Quando il cielo dialoga con l’inferno
di Andrea Gobetti
(pubblicato su Montagne360, gennaio 2019)
Quando cominciò a nevicare il grande Spirito si accorse che di tutte le bestie che aveva creato non ce n’era nessuna capace di sciare.
Come la neve fu spessa due metri lo capì anche Lucifero, che da buon primo della classe non perse l’occasione di deriderlo.
«Allora provaci tu, brutto cornuto!», gli rispose lo Spirito creatore.

Il diavolo sì che ci provò, sedendosi sulla coda biforcuta, ma con penosi risultati. Il suo fiato di fiamma fece sciogliere tutt’attorno a sé la neve, che ruscellò friggendo zolfo sugli zoccoletti, mentre sprofondava nel fango. In quell’impiastro di neve sudicia, giallastra, il forcone non serviva a niente mentre le alette, battute freneticamente, sollevavano una bufera circolare in cui lui non vedeva più niente.
Se ne andò umiliato e fangoso con la coda fra le gambe. Ma covò vendetta. Il demonio non sopportò mai che lo Spirito primigenio, dopo la figuraccia che gli aveva fatto fare, avesse lasciato all’uomo la libera scelta di saper sciare o no. Come vide che i primi sciatori trovavano subito fuori casa lo Spirito dello sci ad accoglierli spazioso, allegro, stimolante, a buon mercato il cornuto s’infuriò davvero e scommise con se stesso che sarebbe riuscito a far diventare un inferno anche la candida neve.
A puntare sul peggio sapeva che con l’uomo sbaglia poco e con quel denaro che lui caca di continuo fece dello sci una montagna di soldi, ma scacciò il suo spirito il più lontano possibile da dove si scia.
L’incontro
La prima volta che lo incontrai sciavamo di notte, in salita verso il Col des Trois Fréres Mineurs, dove ora assiderano i migranti sedotti dalle mappe elettroniche a quel facile sconfinamento sopra il Monginevro.
Salivamo a passi cauti, in un silenzio che solo la notte invernale senza vento rivela in un tripudio di acufeni, il buio era tale che invece dell’immagine si formava come una nebbia biancastra al confine con le stelle in cielo. Sul colle aspettammo che uscisse la luna e poi scendemmo tra i cristalli di neve che riflettevano la sua luce bianca in milioni di punti arcobaleno. Era senz’altro lo spirito dello sci.
Da allora me lo ritrovai compagno in gite anche meno spettacolari. Gli sci trasformano l’uomo in uno strano animale che picchia come un falco, ma lascia tracce di serpente. È una sintesi eccellente del dialogo del cielo con l’inferno, molto più spiritosa di quella invocata da molte bandiere con uccellacci che divorano serpentacci.
La traccia degli sci rasenta il paradosso: è ondivaga in salita e ancor più in discesa. Essa punta a un traguardo determinato, ma per un percorso imprevedibile, con curve e salti decisi da un momento all’altro, troppo in fretta per programmare. Se ti sei gettato come un pazzo giù per un bosco fitto, si va al ritmo dell’affronta e dimentica! Se risali un’ampia schiena d’asino sarà la danza del minimo sforzo a farti compagnia da un’isoipsa all’altra.

Lo sciatore propone e la neve dispone
Lo sci sa domare sia la noia che la paura. Gli sci, tali e quali alla penna del poeta che volteggia sulla pergamena, danno un’immagine evidente del passato, del futuro e di te che ci stai in mezzo e provi a decidere dove farlo andare. Provi dico, perché lo sciatore propone e la neve dispone.
Se manca la rima: Bum! Punto e a capo. Ti rialzi una riga sotto.
Altre volte piglia agli sci la smania del lontano, vogliono far scivolare neve sin all’orizzonte e da quello, su e giù, sino al successivo e magari oltre; conoscono e salutano le vette per nome come il navigante le stelle, le vedono apparire lontane e altrettanto remote spariranno dietro le loro code.
Che ci vuoi fare? Lo spirito, prima o poi, scappa dalla bottiglia, lo sanno tutti gli appassionati di grappini, e gli sci spiritosi fuggono gli imbottigliamenti consigliati, imbrattano l’inverno di tracce ribelli, troppo spesso vissute, vituperate e perseguite come attentati alla pubblica sicurezza.
Il branco ha le sue leggi, ma lo Spirito dello sci ne fa volentieri a meno.
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Spassoso e immaginoso! Bello, bello! 🙂
Bellissimo, mi stupisce che 360 l’abbia pubblicato.
Fantastico Andrea Gobetti !
Che bella la prosa del Gobetti, che sembra poesia. Bravo e godibile
Il brand Gobetti è sicurezza di successo del testo che ti appresti a leggere. Dopo, sei ancora più contento. L’aspetto miracoloso è che rileggi un suo testo che pure conosci a memoria e ti risulta coinvolgente come fosse la prima volta che lo affronti.