Quando i Pontefici si opposero al colonialismo schiavista

Quando i Pontefici si opposero al colonialismo schiavista
di Antonio Gaspari
(pubblicato su orbisphera.org il 19 agosto 2019)

Ancora oggi, in diverse parti del mondo, i cristiani vengono criticati e accusati di non essersi opposti in maniera adeguata alle politiche di colonizzazione e alle brutalità commesse dai colonialisti nei confronti dei popoli indigeni. 

In prossimità del Sinodo sull’Amazzonia, che si svolgerà a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019, durante il quale la questione del rapporto tra la Chiesa e il Neocolonialismo sarà uno dei temi di discussione, il sito www.uccronline.it ha pubblicato un interessantissimo studio dal titolo: Cristianesimo, Chiesa cattolica e la schiavitù

Lo studio è accurato, con molti riferimenti bibliografici di fonti diverse. Molto attento a distinguere bene le responsabilità delle politiche colonialiste e schiaviste.

Lo studio precisa che, molto spesso, il fatto che alcuni Paesi colonizzatori, come la Spagna, la Francia e il Portogallo, fossero ritenuti “cattolici”, ha indotto taluni ad accusare la religione piuttosto che la politica perseguita dai sovrani.

Bisogna inoltre ricordare che, nel XVI secolo, in buona parte del Nord Europa, dall’Olanda all’Inghilterra, la Chiesa cattolica viveva una forte crisi a causa della riforma protestante e anglicana.

La Corona britannica inglese, per esempio, contribuì al genocidio dei pellerossa e sostenne politiche colonialiste aggressive, crudeli e fortemente improntate al commercio e allo sfruttamento degli schiavi.

Secondo lo storico della filosofia Domenico Losurdo, a metà del Settecento «è la Gran Bretagna a possedere il maggior numero di schiavi (878.000)» (cfr Domenico Losurdo: Controstoria del liberalismo, Laterza 2006).

Il sociologo e storico Rodney Stark ha affermato, a sua volta, che: «lo spirito del tempo era – con l’eccezione della Chiesa cattolica – favorevole alla tratta degli schiavi».

Da una ricerca accurata risulta infatti che la Chiesa cattolica è stata l’unica istituzione ad aver alzato la voce in difesa degli indigeni.

Gli storici francesi Jean Andreau e Raymond Descat, nel volume Gli schiavi nel mondo greco e romano (Il Mulino, 2006), hanno scritto che la Chiesa cattolica è stata in prima fila nella battaglia contro la schiavitù: «lo fu ai tempi di Carlo Magno. Nel IX secolo con il vescovo Agobardo di Lione. Nell’XI con Sant’Anselmo. Nel XIII con Tommaso d’Aquino. Nel 1435 con Papa Eugenio IV. E lo fu soprattutto quando il tema degli schiavi riemerse in Europa dopo la scoperta dell’America».

Diverse bolle e documenti pontifici condannarono la schiavitù e minacciarono la scomunica a coloro che avessero ridotto in schiavitù gli indigeni.

Ricorda il dossier dell’UCCR che nel 1430, quando la schiavitù riemerse in Europa, Papa Eugenio IV (1383-1487) indirizzò alle autorità religiose delle Isole Canarie la Bolla Sicut Dudum (1435) con la quale, in modo netto e senza ambiguità, condannava la schiavitù delle popolazioni indigene e, sotto pena di scomunica, concedeva a chi era coinvolto nello schiavismo quindici giorni dalla ricezione della bolla per «riportare alla precedente condizione di libertà tutte le persone di entrambi i sessi una volta residenti nelle dette Isole Canarie». 

«Queste persone – affermava la Bolla pontificia – dovranno essere considerate totalmente e per sempre libere e dovranno essere lasciate andare senza estorsione o ricezione di denaro».

Il 7 ottobre 1492 anche Papa Pio II (1405-1464), attraverso la lettera Rubicensem, ricordò al vescovo della Guinea portoghese che la schiavitù è «un grande crimine».

Papa Paolo III in un ritratto di Tiziano Vecellio.

Il 2 giugno 1537 Papa Paolo III (1468-1549), scontrandosi con le autorità laiche, emanò la memorabile Bolla Veritas Ipsa (conosciuta anche come Sublimis Deus), con la quale spazzò via tutti gli appetiti schiavistici sulle popolazioni del Nuovo Mondo. In tale Bolla era prevista la scomunica per tutti coloro che avessero ridotto in schiavitù gli Indios o li avessero spogliati dei loro beni.

Il Pontefice Paolo III condannò le tesi razziste, riconobbe agli indigeni, cristiani o no, la dignità di persona umana – «Indios veros homine esse» – e proclamò il divieto di ridurli in schiavitù.

Il Papa definì i coloni dei «violenti», portatori di potenti interessi coloniali, e addirittura «manutengoli di Satana, desiderosi di soddisfare la loro avidità, e costringere gli Indios occidentali e meridionali e altri popoli, che ci sono venuti a conoscenza in questi ultimi tempi, a servirli come fossero animali bruti, sotto il pretesto che non hanno la fede».

È scritto nella Veritas Ipsa: «Con l’autorità apostolica e attraverso questo documento, stabiliamo e dichiariamo che i predetti Indios, e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione, non si possono privare della libertà e del dominio delle loro proprietà, e che è lecito ad essi godere della loro libertà e dei loro beni».

Parole forti, che valgono ancora oggi e che troveranno pieno riconoscimento al Sinodo sull’Amazzonia.

Fonte: UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali)
https://www.uccronline.it/2012/11/26/cristianesimo-chiesa-cattolica-e-la-schiavitu

Quando i Pontefici si opposero al colonialismo schiavista ultima modifica: 2019-11-07T04:12:34+01:00 da Totem&Tabù

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1 commento su “Quando i Pontefici si opposero al colonialismo schiavista”

  1. E’ ben vero che il papato fu la prima istituzione e il cattolicesimo la prima religione a condannare la schiavitù.
    A parer mio però solo perché timore della concorrenza!

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