Ravanàge
(l’arte di incasinarsi in montagna)
di Alessandro Agh Ghezzer
(pubblicato su girovagandoinmontagna.com il 25 novembre 2016)
Ravanàge, un’arte perduta
Il ravanàge si ispira alla figura leggendaria di Monsieur De Ravanàge, geografo di origini francesi precursore dell’escursionismo moderno. Egli girovagò in lungo e in largo per buona parte dell’arco alpino, finché un sabato pomeriggio di un lontano febbraio del 1885 scomparve durante una tormenta di neve. La sua ultima frase fu: “Esco un attimo a comprare le sigarette”.
Il suo cadavere ibernato fu ritrovato 75 anni dopo, inspiegabilmente, sul versante meridionale della Brenva (Monte Bianco). Furono recuperati anche i suoi scritti, perfettamente conservati a 4200 metri di quota dentro ad una truna (cunicolo di neve). In attesa di interpretare correttamente il suo pensiero, per la verità piuttosto confuso, gli studiosi stanno raccogliendo ulteriore materiale per la stesura definitiva delle regole di questa originale disciplina sportivo-filosofica.
Ravanàge, una filosofia di vita
Il ravanàge è una pratica sportiva o, per meglio dire, una filosofia di vita, legata strettamente all’escursionismo, di cui è una variante per taluni fondamentale e anzi irrinunciabile. Consiste grosso modo nel “girovagare per le montagne al di fuori dei sentieri, deliberatamente o involontariamente, quasi sempre in situazioni impreviste e variamente difficoltose”. Una delle frasi tipiche è: “Tagliamo di qui che facciamo prima”. Cosa che in realtà non accade quasi mai e che implica invece:
– perdita parziale o totale dell’orientamento
– prolungamento abnorme del percorso inizialmente previsto
– infognamento in mugaie o boscaglie di ontani su terreni impervi che implicano dislivelli e fatiche immani
– gravi sofferenze fisiche e morali, prossimi allo sfinimento
– rientro alla base per il rotto della cuffia, col buio incombente o addirittura a notte fonda.
Profilo psico-patologico del ravanatore
Secondo accreditati studi clinici il ravanàge è, probabilmente, una forma larvata di masochismo per cui il soggetto, sostanzialmente un disadattato, o un esaltato, non sceglie mai il percorso più semplice e sicuro ma quello poco o per niente conosciuto, con un’attrazione morbosa verso l’ignoto e, più in generale, verso “i casini”. Curiosamente, sembra una patologia tipicamente maschile. Chi ne è affetto, spesso uno pseudo maschio-alfa, tende a trascinare con sé altri sciagurati. Gli imprevidenti che si fidano di lui, amici, mogli, fidanzate, sono così coinvolti in spaventose escursioni-calvario. La pratica del ravanàge può indurre alla fine precoce di amicizie, fidanzamenti, matrimoni. Per i maschi vale tuttavia il motto: una donna che ravana, è una donna che ti ama. Nei soggetti predisposti, il ravanàge può essere contagioso.
Ravanàge e derivati
Il termine “ravanàge” si è diffuso in Italia per la prima volta verso la metà degli anni ’90, agli albori di internet, nel newsgroup it.sport.montagna che riuniva molti appassionati di montagna. Dal termine ravanàge deriva quindi il verbo ravanare, ravanaggio e soprattutto ravanata, a significare un’escursione particolarmente movimentata, tipicamente quella che “si sa come comincia ma non come finisce”.
La ravanata perfetta
E’ quella in cui sono coinvolti soggetti femminili, ad aggravare ulteriormente la situazione già difficile con lamentele varie, accuse, imprecazioni, recriminazioni, offese.
“Ravaner” quindi è colui che pratica, più o meno consapevolmente, il ravanàge. La ravanata non deve necessariamente concludersi con una disgrazia: anzi il ravanàge più riuscito è quello a lieto fine, cioè l’arrivo a destinazione sfiniti (quasi sempre alla macchina rimasta in tanta mona) ma sostanzialmente incolumi o, al massimo, con escoriazioni o ferite leggere che non comportino il ricovero ospedaliero. Sono le ravanate più riuscite che i ravaners, incalliti o occasionali, si appuntano al petto come medaglie, struggente ricordo nelle lunghe e tetre serate invernali.
Il Ravasutra
Il ravanàge in realtà si pratica in ogni stagione: quello invernale con gli sci, da alpinismo o da escursionismo, o con le ciaspole, prevede una serie di figure, cioè cadute più o meno rovinose, che stiamo raccogliendo in un manuale illustrato: il Ravasutra. Chi avesse documentazione fotografica valida in questo senso è pregato di inviarla a: aghezz@gmail.com. Di seguito alcuni esempi:
Si sta tentando anche una classificazione del ravanàge con i vari gradi di difficoltà, come per l’alpinismo e l’escursionismo.
1) REF – Ravanàge Escursionistico Facile
Ravanata semplice prevalentemente fuori sentiero, con poco dislivello, ma dove si devono attraversare cespugli spinosi (praticamente impossibile l’aggiramento pena un innalzamento di grado);
Variante scialpinistica: attraversamento di boschetti di ontani o mugaie, con neve preferibilmente marcia o crostosa;
2) REM – Ravanàge Escursionistico Medio
Percorso completamente fuori sentiero, con discreti casini nell’orientamento, notevole dislivello involontario, sterpaglia spinosa fitta o ghiaione del tipo “un passo avanti e due indietro” ovviamente da fare in salita, pioggia fastidiosa, nebbia in formazione. Variante scialpinistica: nevicata fastidiosa di aghi ghiacciati, mugaie, scarsa visibilità, neve crostosa, marcia o zoccolifera;
3) REC – Ravanàge Escursionistico Cazzuto
Percorso fuori sentiero e fuori orientamento, con svariati andirivieni inconcludenti da un versante all’altro, con severo dislivello (involontario beninteso), preferibilmente in boscaglia con sterpaglia spinosa e su pendio scosceso; uno scarpone che fa male, pioggia battente, visibilità ridotta, discreto assortimento di bestemmie;
Variante scialpinistica: fitta nevicata, visibilità ridotta, neve crostosa o farinosa pesante, marcia o zoccolifera, sfinimento fisico e morale tendente alla disperazione, tuttavia ben dissimulata nei confronti dei compagni con falsa allegria e battute cretine;
4) REI – Ravanàge Escursionistico da Incubo
Percorso con perdita quasi totale dell’orientamento in boscaglia più o meno impenetrabile, o in forra profondissima e a precipizio, preferibilmente con pericolo di valanga se in inverno, scarponi che fanno male, perdita o rottura di almeno un bastoncino, buio incombente, bestemmioni paurosi, crisi di pianto, dislivello di almeno 1600 m;
Variante scialpinistica: distacco di una pelle di foca, male boia ai piedi con perdita di almeno un’unghia, attacco che si sgancia ogni 10 minuti, zoccoli “a zatterone” sotto a entrambi gli sci, perdita dei guanti, riso isterico, cellulare con campo ma con batterie scariche;
5) RES – Ravanàge Escursionistico da Suicidio
Percorso surreale senza alcuna logica apparente, in boscaglia tipo jungla amazzonica spinosa o urticante su versante pericolosissimo, forra o canyon a picco senza vie d’uscita, preferibilmente al buio con pile della luce frontale scariche, senza acqua né viveri, dolori lancinanti ai piedi, perdita di entrambe le unghie degli alluci dei piedi, bivacco forzato incombente, tempesta o bufera, crisi di pianto a dirotto, allucinazioni, visioni mistiche, dislivello ininfluente o non misurabile;
Variante scialpinistica: perdita di entrambe le pelli di foca, un bastoncino spezzato o perduto, principio di congelamento agli arti inferiori e al naso. Voglia di lasciarsi andare, cellulare con sufficiente batteria ma assenza totale del segnale.
Avete esperienze di altre forme di ravanàge? Segnalatecele!
In Veneto e Trentino usano un altro vocabolo.Un colpo di “monaggine”, un momento”da mona”.Per certi dura molto , non ne vengono mai fuori.Ovviamente e’un termine sessuofono sessuofobo , che il suo parallelo in “cazzata o coglionaggine”.Talmente usati ed abusati che ormai nessuno si offende , son quasi affettuosi…tra amici .
A fare ravange si piglia il SELVAGGIUME e ti gratti per una settimana😂
Semplicemente geniale, mi ritrovo al 100%. Ora possiamo completare la Divina Commedia con i ravanatori, una categoria in perenne ricerca del Purgatorio.
….. e, negli Appennini, ginepro, rosa canina, biancospino. Negli ultimi 30 anni non ho portato graffi sul viso o sugli avambracci unicamente per un paio di mesi; ero ricoverato in ospedale, indipendentemente dal ravanare.
Bravo!! Aggiungerei il selfinage. L’arte nel fotografarsi nella m…… E compiacersene nella visibilità sociale
Suggerisco il ROV Ravanàge obbligato con vacche, si tratta di scendere dalla malga con 30 vacche, inizialmente entusiaste che galoppano in discesa ma che dopo 2 ore sono cotte e affamate di erba e si fermano ad ogni piazzola, bestemmie a cascata, arrivo al paese di notte, tentativo di prendere sentiero nel bosco su dirupo,( scorciatoia) vacche che non si fidano e consigliano al conduttore di tornare in statale, manza che tenta il suicidio per sfinimento (o fa una prova di volo), immancabile diluvio, intralcio del traffico. Compito dei ravanatori presenti impedire che le vacche prendano i guard rail dalla parte dello strapiombo, non saltino sul cofano delle macchine, non distruggano coltivazioni ai bordi della statale che occupano completamente. Arrivò a destinazione a notte fonda con piedi e gambe maciullati; aggravante: bucolica partecipazione alla ravanata di bambini innocenti( etá 1-6 anni)stanchi stufi affamati. Non si tratta altresì di escursionismo, conosciamo i luoghi come le nostre tasche, ma di ordinaria follia, le vacche anche se stanche hanno dimostrato responsabilità e senso critico nel rifiutarsi di intraprendere il sentiero a strapiombo di notte, il pastore pseudo maschio alfa è stato insultato da familiari ravanatori coinvolti, ma nonostante questo ha sostenuto che “almeno di notte in statale c’è meno traffico”, ha comunque ammesso che l’orario di partenza era oltremodo tardivo e che tagliare per il sentiero di notte sarebbe stato un suicidio. Tutto bene quel che finisce bene.
Ravanare intenzionalmene è una variazione di percorso, un improvviso scarto dalla temporalità piatta e prevedibile: è avventura.
Preferisco il greppismo, arte di partire da qui e arrivare lassù superando qualsiasi ostacolo senza alcuna attrezzatura. Va da se che il greppista scruta, legge, valuta attentamente il percorso prima di partire. Se vogliamo stare in tema il greppismo è un ravanare ragionato. Nel greppismo l’avventura non è un sussulto improvviso, ma lo è tutto l’insieme del percorso dall’ideazione al ritorno.
E quello con bimbi al seguito?
Un anno fa con il nipotino di 7 anni (promettente ravanatore in erba) e il mio piccolo sullo zaino facciamo una breve deviazione panoramica e per portarsi di nuovo sul sentiero attraversiamo i famigerati mugheti ontaneto labirintico. Io che ne esco con escoriazioni varie x tenere in equilibrio i piccoli i bimbi entusiasti le mamme un Po meno…
Sono una ravanatrice incallita e mai pentita. Pratico anche in bicicletta e automobile. Non ho il vizio di trascinare altri nelle mie ravanate, e quando riemergo nel mondo civile non racconto niente a nessuno, a eccezione del soccorso alpino, quella volta sulle Dolomiti o i vigili del fuoco in Galizia, o quelli che avevano segnato il percorso sul Cammino Celeste, o i pastori nei pascoli pirenaici. Tanto non li vedrò mai più.
Se create un gruppo per soli ravanatori, io mi iscrivo. Ma solo se sono esclusi i non ravaneurs
“Mi sono perso con una amica tedesca…di notte”
questa però è una variante interessata del Reavanage: il Broccolage !
Mi sono perso con una amica tedesca una settimana fa per i boschi norvegesi, sopra il circolo polare. Il percorso di ritorno doveva essere una mezz’ora a piedi in riva al mare, ma “tagliando di qua” abbiamo incontrato paludi, strapiombi, boschi fittissimi da percorrersi a notte ormai fonda, campi immensi col perimetro di rete metallica di cui si deve fare il giro. Ore. Abbiamo impiegato ore, per tornare; fradici, infreddoliti, stremati.
Non riconosco Roald Amundsen nella foto. Il signore del ritratto è inoltre visibilmente strabico. Andrò a controllare.
Bei racconti di ravanage sono quelli sul profilo FB di Filippo Facci
Bellissimo articolo, sono della filosofia.
C’e’ pero’ un errore, la foto di Monsieur De Ravanage ritrae in realta’ Roald Amundsen, sicuramente anche lui un ravanatore DOC.
Ma la variante alpinistica del ravanage non la vogliamo considerare?
Sotto la pioggia tagliare gli ultimi tre o quattro tiri dei 500m di via “che di qua arriviamo a metà sentiero di discesa e facciamo prima” e trovarsi su passaggi di III di roccia marcia sospesi su abissi terrificanti per ore.
Oppure “giriamo di qua che arriviamo prima all’attacco” e trovarsi a un paio di valli di distanza.
se volete ravanare venite in Apuane che ci sono i RAVANETI ….
PURTROPPO !!!!
Marzo 2016. Ramponata/ciaspolata a Cima Portule-Asiago. Partenza ore 08.00. Cielo sereno. Piano piano cominciano ad accumularsi piccole nubi…Alla croce panorama magnifico su cima d’asta, pale di san martino, lagorai…Mentre si fanno le foto di rito cala la nebbia. White out!!! Invece che ritornare sui nostri passi, ci fidiamo della cartina e del nostro senso di orientamento. Delirio e visioni mistiche nella neve spappolata. Arriviamo alle 19.00 in val d’assa, dopo vari tentativi falliti di effrazione di malghe e ricoveri di pastori. Stremati saltiamo in strada col pollice d’autostoppista paralizzato. Ci recupera letteralmente un recuperante di cimeli/rottami della prima guerra mondiale, che stava rientrando da una perlustrazione e ci riporta alla macchina parcheggiata ben 15 km più a monte. Che ne dite, non siamo dei professionisti del ravanage?
Il ravanage solitario è arte allo stato puro.
Ecco…
Dopo molto ho trovato la mia categoria.
Vorrei aggiungere però che nel mio ravanage non coinvolgo nessuno, sono un ravanage solitario.
Io sono un pro del ravanage. Ne sanno qualcosa i miei poveri compagni che oramai si rassegnano alle peggio ravanate, sia d’estate, quando con profilo scolpito e mento volitivo esclamo: “su per di là!”, sia d’inverno quando seleziono con massima accuratezza i pendii peggio sciabili di tutte le alpi Cozie e Graie.
Sarà per questo che faccio sempre più faticaa trovare compagni di scalate e sciate? 😉
Da ragazzi eravamo fortissimi in questa disciplina! Sugli Appennini marchigiani ed abruzzesi ci sono centinaia di “vie” favolose per divenirne maestri. E come eravamo tronfi ad ogni fortunoso rientro!!
Ahahahahah!!!