Risposta a Giovannino Massari
di Giulio Beuchod
A seguito del post di Giovannino Massari su GognaBlog del 18 gennaio 2021 Rivoluzione nell’insegnamento della montagna (Nascono nuove figure per la promozione dell’arrampicata, dell’alpinismo e dello scialpinismo), vorremmo fare chiarezza perché siamo persuasi che molte persone non conoscano la differenza tra la professione della Guida Alpina – Maestro d’Alpinismo e le altre figure che operano nel campo del volontariato, quale l’istruttore CAI (Club Alpino Italiano ), oppure, come nel caso in questione, le nuove figure “dilettantistiche“ come l’istruttore di alpinismo, scialpinismo e arrampicata sportiva outdoor istituito da USAcli o associazioni analoghe.
Quella della Guida Alpina è una figura professionale che nasce nei primi anni del XIX secolo con il ruolo primario di accompagnare dei “clienti” in ascensioni in montagna. Da allora la professione si è evoluta con l’evoluzione delle attività legate all’alpinismo estendendo le competenze al mondo dell’arrampicata su roccia, su ghiaccio, dello sci alpinismo, del fuoripista, del canyoning, in Italia e nel mondo.
Per esercitare la professione di Guida Alpina è necessario essere iscritti in un apposito Albo Professionale (come quello degli ingegneri, architetti , dei geometri per intenderci) dopo aver superato una severa selezione caratterizzata da prove psico-attitudinali e fisiche inerenti le varie attività (arrampicata su roccia, cascate di ghiaccio, sci alpinismo) che dà accesso ad un percorso formativo della durata di due anni per un totale di quasi cento giorni per acquisire il titolo di Aspirante Guida Alpina.
Dopo altri tre anni, si può accedere al corso per il passaggio a Guida Alpina consistente in tre moduli di esame per la durata di circa venti giorni. Un percorso lungo, impegnativo e anche costoso (paragonabile ad un percorso universitario) per un totale di circa centoventicinque giorni nell’arco di cinque anni.
L’iscrizione all’albo professionale tenuto dal Collegio Regionale di competenza ha un costo di circa 1.000 € comprendendo le polizze assicurative RC, tutela legale, recupero e salvataggio, ecc.
Per poter praticare inoltre la professione all’estero occorre ottenere autorizzazioni come l’EPC (European Professional Card) o analoghe autorizzazioni per i paesi fuori UE (Svizzera ad esempio) espletando le relative pratiche burocratiche e sostenendo i relativi costi.
A questo si aggiunga una cospicua somma per la polizza infortuni individuale personale.
E’ comprensibile quindi che, dopo aver ottenuto e speso quanto sopra esposto, ci si aspetti come categoria professionale di avere almeno il rispetto per il proprio lavoro da parte delle associazioni e dei loro volontari e, soprattutto, da parte degli enti che le promuovono.
Specie in periodi come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia, nel quale il settore turistico-montano è uno dei più colpiti, quando la professione è rimasta bloccata da marzo a maggio 2020 e tuttora si sta lavorando con estrema difficoltà a causa dei limiti imposti agli spostamenti, crediamo sia abbastanza evidente il danno subito dalle circa 1300 Guide Alpine Italiane, un danno economico irrecuperabile, soprattutto per quei giovani che hanno lasciato magari un lavoro sicuro per fare della loro passione una professione primaria ma non solo per loro.
E’ altrettanto evidente che quando si viene a conoscenza della nascita di figure “dilettantistiche” e “volontaristiche” di cui parla Giovannino Massari su GognaBlog, istruttori d’arrampicata o di sci alpinismo che sotto l’egida di un’associazione USAcli affiliata al CONI ricevono tali attestati dopo un percorso di 5/6 giornate, le Guide Alpine si sentano prese in giro e la cosa non può che arrecare malcontento e rabbia.
Sempre da GognaBlog emergono altri aspetti contrastanti: di primo acchito parrebbe che queste figure “dilettantistiche “ operino a titolo gratuito, come “volontari”, poi in seconda battuta si apprende che si parla di un “tecnico a livello dilettantistico che può proporre l’arrampicata outdoor a prezzi contenuti e, giocoforza, meno elitari di quelli di una guida alpina”.
Infine, andando a leggere meglio, si scopre che questi personaggi possono percepire un rimborso spese fino a 10.000 € annui esentasse e che, magari, hanno un lavoro sicuro nell’amministrazione pubblica o nel settore privato.
Chiunque abbia un’attività professionale avviata dopo anni di studi, esami e sacrifici si vedesse invadere il proprio campo professionale da “volontari dilettanti” con un titolo ottenuto in una settimana, che operano dei “prezzi contenuti” e che ricevono dei rimborsi spese fino a 10.000 euro/anno esentasse, non ne sarebbe certamente contento.
Scendendo ancora di più nel particolare su quanto Giovannino Massari asserisce nel suo articolo circa la chiodatura di itinerari d’arrampicata da parte sua in falesie piemontesi “certificate” dietro compenso dalle guide stesse, senza nulla togliere alla passione e alla competenza di Giovannino, ricordiamo che dietro questa certificazione c’è un lavoro di equipe tra tecnici Comunali, Ingegneri, Geologi e Guide Alpine che dura mesi e che termina con la messa in opera e la conseguente certificazione sotto la loro responsabilità.
In conclusione, in qualità prima di appassionati della montagna e poi di Guide Alpine, non vogliamo fare la guerra a nessuno tanto meno alla persona di Giovannino Massari del quale riconosciamo tutto il valore e i 40 anni di passione per l’arrampicata, vogliamo solo chiedere rispetto per la nostra professione e difendere il nostro lavoro e la qualità dell’offerta nel campo delle attività professionali della montagna, settore nel quale crediamo che le Guide Alpine abbiano e debbano avere voce in capitolo.
Per il resto, come Guide Alpine non abbiamo competenza in altri settori che non siano quelli propri della professione e della montagna, saranno quindi i rispettivi legali delle associazioni e degli enti coinvolti (ricordiamo che il Collegio Nazionale ed i Collegi regionali/provinciali sono enti pubblici non economici), a fare chiarezza su questa vicenda, certamente non risolvibile con gli incontri sulla base della personale conoscenza come avrebbe desiderato Giovannino che per me resta pur sempre e comunque un amico nonostante i punti di vista divergenti sull’argomento.
Buona montagna a tutti!
38Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Buonasera, ringrazio tutte le persone che hanno commentato, dandomi spunti di riflessione per i miei pensieri sulle figure che possono/potrebbero/potranno essere attive nel settore dell’arrampicata, outdoor in particolare.Propongo di trovarsi – virtualmente e/o non – per ragionare insieme su come richiedere con maggior forza la creazione di un contesto normativo e la definizione di figure che meglio si adattino alle caratteristiche e potenzialità del mondo dell’arrampicata (“meglio” a mio modo di vedere, umilmente e per la mia comprensione attuale). Sono probabilmente ingenuo, ma penso che confrontarsi tra persone interessate e fare presente collettivamente nelle sedi più opportune che c’è interesse per sbloccare la situazione possa portare qualche frutto.Individualmente, ho già chiesto due-tre mesi fa un aggiornamento sulla situazione a CoNAGAI e FASI (le due entità con cui ho attualmente più famigliarità), e ho ricevuto un cortese riscontro via email, che però non ha portato molto in là.Mi sembra che ci siano tanti elementi sul piatto (maestro di arrampicata, promozione sportiva a livello dilettantistico, ecc.) che possono essere ingredienti di una ricetta efficace se limati e combinati per avere sinergie, più che contrasti e competizioni, insieme a chi e ciò che già è in attività in questo ambito da parecchio tempo.Per mettersi in contatto proporrei di creare una chat (Wapp, Telegram, ecc, come volete), lascio il mio numero: 335 1736687. Se mi mandate un messaggio, la creo.Non è forse il mezzo ideale per comunicare ma può essere un inizio, poi troveremo insieme modalità migliori. Spero a presto,Paolo Serralunga
Intervengo nuovamente perché sono un assicuratore ormai pensionato da tempo, ma, se le cose non sono cambiate: quando si giunge alla stipula di un contratto tra una compagnia e i membri di un’associazione sportiva (come nel caso in discussione), normalmente si riescono ad avere dei premi pro capite piuttosto convenienti e con massimali di garanzie copertura sinistri e/o responsabilità civile molto buoni. L’inghippo sta quando si verifica il sinistro. E posso affermarlo per esperienza vissuta, anche se indirettamente. La Compagnia assicuratrice, prima di pagare, andrà a vedere tutti i modi legali possibili per non farlo affatto o per abbassare il più possibile l’esborso a favore del contraente. Tra questi c’è ai primi posti il “cosa dice la legge” che regola quella determinata attività. Se, come mi pare di capire, ci sono regolamenti di associazioni (anche se emanazioni dello Stato) che contrastano con una legge dello Stato, suddetti regolamenti non hanno valore alcuno e a quel punto è come non avere stipulato nessuna polizza. I precedenti non mancano. Saluti a tutti.
Ho letto il commento 95 che non avevo letto bene. La “normativa” CONI non può superare una legge dello Stato e non può consentire a nessuno svolgere attività regolata espressamente dallo stato. Sono sicuro che alla prima causa per abuso di professione, le GA vinceranno come hanno vinto a Milano in quella triste vicenda che vedeva coinvolto un istruttore FASI ( CONI). Le normative fiscali e previdenziali non legittimano l’abuso professionale, specificano solo i rispettivi trattamenti. Senza parlare poi del primo incidente che capiterà dove il povero istruttore “abusivo” sarà massacrato. Io penso che chiunque si approcci a questa professione corra davvero molti rischi, anche perchè si entra nel penale dove la responsabilità è sempre personale.Dino Marini
Bertoncelli. Caro Fabio, è finita in un modo che dovrebbe essere istruttivo anche per questa discussione. Uno dei nostri competitor ci ha comprati, fingendo per gli allocchi di fare una fusione, e il primo che hanno fatto fuori è stato lui. Quindi mai sputare sul competitor e accumulare risentimento verso di te, domani può essere un tuo collega o un tuo capo. Tante volte non capisco gli errori di comunicazione madornali che fanno persone che hanno ruoli pubblici come l’estensore del 95: sarebbe come fare una doppia nel vuoto senza fare i nodi in fondo. A me l’hanno insegnato, non lo dimentico e per evitare il pericolo della distrazione chiedo sempre al mio compagno di verificare. Prima di pubblicare una dichiarazione falla leggere a qualcuno che non sia un tuo seguace. Regola elementare.
basta aspettare…la signora dal falcione passa e non gli interessano i soldi
è già un bel pò che comprendo…
L’attacco è un’ottima arma di difesa. Quindi sputare veleno sull’avversario.
Caro Roberto, evidentemente quel tuo capo era persona di elevati princípi morali.
Ora che è crepato, o sta per farlo, gli vorrei domandare: “A che pro?”.
Mi aggancio al commento 95 per esprimere la reazione emotiva di una persona appassionata al tema della formazione all’andare per monti, ma che non ha interessi diretti in gioco. Per sostenere le proprie posizioni che bisogno c’è di attaccare gli altri, ad esempio insinuando che le guide tirano in lungo la formazione per lucrare sulla formazione formatori (pesantina direi!) o alludendo all’ipocrisia del volontariato pagato nel soccorso alpino? Lasciate questi metodi ai politici. Il risultato è incitare alla rissa, non promuovere la collaborazione. Io ho lavorato in un ambiente dove la competizione per i clienti e il fatturato era feroce. Un mio capo cinico diceva: sui principi possiamo trovare un accordo coi competitor ma sui soldi mai. Certo che anche qui non si scherza, alla faccia della famosa passione. Sempre lì si va a parare. Segui i soldi se vuoi capire diceva Falcone. Molto ingenuamente per questo ambiente mi ero fatto altre idee, più moderate, pur non essendo una verginella Sposa di Cristo, ma ho letto che anche per loro l’attuale Papa Bianco non la prevede più come pre-requisito. Non sappiamo se il Papa Nero è rimasto invece sulla posizione più tradizionale. Ridiamo un po’ per non piangere.
“Non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere”. Spinoza,Tractatus politicus, cap. I, par. 4
🙂
certo “ad hoc” è giusto.
ma visto che di giusto c’è ben poco… mi son detto scriviamo OK.
chi ci farà caso?? invece…!!
Si guarda molto la forma e poco la sostanza.
sarà anche vecchio stile ma qui c’è gente che per decenni a gratis s’è fatta il culo tra corsi, aggiornamenti ed esami vari. Adesso ci s’inventa l’istruttore dilettantistico pagato. BRAVI.
Mi sa che le guide non hanno tutti i torti.
@ 18: forse ad hoc…?
Un conflitto ermeneutico potrebbe avvenire sul termine “dilettantistico”, che in ambito Coni, ipotizzo, copre l’area semantica in modo diverso dal mondo arrampicatorio (sempre un po’ old style…). Per dire l’allenatore (collaboratore sportivo) della squadretta dilettantistica viene pagato.
Ad ogni modo può essere forse l’esempio di una ermeneutica della pigrizia…
certo chiarisce TUTTO!!
Leggi fatte ad OK!!
Consiglio per ulteriori e doverose puntualizzazioni la lettura del commento numero 95 del precedente post sull’argomento.
Mi sembra chiarisca in via definitiva la nuova figura del collaboratore sportivo al di là delle mie personali considerazioni.
Pubblico questa nota di Riccardo Innocenti che mi è giunta stamattina
La lettera di Giovannino Massari pubblicata il 18 gennaio ha suscitato molto interesse. I numerosi post fanno emergere le diverse sensibilità su un tema che finora non aveva avuto una pubblica diffusione.
Senz’altro la figura del collaboratore sportivo dilettantistico – quali è l’ istruttore USACLI – è un fatto nuovo per il mondo della montagna. Ma è una figura ben presente e radicata in tutte le altre realtà sportive. Penso sia utile chiarire alcuni punti. Il collaboratore sportivo dilettantistico si colloca in un’area lavorativa speciale che gode di un regime differenziato e di un trattamento privilegiato sotto il profilo fiscale e previdenziale: considerata la peculiarità del settore e l’importante funzione sociale dello sport dilettantistico. I collaboratori sportivi sono presenti in tutti gli sport: calcio, atletica, fitness, tennis, volley, basket. Solo per citare i più diffusi sport di massa. Tutti i collaboratori sportivi hanno le stesse regole. A prescindere dallo sport cui si dedicano. Il mondo della montagna non li conosce. Fa fatica ad accettarli. Fa fatica a digerire che possa esistere una figura nuova ed alternativa alle figure presenti da tempo in montagna come la figura del professionista (incarnato dal maestro di sci e dalla guida alpina) e come la figura del puro volontario (incarnato dall’istruttore del CAI). Ma non bisogna confondere il dilettantismo con il volontariato. Nè confondere il dilettantismo con il professionismo. Le regole dei collaboratori sportivi dilettantistici valgono per tutti i tipi di sport. Anche per quelli della montagna: che il CONI ha inserito nell’elenco di sua competenza. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n.1/2016 ha precisato che “La volontà del legislatore è quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo-dilettantistici una normativa speciale volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico, rimarcando la specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro”.
Quindi evitiamo di confondere le figure del professionista, del volontario e del collaboratore sportivo dilettantistico. Il collaboratore sportivo dilettantistico è un lavoro. E’ come tale va retribuito. Così come il professionista che va retribuito. Con regimi diversi: ma vanno retribuiti entrambi. Il volontario non va retribuito. Normalmente il volontario non va retribuito ma nel mondo della montagna c’è una vistosa anomalia. Da due anni, grazie alla possibilità offerta dal settimo comma dell’ art. 17 del D.Lgs. 3 luglio 2017- Codice terzo settore, il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino del Club Alpino Italiano – che ha prontamente adeguato i suoi statuti e regolamenti nazionali alla nuova normativa – prevede la figura del volontario “indennizzato” che può recepire….udite udite …. fino a 60.000 euro (sessantamila euro!) quale indennizzo per la sua attività di volontariato. Ora che volontariato è se si percepiscono 60.000 euro di indennizzo? Questa domanda meriterebbe un altro bel post tutto per se sul Gogna Blog!
https://www.cnsas.it/wp-content/uploads/2019/03/2019_REGOLAMENTO._AFF._INCARICO_SOCI_MASTER_FINALE.pdf
Il collaboratore sportivo dilettantistico è un lavoro particolare con una regolamentazione particolare. I primi 10.000 euro percepiti sono in esenzione fiscale: ciò significa che su questa somma non si pagano le tasse sul reddito. Oltre i primi 10.000 euro si pagano regolarmente le tasse sul reddito. Ci sono collaboratori sportivi che rinunciano al loro compenso. Altri che ne traggono le risorse economiche per il loro sostentamento. C’è qualcuno che guadagna pochi euro l’anno e altri che guadagnano decine di migliaia di euro in base alla loro attività. Sicuramente il collaboratore sportivo dilettantistico non è un volontario. Non bisogna confondere la retribuzione del collaboratore sportivo con l’assenza di lucro delle Associazioni Sportive Dilettantistiche o delle Società Sportive Dilettantistiche. Questi ultimi due organismi non hanno scopo di lucro. Pertanto non possono fare utili e distribuirli agli associati. Ma sono pienamente legittimati a retribuire i propri collaboratori sportivi per le attività rivolte alla compagine degli associati. Qualcuno nei post si è stracciato le vesti gridando all’abuso della professione perché i collaboratori sportivi ricevono un compenso. Quel compenso è previsto dalla legge per una ben determinata prestazione. Tutto il mondo dello sport dilettantistico opera in base a queste norme. Ora il mondo della montagna si è accorto che tra i vari collaboratori sportivi che operano in base a queste norme ci sono anche gli istruttori che si dedicano agli sport della montagna. I rimborsi spesa sono un’altra cosa. Sono spese vive sostenute che vengono rimborsate in quanto spese. Non vanno confusi con i compensi dei rimborsi sportivi. Se per recarmi in un posto prendo un treno o uso la macchina quella spesa è una spesa viva e va rimborsata. Poi in quel posto presto la mia attività di collaboratore sportivo dilettantistico e per questa attività ricevo un determinato compenso.
In molti commenti si è sottolineata la differenza tra la formazione (costi e durata) delle guide alpine e quella degli istruttori che percepiscono compensi quali collaboratori sportivi. La formazione delle guide è molto lunga ed onerosa: oltre 120 giornate. Chi intraprende il percorso sicuramente sviscera gli argomenti nel minimo dettaglio. Ma è anche certo che i beneficiari indiretti di un percorso formativo così lungo sono i formatori: che vengono retribuiti con la tariffa giornaliera di guida non per portare in giro dei clienti ma per insegnare placidamente in un corso di formazione. Chi fa l’istruttore delle guide alpine o dei tecnici del soccorso alpino (sono sempre delle guide alpine) si assicura – grazie all’attività di formatore- un’entrata annuale certa senza il rischio tipico della professione. E anche questo tema meriterebbe un altro bel post tutto per se sul Gogna Blog!
Senza entrare nel merito di quello che fanno gli altri facciamo chiarezza sul percorso formativo degli istruttori USACLI e sui loro formatori. Gli istruttori USACLI vengono formati secondo un piano comune a tutte le discipline. Nella parte formativa sono previste due giornate (comune a tutte le discipline sportive, non solo a quelle della montagna) sulla fisiologia generale, sulla didattica, sulla psicologia sportiva, sull’allenamento, sulla gestione associativa ed organizzativa.
Oltre alle due giornate comuni a tutte le discipline sono previste delle giornate formative sulla singola disciplina tecnica che vanno da un minimo di 6 giornate ad un massimo di 12 giornate. I corsi sono basati sul criterio delle competenze. Come previsto dalla legislazione europea in tema di competenze professionali e lavorative. I corsi si rivolgono a chi già sa le cose. A chi sa già fare. A chi già ha raggiunto in autonomia il livello tecnico richiesto che è chiaramente esplicitato nei bandi dei corsi di ogni singola disciplina. Le giornate formative tecniche servono ad omogeneizzare le conoscenze. Ad un osmosi delle esperienze. Ad amalgamare i diversi vissuti personali per creare un contesto cognitivo comune. Servono a focalizzare quello che ci si aspetta da un istruttore USACLI sotto il profilo della competenza tecnica e sotto il profilo della responsabilità civile e penale della propria attività. Servono a mettere i candidati in grado di sapere quali saranno le prove di valutazione e di permettergli di arrivare alla valutazione tecnica preparati al meglio.
I formatori dell’USACLI sono di diversa estrazione. I loro curricola sono validati dalla Commissione Scientifica Nazionale dell’USACLI. Sono Laureati in scienze motorie, Istruttori Nazionali del Club Alpino Italiano, Accademici del Club Alpino Accademico, Istruttori delle Forze Armate e dei Corpi Armati e non Armati dello Stato, Maestri di Sci, Istruttori Nazionali di Sci, Allenatori Federali del CONI, Atleti di livello Nazionale ed Internazionale, Atleti di chiara fama, Avvocati, Medici, Esperti di Organizzazione, Manager sportivi, etc. Le loro carriere sportive/manageriali/professionali rispondono ai criteri determinati dalla Commissione Scientifica Nazionale USACLI per la qualifica di formatori. Sono persona che “sanno” e questo loro sapere è certificato dai loro curricola e dai loro titoli e dai percorsi di validazione messi in atto internamente all’USACLI. Per i formatori sul sito https://www.usacli.it/formazione/ si trovano le indicazioni sull’albo nazionale delle qualifiche. Per gli allievi dei corsi sul sito https://www.usaclimontagna.it/corso-tecnico-arrampicata-sportiva-2020/ si possono trovare – a titolo di esempio – le materie tecniche oggetto di formazione ed esame.
L’approccio è molto semplice. Persone di comprovata formazione tecnica/professionale (i formatori USACLI) hanno il compito di validare le competenze dei candidati Istruttori/Tecnici nazionali che opereranno all’interno dell’USACLI. Si è scelto di non prevedere periodi minimi di aspirantato e/o di tirocinio obbligatorio che spesso, in altre realtà, vengono fissati in uno o più anni. Si è convinti che è necessario evitare che questi periodo di tirocinio obbligatorio possano essere percepiti e vissuti in maniera sgradevole come periodi in cui essere costretti a prestare forza lavoro gratuita a fronte di una dichiarata esigenza formativa che spesso non viene svolta, o svolta in maniera insignificante. All’USACLI chi sa fare, chi sa, può essere valutato direttamente per quello che sa fare e per quello che sa. Senza inutili corvee obbligatorie camuffate da lunghi periodi in cui si è messi all’ultimo posto della macchina organizzativa dei vari Enti/Organizzazioni che prevedono tale pratica. E’ inutile citare Giovenale che, come poeta e retore dell’antica Roma, c’entra poco con questa discussione.
L’obiettivo dell’USACLI è verificare le capacità dei candidati dei corsi istruttori. Se la verifica ha esito positivo il neo istruttore, grazie alla normativa sui collaboratori sportivi, può inserirsi nel contesto lavorativo dello sport dilettantistico. Il suo compito è trasmettere le nozioni tecniche della disciplina tecnica di riferimento. Nel campo degli sport di montagna l’incolumità psicofisica dell’atleta/associato affidato all’istruttore è, ovviamente, al primo posto. Per ottenere l’attestato di qualifica nazionale bisogna seguire il percorso previsto con risultati positivi. Ma anche se non è scritto nelle norme c’è un paradigma che i formatori USACLI prendono spesso come punto di riferimento e che io, personalmente, ritengo valido. Io -che sono un formatore USACLI- nel momento che rilascio un attestato di qualifica penso sempre di affidare a quel candidato -senza alcuna remora, pensiero o riserva tecnica e mentale- i miei figli. Con l’idea che mi possa riportare a casa i figli senza problemi.
E’ naturale che questa nuova figura che opera negli sport di montagna incontri diffidenza, ostracismo, difesa corporativistica professionale, denigrazione preventiva, derisione organizzata???? Non è naturale ma è questo che sta avvenendo. I posteri potranno tirare le somme e decretare se la figura del collaboratore sportivo dilettantistico degli sport di montagna sia stata fallimentare o portatrice di un nuovo modo di offrire un servizio: comunque richiesto nel mondo sportivo dilettantistico. Con buona pace di Giovenale e di tutti coloro che preferiscono non cambiare nulla per godere delle rendite di posizione antistoriche ma tanto comode per non essere disturbati in alcun modo!
Un ultima considerazione riguarda l’interpretazione giuridica di questa vicenda. In tribunale non vince chi ha l’avvocato migliore: anche se avere un bravo avvocato è importante ed aiuta! Vince chi rispetta la legge. Vince chi si informa sulle leggi esistenti. Vince chi individua le legittime possibilità offerte dalla legge. Non vince chi si arrocca sul passato e fa finta che non esistono le leggi dello Stato perché sono leggi scomode e che mettono in discussione lo status quo. Vince chi rispetta la normativa fiscale e paga normalmente le tasse dovute evitando l’evasione fiscale e le prestazioni in nero. Vince chi applica in maniera trasparente la legge. L’USACLI segue le best pratices su tutti questi temi.
Riccardo Innocenti
Responsabile della USN Montagna – USACLI
Già nell’altro blog ho messo in evidenza come il problema, per gli istruttori volontari per l’outdoor, non sia quello che siano GA, CAI, è che se ne trovano pochi. Perchè? Per il semplice motivo che, per evitare incidenti e responsabilità si sono alzati tantissimo i requisiti necessari. Ad esempio, per diventare Nazionali di Arrampicata Libera CAI (INAL) occorrono almeno 10 anni, prima come istruttori sezionali, regionali poi Nazionali. Si parla ( complessivamente) di un centinaio di giornate ( di ferie) impiegati in esami, e dico per una sola specialità. Di anni spesi ad allenarsi per alzare il livello, esercitarsi. Si parla di un aggiornamento continuo fatto domeniche con GA o esperti per ogni singolo argomento. Si parla di responsabilità grosse in caso di incidente da parte di istruttori direttori etc. Si parla di corsi con decine di giornate passate a spiegare come moschettonare o come muovere il corpo per arrampicare bene. Si parla di leggere, istruirsi. Occorre avere tanta ma tanta passione e disponibilità totalmente gratuita. Ora mi stupisce che altri trovino tutta questa disponibilità ( gratuita) in giro. Per non parlare dei requisiti per GA ancora più alti con persone che su questo investono la propria vita. Queste figure hanno in mano la vita di persone che si AFFIDANO a loro. Capisco indoor; la struttura è collaudata, l’ambiente protetto etc etc. Ma fuori, accidenti, NO! Le falesie NON sono impianti sportivi, le vie sportive sono vie VERE alcune con runout di tutto rispetto. GA e CAI lavorano da ANNI. Hanno messo insieme protocolli, procedure, centri ricerca per supportare tutto. Tutto questo non è burocrazia, è lavoro serio.Dino Marini
Hegel diceva che la legge non è che il quieto riflesso del fenomeno. Ammesso e non concesso che la legge attuale sia il riflesso, forse nemmeno troppo quieto, del fenomeno risalente a trent’anni orsono (per non risalire al fenomeno dei ricchi nobili che si facevano parancare dai valliggiani-guida…), la questione è che ora, come evidenziato da molti, il fenomeno è diverso.
E non si ferma con carte bollate.
Ergo concordo con l’intervento di Penotti e altri qui. Invece di irritarsi e stare ad arrovellarsi su come bloccare gli intrusi, comincerei a ragionare operativamente su come una nuova legislazione potrebbe riflettere meglio il nuovo fenomeno.
Valorizzando persone che pur non essendo (e nemmeno volendone credo diventare) tuttologhi della montagna… hanno delle esperienze, nel caso specifico arrampicata e didattica, che molte Guide si sognano.
A quasi sessant’anni onestamente non credo di averne l’energia, la voglia e sicuramente neanche la competenza sciistica.
Come ho scritto avevo fatto e superato a suo tempo la selezione per maestro di arrampicata peraltro promossa dal Collegio delle Guide Alpine stesse e in cui in tanti speravamo e per la quale altri come me si erano presentati alle selezioni.
Se questa figura fosse nata e non disattesa l’avrei volentieri affiancata alla mia di insegnante di Scienze Motorie.
Non è nata e, a malincuore, mi ero messo l’animo in pace ma ora mi si è presentata questa nuova valida opportunità slegata da Guide e CAI ma comunque patrocinata dal CONI.
Ritengo di avere tutti i diritti di poterla cogliere e di poter promuovere l’arrampicata sportiva nei modi e nei tempi consentiti a tali strutturate associazioni e in supporto ai giovani tecnici che si sono già formati e a cui se ne aggiungeranno senz’altro altri nei nuovi bandi previsti.
Non è approvata dal CAI? Non è approvata dalle Guide Alpine? Me ne farò una senz’altro una ragione e proseguirò per questa nuova alternativa.
Ma se il CAI e le Guide possono collaborare tra loro credo ci sarà spazio, in questo momento di boom dell’arrampicata, anche per una terza entità: quella dell’US Acli Montagna, che, non dimentichiamolo, è sempre disponibile a un confronto.
È un dato di fatto che questa figura, di tecnico di arrampicata sportiva outdoor, è e sarà sempre più una necessità e questo l’intero popolo verticale non può fare a meno di prenderlo in considerazione e infatti non è un caso anche l’arrampicata sportiva outdoor è stata inserita nella tabella degli sport di interesse CONI ammissibili alla promozione sportiva.
Signor Massari, perché non fa la selezione e quindi il corso per diventare guida alpina? Oltre a fare un figurone dal punto di vista etico e morale, potrebbe svolgere ogni tipo di attività legalmente incluso guadagnarsi il giusto.
“i tassisti …tutti impegnati a difendere in tribunale le loro sudate e legittime licenze contro gli autisti Uber “
legittime mica tanto, considerando che vige da tutti tollerato ed ammesso, un illegittimo mercato di compravendita delle stesse esplicitamente vietato dalla legge, essendo le licenze nominali e concesse dallo Stato.
Matteo. Lasciamo perdere le grillate o meglio le casaleggiate, visto che il poverino non c’è più e l’erede non è all’altezza. Andrei a fare scenari non tanto nell’area della de-materializzazione ma nell’area della disintermediazione e nell’area del potenziamento delle capacità umane con l’inglobamento delle tecnologie. Ci vorrebbe un Harari per la montagna che scrivesse un “Homo Rampans” dedicato al passato e al futuro. Chissa? Forse non abbiamo digerito bene la cena questa sera e dobbiamo scusarci. Sogni d’oro.
Adesso che mi hai instilato questo pensiero….come diceva Grillo, è tutto finito, la montagna, le guide, le valanghe, i chiodi… È tutto finito… Tra 30 anni basterà essere un bravo sviluppatore di realtà virtuale e un neuroscienziato ti farà scalare il k2 stando nel letto e facendo si che ti rimanga il ricordo dell’esperienza.
Scusate l’offtopic…
Matteo, sai cosa mi viene in mente? Un’analogia: i tassisti appunto e la mobilità nelle grandi aree urbane. Tutti impegnati a difendere in tribunale le loro sudate e legittime licenze contro gli autisti Uber e poi i giovani si inventano Blablacar e vedrai cosa si inventeranno nei prossimi anni se si comincerà a fare sul serio nelle città limitando la circolazione nei centri storici. È il solito problema del pensare a corto raggio nella logica del domani e’ un altro giorno. Tra 20 /30 anni come sarà il mondo della formazione all’arrampicare ? Sarebbe bello vederlo. Se avessi 30 anni ci penserei e mi preparerei ma in un paese dominato dai vecchi come il nostro il tema del futuro prossimo sembra fantascienza, non solo per la montagna purtroppo e prevale il “speriamo che me la cavo” e intanto mi difendo.
Sono maligno a pensare che una delle ragioni di questo ostracismo, se di questo si può parlare (?!), possa essere il non voler creare un precedente? Se accadesse per i maestri di arrampicata libera allora perchè non per i maestri di sci libero che ad oggi non mi risulta possano portare fuoripista, o degli accompagnatori di canyoning? Anche se per questi ultimi ci sono già figure variamente inquadrate che sono remunerate… Alla fine non si va a parare dove altri sono già arrivati? Non basterebbe copiare, bene, ma copiare quando si può? Chiedo, perchè non conosco i pro e contro della situazione francese con i vari moniteur…
Concordo con Penotti. Il “caso” Massari ha appassionato perché ha posto un problema generale e strategico che sta a cuore a molti appassionati che credono nel valore dell’andare in montagna: come rispondere alla domanda crescente di formazione alpinistica/arrampicatoria evitando i pericoli di un mercato selvaggio? Questo è il vero problema sul quale i diversi soggetti dovrebbero confrontarsi intorno ad un tavolo. Certamente i diritti non vanno lesi e devono essere tutelati evitando gli sconfinamenti, ma la priorità non è proteggere con le unghie e coi denti i propri piccoli confini stando fermi in trincea, altrimenti si fanno battaglie che rischiano di essere solo corporative, come i tassisti. Possono essere efficaci sul breve periodo e in un sistema lobbistico come il nostro, ma intanto il mondo si muove e rischia di travolgere chi si arrocca in difesa del proprio paesello e non cerca di capire e governare il “nuovo che avanza”. Quindi grazie a Massari che con disarmante sincerità si è posto come stimolo per sollevare problemi più grandi della sua vicenda personale.
Giovanni Massari, giustamente, pone un confronto con le Guide con tono sempre pacati e mai polemici.
Io, non avendo interessi né da una parte, né dall’altra una piccola polemica vorrei farla.
Anziché
minacciare ed agire sempre per via legali ed intimidatorie, perché come giustamente posto da Massari, è oramai da anni che la figura del maestro d’arrampicata non viene creata all’interno del Collegio dalle Guide non sarebbe il caso che le Guide si sedessero intorno un tavolo facendo proposte costruttive?
Al contrario il Collegio rimanda il tutto con infinite discussioni e alibi dettati dalla necessità di modificare la legge attuale. Legge, rammento che nelle prime bozze di stesura prevedeva anche la figura del maestro di arrampicata, poi misteriosamente scomparsa nella Legge definitiva.
Un accordo fra le parti interessate (Guide, CAI, Associazioni sportive affilliate CONI) risolverebbe la questione al di là delle limitazioni o imperfezioni della Legge.
Grazie ad Alessandro che ha riproposto la risposta del collegio piemontese perché l’argomento merita ancora condivisione e discussione.
Condivido la risposta di Giulio che mette nudo quello che però avviene normalmente per tantissime altre attività sportive (nell’elenco di interesse CONI) che usufruiscono delle ASD affiliate al CONI, le quali, potranno piacere o non piacere, ma sono normate e assolutamente legali per cui non vedo perché proprio l’arrampicata, da poco sport olimpico, non dovrebbe rientrare.
Su un paio di singoli punti (formazione e chiodature) avrei delle perplessità ma non è questo il luogo per dipanarle perché sono troppo tecniche e penso sarebbe più utile un confronto.
Mi sorgono però due riflessioni che vorrei porre all’attenzione del collegio e naturalmente di tutti voi che vi intrattenete in questa piacevole e mi sembra proficua discussione
Mi domando e vi domando. Ma si è fatto il collegio un minimo di esame di coscienza (ora che è tardi) sul fatto che aveva promesso e millantato (non credo che qui molti ne siano a conoscenza) una figura di Maestro di arrampicata libera oltre 30 anni (1986/1987) fa e selezionato una numerosa serie di candidati (tra cui io stesso che avevo anche vinto la selezione) e poi si è rimangiato tutto e questa figura non è mai nata? Si pensava forse di mantenere questo monopolio a discapito della grande richiesta? Sicuramente se fosse nata e si fosse sviluppata questa figura (o se fossero state sanate quelle situazioni) oggi non saremmo qui a dibattere di queste cose. Per me tutto sommato è tardi perché ormai ho una certa età e potrò fare poco ma le molte attestazioni di solidarietà che ho ricevuto in questi giorni mi spingono a pensare che questa esigenza sia comune a moltissimi giovani preparati e capaci che potrebbero egregiamente svolgere questa attività come un lavoro o un secondo lavoro.
Perché non viene minimamente presa in considerazione dal collegio la proposta di collaborazione delle ACLI contenuta nella parte finale della risposta ufficiale? In tal modo molte guide potrebbero entrare come tecnici di terzo livello ed inserirsi nella formazione. E a dire il vero privatamente a me è già arrivata una proposta.
Sono domande a cui mi piacerebbe avere una risposta al di fuori di ogni sterile polemica.
Mi sembra che la “professione” di guida alpina sia nata in Italia “solo” con la legge Bassanini.Non ho altri riscontri temporali e nemmeno so dove esista altrove.Ho chiesto più volte ma nessuno mi chiarisce come stanno le cose.Capirei se fosse un arte o un mestiere, ma mettere legalmente un ingegnere, o una chirurgo, o altri laureati allo stesso livello di una guida alpina mi sembra proprio fuori posto.Non è una critica alle guide alpine, è solo un ragionamento che forse risolverebbe tanti problemi e parecchie incomprensioni.
Mi sforzo di provare a capire entrambe le posizioni estendendo il confronto anche ad altre discipline terreno di “scontro” in primis il torrentismo credo. Non conosco bene la situazione francese ma non riesco a capacitarmi di come non si riesca a percorrere una strada che legittimi e accontenti parzialmente “tutti o quasi”. Non è cosi in Francia con i moniteurs?
Ottima e doverosa risposta che chiarisce molto bene i diversi ruoli di chi opera in montagna. Sarebbe bene che i “volontari dilettantistici” ne prendessero attentamente atto prima di rilasciare attestati totalmente privi di valore. Credo inoltre che sarebbe anche opportuno che la questione venisse inequivocabilmente regolamentata per legge.
Mi sembra una garbata e doverosa risposta. E lo dico da educatore ambientale che, pur avendo esperienza, in montagna non porta nessuno. Anzi, ho vietato ai miei collaboratori di farlo se si tratta di servizi erogati dalla nostra cooperativa.