 3
    Umberto Pellegrini says:

    Bravo Gianni Lanza. La sua curiosità indipendente e pragmatica, ed il suo desiderio di esplorazione ovunque sono cose molto apprezzabili e rare; qui in Vallée ci sono sue vie in posti inimmaginabili, e, seppur su strutture a bassa quota, con avvicinamenti “ostili”, a volte.
    Quanto ai gradi, concordo con Enri. Per trovare il setteà bisogna salire, sempre a Spaventaggi,  “Steady state” oppure “Superplacca” (per il delicato), mentre per il fisico confrontabile a Superpanza bisogna salire “A kane” oppure “Oggi spingo” chiodate da Matteo Felanda, due bellissimi tiri a fianco di “Vuoto a perdere” che, per me, continua a restare il 6c+ più bello del mondo (ed è un vero peccato che sia stato richiodato a resina ma in maniera assai approssimativa).

  6. 2
    Enri says:

    Non credo che ne’ Superpanza ne’ Vuoto a perdere raggiungano il 7a nei tiri strapiombanti e che comunque Vuoto a Perdere sia un po’ più continua. Di questa ricordo una salita da ragazzino, fine anni 80, con il sole in inverno andato giù’ ed io che al buio non vedevo più nulla sull’ultimo passaggino delicato in placca in alto. Sono poi tornato spesso sulle altre vie. Considero anche io un grande risultato da parte dei primi salitori aver salito Superpanza.
    Sulla Superpanza sono state aperte molte altre vie successivamente anche su difficoltà’ molto più elevate. 
    Che piacere disquisire di mezzi gradi in più’ o in meno, quando qui ormai da tempo i commenti sono per la gran parte orientati a politica, geopolitica, crisi climatica….
    Ogni tanto due sane chiacchiere da Bar Centrale.

  7. 1
    Matteo Enrico says:

    “o semplicemente li hanno schiodati per farli diventare “trad” senza nemmeno peritarsi di chiedermelo” :)) meno male Elio che stavolta l’hai scritto tu! 🙂

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