Sardegna: ferrata selvaggia
(vie ferrate costruite abusivamente in aree protette a insaputa di Parchi ed Enti Gestori)
Lettura: spessore-weight**, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**
Il 26 aprile 2016 le associazioni Mountain Wilderness e Gruppo di Intervento Giuridico hanno inviato una richiesta di informazioni sulla costruzione degli impianti sportivi via ferrata del Cabirol (Capo Caccia) e gli itinerari di arrampicata sportiva posizionati in sua prossimità, presso la Grotta delle Brocche Rotte, ricadenti amministrativamente nel Comune di Alghero (SS).
Entrambi gli interventi sono situati completamente entro i confini dell’Area Marina Protetta e del Parco Regionale di Porto Conte, SIC e ZPS, in una delle aree più protette della Sardegna.
Le indagini e le risposte ricevute dagli enti hanno evidenziato che gli interventi sono completamente abusivi. Il percorso alpinistico via ferrata del Cabirol, di oltre un chilometro di lunghezza, è risultato concluso nel 2010, senza un progetto elaborato da professionisti e senza autorizzazioni ambientali ed edilizie, e tuttavia incrementato e modificato impunemente sino ad oggi.
Ancoraggio rotto lungo la via ferrata del Cabirol
«Continuiamo a chiederci, con quale coscienza qualcuno entri in un’area protetta o interdetta, con funi metalliche e trapano e cominci a cementare centinaia di gradini ed ancoraggi liberamente, indisturbatamente, senza preoccuparsi se quell’area sia a rischio frana o interdetta, né se siano presenti delle nidificazioni di specie protette. È mai possibile che l’autore di simili gesti non si preoccupi di chiedere l’autorizzazione ai proprietari ma con tracotanza imponga la realizzazione delle sue opere di costruzione senza che le istituzioni reagiscano» scrive Mountain Wilderness in un comunicato stampa dell’11 ottobre 2017 «a quanto pare è possibile, ma per noi inaccettabile».
Ad aggravare la situazione si sono aggiunte le recenti rotture di ancoraggi lungo le vie di arrampicata e la via ferrata del Cabirol che portano a riflettere sul fatto che è mancata una progettazione adeguata nella scelta dei materiali e nella loro posa.
Attacco in corrispondenza di frattura rocciosa sulla via ferrata degli Angeli (Tavolara)
Purtroppo, in seguito a ulteriori indagini da parte di Mountain Wilderness questo abuso si è rivelato solo la punta d’iceberg di una situazione ben più generalizzata. E’ emerso infatti che un altro impianto sportivo alpinistico, la via ferrata di Giorré, Cargeghe (SS), benché finanziato con fondi pubblici, è stato costruito senza alcune indispensabili autorizzazioni. L’itinerario infatti è stato progettato su un’area cartografata ad elevato rischio di frana, classificata nell’inventario dei fenomeni franosi d’Italia (IFFI Sardegna) come soggetta a crolli e ribaltamenti, soggetta inoltre ad importanti nidificazioni di fauna selvatica. Nonostante questi vincoli ambientali, la ferrata è stata costruita senza la richiesta delle necessarie perizie e i nullaosta degli enti competenti, di fatto non assicurando la relativa sicurezza dell’ambiente e dei frequentatori.
Ferrata degli Angeli (Tavolara): abbinamento di catena e scala rudimentale di ginepro a grottesca imitazione della tradizionale pratica pastorale sarda
In questi ultimi tempi si sta assistendo al proliferare di nuove vie ferrate in Sardegna clamorosamente visibili e promosse sul web. Si tratta di installazioni realizzate su iniziativa personale da parte di chiunque, magari anche senza titoli e competenze, abbia un buon trapano e tempo da dedicare. In aggiunta, quasi tutte le opere vengono realizzate in aree protette come la ferrata degli Angeli dell’Isola di Tavolara, costruita nell’omonima ZPS e Area Marina Protetta, o la ferrata sopra l’ingresso della Miniera di Porto Flavia (contornata, non a caso, da reti paramasso), costruita nel SIC di Nebida e nel Monumento Naturale “Pan di Zucchero e faraglioni di Masua”.
Sulla ferrata degli Angeli a Tavolara. Foto: da http://www.aquilesanmartino.com
Assistiamo impotenti alla realizzazione di nuovi impianti sportivi costruiti senza criteri e autorizzazioni, realizzati senza avere alla base un adeguato progetto e spesso con materiali non idonei. Questo nuovo “hobby all’aperto” rischia di trasformarsi in una deturpazione seriale con installazioni fisse di alcuni degli ambienti più belli dell’Isola.
Veramente vogliamo fare finta di niente e permettere che la Sardegna diventi terra di nessuno permettendo a chiunque, per malinteso senso del Turismo Attivo, di bucare e cementare in barba alle norme ambientali ed edilizie sotto gli occhi (chiusi) delle istituzioni?
L’isolotto del Pan di Zucchero e la falesia rocciosa di Porto Flavia
Considerazioni su un caso similare
Non si può neppure parlare di mancanza di precedenti, valga il seguente per tutti.
Il 13 maggio 2015, a seguito di un esposto di Legambiente e su richiesta della Regione Emilia-Romagna, si sono attivati gli uffici del Servizio Ambiente della Provincia di Parma, congiuntamente al Nucleo di Polizia provinciale che è distaccato presso lo stesso Servizio.
E’ stato compiuto un sopralluogo presso il rifugio Faggio dei tre Comuni, sito all’interno del demanio regionale del SIC “Monte Penna, Monte Trevine, Groppo e Groppetto”.
Dall’accertamento è risultata la presenza di un sentiero alpinistico attrezzato (via ferrata), corredato da due ponti tibetani realizzato nelle pareti rocciosa del Monte Trevine all’ interno del Sito di Importanza Comunitaria (SIC). L’ impianto è risultato totalmente privo delle autorizzazioni necessarie: SCIA (Segnalazione certificata di inizio di attività edilizia), valutazione di incidenza, svincolo idrogeologico e paesaggistico.
La struttura, che non era neanche stata collaudata, era pubblicizzata sui social media come agibile anche per bambini e famiglie.
La Polizia provinciale ha posto sotto sequestro la struttura, e il 16 maggio 2015 l’ Autorità giudiziaria (Procura della Repubblica di Parma) ha convalidato il sequestro. E’ troppo osare sperare che la regione Sardegna si comporti allo stesso doveroso modo?
Link su GognaBlog
Qualche riga sulla via ferrata del Cabirol
Le indagini sulla via ferrata del Cabirol (Capo Caccia)
Lotta continua a Capo Caccia e dintorni
Le ruspe di Capo Caccia
Esercizio abusivo della professione di Guida Alpina
Accompagnare in Sardegna
Ancora sulla via ferrata di Giorré
Ancora colpevoli silenzi sulla ferrata di Giorré
Ferrata della Miniera di Porto Flavia: attacco su masso instabile
Link per ulteriori dettagli:
Pericolo ancoraggi a Capo Caccia lungo la ferrata
https://www.mountainwilderness.it/news-di-mw/pericolo-ancoraggi-a-capo-caccia-alghero-ss-sulla-via-ferrata-del-cabirol/
Buca le falesie del Parco Regionale di Porto Conte. Turista denunciato!
http://lanuovasardegna.gelocal.it/alghero/cronaca/2015/11/21/news/alghero-buca-le-falesie-di-capo-caccia-per-fissare-la-fune-equilibrista-denunciato-1.12484270?refresh_ce
Ancora colpevoli silenzi sulla Ferrata di Giorrè
https://www.mountainwilderness.it/aree-protette/vie-ferrate-notizie-dalla-sardegna/
Via Ferrata Cabirol: richiesta di informazioni ambientali della GRIG e MW
https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2016/04/28/capo-caccia-alghero-ss-vie-ferrate-e-arrampicate-sportive-possono-complicare-la-vita-allavifauna-selvatica/
Drammatica caduta del blocco di roccia pericolante sulla Via Ferrata del Cabirol, il video
http://video.gelocal.it/lanuovasardegna/locale/capo-caccia-il-gigante-di-roccia-precipita-in-mare/40012/40110
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Gran brutta tegola per le Guide Alpine 🙁
http://www.lastampa.it/2018/05/15/cronaca/tar-del-piemonte-non-esiste-esclusiva-per-accompagnare-i-turisti-in-montagna-Z35vRMUyK6OWvZbpaurz3N/pagina.html
Finalmente una buona notizia!! 🙂
http://www.lastampa.it/2018/05/15/cronaca/tar-del-piemonte-non-esiste-esclusiva-per-accompagnare-i-turisti-in-montagna-Z35vRMUyK6OWvZbpaurz3N/pagina.html
D’accordo con Marcello, i filmati fatti con la Gopro fanno cagare. Sono di una noia incredibile. Stessa cosa per il casco, se posso non lo metto. E soesso non lo metto. Anche se a settembre una guida alpina, in zona Catinaccio mi ha fatto la paternale perchè non l’avevo in testa ma appeso all’imbrago.
Per non fare polemica, su invito di mia moglie, me ne sono stato zitto. Ma in verità gli volevo dire : “si babbo hai ragione….non lo faccio più”
Purtroppo non solo in Sardegna. Come se camminare fosse tempo perso.
Anni fa, non pochi, avevo sentito parlare da una guida lombarda del caling. Ci portava i suoi clienti.
Rimasi sorpreso ancor più che dalla guida, dal venire a sapere che c’erano persone interessate a fare giornate di doppie e morta lì.
Avvertii, lo ricordo, un ulteriore senso di alienazione nei confronti di come stavano evolvendo le cose, di come la montagna stesse andando perduta o mortificata. Non commentai, non volevo sembrare nostalgico.
Evidentemente all’epoca ero ancor più fesso di oggi. Non sospettai che una cosa del genere potesse diffondersi.
Oggi Marcello mi informa del contrario e ci resto male.
Doppiamente strano visto che per anni, da giovani ed affermate guide, come alla cassa del luna park, ho visto sventolare giri in giostra, perchè “in montagna i clienti devono divertirsi”, mi argomentavano.
Comunque le ferrate fanno cagare pure me. Ma mi fa molto più cagare la serie interminabile di linee di calata in corda doppia che sta proliferando in Sardegna.
Il “caling” (rappelling o abseiling de noiantri) spero non diventi uno sport.
Per scendere da una cima o falesia preferisco cercare un percorso a piedi e non mi interessa se eventuali clienti pigri potrebbero divertirsi. Penso al senso che il tutto ha o non ha. In tutto quello che faccio. Libero pure di sbagliarmi eh?!
Ma libero.
Sono una guida alpina che frequenta la Sardegna (ci ho vissuto diversi anni da ragazzo) da forse prima che alcuni di voi nascessero. Ricordo che a S.Maria Navarrese alberghi e negozi aprivano 2 mesi l’anno e oggi, grazie agli escursionisti e agli arrampicatori e ai ciclisti (purtroppo anche ai motociclisti, che non amo), hanno una stagione lavorativa che dura anche 9 mesi. Molti giovani del posto hanno trovato impieghi legati a questo tipo di turismo e quindi sono restati a casa loro a lavorare, a differenza di quello che succede in altre zone.
Nel mio piccolo credo di avere contribuito non poco a questo. Forse neppure lo immaginavo pensandolo anche “solo” 20 anni fa.
Mi da dolore sentire parlare “contro” le guide alpine che “calpestano” la terra altrui. Io ho sempre rispettato ogni luogo che ho visitato da turista (alpinista) e da guida e non ho solo pensato a lucrarci sopra. Anche se quello della guida alpina è la mia professione e di questo vive la mia famiglia.
Cerchiamo di vedere il problema guide, ferrate, leggi, ecc. in maniera globale e soprattutto non legata ai propri campanili.
Le guide alpine poco possono fare per cambiare una legge obsoleta se nel frattempo cambiano i governi e i nuovi arrivati hanno altro a cui pensare. Gli emendamenti per cambiare la legge dell’86 erano stati presentati e sostenuti e presentavano enormi vantaggi a favore delle guide (più o meno legalmente autorizzate) della Sardegna.
Ricordatevi che le guide alpine che frequentano la Sardegna ne hanno profondo rispetto (almeno tutte quelle che conosco io) e innamoramento. Sia dei luoghi che delle persone.
Un’ultima cosa: non fatemi ridere a fare selvaggio blu con il casco in testa. Criticando chi non lo mette. Io sono tra questi e i miei clienti pure, su mio suggerimento. Tra sicurezza e logicità esiste un equilibrio che ogni escursionista, guida e bracconiere dovrebbe osservare per la sua incolumità ed efficacia in quello che fa. La sicurezza non è di plastica né si compra da Decathlon! Siamo seri.
‘Sti escursionisti col casco e la gopro intasano youtube con della rumenta indescrivibile e si fanno delle sudate inutili. Basta, è una porcheria. Dove sta il bello?
Sulle ferrate il caso è meglio averlo, specie se sono di quelle pericolanti: sarde o alpine che siano.
Peace and love.
Matteo se a te le ferrate non piacciono, io le smantellerei tutte. Però capisco che ci sono persone a cui piace farle e anche loro hanno i loro diritti.
Detto questo, e visto che in Italia di ferrate ce ne sono d’avanzo, per tutti i gusti e difficoltà.
Ripeto che bisogno c’è di farne una su un isola come Tavolara che è una selvaggia rarità? Forse l’ultima in Italia dove ci si può accedere.
Non è meglio godersi l’aspra bellezza di questo luogo senza attrezzature fisse?
Posso capire che poche decine di metri di cavo magari manco si notano, ma è un’inizio che con il tempo non si sa dove andrà a finire. L’ingordigia vien mangiando. E l’uomo non si accontenta.
Guarda Alberto, io posso anche essere d’accordo con te in generale. A me le ferrate non piacciono e normalmente, se ci sono, le uso per raggiungere o scendere dalle vie.
Però posso capire che qualcuno le apprezzi (e quindi voglia che siano costruite). Posso anche accettare che qualcuno apprezzi il motocross o la mountain bike, anche se non lo capisco.
Quello che non posso accettare è che chi ama il motocross o la mountain bike scenda dappertutto arando boschi e sentieri o che chi ha un trapano metta cavi dove gli pare (e non parliamo degli spit che sennò non finiamo più!)
In altre parole se c’è una legge che norma la realizzazione delle ferrate, nessuno deve arrogarsi il diritto di ignorarla, le ferrate costruite al di fuori di questa legge devono essere smantellate e chi le ha realizzate sanzionato.
Poi, ma solo poi, affrontiamo il discorso se farle, dove farle, chi debba farle e se siano utili o meno. Magari analizzando territorio per territorio, realtà per realtà e considerando anche piste da motocross, percorsi per mountain bike, funivie, strade, alberghi e ricezione in generale.
Abbiamo un mucchio di esempi pessimi e qualcuno virtuoso a cui ispirarci.
ma perchè a Tavolara ci dovrebbe essere il bisogno di una ferrata?
L’ Italia è piena di ferrate, ce ne sono per tutti i gusti. Dove è la necessità di farne una anche a Tavolara?
Che bisogno c’è ?
Un isola così piccola e selvaggia , non è meglio lasciarla così come mamma natura l’ha fatta? Non credo che ne risentità il PIL nazionale. Certamente ne guadagnerà la natura e la possibilità di goderne così com’è.
Ma questo a noi uomini non ci riesce di farlo. Dobbiamo per forza metterci mano e VALORIZZARE.
Prima si metterrano pochi metri di cavo….tanto che vuoi che sia. Poi arriverà qualcun’altro che ne metterà pochi altri….tanto che vuoi che sia.
E poi…E poi…tanto che vuoi che sia.
L’articolo espone una visione senza compromessi sull’ambiente, partendo da presunti abusi ed illegalita’ commesse nel construire ferrate. Ovvero partendo da “fatti”, estende la contrarieta’ nel construire questi impianti ad un ambito generale, per motivi di principio ( peraltro condivisibili): deturpa, propone un’attivita’ deplorevole etc… Naturalmente vari interventi appoggiano l’opinione, argomentando a margine che “il loro” modo di vivere la roccia e’ diverso e il loro impatto sull’ambiente non passa la soglia ( che hanno opportunamente fissato).
Io sono d’accordo con Matteo, ci sono leggi a protezione dell’ambiente e vanno promosse e rispettate. In alcuni luoghi si potranno fare le ferrate ed in altri no.
Tutto il resto e’ fanatismo e non aiuta per nulla. Realismo. Se si vuole davvero ottenere qualcosa.
@MattiaVacca Tranquillo ironizzavo che al momento lasciassero perdere le frane perche intenti a seguire e spegnere incendi!
E il sorriso che mi è sorto, era riferito a Maurizio che arrampicava in Yosemite e il ranger che le diceva : You cannot climb here! 😉
io a Tavolara non ci sono mai stato, ma da come viene descritta è un luogo bellissimo e selvaggio, dove la natura ancora la fa da padrona.
Appunto SELVAGGIO. Lasciamolo così !!
Niente ferrate, nenche un metro di cavo. NULLA !!
L’uomo passi, goda della bellezza della natura, ma non lasci traccia.
Chi non se la sente di fare certe cose senza l’aiuto del cavo , ne faccia altre. Lasciamo tavolare il più possibile come mamma natura l’ha fatta. E’ questo di cui dobbiamo godere, adesso e le generazioni future. Non la sua trasformazione a misura d’uomo.
ho apprezzato moltissimo gli interventi di Richard e concordo con il suo giudizio circa le norme e la sicurezza. Vorrei però sottolineare un’altra questione che ritengo realmente importante in un caso come questo (e purtroppo non solo): quello dei vincoli ambientali.
Viviamo in un mondo sofraffollato e in una nazione, bellissima, che lo è ancora di più.
Abbiamo deciso che alcune aree debbano essere protette e salvaguardate per il bene di tutti e perché tutti (non solo i locali, o gli italiani, come ci ricorda Richard ma anche olandesi) possano trovare qualcosa che altrove non esiste più. Purtroppo in Italia, regolarmente, c’è qualcuno che per i suoi interessi si permette di fottersene e fare come, cosa, quando e dove gli pare. Qualche volta anche per delle buone ragioni, peraltro.
Certamente ci sono cose molto più gravi e impattanti, ma questo è un blog di montagna e quindi è sacrosanto e doveroso parlarne qui.
Il mio parere è che a capo Caccia o sulla Tavolara una ferrata potrebbe anche starci, ma non per iniziativa personale di un singolo che ritiene di essere in diritto “divino” di metterci mano, perché così facendo si finisce ineluttabilmente a fare le peggiori porcate, come ampiamente dimostrato dal 99% delle coste italiane e quasi dalla medesima percentuale delle valli!
Le ferrate sono l’effetto dell’industria del turismo e dello sport, per questo rappresentano comunque una distorsione culturale siano esse legali o no. Per esempio sono state ristrutturate le ferrate del Gran Sasso su iniziativa dell’ente parco con la benedizione di tutte le autorità locali. Cioè sono stati assicurati con il cavo metallico anche i passaggi di primo grado, senza contare tutte le scale appoggiate per la gioia dei pompieri. Dunque nasce il ferratismo, uno sport che farebbe meno danni in città come si è sviluppata in città l’arrampicata sportiva, un’attività che non ha più bisogno della montagna. Sarebbe meglio costruire ferrate in città e attrezzare i palazzi o i ponti per allontanare dalla montagna chi vuole avere con la natura un rapporto prevaletemente tecnico.
il commento di Giuliano è bellissimo.
Idrogeologia è la scienza che studia i movimenti sotterranei delle acque e la loro disposizione (ovvero parliamo principalmente di falde acquifere, per estensione di piogge e interazioni col suolo -la roccia non è suolo- e in ultima istanza, su basamento litografico, possiamo estendere a frane per azione meccanica gelo-disgelo). Che poi si usi questo “nome” in qualsiasi maniera, poco conta. In generale sarebbe molto più corretto parlare di geologia e basta (non sono un geologo, non ho interessi ne partigianerie, giusto per togliere sospetti!). Se poi vogliamo, parliamo di ingegneria (metalli, posa di questi, carichi etc). Di idrogeologia no.
premesso questo, non per spaccare il capello in due, ma per distinguerci dalla massa dei luoghi comuni e parlare seriamente, concordo con te sul fatto che la ferrata sia un’infrastruttura puramente “commerciale”.
Discordo però dal tuo approccio concettuale che, se la gente è scema, bisogna fare una legge che vincoli e normi tutto per “colpa” degli scemi. Vincoliamo gli scemi, non le montagne! (non male come slogan!)
Punto primo: sono contro le ferrate, questo perché permette a chi legge di “mediare” le mie parole.
Secondo: il mio approccio è che la gente si debba educare, che il tutto e subito non va bene e, o imparano o cercano qualcosa di altro. Cosa che funzione bene ad esempio con il diving, dove NON puoi usare le bombole se non hai il brevetto. Non fai una nuova legge sulle nuove “bombole per idioti”, ma costringi le persone a approfondire la materia, documentari, fare un esame e “affrontare” gli abissi con competenza.
terzo: credo che l’autore ed io abbiamo lo stesso scopo finale, quello di vedere meno ferrate possibili per le nostre montagne e pareti. Solo che io cerco una strada più difficile, che è quella di non imbrigliare la montagna in legacci e cavilli legali, ma imporre (anche legalmente) il concetto di responsabilità delle proprie azioni.
Poi, siccome viviamo nel mondo, e soprattutto in Italia le cose sono marce e figlie di compromessi spesso malsani, piuttosto che una normativa, che farebbe solo casino, vorrei avere un “quality label”, un’etichetta che mi garantisca, laddove ne esistano i presupposti uno standard. Dove non ci sia, che siano affari miei.
“Sai cos’è l’idrogeologia? E cosa c’entra con una ferrata? C’entra come la crema al mascarpone, che peraltro mi piace un sacco!”
Sinceramente questa frase non la capisco, il vincolo idrogeologico in Italia è una limitazione prevista dalla legge per proteggere la stabilità dei versanti e prevenirne la degradazione. Mi pare quindi che se io mi sveglio una mattina e decido di costruire una ferrata in un posto bellissimo forse qualche domandina me la dovrei porre. Sia mai che quella placconata di roccia salda e meravigliosa fosse una frana in movimento o occupasse una posizione pericolosa. Poi quando succedono le cose brutte ci vuole un attimo a protestare contro lo stato cattivo che non ci aveva informato.
Il fatto è che le ferrate non sono costruite in un’ottica esplorativa, sportiva, di divertimento personale, ecc ecc. Sono aperte col chiaro intento di favorire la frequentazione di una certa area da parte di persone sportive, ma dalle capacità alpinistiche limitate e con una cultura del rischio inesistente. “Ferrata” è un marchio, e se sento la parola ferrata sono subito portato a pensare che quel dato percorso è attrezzato in un certo modo e mi permetterà di divertirmi in totale sicurezza. Questo è quello che percepiscono i più anche se purtroppo è un ragionamento sbagliato. Ci sono sempre rischi e la consapevolezza di poterli e doverli affrontare sarebbe l’unico modo per evitare da principio tutte queste discussioni. Purtroppo l’utente medio delle ferrate se ne infischia della cultura del rischio e va a fare i percorsi attrezzati perché secondo lui di rischi non ve ne sono, perlomeno i rischi “ambientali”. Sulle ferrate si ammette come unica fonte di rischio l’utente stesso. Ecco spiegata la necessità di mettere nero su bianco dei regolamenti che descrivano una volta per tutte il marchio “ferrata”, i modi di costruirle, i rischi intrinseci e soprattutto definisca una volta per tutte che le ferrate, come qualsiasi altra attività svolta in montagna (o contesti non orizzontali in questo caso) sono pericolose a priori. E poi una rigida regolamentazione è anche necessaria dal momento che l’impatto di una ferrata sull’ambiente, con tutta la frequentazione ad essa collegata, è ben altro rispetto a quello provocato da attività più tradizionali come l’arrampicata e l’alpinismo. Non capisco come si possa essere in contrasto con l’articolo, mi sembrano cose estremamente logiche e di buon senso.
La via degli angeli su Tavolara: un tracciato unico e di rara bellezza.
Mi dispiace contraddirti caro Alessandro, ma la via degli angeli su Tavolara è un percorso “unico e di rara bellezza” che mi auguro qualcuno valorizzi. Chi si è adoperato a renderlo tale non è di certo un incosciente o addirittura un “malfattore” che se ne infischia delle leggi, in particolare quelle della natura, anzi.
Non posso, non voglio discutere sulle vie ferrate in Sardegna. Chi mi conosce sa che non sono un frequentatore di vie attrezzate e tanto meno un apritore di vie con Spit – chiodi piantati con il trapano – con l’uso di catene alle soste e altri strani aggeggi. Il mio alpinismo è un altro, tuttavia non mi piace schierarmi contro altre espressioni e realizzazioni sulla montagna, perché si sa che il grande libro dell’alpinismo ognuno lo interpreta a modo proprio.
La via in questione si svolge prevalentemente sul magnifico e interessante versante Sud-Est dell’isola di Tavolara: una grande scogliera che si raggiunge via mare, un muro a picco che s’innalza alcune centinaia di metri per poi degradare dolcemente fino alla cresta sommitale. Una bastionata che si tuffa nelle acque, lavorata da immense grotte che formano caratteristiche, quanto invitanti, strapiombi e s’allunga a oriente per chilometri, originando un paesaggio dall’aspetto selvaggio, grandioso, incantevole.
La via degli angeli è un lungo itinerario alpinistico di oltre mille metri di sviluppo – attrezzato, nei tratti più difficili, per non più di un centinaio di metri di cavo, qualche gradino e qualche tronco d’albero – . Si sviluppa lungo una cresta con uno scenario mozzafiato. La sottile bellezza paesaggistica di questa zona è un patrimonio unico, lo spettacolo dell’ambiente e il panorama incredibile fanno di questo itinerario un capolavoro. Certo che si potevano evitare quei cento metri di fune, tanto contestati, ma lo spettacolare crinale di Tavolara sarebbe stata impraticabile per la maggioranza degli alpinisti. La via degli angeli, che non ho timore a definire bella, seducente e impegnativa sono certo stia regalando gioia, emozioni, sensazioni uniche e grandi soddisfazioni a tutti gli alpinisti, piccoli o grandi, che hanno la fortuna di metterci su le mani.
“L’abbinamento di catena e scala rudimentale di ginepro a grottesca imitazione della tradizionale pratica pastorale sarda”, non rende certo merito a questo percorso, non è corretto presentare negativamente la via degli angeli, limitando il giudizio a un breve tratto attrezzato di un centinaio di metri o addirittura al passaggio molto strapiombante che si supera con l’aiuto di un tronco e di una catena (6-7 metri). Un passo quello dell’albero reciso ancorato che chi lo ha voluto, sono certo in buona fede, lo ha fissato sulla roccia con l’intenzione di non intaccare l’ambiente con gradini ferrosi o altro. Personalmente mi sarei limitato al solo cavo invece di una catena e a qualche gradino al posto del tronco, come le nostre ferrate dolomitiche, ma i sardi hanno le loro convinzioni e le loro tradizioni, comunque sono certo che a tutto si possa rimediare.
Conosco molto bene Tavolara: l’ho salita da tutti i versanti per centinaia e centinaia di volte e vi ho aperto una moltitudine di vie estremamente difficili e con il minor uso di materiale. Spesso, per scendere ho seguito la cresta, dove ora sale la via degli angeli trovando anche i resti di scale ferrose arrugginite penzolanti sulle rocce che indicavano un’antica salita, probabilmente in voga, tanti anni prima per arrampicarsi su questo versante – fortunatamente qualcuno ha liberato questi avanzi con un buon lavoro di pulizia – .
Ora, al loro posto c’è il sentiero alpinistico e la breve ferrata, con una fune in acciaio – forse scomodamente sottile – che costituisce l’unica via percorribile senza incorrere in divieti e che, a mio parere, il CAI o chi ne ha l’autorità dovrebbe prendersene carico per valutarne i meriti.
Ciò è successo su altre cime: le vie ferrate esistono in tutte le Dolomiti, assieme ai sentieri ben segnati. Immaginate il Gruppo del Brenta (Parco Adamello Brenta) senza la via delle Bocchette, percorsa ogni anno da migliaia di alpinisti che pernottano nei rifugi, si rifocillano ecc., di certo una notevole risorsa turistica. Eppure, probabilmente a suo tempo, qualche ecologista si sarà indignato e scagliato contro la realizzazione di quei sentieri in quota.
A mio parere c’è ancora da dire a difesa della via degli angeli su Tavolara e mi spiego meglio… molti ignorano la situazione, la vita e soprattutto l’alpinismo su questa lingua di terra in mezzo al mare: salire in vetta è ufficialmente vietato! La via classica, il sentiero più agibile per raggiungere Punta Cannone parte da una stradina militare e per di più di proprietà privata, quindi no-limits.
Lo spartiacque dove si svolge la via degli angeli, chiamata dai primi salitori Monte Petrosu grat (cresta di Monte Petrosu), risulta invece terreno di proprietà della famiglia Bertoleoni – re di Tavolara – , non di certo contrari al tracciato, anzi. La via degli angeli è quindi il solo, peculiare percorso accessibile sul crinale roccioso dell’isola, ma non per tutti: è d’obbligo l’attrezzatura alpinistica con casco, imbrago, longe ecc. Un itinerario che va migliorato, reso più sicuro, ma soprattutto valorizzato: insisto, l’unico, per ora, percorribile in proprietà privata e non così impattante con l’ambiente circostante.
Ciò che è stato scritto a riguardo sul blog di Gogna è per me la ciliegina sulla torta perché mi dà l’opportunità non solo di dissentire, ma la possibilità di esprimere la mia opinione e soprattutto trasmettere la mia passione per quest’isola che mi ha stregato a tal punto dal trasformare le mie vacanze, invece dell’assoluto riposo, un libro da leggere, magari qualche nuotata in un mare da sogno, in continue arrampicate su pareti vergini e da brivido.
E’ anche l’occasione per rendere pubblico il mio pensiero: in tanti anni di alpinismo ho visto e denunciato situazioni di degrado e d’impatto ambientale che gridano vendetta. Per fare un esempio: il disastro ecologico a Campione. Infatti, su una delle pareti più belle del lago di Garda, dove nidificavano gabbiani e altre specie, qualcuno ha deciso di investire milioni di euro per, dapprima fare un disgaggio e, in seguito, per avvolgerlo interamente con delle reti, piastre, ficconi. A tutt’oggi il piccolo borgo è un paese fantasma, irriconoscibile e pieno di brutture edilizie: il resort a cinque stelle pubblicizzato dappertutto è un cantiere abbandonato, un desolante insieme di cemento destinato a marcire. Morale della favola: se si fossero limitati a creare una fascia di sicurezza ai piedi della parete, avrebbero evitato la decisione recente d’imbrigliarla e il magnifico Salto delle Streghe non sarebbe coperto interamente dalle reti metalliche, un danno irreparabile e la fine del grande alpinismo a Campione.
E ancora… ho esperienza di belle pareti rocciose da qualcuno interdette e addirittura recintate e il più delle volte per interessi privati; pareti storiche, un tempo molto frequentate dagli arrampicatori ora purtroppo impedite, precluse.
E ancora… non parliamo di centinaia, migliaia di vie attrezzate con altrettanti Spit e catene che luccicano al sole e quanto disturbano e quanto inquinano.
E ancora… vie classiche “richiodate” in qualche modo fregandosene del parere dei primi salitori e soprattutto della loro storia. Insomma, un elenco lungo, molto lungo, un macello!
Ma, perbacco, una ferratina di un centinaio di metri, dedicata agli angeli, unica via possibile di salita su un’isola d’incomparabile bellezza e lungo una cresta spettacolare e quasi infinita, è un cattivo esempio, per alcuni da cancellare.
Credetemi, sarebbe un vero peccato!
L’isola di Tavolara è un immenso scoglio di roccia calcarea, poggiato su un basamento di rocce granitiche; si erge per quasi seicento metri con pareti verticali e falesie dolomitiche che strapiombano sul mare blu turchese; una montagna in mezzo al mare ricca di vegetazione. La sua mole condiziona tutto il panorama della costa NE della Sardegna.
Leggende e misteri narrano di quest’isola, dove convivevano pirati e reali con la famosa – ormai estinta – specie delle capre dai denti d’oro, allo stesso modo dei topi e ragni giganti, delle foche monache, degli asinelli bianchi e altre specie. Meta di re e letterati, di poeti e naviganti, e di uomini potenti e ricchissimi, luogo di tanti naufragi, ma anche di una piccola comunità che viveva di pastorizia, di pesca e successivamente estraendo la calce dai numerosi e ancora ben visibili forni.
Poi, interessi di vario tipo hanno diviso l’isola in tre parti, la più bella addirittura no limits.
E ciò purtroppo non è leggenda. Peccato!
Speriamo che qualcuno si mobiliti per liberare al più presto questo posto tra i più belli al mondo.
Infatti, questa piccola isola che dovrebbe essere il più piccolo regno del mondo, ufficialmente è “frazione” di Olbia, in gran parte di proprietà della famiglia Marzano, anche se una zona è stata espropriata dalla NATO, e della famiglia Bertoleoni (re di Tavolara) che gestisce i ristoranti.
Tavolara, un posto unico, magnifico che merita di essere visitato. Chiunque s’avventura lungo i sentieri che dal ristorante – punta d’approdo dei battelli o delle imbarcazioni – s’intrecciano lungo la costa e sullo Spalmatore di Terra, non può fare a meno di godere dei profumi del mirto, del rosmarino e delle tante specie di piante, alcune addirittura endemiche.
Ma l’isola è prima di tutto una montagna che ammalia, soprattutto gli alpinisti.
Salire in vetta a punta Cannone (565 metri) non è facile. Da poco è stata aperta la Via degli Angeli: un percorso con alcuni brevi tratti attrezzati che s’inerpica lungo la cresta che da Punta La Mandria sale fino a Punta di Lucca (550 metri circa) per proseguire su Punta Cannone. Itinerario alpinistico molto impegnativo che si può raggiungere seguendo il “sentiero delle calchere” lungo la costa.
@giovanni
“…Si parla di attività edilizia, di valutazione di incidenza, di vincolo idrogeologico, di autorizzazioni necessarie dall’ufficio di tutela del paesaggio. Si parla correttamente di “impianti sportivi”, come dicono la MW e la GRIG. Opere che non possono essere progettate da chiunque si alzi la mattina…”
Ecco, questa frase racchiude l’inizio della fine, l’Italia che anziché domandarsi “cos’è” “come funziona” e “sono all’altezza” perchè nessuno vuole prendersi la responsabilità neanche di sé stesso, chiude tutto e fa leggi a caso interpellando professionisti a caso di discipline a caso. Scusa: onestamente, lo sai cosa sono e cosa rappresentano queste parole? Sai cos’è l’idrogeologia? E cosa c’entra con una ferrata? C’entra come la crema al mascarpone, che peraltro mi piace un sacco! Attività edilizia? Al massimo di sicurezza in cantiere e lavori su fune, visto che è assimilabile alla messa in posa di una linea vita. Se proprio dobbiamo.
Quindi di cosa stiamo parlando? Del fatto che andare su una ferrata ti permette di farti sentire figo garantendoti un accesso a posti che altrimenti non potresti vedere neanche col binocolo, e allora tutti vogliono farla senza che sia pericoloso?
Allora io voglii certificare TE, utente idrogeologico!
Anziché certificare le ferrate, PRIMA saerebbe opportuno che chi le frequenta fosse certificato (con vincolo paesaggistico, geomorfologico, Scia e dichiarazione a SUAP, che non si sa mai) in grado di cavarsela coi propri mezzi?
No, perché allora vale tutto e il contrario di tutto!
Come disse il mitico Camos in un’occasione non esattamente a lui conveniente “ma ‘mpara a rampà e vadavial’culo” che in buona sintesi, rappresenta il mio pensiero su ferrate e legislazione
“Pensate se, veramente, ognuno si alzasse la mattina e veramente costruisse ferrate ovunque ne avesse voglia e secondo i suoi personali interessi.”
E’ quel che succede da tempo e sempre più, in Dolomiti.
Sono una voce fuori dal coro in questa discussione. Ma ribadisco, legalità o meno, è lo stesso scempio, la stessa tristezza.
“L’ impianto è risultato totalmente privo delle autorizzazioni necessarie: SCIA (Segnalazione certificata di inizio di attività edilizia), valutazione di incidenza, svincolo idrogeologico e paesaggistico.”
Penso che sia questo il punto da cui partire. Il caso espresso alla fine dell’articolo in cui la Ferrata di Monte Trevine, assodato che era abusiva, è stata posta sotto sequestro dall’Autorità Giudiziaria.
Quindi non è vero che non esiste un iter procedurale per la realizzazione delle vie ferrate. Forse un tempo, ma attualmente no. Si parla di attività edilizia, di valutazione di incidenza, di vincolo idrogeologico, di autorizzazioni necessarie dall’ufficio di tutela del paesaggio. Si parla correttamente di “impianti sportivi”, come dicono la MW e la GRIG. Opere che non possono essere progettate da chiunque si alzi la mattina e ha un pò di soldini da dedicare per un simile passatempo. Hanno necessità di progetti adeguati.
Questo è sottolineato dal fatto che è intervenuto l’Assessorato all’Ambiente e la Polizia e la Procura… insomma fare le cose senza seguire le leggi (che esistono eccome e sono a tutela nostra e dell’ambiente) porta dritti al reato ambientale.
Vogliamo demonizzare Legambiente per la segnalazione fatta? (Sono proprio i nemici del nostro divertimento! Ma non hanno di meglio da fare e pensare ai danni del Petrolchimico?!) Oppure ha reso un servizio per la sicurezza dei praticanti e di un luogo unico e per questo protetto?
Pensate se, veramente, ognuno si alzasse la mattina e veramente costruisse ferrate ovunque ne avesse voglia e secondo i suoi personali interessi. Cinque, dieci magari venti persone senza molte conoscenze tecniche e con il desiderio di mettere la propria firma o farsi due soldini intortando qualche piccolo Comune con poche conoscenze in materia.
Capisco chi vuole frequentarle e anche io apprezzo le Ferrate ma solo quelle realizzate secondo tutti i criteri, non credo che la fantasia di chiunque garantisca il rispetto dell’ambiente e della sicurezza (rischio di frana, materiali e metodi sicuri).
Ricordiamoci che chi usufruisce delle ferrate spesso non sà neanche a cosa si sta appendendo nè le criticità ambientali dei luoghi che stà attraversando.
Il caso di Monte Trevine mi ricorda anche quello della conosciutissima Ferrata Pertini (che consiglierei di leggere a chi non lo conosce) anche in quel caso la lezione è stata ecclatante: “la legge non ammette ignoranze”.
@Carlo Poddi: non so se sono io che non ho capito la tua ironia o viceversa. Sia chiaro che io sono d’accordo con i rangers, ovvero non troverei giusto vietare l’arrampicata in Yosemite (e ovunque) perché ci sono delle frane.
Sono totalmente d’accordo con Richard, in particolare per quanto riguarda l’aspetto sicurezza: questa non va garantita, non può esserlo! Chi va per monti deve sapere cosa sta andando a fare (se mai va fatto ogni sforzo possibile per erudire su questo), ma comunque la responsabilità di ciò che fa, di ciò che potrebbe succedergli, è sua!
Chi non accetta il rischio se ne stia a casa sul divano. Chi si vuole “parare il culo” (scusate) si faccia un’assicurazione privata; sarà se mai l’assicuratore a chiedere: “chi sei tu? che esperienza hai?” e in base a ciò stabilire il premio.
Una cosa che potrei capire sarebbe una sorta di “certificazione” a posteriori delle vie aperte (sia ferrate che non) che dia un giudizio sul grado di “sicurezza”, di affidabilità di una via; poi, ripeto, sta al singolo individuo decidere se affrontare o meno la via.
Anzi, aggiungo che il fatto di responsabilizzare il singolo individuo, anziché volerlo proteggere ad ogni costo garantendogli una sicurezza ipotetica, allontanerebbe magari dalle falesie, dalle montagne, tante persone improvvisate che sapendo di non potersi rifare su alcuno, in caso le cose andassero storte, ci penserebbe due volte prima di avventurarsi; potrebbe avere paradossalmente un effetto positivo nell’evitare incidenti.
Condivido l’articolo solo in parte e in quanto tecnico vorrei che tutte le vie ferrate fossero costruite in sicurezza, il problema che non esiste un protocollo legiferato in merito alle vie ferrate, pertanto fino a quando non ne esisterà uno, nessuno potrà mai stabilire con certezza se quel percorso sia sicuro o meno. Per ora ci si può solo limitare ad ispezioni geologiche e test sui materiali utilizzati.
Purtroppo come dice già qualcuno, questo articolo vuole solo mettere carne sul fuoco, senza chiaramente offrire nessun briciolo di soluzione ad un problema, che francamente alle istituzioni frega ben poco, che con un briciolo di intelligenza potrebbero chiaramente risolvere in maniera semplice, e che probabilmente favorirebbe la tanto amata destagionalizzazione a cui tutti aspirano senza muovere un dito. Basterebbe semplicemente regolamentare la realizzazione e la fruizione (magari anche a pagamento come fanno in Corsica) garantendone la messa in sicurezza, sia per le nuove sia per quelle attualmente esistenti (dopo averne garantito la sicurezza)
Andrebbe inoltre fatto un discorso più vasto, senza soffermarsi alla sola via ferrata, ma anche a tutto ciò che di artificiale viene messo in natura. Su questo bisognerebbe iniziare a parlare di eco-sostenibilità e analizzare ogni singola casistica, magari iniziando a capire proprio il significato della parola stessa.
Detto ciò, io sono a favore di iniziative che portano la Sardegna ad avere un turismo più destagionalizzato, ci vogliono fatti, non bastano le parole, e se servono le vie ferrate a far avvicinare le persone alla natura e ad qualcosa che non sia il mare, ben venga.
Trovo tuttavia strano che certi ambientalisti non abbiano mai scritto articoli su questioni ambientali ben più gravi, come la chiusura delle petrolchimiche sulle spiagge (dubito che abbiano tutte le autorizzazioni necessarie), oppure i vari poligoni che vanno a deturpare territori spettacolari e incontaminati come perdas o capo teulada con uranio impoverito, oppure limitare gli accessi alle spiagge estive… tutti argomenti che a quanto pare non danno alcun fastidio a flora e fauna 🙂 🙂
l’ottava meraviglia? forse volevi scrivere l’ennesima schifezza !!
Richard, non sono d’accordo.
Se non ti piace fare le ferrate sono cavoli tuoi, ma se qualcuno si prende la briga di attrezzare una ferrata, e di pubblicizzarla su internet, credo che abbia la responsabilità di farla come Cristo comanda. Se poi ti fai male perchè non ti sei assicurato come si devo sono cavoli tuoi, ma se invece ti fai male perchè non è progettata bene, qualche problema bisogna porselo.
Dunque Ho forse scritto d’impulso e di pancia come qualcun’altro l’ha definito.
Alessandro ho letto il link dove sono citati articoli, leggi, denunce, ect… Grazie mi erano sfuggiti.
Il caso è vasto e complesso, ma il mio punto di vista è emerso perché dalla lettura di questo articolo, ho ricevuto solo il messaggio contenente critiche e lamentele, contro chi, in buona fede, ha attrezzato delle vie per renderle fruibili a chi vuole ammirare dei luoghi difficili da raggiungere.
Un po come hanno fatto sul monte bianco costruendo l’ottava meraviglia del mondo
“Una sfida ingegneristica estrema a 3500 m fra i ghiacci perenni del Monte Bianco. Con SkyWay sarai immerso in uno scenario mozzafiato grazie alla cabina rotante a 360° e alle 3 stazioni avveniristiche con bar, ristoranti e servizi di entertainment.”
Ma li della deturpazione ambientale oltre che visiva non ha importato, visto che comunque l’hanno costruita. Probabilmente anche li qualcuno si sarà opposto, con risultati differenti. Va beh dettagli…
Ora questo voleva essere solo un esempio, per dimostrare che come sempre ci sono storie e storie, giustizie e ingiustizie.
Questa storia delle ferrata selvaggia mi colpisce perché è nella terra dove vivo.
Quindi se leggo un articolo di questo calibro mi piacerebbe e vorrei trovare anche delle proposte, dei suggerimenti, delle soluzioni. Le famose polemiche non servono a nulla.
Richard hai ragione il territorio è di tutti.
Ho espresso male il concetto sul “vengono a calpestare” (colpa sempre della pancia), mi riferivo alle guide, concedimi, “non locali” che sono poco rispettose del selvaggio paesaggio sardo. Dove chi lo vive, da sempre cerca di curarlo e rispettarlo questo territorio, scontrandosi con la legge le restrizioni, la giustizia etc… Giustamente hanno, come dici tu, gli stessi diritti e doveri. Però capita che spesso si dimenticano dei “doveri”, quali rispetto e sicurezza.
Si il fulcro è tutto sulla sicurezza, perché le persone devono sapere cosa stanno andando a fare.
E prendersi la responsabilità delle proprie Azioni.
Grazie
Personalmente, tra queste ferrate abusive e fatte male in Sardegna e le interminabili manomissioni artificiali della roccia autorizzate e realizzate dalle guide alpine e dai rifugisti nelle Dolomiti non trovo differenza sostanziale. Mi allontanano dalla montagna entrambe.
MI sono divertito a leggere l’articolo ma ancor di più alcune risposte…
Ora a prescindere da qualsiasi autorizzazione necessaria e obbligatoria, o del fatto che devono essere utilizzati materiali sicuri, a me fa sorridere perché qualunque motocarro di ghiaia che decida di scendere dall’altro nei percorsi citati se ne fotterà delle dovute e necessarie autorizzazioni o materiali arcisicuri oppure di essere guidati da una guida o chicchessia.. Rimane quindi in auge la questione delle responsabilità a cui si collega il lato economico….. il vero leit motiv della questione.
Non sono andato ancora a rifare la ferrata del Cabirol e neppure quella a Tavolara ma mi ricordo che era arcisicura rispetto a ferrate da me percorse sia in Trentino che nel gruppo del Bianco… Credo che chi ha attrezzato lo abbia fatto comunque cercando di lavorare al meglio anche delle loro possibilità economiche (visto che spesso sono percorsi attrezzati di tasca propria)..
Mi ha fatto sorridere l’invito di Mattia Vacca ai Ranger dello Yosemite..
Sarà che con il problema degli incendi in California, non vogliono pensare alle frane!!! 😀
Mi fa sorridere poi a chi come me ha cominciato ad andare per i monti come il posto libero per eccellenza e scopre che sta diventando un gazzabuglio di norme da rispettare… ;-))))
Saggio e giusto l’intervento di Luca, soprattutto per ciò che riguarda l’istituzione di un albo per le guide non alpine, visto che in Sardegna c’è una realtà diversa dalla zona alpina, per morfologia e difficoltà. Tutti a parlare poi di ambiente e sicurezza, ma per favore, non siamo ipocriti, nessuno dice che c’è in ballo un po’ di quattrini, e intorno all’osso c’è in corso una rissa senza esclusione di colpi (visto che c’è coinvolta la magistratura). Dove ci sarebbero da denunciare situazioni molto gravi, sia in Sardegna che in alta Italia, tutto tace, solo perché non ci sono soldi in ballo.
Caro Luca, non è superfluo farti notare che tutti (ma proprio tutti) gli elementi che tu citi come degni di attenzione, ricerca e discussione e dei quali lamenti la mancanza sono esposti e ampiamente dibattuti (insulti compresi) negli articoli con commenti cui rimandano i link al fondo dell’articolo.
Il tema è scottante! E in un certo senso mi riguarda in quanto mi sono trasferito in Sardegna!
Premetto un po’ di cose. Primo: non mi piacciono le ferrate, se domani diventassi dittatore del mondo, le farei togliere tutte. Poi, nel quotidiano, ci sono mali ben peggiori nel mondo. Uno di questi, più che mai in Sardegna, è la caccia. E subito di fianco ci metto le baracche da campo rom (ironicamente chiamate “ovili”) della maggior parte dei pastori, puro insulto alla bellezza del territorio, tra l’altro il più delle volte demaniale o comunale, per cui no “loro”, ma “nostro”! Del bracconaggio ovviamente neanche parlo, direi che siamo tutti d’accordo.
Ma, e mi rivolgo a Luca, ci sono alcune cose sulle quali ti do ragione e altre che mi fanno inc##are che mi bolle il sangue solo a leggerle.
Piaccia o no, c’è una legge che definisce l’ambito di lavoro della guida alpina. Concordo con te che sia una legge pessima (una porcheria) e troppo vincolante per altri sbocchi, e che le benamate GA di facciata chiedano l’istituzione di una nuova figura, ma poi di fatto remino contro. E ti garantisco che a me questa legge da un fastidio (anche economico) notevole! Ma c’è una legge e quella è. Lavoriamo per cambiarla? Eccomi. Ma intanto questa è.
“vengono qui a calpestare…” L’Italia, l’Europa etc sono mie quanto tue. Ho sempre odiato tutti gli accaparramenti culturali del territorio. La Valtellina è TUA esattamente come la Sardegna è MIA, o della Guida o del turista olandese. Se ti fanno la pipì in salotto, li ammazzi. Ma se “vengono qui” su terreno pubblico, vantano gli stessi diritti tuoi. Esattamente come quando tu vai “da loro”.
Poi, per quanto riguarda il triste microcosmo dell’attrezzare terreno “alpinistico”, siccome sembra esserci business, tutti gli ordini professionali che pensano di potersi garantire un’esclusiva o comunque una fetta, stanno sgomitando per averla. Gli ingegneri e i geologi, che sarebbero quelli più “inerenti” se ne fregano, è una briciola nell’oceano. Le GA invece, e per loro potrebbe essere un discreto introito, comprensibilmente (non vuole dire che sono d’accordo! Ma lo capisco) sgomitano per poter mettere del fieno “facile” in cascina.
Non parlerei poi di chi si comporta peggio, perché qui (Sardegna, ma anche Monte Bianco, Val Bodengo e via dicendo), tra abusivi, millantatori e guide poco serie, la lista di nefandezze che vedo ogni giorno è incredibile.
Ma, e finisco la mia chiosa reagendo di pancia all’ultimo intervento, quello che più conta è che dobbiamo smetterla di pensare alla sicurezza. Non me ne frega niente di chi fa la ferrata e come. Nel momento in cui decido di affrontarla, da quel momento sono e devono essere cavoli miei. Voglio fare l’alpinista senza esserlo? Devo essere pronto a pagarne le conseguenze. Sono io che scelgo di andarci, non me lo ordina il dottore! Se non mi preparo perché voglio “tutto subito”… cavoli miei! Personalmente su una ferrata ci vado solo se costretto per lavoro. Sono a mio avviso templi del pericolo destinati a gente incapace. Un invito al pronto soccorso! Fosse per me, come ti dicevo, le vieterei tout-court! Però ci sono, ci dormo bene la notte, mi scaldo ma solo alla tastiera, poi non me ne frega più di tanto. Ma, e questo mi interessa di più, smettiamola una volta per tutte con sta cazzata della sicurezza. Se vuoi la sicurezza, non vai su una ferrata e non vai a fare immersioni (per dire) o col parapendio. Nel momento in cui decidi di fare certe cose, legalmente devono essere affari tuoi! Poi se vuoi, “inventiamo” un’etichetta di qualità fatta da ingegneri e geologi (e non guide alpine o maestri di arrampicata o guide escursionistiche) che certifichi la sicurezza della messa in posa e dei materiali. Ma poi, non prima. Perché quando si va in montagna (o sott’acqua o ovunque) bisogna prepararsi e imparare ad andarci con la propria testa! Non con l’ISo14000, il titanio e l’UIAA. Impariamo ad essere responsabili delle nostre azioni!
ma perché quello che fa oviglia, tanto per citarne uno, va sempre bene e quello che viene fatto da chi non sta nella cerchia degli eletti va sempre male?
In questo caso l’alpinismo non c’entra nulla.
Si parla di ferrate costruite male e in aree protette (e mi risulta che Tavolara lo sia). Le ferrate sono fatte per essere percorse da “non alpinisti” e da quanto mi risulta gli alpinisti veri le schivano… Quindi mi sembra giusto aprire una discussione se qualcuno le installa senza nessun criterio: qualcuno ci può rimettere la pelle.
Mi chiedo cosa ne sarebbe stato dell’alpinismo se fose stato ingabbiato con tutte queste regole. Per me di aree protette, tra parchi nazionali, regionali, aree marine, SIC, oasi, monumenti etc. ce ne son un po’ troppe. Riguardo ai pericoli: andare per monti è pericoloso, si sa, lo devono sapere e accettare i frequentatori. Alessandro ti chiedo di contattare l’amico Maurizio (Oviglia) e di farlo rientrare immediatamente da Yosemite, pare che ci sia stata una enorme frana recentemente (anzi mi dice Maurizio che ce ne sono 80 all’anno, in media), e quei pazzi dei ranger nonostante ciò consentono di praticare ancora l’arrampicata.
Interessante articolo, peccato mancano i riferimenti degli articoli delle leggi che dovrebbero regolarmentare l’abuso. Quindi sono tutte frasi polemiche poco utili alla sensibilizzazione del problema.
In Italia ci si lamenta sempre per tutto, facile puntare il dito, o scrivere su una tastiera.
Come mai nessuno ha mai mosso critica verso le reti metalliche installate in modo abusivo a protezione del bestiame. Eppure deturpano anch’esse la natura.
Come mai nessuno scrive mai delle trappole e tagliole poste dai cacciatori abusivi. Eppure tutti sanno che sono abusive.
Come mai nessuno scrive che una certificazione di guida alpina in Sardegna è inutile e costosa, ma ci vuole una certificazione specifica per la nostra regione a statuto speciale e per il nostro territorio. Eppure vengono guide alpine a calpestare i nostri sentieri e le nostre ferrate senza far caso alle norme di sicurezza, ci sono foto nel web di gruppi seguiti da tali guide che non usano il caschetto. Tanto per dirne una.
Come mai nessuno scrive che le installazioni abusive sono realizzate da persone che per passione di condivisione attrezzano, in molti casi a loro spese, un sentiero per regalare la possibilità a chi è meno esperto di poterne fruire.
Per favore prima di scrivere critiche informatevi e promuovete tale informazione di modo che si possa crescere e migliorare anziché sparare sentenze all’italiana maniera.
I problemi si risolvono portando soluzioni, le critiche da sole servono quanto la carta igienica.
Grazie.