Progressione in conserva corta
di Mauro Bolognani ed Emiliano Oliviero
Scuola Centrale di Alpinismo e Arrampicata Libera Scuola Centrale di Scialpinismo
(pubblicato su lozaino n. 8, autunno 2019. L’intera pubblicazione è scaricabile da qui)
Il presente lavoro, in riferimento alla progressione in conserva corta, è stato elaborato dalle Scuole Centrali di Alpinismo e Arrampicata Libera e Scialpinismo come aggiornamento a quanto utilizzato sino a ora e illustrato nel manuale Alpinismo su Ghiaccio e Misto. Per le considerazioni generali e i fattori che portano all’utilizzo della progressione in conserva durante la pratica alpinistica, valgono le indicazioni ampiamente trattate nel manuale stesso.
Dopo alcuni anni di utilizzo e diverse sperimentazioni sulla progressione in conserva corta, si è concordato di sostituire il barcaiolo utilizzato come collegamento della corda all’imbracatura dei componenti della cordata con un nodo autobloccante. Utilizzando un nodo Machard eseguito su un moschettone a ghiera a tripla sicurezza, si avrà la possibilità di variare la distanza tra i componenti della cordata in modo agevole e veloce adattando il movimento della cordata stessa al tipo di terreno. Con la progressione in conserva corta, si consiglia l’utilizzo di una corda intera, in particolare su terreni prevalentemente rocciosi o a progressione mista. Il presente elaborato, riveduto in alcune parti rispetto alla precedente stesura, vuole essere un primo passo per riconsiderare un argomento delicato quale la progressione in conserva, tecnica che prevede buona esperienza da parte di chi conduce la cordata, in considerazione dell’aspetto psicologico e dell’elevato rischio derivanti dal suo utilizzo. Si ringraziano gli istruttori delle Scuole Centrali per il contributo alla stesura del presente lavoro.
Premessa
Quando si adotta:
– Quando le difficoltà del percorso non sono eccessive;
– Quando si vuole ottenere una progressione costante e veloce;
– Quando nella progressione su neve/ghiaccio non ci sia il rischio di cadere in un crepaccio (es. creste e pendii);
– Quando la differenza di peso tra i componenti la cordata non sia eccessiva (ad esempio: capocordata molto leggero rispetto al peso del componente meno esperto).
La progressione in conserva corta non prevede vincoli tra la corda e la montagna, si evidenzia che la corda crea un vincolo tra i componenti della cordata stessa, pertanto è necessaria la massima e continua attenzione. La progressione deve avvenire sempre a corda tesa, perché l’eventuale perdita di equilibrio deve essere immediatamente contrastata attraverso l’uso corretto della corda. L’azione decisa e immediata sulla corda consente, anche in caso di un’eventuale scivolata, di bloccare sul nascere il movimento errato del compagno, prima che questi acquisti velocità. L’istruttore o il capo cordata, prima di utilizzare questa tecnica è bene che si consulti con i compagni di cordata mantenendo con essi una buona comunicazione acustica e visiva.
E’ essenziale che la distanza tra i componenti la cordata sia al massimo di 2-3 metri.
Come ci si lega
I due componenti si legano al capo della corda con il nodo a otto infilato.
Con la corda si esegue un numero sufficiente di spire attorno al busto.
Le spire della bambolina vengono bloccate con un nodo bulino. L’asola che fuoriesce dal nodo può essere fissata all’anello di servizio dell’imbracatura con un moschettone.
Fissata la bambolina, con altri 5-6 metri di corda si eseguono alcune spire da utilizzarsi come scorta rapida per variare velocemente la distanza tra i componenti.
La corda che va al compagno verrà fissata all’anello di servizio dell’imbracatura con un nodo Machard eseguito su un moschettone a tripla sicurezza (trilock). Per maggior sicurezza all’uscita del nodo autobloccante, verso la corda non utilizzata, si eseguirà un asola autosciogliente.
Per fissare il nodo Machard all’imbracatura è bene utilizzare un moschettone a tripla sicurezza (Trilock); in alternativa si può utilizzare un moschettone a ghiera, adeguatamente chiuso.
Cordata a tre
Nella cordata da tre elementi, i due componenti con maggior esperienza si legheranno ai capi della corda con un nodo a otto, accorciando la distanza verso il componente centrale con il metodo precedentemente illustrato (Figure 1-6). Il componente intermedio, solitamente il meno esperto, si legherà al centro della corda utilizzando un nodo autobloccante (Machard o Prusik).
Per esigenze didattiche, il più esperto potrà decidere di legarsi al centro della cordata; in questo caso occorre essere certi che un’eventuale scivolata non pregiudichi la sicurezza della cordata stessa in quanto, il capocordata inesperto potrebbe trovarsi in difficoltà nell’arrestare un’eventuale caduta o scivolata del terzo componente.
Sequenza delle operazioni
Nella cordata a tre il componente intermedio si vincolerà alla corda di cordata con un autobloccante. Le foto 8-9 illustrano due metodi altrettanto validi.
Il collegamento del componente intermedio con nodo Machard permette di avere un vincolo più stretto tra imbracatura e corda.
Il collegamento del componente intermedio con nodo Prusik, permette di avere un minimo di lasco tra imbracatura e corda. In questo caso la lunghezza del collegamento deve essere comunque molto ridotta.
Considerazioni:
La posizione del capocordata varierà in funzione del terreno: in salita procederà davanti, in discesa si posizionerà dietro.
I meno esperti non avranno un magazzino di corda per variare la propria distanza ma sarà solamente il più esperto ad avere la corda non utilizzata per variare eventualmente la distanza tra i componenti.
Si rammenta l’importanza di procedere a distanza ravvicinata, non più di due/tre metri, tra i componenti della cordata.
Se, per esigenze didattiche, il capocordata decidesse di legarsi al centro, la scorta di corda andrà distribuita tra gli altri componenti della cordata.
Casi particolari
La corda non utilizzata, anziché avvolta a bambolina può essere riposta nella sua sacca (figure 11a, b, c) o nello zaino (figure 12a, b, c) in maniera adeguata. In caso di necessità deve poter essere sfilata senza intoppi. Nel caso che il capo della corda non venga fissato all’imbracatura, prima di riporre la corda nella sacca o nello zaino è bene eseguire un nodo a otto ad almeno un metro dal capo libero, come preavviso che la corda è al termine.
Nella conserva corta è bene non tenere anelli in mano e procedere a corda tesa. Una mano sulla corda impugnata (figura 13a) può essere utile come contatto diretto verso i compagni di cordata. Su particolari terreni, come percorsi non impegnativi su roccia e misto, potrebbe essere comodo tenere in mano una piccola scorta di corda, utile per farla passare dietro a spuntoni o ad altri ancoraggi naturali. La scelta di formare un anello chiuso sulla mano oltre ai normali anelli auto sfilanti, in controtendenza rispetto a quanto scritto sino a ora nei manuali, deriva dal fatto che l’anello chiuso attorno al palmo della mano permette una pronta reazione del capocordata utile a contrastare un’eventuale perdita di equilibrio del compagno prima che questa si trasformi in scivolata o peggio in una caduta, cosa che non si potrebbe ottenere solamente con gli anelli auto sfilanti in mano (figura 13c).
In conclusione
Si ricorda che nella conserva corta la corda va tenuta sempre tesa e mai lasca, in quanto, come già detto, l’obiettivo è di poter recuperare prontamente un’eventuale perdita di equilibrio del compagno e non arrestare una vera e propria caduta. Va ribadito che questo tipo di progressione richiede continua attenzione, buona esperienza e capacità da parte del capocordata, valutando continuamente a quale rischio stiamo sottoponendo l’intera cordata. Se i rischi superano i benefìci, o nel caso in cui ci sia maggior esigenza di sicurezza, si dovrà optare per un altro sistema di progressione, passando a una conserva protetta o a una progressione a tiri.
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Cominetti. Hai proprio ragione Marcello: è sull’apparentemente facile che si vede il mestiere e l’esperienza. Mi hai ricordato un grande chef francese che ho conosciuto in Svizzera in un albergo di superlusso. Selezionava i giovani collaboratori facendogli fare un’omelette, semplice e piana. Non ci sono margini. O è perfetta o non la puoi mascherare all’occhio di un grande esperto con qualche trucchetto.
Nel mio commento non volevo parlare di diffidenza ma solo semmai di pragmatismo. È chiaro che non mi lego al cliente se quest’ultimo è di un certo tipo, mentre mi ci lego eccome se ha più capacità e magari improvvisa una sicura a spalla o su spuntone dimostrando che sa a cosa serve meccanicamente parlando. Resta fondamentale il sapere adottare l’assetto giusto al volo. Quando facevo l’istruttore ai corsi guida, ricordo che il terreno facile era il più complesso da affrontare per gli allievi, magari ottimi alpinisti, ma che laddove dovevano prendersi cura del cliente imbranato trovavano più difficoltà che ad andare slegati ognuno per sé, come facevano con l’amico di pari o simili capacità. La progressione di conserva a corda corta la si impara proprio facendo il mestiere. Servono a poco le basi da manuale se non si è costretti ad applicarle migliaia di volte sul terreno. E non sarà mai abbastanza!
@12. Molto giusto e saggio quello che dici. Valutare la situazione specifica e decidere. La mia “diffidenza” nasce da un’esperienza traumatica accaduta quasi 45 anni fa ormai. Torrione di Entreves. Meta di ripiego, causa tempo umido e bruttino. Davanti a noi (io e due amici, uno valdostano, poi diventato guida) c’è un giovane aspirante guida di Courmayeur con cliente svizzero. Facciamo colazione insieme al Torino dicendo le solite cose. Va avanti lui. Procede di conserva con anelli, come noi. Schema classico. Poco prima di arrivare all’attacco della via inspiegabilmente scivola su un lastrone umido. Cade nel vuoto picchiando in modo fatale la testa, come scopriremo dopo calandoci. Il cliente viene trascinato verso il basso. Come in un film accade il miracolo. La corda si incastra tra due massi, il cliente sbatte contro la roccia, si acciacca di brutto, ma si ferma. Noi cerchiamo di fare quello che si può prima che arrivino i francesi con l’elicottero e il soccorso da Courmayeur. Questa dolorosa sequenza è rimasta nella mia mente, indelebile nonostante il tempo passato, tutte le volte che faccio gli anelli e penso alle responsabilità che reciprocamente ci assumiamo io e l’amico invecchiato di oggi.
Più che la diffidenza, la peculiarità di ogni contesto che, in quanto tale, richiede una rielaborazione degli elementi per scegliere quale modalità adottare. Con clienti non puoi slegarti se si considera presente il rischio d’inconveniente serio. L’alternativa è non fare quella cresta/via con quella persona, non all’altezza del terreno in questione.
Cominetti & Merlo. Grazie delle risposte. A parte la progressione in piano su ghiacciaio, mi avete confermato la diffidenza personale verso la conserva, soprattutto su roccia o cresta. Se diventa difficile (e oggi questo limite per me si è abbassato) meglio fare i tiri a costo di rallentare e se è facile ci si mette più o meno lo stesso tempo a far su la corda e metterla nello zaino e ognun per se’. Negli altri casi dove può convenire per diversi motivi non mi sembra male la scelta Cominetti, anche nel rapporto tra amici. Tanto, o uno tiene la caduta con la corda a mano e contando sugli attriti che cerca di garantirsi sul percorso o meglio uno che due. Sperando ovviamente di non trovarsi mai in quella situazione.
Non mi vergogno di dichiararlo pubblicamente. Nella progressione in conserva o corda corta, io faccio la “bambola” e me l’appoggio tra collo e zaino. Tengo la corda in mano usandola come da prassi, ma non la collego al mio imbrago. Se cado muoio. Intanto quel cliente non mi assicurava di certo. Se cade lui lo tengo. A mano, spuntone, ecc…. se pesa troppo lo mollo, con bambola e tutto. Che senso ha morire in due?
Ora bloccanti meccanici a sostituire il cordino ideale su terreno di conserva e intervalli di brevi progressione in cordata. Poi tutto dipende da terreno compagno condizione personale tempo disponibile orario stagione visibilità ecc
@Cominetti o altri. Per colpa mia siamo finiti fuori via seguendo un diedro parallelo. Cosa ne pensi del quesito tecnico al n. 3 ?
Bravo Alberto, alla faccia delle paure della responsabilità giuridica. Dove non c’è rischio non c’è crescita. Io ho notato che la pandemia in una parte dei ragazzi che conosco ha evidenziato l’importanza di un progetto di vita. Non ci sono più cialtroni che ai nostri tempi, ci sono solo un sacco di ragazzi ai quali è stato impedito di crescere cercando di proteggerli. Ma forse la botta ricevuta, la prima vera per molti, se riusciranno ad elaborarla, potrebbe tirarli fuori. Qualcosina possiamo fare anche noi per loro.
Faccio i miei più sinceri auguri a questi giovani.
Sabato scorso sono ritornato in val di Mello a rifare Luna Nascente. E’ la quinta volta che la faccio. Ma ci sono andato volentieri perchè me l’ha chiesto un ragazzo se ci andavo con lui. E’ stato bello perchè ho rivisto in lui l’entusiamo che avevo quando nei primi anni 80 la feci la prima volta.
Grazie Alberto. Non c’entra con la progressione corta ma voglio condividere un’emozione. Oggi, di passaggio da Milano, sono stato dopo quasi un anno nella mia palestra di climbing. Ho arrancato di brutto, con umiltà, ma sono uscito felice come un bambino. Per questo frammento di normalità e per la speranza che ho visto negli occhi dei ragazzi che la gestiscono e che poco prima del Covid avevano investito un capitale per farla diventare una delle palestre più grandi d’Italia. Si sono organizzati con rigore e diligenza. Credo molto in questi giovani. Non sono tutti cialtroni. Amano le stesse cose che abbiamo amato noi. Purtroppo solo i cialtroni fanno notizia, ma noi non dobbiamo cadere nella trappola: siamo diventati saggi o almeno fingiamo di esserlo.
Roberto, ti sei già risposto da solo.
Una domanda tecnica rivolta ai professionisti, della cui competenza professionale ho la massima e reverente stima. Prima di tutto Marcello Cominetti. Vedo che qui si consiglia un marchand per collegare la corda all’imbrago alla fine della bambolina. Quando nel giurassico ho fatto il corso di ghiaccio alla Parravicini del CAI Milano mi fu detto di fare un’asola. Così ho sempre fatto, anche se mi sono sempre sentito a disagio con la conserva: troppe responsabilità di tirar giù anche il compagno. Ricevo periodicamente una newsletter di Petzl: marketing + consigli. Nell’ultimo numero ho visto che di nuovo viene indicata la modalità dell’asola. Cosa ne pensate? Certo il Marchand consente di allungare la corda senza sciogliere l’asola. Ma quanto spesso accade? Il marchand non crea un po’ di casino all’imbrago ? Per quanto riguarda gli anelli di corda in mano, l’estate prima del covid sono stato per due settimane nel Vallese. Ho visto che gli svizzeri, guide e non guide, usano alla grande gli anelli a mano, anche su pendenze che mi hanno lasciato perplesso sulla possibilità di tenere una scivolata, ma ho osservato in silenzio sperando per loro il meglio. Grazie dei consigli/chiarimenti.
In cambio, se mai vista,la rivista, anzi .. “magazine”
https://aquilesanmartino.com/aquile-magazine/
Utile esercitarsi in pratica fuori situazione, ripetutamente finche ‘ i gesti diventano automatici.Grazie al link, scoperta rivista Lo Zaino.