Regione Lazio: lo smantellamento delle aree naturali
di Rodolfo Bosi (Dott. Arch., Responsabile VAS per Parchi e Territorio)
Spessore 3, Impegno 5, Disimpegno 1
Con la legge n. 46 del 28 novembre 1977 la Regione Lazio ha deciso la “Costituzione di un sistema di parchi regionali e delle riserve naturali”, impegnandosi a definire un piano dei parchi e delle riserve che prevedeva di istituire e di cui con deliberazione della Giunta Regionale n. 11746 del 29 dicembre 1993 è stato adottato lo schema, che tutt’oggi «conserva la sua efficacia di natura programmatoria di indirizzo».
L’art. 3 classificava i parchi regionali a seconda del loro rapporto con le aree urbanizzate in “parchi naturali”, “parchi sub-urbani” e “parchi urbani”: il successivo art. 20 disponeva che «fino all’approvazione del piano dei parchi e delle riserve di cui all’art. 18, singoli parchi o riserve potranno essere istituiti con apposita legge».
Ai sensi della legge regionale 46/1977 sono state così istituite 29 aree naturali protette che sono state affidate in gestione ai singoli Comuni oppure a Consorzi di Comuni: ai sensi dell’art. 4 i piani di assetto delle suddette aree protette dovevano prevedere l’articolazione del territorio in “riserve integrali”, “riserve orientate”, “riserve parziali” e “riserve genetiche”.
Lago Albano, Parco Regionale Castelli Romani
La Regione Lazio ha poi dovuto recepire la legge nazionale sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991 che ha dettato anche le norme quadro per i parchi e le riserve regionali, prescrivendo per i Piani di Asserto una diversa articolazione del territorio in “zone di riserva integrale”, “zone di riserva generale”, “zone di protezione” e “zone di promozione economica e sociale”: con la legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 è stata abrogata la legge 46/1997 e sono state dettate le “Norme in materia di aree naturali protette regionali”, istituendo contestualmente 18 aree naturali protette (2 parchi naturali e 16 riserve naturali).
Ai sensi della vigente legge regionale n. 29/1997 sono state poi istituite altre 31 aree naturali protette: la gestione di questo sistema è stata affidata ad altrettanti Enti di diritto pubblico, mentre è rimasta per le rimanenti aree naturali protette, che continuano ad essere gestite dai singoli Comuni o da Consorzi di Comuni.
I principali organismi di gestione dei suddetti 13 Enti sono il Presidente, il Consiglio Direttivo (inizialmente costituito da 7 membri) e la Comunità del Parco, costituita fino al 2016 dai presidenti delle Province, dai sindaci dei Comuni e dai presidenti delle Comunità Montane o loro delegati nei cui territori sono ricomprese le aree naturali protette.
La legge regionale n. 29/1997 è entrata in vigore il 25 novembre 1997: da allora ad oggi è stata modificata dal Consiglio Regionale del Lazio per ben 23 volte, con una media di più di una volta all’anno, per “politicizzarne” sempre più sia la gestione che soprattutto la pianificazione.
Basti pensare che il testo originario della legge prevedeva che il Presidente di ogni Ente venisse «nominato dal Consiglio direttivo, al suo interno, a maggioranza assoluta dei componenti, nella seduta di insediamento»: nel testo attualmente vigente è scelto invece direttamente dal Governatore del Lazio «sentito l’Assessore competente in materia di ambiente», senza più nessun procedimento di evidenza pubblica (l’ultimo avviso pubblico risale al 2010) .
Quanto alla figura del Direttore, secondo il testo originario doveva essere assunto a seguito di concorso pubblico o con contratto quinquennale di diritto privato ma nell’ambito di un Elenco regionale dei Direttori, che ha subito poi ben 4 integrazioni per aggiungervi persone che non sono più rispondenti pienamente ai requisiti di legge necessari per svolgere un incarico così importante e che da ultime arrivate sono spesso diventate le prescelte nei tempi recenti, grazie anche al testo di legge attualmente vigente, secondo cui ogni direttore è «scelto in una rosa di tre candidati, …. , di cui uno designato su proposta del Presidente del consiglio direttivo e due designati su proposta del consiglio direttivo medesimo».
L’opera di smantellamento del sistema delle aree naturali protette del Lazio è iniziata con la loro gestione, rimasta dal 2010 senza più Consigli Direttivi, dal momento che i 13 Enti di gestione sono stati commissariati fino al 2013 dall’allora Governatore del Lazio Renata Polverini e fino al 14 gennaio 2017 dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti che poi – senza nessun procedimento di evidenza pubblica – ha nominato come Presidenti quasi tutti i Commissari Straordinari uscenti.
I suddetti Presidenti sono stati insediati senza per lo più i rispettivi Consigli Direttivi, che nel frattempo con la legge regionale n. 12 del 10 agosto 2016 sono stati ridotti di numero da 7 a 5, eliminandovi la rappresentanza sia delle associazioni ambientaliste che delle associazioni agricole: la loro rappresentanza è stata “compensata” aggiungendo 4 membri ad ogni Comunità del Parco, mentre dei 5 membri di ogni Consiglio Direttivo il Presidente continua ad essere designato dal Governatore del Lazio senza obbligo di alcun avviso pubblico, due membri sono ora designati dal Consiglio Regionale e gli altri due dalla Comunità del Parco, ad eccezione dell’Ente Roma Natura che gestisce il sistema della aree naturali protette di Roma, per cui – essendo senza Comunità – due dei 4 membri del Consiglio Direttivo debbono essere designati da Roma Capitale.
Dopo le ultime elezioni regionali, che hanno confermato come Governatore Nicola Zingaretti, tutti gli organi dei 13 Enti di gestione avrebbero dovuto essere insediati entro e non oltre il 3 luglio 2018: il 28 settembre 2018 Nicola Zingaretti ha decretato la nomina soltanto di 7 Presidenti (dei parchi di Appia Antica, Castelli Romani, Bracciano Martignano, Monti Aurunci, Monti Ausoni e Lago di Fondi, Monti Simbruini e della riserva di Tevere Farfa), quasi tutti Presidenti uscenti o ex Commissari Straordinari.
I rimanenti 6 Enti di gestione (del sistema gestito da Roma Natura, dei parchi di Veio, Monti Lucretili, Riviera di Ulisse e delle riserve di Monti Cimini-Lago di Vico e Monte Navegna e Monte Cervia) sono a tutt’oggi senza Presidente e quindi senza rappresentanza legale dal 3 luglio scorso.
Per quanto riguarda i Consigli Direttivi è attualmente in corso di istruttoria soltanto il procedimento relativo ai due membri di ogni Consiglio Direttivo che debbono essere designati dal Consiglio Regionale: il 10 settembre 2018 è scaduto il termine ultimo per la presentazione delle candidature, ma da allora sta durando oltre il comprensibile la istruttoria delle designazioni pervenute.
Per quanto riguarda gli altri due membri di ogni Consiglio Direttivo che dovrebbe designare la rispettiva Comunità del Parco (o Roma Capitale per l’Ente Roma Natura) il Governatore Nicola Zingaretti non ha provveduto a nominare i 4 membri aggiunti ad ogni Comunità, senza averne quindi insediata nessuna, impedendo così di fatto che possano effettuare le rispettive designazioni.
Ma la vera opera di smantellamento delle aree protette istituite dalla Regione Lazio è avvenuta con le modifiche progressivamente sempre più stravolgenti apportate riguardo alla pianificazione: il 1° attacco è avvenuto con la modifica delle “misure di salvaguardia”.
La formulazione originaria del testo della allora lettera e), ora lettera d), del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997 era la seguente: «All’interno delle zone A … sono consentite: …. e) le attività agricole e gli interventi strutturali previsti dai piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti».
La suddetta disposizione è rimasta invariata fino a quando è stata sostituita – come attuale lettera d) – dalla legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012 con cui la Giunta di Renata Polverini ha fatto approvare il cosiddetto “Piano Casa”, che dava la possibilità di realizzare costruzioni anche all’interno delle aree naturali protette in regime di misure di salvaguardia tramite Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA) in deroga sia ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) del Lazio che al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR): benché impugnata dal Governo proprio per tali motivi, la suddetta disposizione non è stata abolita dalla Giunta Zingaretti con la legge regionale n. 8 dell’8 agosto 2014..
Sembra che fra i motivi della mancata abolizione ci sia stato l’ingiustificato ritiro da parte del Governo della impugnazione presso la Corte Costituzionale proprio di tale disposizione, sui cui motivi prima o poi dovrà forse indagare la Magistratura.
Così in misure di salvaguardia sono state realizzate costruzioni anche dentro il Parco di Veio.
Intorno al lago di Martignano, Parco Naturale di Bracciano-Martignano
La Giunta Zingaretti ha fatto poi approvare la legge regionale n. 10 del 10 novembre 2014 che ha aggiunto il comma 1 bis dell’articolo 26 della legge regionale n. 29/1997, consentendo anche nei Piani di Assetto la realizzazione di P.U.A. in deroga sia ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) del Lazio che al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR in aperta violazione dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, secondo cui «le previsioni dei piani paesaggistici … non sono derogabili» e conseguentemente le loro «disposizioni … sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette».
Con la stessa legge regionale n. 10/2014 è stato modificato anche l’art. 57 della legge regionale n. 38/1999 sul governo del territorio per introdurvi la “attuazione della ruralità multifunzionale”, che consente di realizzare anche dentro le aree naturali protette tutta una serie di attività ed opere da parte di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli: in attuazione della suddetta “ruralità multifunzionale” la Giunta Zingaretti ha poi approvato il Regolamento n. 11 del 2 settembre 2015, introducendo nuove attività economiche connesse a quella agricola e nuove modalità di esercizio del regime di concessione, in difformità dalle vigenti disposizioni nazionali in materia.
Dopo aver prorogato di sei mesi la scadenza al 31 gennaio 2017 del “suo” Piano Casa, la Giunta Zingaretti ha fatto approvare la legge regionale n. 7 del 18 luglio 2017 sulla rigenerazione urbana, che ne costituisce di fatto il proseguimento con tanto di premi di cubatura: con deliberazione della Giunta Zingaretti n. 867 del 19 dicembre 2017 è stata approvata la Circolare esplicativa della legge sulla rigenerazione urbana, che conferma tutti gli utilizzi impropri (di tipo soprattutto potenzialmente speculativo) della “rigenerazione” anche nelle aree naturali protette.
In questo frattempo lo Stato Italiano ha recepito la Direttiva 2001/42/CE sul procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) con il D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, poi modificato con il D.Lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008: dal 13 febbraio 2008, data di entrata in vigore delle “Norme in materia ambientale”, anche i Piani di Assetto di parchi e riserve avrebbero dovuto essere sottoposti alla suddetta procedura, che comporta la pubblicazione prima per 60 giorni ai fini della VAS della “proposta” di Piano di Assetto e poi la successiva pubblicazione per 40 giorni del vero e proprio Piano di Assetto, una volta adottato dal Consiglio Direttivo in recepimento delle osservazioni alla “proposta” che sono state accolte nel “parere motivato” della Direzione Ambiente della Regione Lazio.
Nella più completa ignoranza dell’obbligo di legge sono stati invece adottati dai Consigli Direttivi dapprima Piani di Assetto senza sottoporli nemmeno a VAS: è successo ad esempio per il Parco dei Castelli Romani (21.5.2009), per il Parco di Veio (9.12.2009) e per il Parco di Bracciano-Martignano (20.8.2010).
Il 5° comma dell’art. 11 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone che «la VAS costituisce per i piani … a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione» e stabilisce conseguentemente che «i provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.»
Anziché rispettare il suddetto dettato di legge, la Regione Lazio ha consentito invece che si sanasse il procedimento, permettendo che si effettuasse a posteriori il procedimento di VAS, per di più sovrapponendo e contestualizzando le due distinte pubblicazioni della “proposta” e della “adozione” del Piano di Assetto, ma senza modificare praticamente in nulla la pianificazione già redatta prima, che specialmente per il Parco di Veio appare in moltissimi casi in cosciente e deliberata violazione sia del P.T.P. n. 15/7 “Veio-Cesano” che del Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.).
Lo smantellamento delle aree naturali protette è proseguito con la legge regionale n. 12 del 10 agosto 2016 che ha consentito la previsione nei Piani di Assetto di interventi di edilizia libera (come pergolati, gazebi, pergotende e palloni pressostatici,), comunque equiparabili a nuove costruzioni, anche nelle zone di riserva generale e nelle zone di protezione, dove sia la legge statale che quella regionale permettono esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo.
Costruzione realizzata dentro il Parco di Veio tramite P.U.A.
Ma lo smantellamento forse definitivo all’intero sistema delle aree protette istituite dalla Regione Lazio è stato messo in atto con la recente approvazione della legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018 le cui disposizioni hanno modificato anche la legge regionale n. 29/1997 in un modo ancor più stravolgente.
Per l’approvazione di ogni Piano di Assetto può ora a scattare un doppio silenzio-assenso: il 1° si verifica se la VIII Commissione Ambiente fa passare 3 mesi di tempo senza esprimere il proprio parere riguardo alla proposta di piano trasmessa dalla Giunta Regionale, il 2° scatta se il Consiglio Regionale fa passare 4 mesi senza “esprimersi” sul Piano di Assetto.
Ma il silenzio-assenso per l’approvazione tacita di qualunque tipo di pianificazione non è previsto dalla normativa vigente in materia (art. 13 della legge n. 241/1990) né dallo Statuto della Regione Lazio.
Scatta il silenzio-assenso anche per ogni richiesta di rilascio di nulla osta per la realizzazione di interventi di edilizia libera (fra cui sono stati aggiunti pure chioschi e tettoie) che venga presentata allo sportello unico del Comune interessato, anziché all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, in totale violazione quindi dell’art. 13 della legge quadro n. 394/1991.
Ma soprattutto ogni Piano di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) può derogare addirittura dalle previsioni del rispettivo Piano di Assetto, con esclusione di quelle relative alla zona di riserva integrale, in violazione del 3° comma dell’art. 145 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che vieta tassativamente deroghe dalle norme dei PTP e del PTPR nelle zone vincolate: una disposizione del genere vanifica quasi del tutto la validità di ogni Piano di Assetto e porta al paradosso che, se possono essere edificati tramite P.U.A. tutti i lotti agricoli liberi esistenti all’interno di ogni area naturale protetta, allora si arriverebbe prima o poi ad avere parchi e riserve che sarebbero inondati dal cemento e che di “naturale” non avrebbero più nulla.
Il 13 novembre 2018 l’associazione “Verdi Ambiente e Società” (VAS) ha chiesto al Governo di impugnare presso la Corte Costituzionale le ultime disposizioni illegittime della legge approvata dalla Regione Lazio: speriamo che almeno queste vengano annullate.
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