Saune a 3000 metri?
di Carlo Crovella e Redazione
E’ vero che l’introduzione di una sauna ad alta quota può essere considerata di scarso peso rispetto ad altre iniziative da Circo Barnum: ma apre spazi che rischiano di diventare incontrollabili.
In passato ci sono stati esempi, qua e là, di situazioni simili (saune artigianali, ecc.), ma si trattava di casi confinati in contesti molto particolari, con una visione severamente moderata.
Il problema è accentuato dal fatto che oggi le informazioni corrono veloci e si spargono fulminee: se un’iniziativa, un po’ balzana, ma ancora accettabile in singola versione, “tira” commercialmente, nel giro di pochissimo la vediamo replicata in ogni dove. E il numero “incontrollabile” non possiamo più permettercelo.
Inoltre accontentare i capricci dei clienti è una continua escalation. Appena messa la sauna ci sarà la richiesta di aggiungere la sala massaggi, la jacuzzi, l’area fitness, la discoteca… con la necessaria apericena al tramonto fino all’apparizione delle cubiste. Se appena ci sono gli spazi e le possibilità, si procederà a testa bassa in quella direzione. E se non ci sono gli spazi, si comprano dal Demanio, comeo è successo al Sassolungo, al Passo Santner e chissà dove ancora. In questo genere di non-luoghi di solito la strada carrozzabile di accesso o la funivia ci sono già ma, nel caso non ci fossero, sarebbe un attimo l’averle. A quel punto, a questo genere di urbanizzazione riminizzata mancherebbero solo il servizio di dating per incontrare l’anima gemella o il/la partner della serata…
Oggi la filosofia dei rifugi in quota è sempre più “customer oriented”: si è disponibili a qualsiasi richiesta (esplicita o implicita) dei clienti/consumatori. Anzi, spesso non ci si accontenta di correre dietro alle mode del momento: si anticipano le richieste.
Questo quadro, questo sistema è sbagliato. I rifugi in montagna dovrebbero tornare ad essere quello per cui sono stati concepiti all’origine: un semplice punto d’appoggio per l’ascensione/escursione del giorno dopo.
Se si vogliono cene da chef, se si vuole ascoltare musica sparata a palla, se si vuole farsi massaggiare o si desidera socializzare durante l’apericena in terrazza, ci sono centinaia di altre location. Perché si vuole a tutti i costi stravolgere la visione di un rifugio, perché ci si vuole mettere in contrasto evidente con l’intero ambiente montano?
A questo ritorno dei rifugi alla loro funzione originaria dovrebbero collaborare tutti coloro che credono che l’umanità debba fare un passo indietro: tanto tra gli utilizzatori quanto tra i gestori. In altre parole: rinunciare a portare la città in quota, quando la “quota” è tale proprio perché “diversa” dalla città. Se portiamo la città in quota, la quota non è più quota, ma diventa solo un’altra modalità della città.
Non c’è nulla di illegale nella sauna qua e nell’happy hour là. Ma questa tendenza è pericolosa perché invasiva e perché difficilmente permette di tornare indietro. Purtroppo è una strada senza ritorno.
Qui sotto ecco l’articolo che ha scatenato la nostra reazione. Pur rispettando la liceità di scelta del proprietario Guido Pompanin, pur apprezzando la sua preoccupazione di gestire il suo “rifugio” in modo “sostenibile” con altre lodevoli iniziative e pur accettando la posizione neutrale della cronista, dobbiamo comunque manifestare il nostro più profondo dissenso.
Stare al passo coi tempi
(perché “le esigenze di chi sale in montagna sono cambiate”)
di Sara De Pascale
(pubblicato su ildolomiti.it il 13 marzo 2023)
In quasi 60 anni di attività sono cambiate molte cose, ma non lo spirito che abita il rifugio Lagazuoi o l’amore dei suoi gestori per le montagne che lo circondano. All’interno della struttura, la più alta di Cortina, si sono susseguite due differenti generazioni di rifugisti che nel corso degli anni hanno provveduto a farla crescere e modernizzarla, non soltanto rispondendo alle richieste e esigenze dei clienti ma anche guardando alla sostenibilità.
“Offrire servizi in più in un rifugio che sorge a quasi 3mila metri di quota significa stare al passo con i tempi – esordisce Guido Pompanin, che da 45 anni gestisce il Lagazuoi, costruito da papà Ugo – Rispetto i ‘puristi’ della montagna ma la verità è che chi approda in quota, prima ancora di chiedere informazioni su escursioni e sentieri, chiede dove trovare la presa di corrente per caricare il telefono o la password del wi-fi“.
Secondo Guido, innovare, nei limiti del possibile, risulta quindi oggi più che mai necessario: “Lo abbiamo fatto in primis per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. Già negli anni Ottanta avevamo provveduto a installare dei pannelli solari, mentre negli anni 2000 quelli fotovoltaici che, tuttavia, a causa della superficie del tetto troppo piccola non garantiscono una ‘performance’ grandiosa, ma qualcosina riusciamo a fare“, prosegue il rifugista.
Ad aggiungersi all’impianto fotovoltaico, anche un altro che sfrutta invece il calore prodotto da frigoriferi e dalle celle, rimesso in circolo “per scaldare il rifugio – dichiara Pompanin – Ci siamo mossi da qualche anno a questa parte anche per ottimizzare il trasporto dei rifiuti a valle, acquistando delle presse che, schiacciando carta e cartone insieme, o imballaggi di plastica o ancora lattine, consentono di creare delle grandi balle di spazzatura facendo risparmiare spazio e soldi a noi e viaggi in funivia o elicottero a chi deve venire a prenderli“.
Fra le novità dello storico rifugio, costruito fra 1964 e 1965 dalla guida alpina Ugo Pompanin, a quota 2752 metri, circa 10 anni fa si è aggiunta anche una particolare sauna in legno a forma di botte: “Un’idea che di fatto abbiamo copiato – confessa l’attuale gestore del Lagazuoi – Una struttura della zona ne aveva infatti una. Dopo una chiacchierata con un cliente danese che mi aveva detto che avrebbe apprezzato un servizio del genere, durante un inverno che a livello di lavoro stava andando male, abbiamo deciso di acquistarne una anche noi“.
Una decisione (e introduzione) che ha subito riscosso enorme successo, accontentando in particolare “gli innumerevoli clienti ‘nordici’ che ogni anno vengono a trovarci. Per noi ha significato e significa offrire un servizio in più, che molti apprezzano – fa notare Guido – È posizionata in un luogo panoramico che permette di godere di una vista straordinaria ed è alimentata a legna, quindi ‘green’“.
“Credo sia legittimo avere una visione della montagna priva (o quasi) di ‘innovazione’, ma questa inevitabilmente cozza con la realtà dei fatti. Chi crede di poter tenere in piedi un rifugio senza servizi, dal mio punto di vista, vive fuori dal tempo“, conclude. “Non siamo, come alcuni potrebbero pensare, un grande hotel soltanto perché abbiamo una sauna: ricordo che essendo una struttura che sorge a 3mila metri di altitudine abbiamo tutti i problemi di un rifugio in quota, a partire da quelli relativi all’approvvigionamento idrico. Non so chi debba decidere chi o quante persone possano andare in montagna, ma sono sicuro che non siano i rifugisti a dover fare scuola“, lascia intendere Pompanin.
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Sign. Grazia….ne gioverà l’ambiente. Il turismo è il male dei mali!!
La legna a 3000 metri per fare la sauna è “green”? Ma voi non state bene…
In ogni caso in Trentino siamo oltre: siamo già all’ “aperimalga”
Caro Roberto, parcheggi vuoti ma aumento di voli turistici in elicottero che mi rifiuto di accompagnare. Purtroppo vanno di pari passo con l’aumento dei mezzi di trasporto (la funivia dell’Etna è passata candidamente da 30 a 50 €!!). Temo che il popolino, come in tanti paventano, fra non molto faticherà a mettere insieme una vacanza, cosa che non mi fa gioire.
Grazia. Parcheggi vuoti, diminuzione delle presenze….le tue notizie hanno finalmente portato un po’ di gioia nell’austera e triste Sabaudia, assediata dalle orde di cannibali. Un grido di speranza si levò dalle sponde del Fiume Sacro “Forza Etna!”. Antico slogan caro ai leghisti d’antan, Der Junge Felpa compreso.
Ciao Marcello,
il fatto che siano state chiamate guide alpine dal nord, sulla scia dei numeri dell’anno scorso, non significa che ci sia il pienone.
Vieni a farti un giro, sia al Sapienza che a Piano Provenzana, per vedere i parcheggi semi vuoti, cosa che non si è mai vista in luglio, tolto il 2020.
Oppure parla con le strutture ricettive.
Grazia, i prezzi saranno pure aumentati ma non si è mai vista una richiesta così alta di guide alpine in area Etna come quest’estate.
Ho vari colleghi alpini che si fanno un mesetto da voi in luogo delle Dolomiti in cui risiedono.
Le cose spesso vanno diversamente da come sembra.
Mi riferisco al prezzo dei voli aerei.
Io credo che, semplicemente, ciò che è cambiato non siano i desideri degli avventori, ma il tipo di clientela che vuole replicare ovunque il tipo di vita che conduce in città.
La responsabilità non è loro, ma di chi si piega a capricci che avranno breve durata, altro che “punto di non ritorno”, e saranno sempre più per pochi.
A luglio sull’Etna si sta registrando un sensibile calo di presenze, paro dovuto all’innalzamento considerevole dei prezzi.
Sono convinta che fra qualche anno il caro Guido sarà arci-stufo di avere a che fare con certa gente e sono felice di aver conosciuto il luogo vent’anni fa.
Mi permetto di far notare che l’uso diffusi degli inglesismi nel testo proposto va di pari passo – anzi, forse di corsa! – con le tendenze che si vorrebbero contrastare.
Mi piacerebbe si adottassero termini italiani.
@Roberto Pasini
ma infatti io ho sempre diffidato enormemente di chi si batte il petto dichiarando ideali granitici, di solito sono i peggio. Ricordiamoci degli esponenti di partiti ultraconservatori omofobi che poi vengono beccati ai festini trans (nulla di male per il fatto in sé, ma coerenza please?) 🤣
Mi sta bene qualche comodità in più, non mi piace l’idea che diventi una scusa per continuare a spendere soldi in robe superflue quando, come dici te, ci sarebbero problemi ben più importanti da affrontare.
Agnese. Nulla vieterebbe la doppia frequentazione alternata. Anzi sono sicuro che già ora sia così. Sono convinto che i puri e duri ogni tanto siano inclini a qualche saunetta discreta nella capannina accessoriata e i sibariti ogni tanto sentano bisogni di purificazione alpina, (Purissima, Altissima…) sempre senza esagerare ovviamente. Ah….l’eterna duplicità dell’animo umano. E per fortuna, pensa che noia altrimenti. Anzi nella mia esperienza ho sempre sospettato degli estremisti perché poi ho quasi sempre scoperto che la gatta ci covava sotto. Jung non perdona…l’Ombra se la trascuri è capricciosa e poi si prende qualche rivincita e inoltre siamo made in Italy e abbiamo una vera passione per portare alla luce le ombre discrete che girano nel privato delle case e delle felici famigliole, come accade in questi giorni e come accuduto in passato. Scagli la prima pietra…come disse la Garnero “poi vengono al Twiga” e anche lei fu vista con saio Dolce & Gabbana a lustrare croci di vetta nella sua pia terra nativa. Quindi come dicono la’ dove devozione e cioccolato gianduia si tengono la mano lungo le sponde del sacro fiume “esageruma nen” e che l’estate si svolga serena in Capanne e Capannine che i drammi veri, per fortuna, per ora stanno altrove.
Pasini, vacci piano con la Blu.
@Pasini
e quelli che amano le vie di mezzo? Li chiamiamo switch? (Nel linguaggio del sadomaso, lo switch è colui o colei che a seconda del momento può apprezzare il dolore, ho provare gusto a infliggerlo) 🤣
@Pasini
Applauso 🙂
Sviluppando un’idea proposta da Popi Miottii, se non sbaglio, la soluzione sarebbe distinguere due linee di prodotto per pubblici differenti: una linea “maso” e una linea “sado”. Nella linea maso minestre scadenti, freddo, poca acqua,puzza di piedi et similia, nelle versioni più avanzate tipo maso-luxury anche pulci e appositi cilici progettati con la consulenza dei numerari dell’Opus Dei da indossare all’ingresso. Nella linea sado: prelibatezze, brande King-size, jacuzzi, guide alpine 4.0, fresche e avvenenti, specializzate nel massaggio ayurvedico (eventuali prestazioni aggiuntive lasciate alla contrattazione individuale fuori sconto CAI). Così tutti contenti, ognuno al suo posto, in linea con i suoi valori, senza fare confusione. Mi meraviglia che gli svizzeri, amanti dell’ordine, non ci siano ancora arrivati. Secondo me è solo questione di tempo. Però di fatto, in forma più moderata e non esplicita, è già in parte così oggi. Si potrebbero chiamare Capanne quelle della linea maso e Capaninnine quelle delle linea sado, in omaggio al mitico locale di Viareggio, luogo di devozione, molto frequentato negli anni ‘60 insieme al Pizzo Coca 😀
“Rispetto i ‘puristi’ della montagna ma la verità è che chi approda in quota, prima ancora di chiedere informazioni su escursioni e sentieri, chiede dove trovare la presa di corrente per caricare il telefono o la password del wi-fi”
io grazie alla tecnologia riesco a lavorare più o meno da dove voglio, e la ritengo una cosa fighissima. ma (e stavolta son d’accordo con Crovella, mah 🤪), se uno va in vacanza, non ci va anche per staccare un po’ gli occhi dal telefono e dal pc? perchè lo sapete a che serve il wi-fi in quota si? A postare le foto su instagram in tempo reale e far vedere quanto si è fighi immersi nella sauna a 3000mt con bicchiere di vinello in mano.
Spunta una sauna di qua (lo vogliamo considerare il problema dell’acqua per farla funzionare? Negli ultimi anni problemi di siccità ce ne sono stati abbastanza, altri sprechi?), il rifugio da 300€ a notte con bagno privato di là, impianti nuovi per renderli accessibili… ma anche no eh.
mi piacerebbe tanto, ma proprio tanto che i soldi investiti in queste cagate finissero in progetti più utili che non al mero profitto.
non sono un’estremista che non vorrebbe nessuno in montagna, e nemmeno smonterei gli impianti già esistenti. Però anche basta continuare a intasare l’ambiente naturale (che sia montano e non) con ferraglia e cemento. la ggggente dovrebbe sbattere il muso anche con un po’ di scomodità. Altrimenti andassero a Dubai o Ibiza a fare la bella vita no?
ah no, non fomenta l’immagine dell’amante della natura dall’animo poetico che sfoggiano sui social e con gli amici (vi giuro, conosco una tizia che fa l’influencer che si spaccia per scalatrice estrema, posta le foto sui 4c e e il suo seguito, fatto di persone fashion che non capiscono un cazzo di arrampicata, la prende come una coraggiosa 🤦🏻♀️🤦🏻♀️🤦🏻♀️🤦🏻♀️)
Signor Giovanni Battista Piaz è straordinario leggerla e apprezzarne la longevita’…leggenda!
@7 A essere sincero sei tu che dai l’impressione di non aver ben chiaro il “panorama” attuale del settore dei rifugi. Esempi di gestioni “customer oriented” sono ormai dilaganti, purtroppo, sia nelle Occidentali che in Dolomiti.
A puro titolo di esempio, fra i mille che si riscontrano, vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/cocktail-e-cubiste-a-2000-metri-di-quota/
Cucina stellata, spa, docce calde, apericena al tramonto, discodance a palla, jacuzzi riscaldata, cene invernali con trasporto in motoslitta… si potrebbero citare migliaia di risvolti che non c’entrano nulla con il concetto originario di rifugio, inteso come semplice base d’appoggio (in genere anche un po’ spartana) per l’ascensione/escursione del giorno dopo.
Sicuramente qua e là sopravvivano ancora dei rifugi “vecchio stile”, li ho presenti, ma sono ormai delle mosche bianche e destinati a venir progressivamente fagocitati dall’estensione del Circo Barnum.
Così come si contreappongono ai vari esempi di scempio ambientale (funivia del Piccolo Cervino, ipotesi sventramento del Vallone delle Cime Bianche, varie scemenze per Olimpiadi e Paraolimpiadi 2026… ), gli appassionati della montagna incontaminata dovrebbero fare fronte compatto per ridurre i rifugi “customer oriented” e ripristinare la diffusione dei rifugi “alpinistici”.
Ciao!
Ho letto sul gruppo di Facebook e cliccando eccomi qui, per caso. Scusate se dico la mia pur essendo un esterno.
non so chi sia Crovella e quindi non potrei rivolgermi a lui in modo diretto con così tanta confidenza come altri commenti.
mi viene spontaneo però criticare ciò che scrive in questo “articolo” (?). Prima di tutto non trovo corretto affermare con così tanta certezza è sufficienza che la tendenza dei rifugi sia quella di accontentare i capricci dei clienti. C’è chi lo farà di sicuro, ma dire che sia una tendenza è falso. Dimostra poca conoscenza dei rifugi nel complesso; e di sicuro dimostra scarsa frequentazione dei rifugi alpini in generale. Poi si ripete dicendo che i rifugi sono “customer oriented” e bla bla bla. Una generalizzazione che in questo caso si che è cosa pericolosa se divulgata all’opinione pubblica ignorante (sull’argomento). Una pessima e parziale descrizione dei rifugi alpini, ancorché personalizzata e senza buonsenso, in più citando uno o due esempi, anch’essi fuori luogo e sbagliati e non rappresentativi. Lascia il tempo che trova, però sui social abilmente è stato postato per creare le solite discussioni senza senso.
grazie dello spazio
1: Crovella ha un sacco di tempo libero.
2: Crovella “vorrebbe ma non può “.
3:Con Crovella ci vuole pazienza ..
Buon Alpinismo a tutti.
Dimenticavo: la tinozza finlandese l’ho vista e provata la prima volta al rifugio valasco (alpi marittime) al ritorno da un giro a scialpinistico.
Oltre la sauna, come quella del lagazuoi, ho anche la tinozza finlandese. Il tutto al maso dove abito. D’inverno uno sballo. Tutto a legna
@1-2 Dovreste leggere i particolari degli articoli con maggior attenzione. Per esempio fate sempre attenzione agli autori dei testi. In questo caso avreste potuto accorgervi subito che il testo non si deve al solo Crovella, ma è firmato anche dalla Redazione. Le considerazioni che vi ammorbano non sono quindi solo del sottoscritto. Traetene le conseguenze. Buona domenica!
Ma questo Crovella, che critica e satireggia tutto e tutti, a quale titolo lo fa? Ambientalismo da salotto, gelosia, invidia o quale altro sentimento? Questo blocco è la palestra delle sue insoddisfazioni? Ma basta!
Le saune a botte sono delle piccole strutture in legno costruite da una ditta locale che si stanno diffondendo a causa della loro praticità. Nei rifugi del salisburghese c’è la sauna da oltre mezzo secolo (e forse più) e chi percorre la bellissima e impegnativa Haute Route degli Hohe Tauern (Alti Tauri) sono scialpinisti classici che, vi assicuro, apprezzano da decenni il farsi una sauna alla fine delle lunghe tappe con gli sci. Si tratta di una tradizione più presente nelle Alpi dell’est, per quello che il sabaudo Crovella la vede con occhio malevolo. Forse se avesse percorso la traversata degli Alti Tauri ne avrebbe avuto una diversa opinione.
Il rifugio Lagazuoi si trova a poche decine di m da una delle funivie storiche delle Dolomiti, vogliamo togliere anche quella?
Poi non ci vedo nulla di male, anzi, nel socializzare all”apericena, che comunque al Lagazuoi non mi risulta sia usanza farli.
Sul fatto che chi arriva in rifugio chieda per prima cosa presa per caricare il cellulare e password wifi posso giurare che l’ho visto con i miei occhi molte volte e soprattutto in rifugi Cai unitamente alla presentazione della tessera di socio per avere lo sconto.
Infine, conosco bene la famiglia Pompanin e il padre di Guido, celeberrima guida alpina e alpinista ancor prima, è colui che ha aperto numerose vie nella conca ampezzana lungo le quali oggi scorrazzano cordate provenienti da ogni parte del globo. Solo per essere precisi. L’odierna gestione è semmai ammirevole perché riesce a mantenere un’atmosfera da rifugio pur avendo un’ accessibilità elementare e dovendo avere a che fare anche con i peggiori cannibali crovelliani ogni giorno. L’intervento di Guido Pompanin nell’articolo mi è sembrato estremamente equilibrato considerando che la gestione di una struttura come il Lagazuoi è un lavoro di impresa con tutte le sue problematiche relative.
Proprio questa della sauna mi sembra un appiglio inutile per ribadire la solita solfa anche un po’ ignorante, in questo caso.
Crové, fatti un giro al Lagazuoi e al Palmieri pure (altra sauna) e vedrai che la sauna a botte non c’entra per nulla con la Jacuzzi e l’ apericena, così ti tranquillizzi e non c’ammorbi più con le tue solite ramanzine da salotto.
Buona Domenica.