Rolando Larcher

Rolando Larcher
(scritto nel 2014)

Rolando Larcher è un gigante della storia dell’arrampicata: qui ne indaghiamo le principali realizzazioni in Sardegna e Sicilia. È nato a Cles (TN) il 1° settembre 1965 e di mestiere è Guardia di Pubblica Sicurezza. Forte della sua esperienza dolomitica e di falesia sportiva, Larcher approda in Sardegna nel maggio 1998 e si dedica alla risoluzione (dal basso e con un’etica cristallina) della grande parete strapiombante che costituisce il versante destro idrografico della Gola di Gorropu. Assieme allo spezzino Roberto Vigiani, a Maurizio Oviglia e a Letizia Deavi inizia un lavoro sovrumano. La prima lunghezza è di 7b+, la seconda di 7c+, la terza 8b… Interrompono, per riprendere il progetto solo l’anno dopo, sempre a maggio. Ma sono solo Larcher e Vigiani ad andare avanti: quarta lunghezza 8a+, poi 8b, 7c, 7a+, 7b+, 7b, 7b, fino all’ultima di 6b. Il risultato, che fece clamore, al tempo fu definito la via lunga più difficile d’Italia. La supervia, battezzata Hotel Supramonte, ebbe e ha tuttora molta fortuna, ripetuta anche da Stefan Glowacz e quindi da Pietro Dal Pra che ne compì anche la prima RP, assicurato da Lorenzo Nadali, il 3 novembre 2000.

Rolando Larcher inizia ad aprire il secondo tiro di Hotel Supramonte, 1998. Foto: Maurizio Oviglia.

Così Larcher giudica la via (da UP 2011): “Hotel deve il suo successo all’ambiente favoloso, alla qualità della roccia, allo stile di scalata, alla sua difficoltà, al facile accesso e soprattutto alla possibilità di poterla provare in qualsiasi stagione. Non si deve dimenticare che l’ho aperta con Roberto Vigiani, fifty-fifty. Lo scopo era quello di aprire una via bella e dura. La parete era vergine. Ho attaccato il primo tiro con Letizia, mia moglie, il secondo e una parte del terzo con Maurizio Oviglia che è poi diventato il mio partner di cordata. Quindi, finalmente, è arrivato Roberto e abbiamo incominciato a condividere le soddisfazioni e le fatiche. Al terzo tiro ho superato un passaggio obbligatorio severo, poi Roberto è subentrato, aggiungendo un obbligatorio bellissimo su una scanalatura fragile. E, nel diedro, ha fatto il secondo passaggio obbligatorio interessante della via. Eravamo molto contenti, eravamo passati nel miglior modo, su una linea straordinaria, al centro di un muro strapiombante. Mancava solo un tiro breve per l’uscita dalla sezione più dura. Ci abbiamo passato un giorno intero, cercando in tutte le direzioni un appiglio per continuare. Purtroppo, mancava appena una presa per aprire in libera… Già nel 1994 avevo dovuto rinunciare perché mancavano le prese. Questa volta abbiamo deciso di accettare un compromesso: un unico passaggio su cliff. Il lavoraccio è toccato a Roberto! Si è allungato partendo dallo spit e ha messo un gancio in un buco di calcite, prima di posare lo spit seguente. È stato un colpo duro per il nostro entusiasmo, ma siamo andati avanti e abbiamo terminato la via. Questo passaggio, gradato 7c+ con un punto di aiuto, è cambiato. Sei anni dopo ci sono ritornato per farla in libera e ho visto che quel buchino, a forza di pulirlo, è diventato più grande“.

Lo stesso Larcher la ripeté nel 2005 per effettuarne la RP tutta da primo.

Siamo all’inizio di un fenomeno che ancora oggi è la caratteristica delle difficili aperture moderne: si cerca di salire a vista, se non ci si riesce si sale e basta, rimandando la RP alla prima occasione o lasciandola a un altro. Larcher si distingue subito in questa nuova arte. Così nel giugno 2000 sale a vista Intelligenza emotiva a Giràdili, accompagnato dallo stesso apritore Oviglia.

Come tutti i grandi campioni, Larcher non si limita a uno stile. Di certo spintisi l’un l’altro in quella direzione, Larcher, Vigiani e Oviglia, il 24 maggio 2002 aprono Mercanti di chiacchere, 13 tiri per 700 metri, con difficoltà max di 7a (per più di 200 m.) sulla Punta Cusidore, con l’intenzione di tracciare un itinerario tradizionale (senza spit). In una giornata con vento patagonico, la via è risolta in 13 ore di fatica e di lotta con le fessure da ripulire dall’erba, sempre cercando di non fare resting per il sogno di una salita in stile più pulito possibile. Racconta Oviglia: «Nella seconda parte la linea, di una purezza invidiabile, domandava di non cercare scappatoie e di seguire l’unica crepa che incideva un muro liscio di più di 200 m: così è stato, ma alla fine proprio questo tratto ha richiesto molti sforzi, date le difficoltà continue di 7a su tutti i 200 m e la necessità di piazzare le protezioni dopo aver ripulito le fessure con una sola mano! A Rolando è capitato il tiro più stressante, un off-width su cui ha battagliato per più di due ore! Roberto invece si è distinto su un lunghissimo e continuo fessurino tutto proteggibile a stopper».

Mercanti di chiacchiere, non lo sanno ancora, ma per Larcher e Oviglia sarà la prima di un fantastico tris trad sulle pareti di Punta Cusidore.

Federica Mingolla su Hotel Supramonte, assicurata da Rolando Larcher. Foto: Maurizio Oviglia.

I due vanno in Còdula di Luna a esplorare nuove possibilità. È Larcher questa volta che vede una grotta a forma di cuore sovrastata da una placconata di calcare liscissimo. È il colpo di fulmine, ma devono aspettare un anno per provare. La parete è sul Monte Andau, e nel maggio 2003 vede i suoi primi salitori, gli stessi che l’hanno vista e sognata. Che hanno vissuto la magia di quel sogno. Commenta Oviglia: «La Codula di Luna è uno dei posti più selvaggi d’Italia, almeno uno degli ultimi rimasti. Lasciare la nostra traccia anche qui, vivendo giornate intense a battagliare con i cliff e con le gocce taglienti dello splendido calcare sardo… senza vedere anima viva… e poi contemplare la “nostra” invisibile linea all’ombra di uno splendido leccio… ebbene, che si può volere di più da questa nostra vita di scalatori?».

La chiamano Spirito selvaggio, 280 m, difficoltà massima 8a/8a+ (7b/7b+ obbl.). La salgono in RP il 28 maggio.

Sempre in Còdula di Luna la coppia Larcher-Oviglia, affiancata da Simone Sarti, questa volta si dedica al problema di S’Orcu, una struttura affascinante, data da un muro grigio sormontato da una serie di tafoni di roccia gialla.

I tre si dividono equamente i tiri e procedono fino al cuore degli strapiombi, ma devono interrompere per mancanza di tempo.

Nella primavera del 2005 lo stesso trio risale in libera le lunghezze aperte l’anno prima. Come sempre, ognuno si occupa di liberare e graduare ciò che ha aperto. Larcher sull’ultima lunghezza di Nuvolari dimentica i cliff e chioda tenendosi con le mani. Poi ridiscende e libera il tiro appena aperto (240 m – 7a+ max, 6c+ obbl.).

Il 12 giugno 2006 Larcher e Oviglia salgono on-sight E non la vogliono capire alla parete L’Amor de mi vida (Ginnircu di sinistra). Sulla stessa parete Larcher, assieme a Geremia Vergato e il 16 giugno 2007, sale on-sight un’altra via di Della Bordella e soci, Oltreconfine.

Sulla grande parete di Punta Giràdili, Larcher, Oviglia e Vigiani si riuniscono ancora per aprire Mezzogiorno di fuoco (270 m, 8b max, 7c obbligatorio). È il giugno 2006. La via sale gli strapiombi proprio nel centro del fantastico pilastro che incide la parete. Si preannuncia un’altra via leggenda come Hotel Supramonte, oggi considerata un punto di riferimento per le multi-pitch sportive in tutto il mondo. Il 6 maggio 2007 Larcher, dopo tre giorni di lavoro, riesce a salire tutti i sette tiri in libera da primo.

Il 13 giugno 2007, con Oviglia, Larcher va a ripetere Amico Fragile a Donneneittu e la sale rotpunkt. Per Larcher l’8b è da declassare a 8a+.

Il 10 giugno 2008 Larcher e Oviglia aprono British Way, una nuova via in stile trad sulla parete nord-ovest del Bruncu Nieddu. La via corre a poche decine di metri dalla storica Spalle al Muro (Bernardi-Demichela, 1981). Larcher è appena tornato da un viaggio in Gran Bretagna e quindi è motivatissimo a questo genere di esperienze. C’è persino chi insinua ironicamente che in quel viaggio si sia convertito al trad. Invece è allo stile Larcher che lui pensa, su un muro perfetto e senza una crepa… ennesimo capolavoro di uno stile con il suo terreno e le sue regole, rigorose ed esigenti. Quel giorno i due hanno anche il martello, con l’intenzione di chiodare solo le soste, in modo che i ripetitori siano spinti a lasciarlo a casa e a usare solo nut e friend.

È una parete strapiombante, sarebbe repulsiva già dotati di perforatore, ma poi gli appigli si scoprono piano piano, ovviamente tirando via terra ed erba.

Salire a vista in apertura costringe alla rimozione dei cespugli e degli appigli mobili, il tutto senza fare resting. Una difficoltà aggiunta di cui nessuno dopo i primi salitori terrà più conto…

I due procedono alternati e alla fine, dopo le atletiche fessure finali, entrambi ce l’hanno fatta on-sight e sono sfiniti. Tuttavia Oviglia si rimprovera di aver piantato un chiodo, rivelatosi poi inutile. “Tanardo, potevi mettere un nut!” – lo rimprovera amichevolmente Larcher.

La cordata Larcher-Oviglia non perdona. Nel 2008 si rivolge ancora a Punta Cusidore per salire Umbras, per poi risalirla in RP il 15 giugno 2009 (300 m, 8a max, 7b+ obbl.). «Altro gioiello da accostare alle celeberrime Hotel Supramonte e Mezzogiorno di Fuoco al Giràdili” – dice Larcher – Umbras è nata ammirando lo splendido diamante grigio, sospeso sul filo dello spigolo del Cusidore, raggiungerlo e tentare di percorrerlo era cosa irrinunciabile. Oltre ad avere una bellezza ammaliante, questa linea ha il pregio d’essere in ombra già a mezza mattina, che unito ai mille metri di quota e alle incredibili termiche refrigeranti della piana di Oliena, permette di scalare in condizioni perfette, quasi irreali, nei periodi più caldi dell’anno. La roccia è da antologia, un calcare levigato compattissimo, con delle teorie di buchetti che tanto mi ricorda il Mur de Berlin a Céüse».

Rolando Larcher e Maurizio Oviglia all’uscita della prima salita di Camaleontica, Punta Cusidore. Foto: Luca Giupponi.

Nel marzo 2009 Rolando Larcher va in Sicilia, attratto dalle muraglie che ancora non sono state salite. Su Mezzogiorno di Pietra scrivevo al riguardo del Monte Pellegrino: «La qualità della roccia, la vicinanza a una grande città, le buone condizioni atmosferiche pressoché permanenti ne hanno fatto uno dei più meritatamente frequentati centri di arrampicata. In posizione un po’… decentrata rispetto alle altre regioni d’Italia, il Pellegrino non ha visto finora una grande invasione dal Nord. Ma è solo questione di tempo: qui arriveranno anche i francesi, gli inglesi, gli svizzeri e i tedeschi. Sarà sufficiente che il Patrick Berhault di turno vada a farvi una visita e aprirvi un itinerario demenziale ed ecco scatenato l’afflusso…». Bene, il momento è arrivato: non si chiama Berhault bensì Larcher.

Suoi compagni sono Oviglia e Luca Giupponi e assieme si rivolgono al settore Nuovo Mondo del Monte Gallo, quello de Il mio scanto libero, di Oviglia, Eugenio Pinotti e Fabrice Calabrese (4-9 novembre 2006). Aprono in tre giorni Kaos (325 m, max 7c, obbl. expo 7a+), che vince gli impressionanti strapiombi cosparsi di canne e stalattiti… poi impiegano il 19 marzo per liberarla, nell’unico giorno di buona aderenza.

«Occorrerà farsi strada nel caos di stalattiti, alla ricerca di una via di uscita dagli strapiombi e dalle colate di un inverno eccezionalmente piovoso… se la troveremo. Per stupirci ancora di cose semplici, come una tacca messa proprio al posto giusto, tra un buco e una canna, che rende possibile il materializzarsi sotto le nostre dita della linea più pura, proprio quella che avevamo immaginato. Basta una presa a volte a fare una via, e quella presa questa volta l’ha trovata il Gippo (Giupponi) su una colata bianca come neve. Un’intuizione ben premiata» scrive Oviglia.

Dopo Mercanti di chiacchiere e British way, ecco la terza del tris trad a Punta Cusidore: Camaleontica ((290 m, 7a+ max, 6c+ obbl.). Protagonisti sempre loro, Oviglia e Larcher, i “camaleonti” degli stili. È stata aperta in due giorni, 14 e 21 giugno 2010. A destra c’è Umbras, una super linea su roccia compattissima, tiri entusiasmanti stile Verdon, proteggibili esclusivamente con dei rarefatti spit. A sinistra ora c’è Camaleontica, roccia sempre splendida, scalata simile al granito, solo tre chiodi lungo i tiri, tanti friend, qualche stopper e belle clessidre. Peccato per l’on-sight, svanita per un resting di Larcher su un cliff per riuscire a battere un chiodone sul sesto tiro, poi rifatto rotpunkt in ripetizione.

Scrive Larcher: «Nel terzo tiro, un fantastico diedro di 45 m con strapiombo centrale, abbiamo sormontato per una decina di metri un progetto a spit di Gianluca Piras e Luigi Scema del 1996. Dopo un’amichevole chiacchierata, hanno acconsentito alla rimozione degli spit. A loro va un grazie per il generoso esempio di sensibilità e di intelligenza etica».

Il 31 marzo e 1 aprile 2011 Larcher, Giupponi e Nicola Sartori hanno completato l’apertura, e salito tutti e tre in RP, Pompa Funebre (150 m, 8b max, 7a+ obbl.) la via che il 21 marzo 2009 Larcher e Giupponi avevano cominciato ad aprire, assieme a Maurizio Oviglia, sulla parete nord-est (Parete dei Rotoli) del Monte Pellegrino (Palermo).

Scrive Larcher: «Rossa con delle bianche colate, molto strabiombante, ricca di stalattiti e buchi, ma soprattutto totalmente vergine. Dopo aver liberato Kaos, con l’ultimo giorno e mezzo a disposizione, andammo subito in avanscoperta. Per l’accesso, escludemmo subito l’entrata principale al cimitero, gli orari di visita erano poco “elastici” e probabilmente i nostri zaini rigonfi avrebbero destato troppo interesse al custode… Così, trovato un varco “alternativo”, ci addentrammo nella foresta vergine, che separa il cimitero dalla parete, raggiungendo, provati, la base dell’impressionante anfiteatro. Rimasi colpito non solo dalla spettacolarità di quanto mi circondava, ma dal contrasto nel passare in brevissimo spazio da una situazione super urbanizzata a una totalmente selvaggia. Un contesto strano, che a Palermo più volte si è ripetuto. Solitamente luoghi così incontaminati dall’uomo si trovano a grandi distanze dal medesimo, ma qua basta abbandonare la strada o varcare uno steccato per incontrarli. Il tempo poi si guastò, si mise a piovere e grandinare, ma tale era lo strapiombo, che cominciammo comunque a scalare e dopo due lunghezze eravamo già fuori dalla verticale di oltre 20 metri. La via era ancora da concludere, ma viste le prerogative e lo stile d’arrampicata, il nome della via fu deciso in largo anticipo: Pompa Funebre».

Scrive Luca Giupponi: «La nostra intuizione di tentare una linea così strapiombante ci dà ragione: stalattiti, buchi, fessure, liste ci lasciano passare per una lunghezza indimenticabile. Seguono altri due tiri: un muro dritto, e una lunghezza finale stile Erto, tutti 5 stelle…». E ancora Nicola Sartori: «Durante la tribolazione dell’apritore di turno, in sosta non ci si annoiava per niente… Scherzi e risate erano accompagnati da un sottofondo musicale di un fanatico siciliano che tutti i santi giorni stazionava sul lungo mare con la sua auto dotata di un mega stereo da un milione di watt…».

Dopo un po’ di riposo gli stessi si rivolgono all’Antro della Perciata (Monte Pellegrino). Il 5 e 6 aprile 2011 aprono La banda del buco. La via, su 175 metri di sviluppo strapiomba per qualcosa come 60 (!) metri, il tutto per una difficoltà massima che raggiunge “solo” il 7a+/7b e il 6c+ obbligatorio. Ce n’è abbastanza per credere non solo che si tratti di una via più unica che rara, ma anche (usando le parole di Larcher) che sia una via assolutamente “entusiasmante e impressionante!” su una parete praticamente vergine, a parte la via Moby Dick di Roby Manfrè all’estrema destra e la calata degli speleologi dal buco.

«L’incognita più grossa era oltrepassare le foresta di stalattiti nel terzo tiro. I primi due potevano andare, lungo il pilastro centrale che sostiene i grottoni, ma poi…?” – scrive Larcher – quando entro nella “cristalleria”… non voglio e non posso fare “l’elefante”, ma un minimo di pulizia, mio malgrado, devo farla per questioni di sicurezza. Togliendo solo l’indispensabile, avanzo con relativa facilità lungo questo incredibile soffitto. Raggiungo la strettoia e prima di tentare di superarla, mi metto in spaccata, mollo le mani e riposo… pazzesco.

Proseguo strisciando tra due grandi colonne e poi avanti su buoni “tufa”, puntando ai 15 metri quadri di placca, dove vorrei far sosta. Mi aspetta ancora l’ultima incognita, un tratto senza concrezioni, ma trovo dei buchi insperati. La scoperta di ogni buco la scandisco con un urlo, finché mi ritrovo in placca, nell’unica isola verticale, dispersa in un oceano strapiombante».

Devono scendere, il giorno dopo hanno l’aereo per le ore 17, si danno un tempo massimo fino alle 14, perciò ripartono con le lampade frontali! E fanno a tempo!

Il bel film fatto su questa salita provocherà alcuni problemi alla cordata, accusata dalle autorità di danno ambientale per via del paio di stalattiti distaccate e distrutte.

L’ultima, per il momento, della cordata Larcher-Oviglia è a Monte Santu, la grande falesia a sinistra della Parete dei Falchi, quella delle due belle salite di Marcello Cominetti. Ben due km di parete, alta dai 300 ai 500 metri, completamente vergine. Assieme ai nostri sono anche Sartori e Giupponi, più alcuni amici in aiuto. Perciò le due cordate s’impegnano su due itinerari vicini, Vertigine Blu (275 m, 8a max, 7a+ obbl.) aperta da Giupponi e Sartori e Blu Oltremare (315 m, 8a max, 7b obbl.) aperta da Larcher e Oviglia. Entrambe sono state salite dal basso il 14/16 e 18 maggio 2013 per poi essere salite rotpuntk il 20 maggio.

«Con il solito team ormai collaudato, io con Rolando e Luca con Nicola, raggiunta la base della muraglia cerchiamo di studiare due linee che ci portino in cima, possibilmente senza prendere cantonate in fatto di qualità della roccia, dell’arrampicata e di difficoltà. Questo è il momento più delicato, ci si passa i binocoli a vicenda, ci si confida le proprie perplessità. Io passerei di lì, io piuttosto di là, mi sembra liscio… ho visto una cannetta che forse si passa… ma il bianco è buono o è meglio il rosso… e tutti a questo punto si girano verso di me con aria interrogativa.

Poi, già il giorno seguente ci si divide, ognuno alle prese con la propria gatta da pelare, a tiri alterni. Sarebbe meglio vedersi, chiamarsi, almeno un diversivo per le lunghe attese alle soste, ma questa volta siamo lontani, c’è una quinta di roccia che ci divide e possiamo solo sentire i sassi che cadono…

Le ore trascorrono lente in parete, il mare là sotto è una presenza viva e rumorosa che a tratti ci impedisce anche di sentirci. Ogni tanto passa qualche barca, un canadair che ci fa trasalire dallo spavento, ma siamo sostanzialmente soli, dalle 7 di mattina alle 8 di sera, su questa immensa parete. Ci ritroviamo, con l’altra squadra, solo davanti a una pizza e una birra… poi ognuno barcollante verso il suo letto: bella vacanza! (Maurizio Oviglia)».

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Rolando Larcher ultima modifica: 2023-08-14T05:41:00+02:00 da GognaBlog

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8 pensieri su “Rolando Larcher”

  1.  https://www.planetmountain.com/it/notizie/arrampicata/ricordando-kurt-albert-leggenda-dell-arrampicata-e-padre-della-rotpunkt.html
     

  2. @Grazia, 3 e 4.  RotPunkt (o in breve RP) vuol dire “Punto Rosso”. E’ un termine del gergo arrampicatorio, inventato dai tedeschi nel Frankenjura (credo) verso la fine degli anni ’70, quando cominciò a diffondersi la pratica di ripetere in arrampicata libera le vie che fino allora si salivano utilizzando i chiodi per la progressione. Quando una via veniva salita in libera, si dipingeva un punto rosso di vernice alla base. Ancora prima, nelle falesie tra Belgio e Francia del nord si usava dipoingere di giallo i chiodi che non venivano più usati per tirarcisi sopra, e si uasva il termine “jaunir” per dire quello che oggi si chiama “liberare”. Solo che l’uso di “jaunir” è scomparso e se lo ricordano solo i matusalemme, mentre “rotpunkt” è rimasto in uso. 

  3. Rot= marcire

    Punk
     
    Seguace di un movimento giovanile di protesta, sorto verso la fine degli anni Settanta del sec. XX in Inghilterra e negli Stati Uniti, e caratterizzato dall’ostentata esibizione di forme di abbigliamento e di acconciature di capelli vistosamente eccentriche, e da posizioni violentemente polemiche nei confronti della società consumistica; anche come agg. ( invar. ).

    “moda”

     

     

     

     t nell’ebraico e fenicio arcaico aveva significato di croce. Per gli slavi aveva significato di sacrificio.
    In pratica una via che la prima salita è stata fatta con anfibi e giubetto di pelle nera pieno di borchie, al posto del casco una cresta dicapelli a forma di croce ed è stato un gran sacrificio perché i contadini del posto avevano buttato le interiora di una capra uccisa e c’era una tremenda puzza di marcio. 

  4. Se non mi sbaglio, Pietro dal Pra, durante la prima libera di Hotel Supramonte, era assicurato da Paolino Tassi e non da Lorenzo Nadali. 
     
    Articolo comunque interessante.

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