Salvata dal sassone

Su GognaBlog abbiamo già presentato (Perché un podcast sugli incidenti in montagna) la bella iniziativa di Fabio Gava che sta raccogliendo sotto forma di podcast i racconti di tante avventure e incidenti in montagna, allo scopo di apprendere le lezioni che questi possono dare a chiunque sia aperto ad imparare dalle esperienze degli altri.

Salvata dal sassone
di Fabio Gava

(pubblicato su ladinamicapodcast.it nell’ottobre 2024)

Tanti argomenti in questo interessantissimo episodio con Renata e Alberto. Un incidente sul Gross Furkahorn che, sebbene abbia lasciato delle conseguenze fisiche per Renata, poteva tramutarsi in qualcosa di ben più tragico. Ancora una volta partiamo dall’errore finale, quello più evidente, per poi analizzare assieme la sequenza di scelte e decisioni, e non solo in quella giornata, che hanno portato all’incidente.

Parleremo di trappole euristiche, numerosità dei gruppi, soccorso alpino svizzero, scelta dell’attrezzatura e di inattese condizioni della montagna. Un episodio intenso, per il quale ringrazio ancora una volta Renata e Alberto per avermi contattato per condividere la loro esperienza: questa loro disponibilità è la “benzina” che alimenta questo podcast!

Clicca sulla freccina a destra per iniziare l’ascolto del podcast (46′ 34″)

Sinossi
(00:00) Avventure in Montagna Con Renata e Alberto
In questo capitolo, esploriamo la storia alpinistica di Renata e Alberto, due appassionati di montagna che si sono conosciuti durante un corso di sci alpinismo. Renata, che ha iniziato ad arrampicare 15 anni fa, condivide le sue esperienze su varie montagne, tra cui il Cervino e il Chimborazo, mentre Alberto descrive la sua esperienza nell’organizzazione di spedizioni sulle Alpi. Discutiamo del loro recente progetto comune, la salita del Gross Furkahorn, una lunga arrampicata di resistenza con 10-14 tiri e 400 metri di dislivello, che hanno affrontato insieme come occasione per ritrovarsi e godere della loro passione condivisa per l’alpinismo. Parliamo anche delle sfide meteorologiche di quest’anno particolarmente nevoso e di come queste possano influenzare le loro avventure in montagna.

(09:21) Rischio E Decisioni in Montagna
Questo capitolo affronta le sfide e le decisioni prese durante una gita alpinistica di due giorni, concentrandosi in particolare sulla discesa tecnica del primo giorno. Discutiamo dell’importanza della sicurezza quando ci si trova in ambienti alpinistici complessi, come nel caso della calata su un nevaio inaspettato e ripido. Riflettiamo sulla scelta di scendere slegati, una decisione presa valutando il tratto da percorrere e il tempo limitato a disposizione, mentre il capogruppo preparava una corda fissa per i membri meno esperti. Esploriamo anche come diversi stili di arrampicata nelle cordate abbiano influito sui tempi di percorrenza e sulla complessità della discesa, e discutiamo l’importanza della comunicazione e della valutazione del rischio in situazioni impreviste.

(22:59) Comunicazione E Preparazione in Montagna
Questo capitolo esplora l’esperienza di un’escursione in montagna in Svizzera, evidenziando l’importanza della connettività durante situazioni di emergenza. Raccontiamo come, grazie alla copertura di rete impeccabile, siamo riusciti a comunicare efficacemente con i servizi di soccorso, il che è stato cruciale durante un imprevisto che ha richiesto l’intervento dell’elicottero. Riflettiamo anche sulle differenze di connessione tra la Svizzera e l’Italia, sottolineando la nostra esperienza positiva con il soccorso svizzero. Inoltre, discutiamo delle scelte fatte riguardo all’equipaggiamento, come la decisione di non portare la piccozza, considerata la natura del percorso già conosciuto e privo di neve. Condividiamo come le condizioni del terreno abbiano influenzato le decisioni e l’importanza della familiarità con l’itinerario, avendo già affrontato la stessa escursione in condizioni perfette.

(35:22) Trappola Euristica E Comunicazione Nel Gruppo
In questo capitolo, affrontiamo il tema delle dinamiche e delle sfide legate all’organizzazione di gite sociali alpinistiche, in particolare quando si tratta di percorsi complessi e con numerosi partecipanti. Riflettiamo sull’ansia da prestazione che può emergere nel tentativo di rispettare i tempi e mantenere il gruppo unito. Discutiamo anche della decisione di affrontare percorsi impegnativi come il Gross Furckahorn rispetto ad alternative più semplici come il Gallenstock, valutando come la determinazione a perseguire un obiettivo possa talvolta portarci a trascurare segnali importanti, come le condizioni meteorologiche o del terreno. Infine, esaminiamo come la partecipazione di un gruppo numeroso possa influenzare le decisioni collettive, aumentando il rischio di cadere nella trappola euristica e portandoci a riflettere sull’importanza di una pianificazione flessibile e adattabile.

(42:33) Scelte E Decisioni Nel Gruppo
Questo capitolo esplora le decisioni e le scelte fatte prima di un’escursione, che si è conclusa con un incidente. Discutiamo delle previsioni meteorologiche, dei suggerimenti ricevuti da amici e delle votazioni del gruppo riguardo le destinazioni, evidenziando come tutti fossero entusiasti di affrontare l’avventura nonostante le avvertenze. Riflettiamo su come le dinamiche di gruppo e le aspettative personali possano influenzare le decisioni, sottolineando l’importanza di valutare attentamente ogni aspetto per evitare problemi futuri. Concludo ringraziando per l’opportunità di condividere questa esperienza, sperando che possa essere utile ad altri per evitare errori simili e auguro un buon recupero fisico.

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Salvata dal sassone ultima modifica: 2024-11-03T05:06:00+01:00 da GognaBlog

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16 pensieri su “Salvata dal sassone”

  1. Beh, che dire….. c’è sempre qualcuno più bravo e il grande numero non aiuta, ma il racconto dei problemi e dei guai incontrati secondo me è sempre da ascoltare. Chi è meno esperto può imparare e chi è più esperto può immaginare…. Meglio sentire due volte storie diverse con gli stessi errori che andare all’arrembaggio senza avere un’idea di cosa incontrare. Poi sangue freddo, capacità e… soprattutto….. FORTUNA faranno il resto.
    Saluti a tutti 

  2. Dai 4 ai 14 anni ho camminato per sentieri, poi alta quota fino ad ora, tanti 4000, tutte vie normali, il Rosa, il Bianco, il Cervino(il mio massimo). La metà delle volte ho desistito. Si dorme un’ora in più, la neve non è buona, si parte in 4 ma la mia coppia è lenta, si chiede al Custode e lui dice “no”. Nessun rammarico, solo gratitudine per la Montagna. Ora, 63 quasi suonati, sono tornato a camminare per sentieri. 

  3. Riflettiamo sull’ansia da prestazione che può emergere nel tentativo di rispettare i tempi e mantenere il gruppo unito. Discutiamo anche della decisione di affrontare percorsi impegnativi come il Gross Furckahorn rispetto ad alternative più semplici come il Gallenstock, valutando come la determinazione a perseguire un obiettivo possa talvolta portarci a trascurare segnali importanti, come le condizioni meteorologiche o del terreno..
    .
    Io credo che la gestione “psicologica” del gruppo abbia un peso molto importante dove l’aspetto tecnico porterebbe a dire :”In fondo è una cazzata” ., la montagna e l’outdoor in genere sono dei “contenitori” in cui la gente butta le cose più eterogenee : ad esempio l’aspetto “prestativo” viene mescolato in dosi variabili con l’importanza di tornare a casa illesi e pronti ad andare al lavoro il giorno dopo.In ogni caso per me queste riflessioni sono utili , perchè cazzate ne ho fatte tante.

  4. Cominetti c’ha il fisico !!
    Mica sta a legge i giornali nei fumosi bar di Torino…!
    Preferisce quelli malfamati di Caracas per ritemprarsi.

  5. Con 340  giorni in montagna a 60+ anni , come gestisci i tempi di recupero ?
    .
    Io dopo alcuni week end sono piallato , e prendo l’ascensore per fare i 3 piani per salire in ufficio.

  6. 9), una guida alpina “va” in montagna almeno 300 gg l’anno. Ovviamente ci metto le giornate di lavoro più quelle di allenamento/passione personale. Almeno, io faccio così. Anzi, direi anche 340 gg/anno, se mi faccio 2 conti.
    Visto l’alto rischio dell’attività alpinistica, è più facile che un un’incidente accada a un professionista che non a un dilettante.
    Detto ciò, io non critico negativamente l’iniziativa del raccontare dei propri incidenti a qualcuno al fine di renderli noti per non ripeterli, ma allo stesso tempo ritengo lecito il non raccontarli per tutti i motivi che una guida o un dilettante, può avere.
    Infine, caro/a dinamica del podcast, il tuo tono da sceriffo saputello, non ti aiuta a raccattare di certo adepti come vorresti.
    Buonanotte. 

  7. #2
    Ovviamente condivido poco di questo commento, che si muove nel solco del continuare ad additare gli errori a posteriori con un certo sottotono di “io certe ca**te non le farei mai!”, strategia che ha dimostrato di essere davvero di poco aiuto nel prevenire gli incidenti, l’aviazione insegna.
    Approfitto però per evidenziare come tra le Guide Alpine, i professionisti della montagna ovvero i veri esperti, nessuno mi abbia contattato, in tre anni, per condividere la propria disavventura. E di incidenti di GA non è che ne manchino, eh!

  8. #5:

    Nella mia umile e breve esperienza in natura ho imparato che solo sperimentando posso arrivare alla comprensione di un territorio, delle mie capacità e di cosa possa fare per migliorarle.

    Thomas Edison ha detto: “L’esperienza è chiamata la somma di tutti i nostri errori”. Il problema è che la montagna non sempre lascia il margine per imparare dai propri errori, che tra l’altro a volte nemmeno vengono identificati, se le cose a fine giornata sono andate bene. Quindi forse è meglio cercare di trarre il massimo dagli errori degli altri, no?
    Per quanto riguarda la definizione di esperto: chi rilascia il patentino di esperto? Oltre quale soglia di esperienza gli errori commessi diventano significativi?

  9. Onestamente non credo che ascoltare qualcuno di poco esperto che racconta dei propri errori possa insegnare qualcosa.
    Nella mia umile e breve esperienza in natura ho imparato che solo sperimentando posso arrivare alla comprensione di un territorio, delle mie capacità e di cosa possa fare per migliorarle.

  10. Carlo Crovella ha detto:
    3 Novembre 2024 alle 9:24

    Gli incidenti sia propri che altrui devono far riflettere per imparare a e vitare gli errori. La montagna è severa per cui la montagna NON è per tutti. All’inizio si può essere inesperti (nessuno nasce imparato), ma le “sberle” che ti da la montagna devono farti crescere il cervello alla velocità della luce. Sennò continui a rimanere “non imparato”, cioè cannibale. La volta dopo commetti lo stesso errore, o errori simili, e prima o poi incappi in situazioni che non puoi più raccontare.
    di sberle ne dà più la vita che la montagna e la montagna a mio parere non è severa e può essere per tutti.
    TUTTI SIAMO TANTI e tutti ci muoviamo come ci viene  o come ci hanno insegnato
    insegnato
    come ho fatto io sulla tastiera del pc prima di continuare  lo farei sulla parola INSEGNATO
    un minuto di pensiero a riguardo per me è stato lasciato
    a volte non capisco nemmeno perché una persona deve raccontare la sua disavventura …boh
    certo può essere da monito come dice Crovella per altre persone ma si dovrebbe scrivere tutti i giorni e sempre la stessa cosa senza che l’avviso non arriva
    perché cosi è e sempre cosi sarà

     

     

  11. Discesa in doppia di cordate che sono in “gita sociale*e i primi a scendere non prendono le corde degli altri per andare avanti a preparare le successive,avvicinamento con nevaio inaspettato e si lasciano le picozze, via di terzo_quarto e si può magari pensare visto l’esperienza dichiarata magari farla con gli scarponi e non caricarli nello zaino, insomma qualcosina che non ha funzionato neve a parte c’è

  12. Gli incidenti sia propri che altrui devono far riflettere per imparare a e vitare gli errori. La montagna è severa per cui la montagna NON è per tutti. All’inizio si può essere inesperti (nessuno nasce imparato), ma le “sberle” che ti da la montagna devono farti crescere il cervello alla velocità della luce. Sennò continui a rimanere “non imparato”, cioè cannibale. La volta dopo commetti lo stesso errore, o errori simili, e prima o poi incappi in situazioni che non puoi più raccontare.

  13. Oltre a forse un’errata valutazione delle capacità del gruppo in funzione della complessità della gita, emerge soprattutto la mancata preoccupazione di informarsi bene sulle condizioni.
    Queste ultime sono determinanti e probabilmente la loro sottostima è stata la causa dell’incidente e del ritardo.
    Perché portarsi i ramponi e non la piccozza? La mancanza dell’anti-zoccolo è inspiegabile. Ma l’errore principale da parte di Renata è, secondo me, quello di considerarsi esperta. Il fatto di non avere capito il perché il piede è scivolato fa capire che ignorava come la neve sarebbe stata. Per carità, commettere un errore può capitare anche al miglior professionista, ma l’aver raccontato di non avere capito il perché dell’inizio della scivolata (che sarebbe potuta essere arrestata facilmente usando una piccozza leggera), fa capire la presunta esperienza mancante.
    Purtroppo sulla neve ne occorre molta e il nominare “terminale” il normale spazio che si crea tra roccia e neve col calore estivo ed essere sorpresa di averlo trovato, è un altro indice di mancanza.
    Purtroppo ci si crede esperti sempre in relazione agli altri e non all’ambiente e questa è la classica situazione da gita sociale Cai.
    Se le altre cordate erano di trentenni, perché non mandarle davanti? Sicuramente sarebbero state più veloci e il gruppo avrebbe perso meno tempo. Invece i sessantenni alpinisti della domenica sono notoriamente lentini.
    Ma questo avrebbe significato cedere lo scettro del comando, cosa che in un’uscita Cai non avviene mai. L’avere salito il Chimborazo e il Pisco fa sentire esperti anche se in realtà si tratta di poco più che passeggiate.
    La stessa via in condizioni diverse non è più la stessa. Bisogna ricordarselo.
    Auguri di buona guarigione e state sempre all’occhio.
     

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