Non appena Guya e io riceviamo l’invito, e dopo aver dato un occhio al programma e risposto entusiasti di sì, mi torna a memoria la festa che organizzammo in campagna, all’inizio della Val Tidone. Era il mio sessantesimo compleanno, e volevamo avere con noi un centinaio dei nostri migliori amici, per un evento mangereccio, alcolico e danzante. In una cornice di prati e boschi e ambientata in una vecchia cascina riadattata, la festa ebbe successo e tutti riguadagnammo a fatica le nostre case: alcuni, prudentemente, il mattino dopo. Al clou della serata, verso mezzanotte di un freddo e piovigginoso sabato d’ottobre, un centinaio di persone si agitavano al suono rock delle varie band più blasonate, mentre il catering insisteva a porgere calici sempre più traditori. La fine serata invece fu verso le 6.00, quando ormai il bar era passato ai cappuccini e alle brioches e due o tre coppie sfinite e irriducibili si trascinavano in trance al suono dilatato di Knocking On Heaven’s Door, versione Guns N’ Roses (12 minuti e 53 secondi).
Per dare l’idea…
http://youtu.be/X1ZRBPA8SK0
Cuile Irbidossili, 5 aprile 2012: Mario Verin controlla i purceddu
Ma torniamo all’invito: questa volta si tratta del settantesimo compleanno di Mario Verin, che proprio ai primi di aprile 2012 ha, assieme alla moglie Giulia, posto la parola fine alla monumentale documentazione del “sentiero” Selvaggio Blu con la pubblicazione del Libro di Selvaggio Blu. E nel frattempo fa anche i suoi settanta annetti… Doppia occasione dunque per invitare, da ogni parte d’Italia, una marea di amici a Santa Maria Navarrese. Con il nostro numero già dalla prima sera occupiamo ogni disponibilità libera e aperta del paese, dall’albergo al B&B, dalle camere al campeggio. Il mattino dopo è prevista una bella gita al belvedere di Salinas, quello a strapiombo sul mare dell’Aguglia di Goloritzè, con seguente ulteriore camminata verso il cuile Irbidossili nei pressi del quale un piccolo esercito di pastori, tutti amici di Mario, hanno preparato un pranzo leggendario, dove gli otto maialini allo spiedo sono solo una parte del pantagruelico menù di specialità locali.
Sarà la nostalgia dei miei sessanta anni (la festa è stata fatta nel 2006), ma il vedere come Mario e Giulia hanno organizzato questo ritrovo mi provoca una punta d’invidia assieme al proposito, per gli eventuali settanta miei, di fare altrettanto: puntare cioè sulla natura e sullo stare assieme piuttosto che sulle danze scatenate (tra l’altro magari nel 2016 chi ne avrà più la forza?).
Polle gigantesche di cannonau annaffiano i piatti su cui la gente si avventa con poco decoro. Una fame bestiale è il risultato delle tre ore di cammino. Prima delle musiche e dei canti di rito, ci sono anche un po’ di parole. Antonio Cabras, uno dei capi dei pastori, forse il più intraprendente, inizia un discorso partendo dagli anni ’80. Giunto verso i ’90, Franco Bellotti si accorge che erano già passati dieci minuti e interviene, da buon romano: – Ao..! Anto-nio…! e mo’ quanno ce arivamo ar 2000…?
Dopo le grappe i ricordi si annebbiano un poco, la gente rotola verso il Golgo ebbra di ginepro e accecata di calcare.
Il Libro di Selvaggio Blu (Edizioni Enrico Spanu, 24×24 cm, 176 pagine, 29,90 euro) ha avuto un bel successo ed è stato ristampato. Ha ottenuto bellissimi riconoscimenti internazionali e fior di recensioni.
Giulia Castelli con il suo mitico foulard arancio si sporge sulla scogliera
E’ la storia, ovviamente illustratissima, di un sentiero tra i più belli e impegnativi del Mediterraneo. Fu proprio Verin, che oltre a essere grande fotografo è anche alpinista e socio del Club alpino accademico italiano, a idearlo e ad aprirlo tra il 1987 e il 1988 insieme con l’amico Peppino Cicalò, un architetto nativo dell’isola.
La storia di “Selvaggio Blu” s’inizia in realtà a metà degli anni Ottanta del secolo scorso con l’arrivo in Ogliastra degli alpinisti del “continente”. Nel 1981 Alessandro Gogna e Maurizio “Manolo” Zanolla aprono la prima via d’arrampicata sulla Aguglia di Goloritzè, un monolito di calcare alto 140 metri a picco sul mare. L’escursionismo si affaccia sulle riviste nazionali con Jacopo Merizzi che nel 1985 firma su Airone un trekking da Cala Luna a Baunei, percorrendo Codula Sisine.
Quella di Peppino Cicalò è una sua vecchia idea, coltivata assieme al fratello Piero fin da quando erano ragazzi: partire a piedi da Pedra Longa e raggiungere Cala Sisine seguendo il bordo della falesia.
Il belvedere di Punta Salinas e l’Aguglia di Goloritzè
“La sfida è interessante”, racconta oggi Verin nelle pagine del libro appena uscito, “le vertiginose pareti sul mare, il carattere roccioso del Supramonte, l’orizzonte blu del golfo che si confonde col cielo colpiscono la mia immaginazione. Partiamo in tre, con Piero che ci accompagna per un primo tratto…”. Ma poi rimangono in due a percorrere valli rocciose e incassate, ginepraie che ti portano a salti di roccia imprevisti, in un orizzonte ristretto che, pur aprendosi a volte in panorami grandiosi, per lo più tende a imprigionare qualunque tentativo di navigazione terrestre in terreno selvaggio.
Filo conduttore è l’itinerario in quattro tappe da Pedra Longa a Cala Sisine, nato collegando antichi sentieri di pastori a vertiginosi passaggi d’arrampicata, che accompagna il lettore alla scoperta del Supramonte e delle sue scogliere a picco sul mare. In appendice una scheda tecnica con il tracciato gps riportato su una carta DEM offre una descrizione dettagliata e le informazioni necessarie per affrontare il percorso nella sua versione originale e più impegnativa. Oggi, 2014, Mario e Giulia hanno accompagnato al libro una splendida cartina 1:15.000 che certamente andrà a ruba.
Qui potete leggere e scaricare l’introduzione a Il libro di SELVAGGIO BLU.
Un filmino di Daniele Geremia su Selvaggio Blu
“Oggi il nome ‘Selvaggio Blu’”, spiegano Giulia e Mario, “viene usato in senso generico per indicare i trekking in Ogliastra. Ognuno interpreta il sentiero a modo suo e sono pochissime le guide che lo propongono nella versione integrale, così come era stata tracciata dagli autori. Dopo 25 anni a Baunei c’è ancora chi lo ama e chi lo odia, chi ne prova invidia e chi lo vorrebbe proteggere. Tutti hanno una storia da raccontare. Ma Selvaggio Blu è uno solo, questa è la sua storia”.
Ancora oggi ci sono polemiche sul come preservare questa costa e questo entroterra dell’Ogliastra dalla furia del turismo. Ricordo ancora le discussioni con i pastori al riguardo, parlo del 1997, quando ancora tra loro c’era chi si affannava a smantellare gli ometti, nascondere le poche fonti e cancellare i rari bolli di vernice. Mi auguro che la simpatica veemenza con la quale difendevano la propria terra e i propri diritti sia ugualmente forte nei confronti di chi, prima o poi, vorrà costruire, facilitare, colonizzare.
Mario Verin è considerato uno dei più autorevoli fotografi italiani di paesaggio e di montagna. Nato a Firenze nel 1942 è stato un alpinista di altissimo livello, accademico e istruttore della Scuola Centrale del Club Alpino Italiano. La passione per la natura e la montagna lo ha portato a esplorare nuovi itinerari in zone sconosciute del Sahara e del Medio Oriente, a salire montagne inviolate e ad aprire nuove vie d’arrampicata sulle Alpi. Ha pubblicato reportage fotografici sulle più importanti riviste geografiche italiane, tra le quali Airone, Meridiani, Bell’Italia, National Geographic, Alp, Geo. Ha collaborato con riviste di outdoor francesi e tedesche. Insieme alla giornalista Giulia Castelli Gattinara, sua moglie, è autore di numerosi libri fotografici. Ha partecipato a edizioni straniere per le case editrici White Star, Geo-Solar e lavorato con i ministeri del turismo di diverse nazioni. Ha inoltre vinto prestigiosi premi internazionali tra cui due menzioni speciali al Mountain Film Festival di Banff (Canada) ed è stato selezionato alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia per le sue immagini sul deserto libico. www.marioverin.it
Giulia Castelli Gattinara, giornalista, ha iniziato la sua formazione come corrispondente del Giornale dell’Arte. Insieme al marito Mario Verin ha viaggiato in tutto il mondo specializzandosi in reportage naturalistici, geografici e archeologici con un’intensa attività esplorativa nel Sahara, nel Medio Oriente e in Perù. Ha collaborato con le migliori riviste italiane del settore, scrivendo per Airone, Meridiani, Alp, GEO, Il Venerdì di Repubblica, Specchio della Stampa, D Donna, Tutto Turismo, Quark, Ligabue Magazine, In Viaggio, Bell’Italia, Week-End Viaggi e il mensile francese Grands Reportages. Ha seguito diverse missioni archeologiche italiane all’estero, tra cui quella dell’Università di Roma “La Sapienza” nel deserto libico diretta da Fabrizio Mori, la cui esperienza è stata raccolta nella guida Libia – arte rupestre del Sahara (edizioni Polaris 1998). Ha collaborato con l’editore Touring per gli aggiornamenti delle guide verdi. Tra i libri pubblicati: Libia, L’arte del deserto (Yachting Library 2006); Wadi Ram-Giordania (Les Cultures 2007), Perù 100 – 100 Perù (Les Cultures 2011). E’ membro dell’associazione Neos-Giornalisti di Viaggio Associati.
In vetta alla Torre di Orida (Niger), 2 febbraio 2007: Bernard Amy, Giulia Castelli, Mario Verin e Dario Mantoan
postato il 23 maggio 2014
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quasi quasi, in attesa del 2016, potremmo festeggiarci i miei 50 nel 2015…
incantevole un posto che ho avuto la fortuna d’osservare solo dal basso ma queste vostre immagini mi hanno affascinato complimenti per le immagini e per questo meraviglioso posto che mi auguro rimanga incontaminato
Luoghi bellissimi di una natura selvaggia.
Un angolo di Sardegna ancora incontaminato.
Conosco Mario Verin, è un toscanaccio come me. Negli anni ’60 e ’70 ha aperto tante vie in Apuane che sono diventate delle grandi classiche molto ripetute ancora oggi.
Grande Mario, un vero talento.
Bellissimo!
Fantastica descrizione, sembrava di esserci!
Aspettando il 2016… ora ci divertiamo un po’ quando arrivate a Santa Maria Navarrese
😉