«Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,
che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse:
cotal di quel burrato era la scesa (Dante Alighieri, La divina commedia, Inferno, XII, 1-10)».
Scempio sulla Ruina dantesca
di Giovanni Widmann
Osservando le foto della passerella di acciaio costruita sopra la Ruina dantesca allo scopo di “valorizzare” le orme dei dinosauri dei Lavini (Slavini) di Marco (TN), viene da chiedersi con preoccupazione dove siano finiti il senso della misura e del gusto.

A sentire le dichiarazioni di alcuni tecnici e rappresentanti politici coinvolti a vario titolo nel progetto, pare proprio che si voglia diabolicamente persistere nell’errore, infatti costoro non soltanto portano la responsabilità dell’approvazione e realizzazione di un simile scempio ambientale, ma addirittura sostengono con sicumera e protervia le loro buone ragioni, tentando di difendere l’indifendibile.
Joachim Ritter sosteneva che «il paesaggio è natura che si rivela esteticamente a chi la osserva e la contempla con sentimento». In questo caso è evidente la totale mancanza di senso estetico, nonché la scarsa attitudine ad osservare con animo contemplativo, ovvero con “sentimento”, che non significa in maniera sdolcinata, melliflua, ma con un profondo trasporto emotivo: come se i caratteri di quel paesaggio ammirato sapessero intercettare i recessi più profondamente spirituali dell’osservatore, non passivo spettatore ma partecipe donatore di senso. Perciò un paesaggio anche quando è naturale è sempre anche culturale: esso è in quanto è percepito come totalità dotata di significato agli occhi di colui che lo sente come proprio.
Ora, quando la bruttezza diventa tratto comune e si manifesta agli occhi come qualcosa di consueto, allora essa non viene più vista per quello che è, non è più ricusata; scompare pur restando drammaticamente presente, visibile soltanto a coloro che ancora hanno non solo occhi per vedere ma sensibilità per provare riprovazione, cultura per giudicare, gusto per dissentire. Credo che sia accaduto proprio questo nella triste vicenda del Lavini: un difetto di pre-visione e di riflessione. Il problema è che sempre più spesso non riflettiamo; in quest’epoca che avanza veloce corriamo veloci e distratti senza avvederci che siffatta impazienza è foriera di malasorte. Come sosteneva Blaise Pascal, «corriamo senza darcene pensiero nel precipizio, dopo esserci messi dinanzi agli occhi qualcosa che ci impedisca di vederlo».
La cura ha inizio nella capacità di vedere. Vedere è propedeutico all’impegno e alla responsabilità di una scelta consapevole, mentre la cieca ignoranza è prodromo di trascuratezza e di sinecura. L’ineleganza alberga laddove predomina lo sguardo indifferente.
Dire che quelle orribili passerelle di acciaio zincato hanno un loro fascino, un loro perché, una ragion d’essere, come è stato detto, è sfidare l’intelligenza e il buongusto, ma è anche dare prova di un gusto estetico ormai declinante, anche da parte di chi per professione e funzione pubblica più di altri dovrebbe avere tatto e visione, accompagnando l’ideazione alla previdente valutazione, il gesto estetico alla scelta etica, la concentrazione sui fini alla riflessione sui mezzi e sui metodi.
Invece urge “attrarre” la moltitudine e “catturare” la curiosità, per cui tutto è spettacolo e spettacolarizzazione, che mentre dichiara di “fare cultura” nega invero che culturale è per vocazione e definizione antitetico al puro e semplice apparire, essendo piuttosto congenere al più pacato, meditato e mediato disvelamento, alla diretta rivelazione.
La bruttura di un paesaggio sfregiato lascia indifferente l’autore dello sfregio non tanto per mancanza di sensibilità ma di cognizione e discernimento, e codesto superficiale pressapochismo molto inquieta. Infatti se si perde il senso della bellezza, i suoi canoni minimi, le sue regole, si perde qualcosa di ancora più essenziale: la propria umanità, perché come affermava Platone noi amiamo e generiamo nel bello, e il bello non è mai privo di misura. Se la leggiadria trasfonde leggerezza, l’amore fattivo per la bellezza vuole gravità. Fare le cose con leggerezza non è solo farle male, in modo sciatto e approssimativo; è anteporre innanzitutto l’azione alla ponderazione, realizzando così anche l’impensabile e talora l’irreparabile.
Nel caso della fantomatica eppur così realissima passerella, altre soluzioni tecniche meno impattanti probabilmente c’erano, o ci sarebbero. Auspichiamo almeno una tardiva resipiscenza e un passo indietro, poiché niente è pregiudicato nel regno delle cose. Certamente esistono soluzioni meno impattanti, più leggere e meglio integrate nell’ambiente circostante. Il fatto è che ormai tende ad essere privilegiata la nuda tecnica, la realizzazione a regola d’arte sotto il profilo ingegneristico, ma pessima sotto l’aspetto estetico e architettonico. Così se un’opera è fattibile, la si fa, dando priorità alla funzionalità e trascurando altre variabili; ecco allora il ricorso all’acciaio zincato, ai basamenti in cemento, agli orripilanti piantoni che si ergono minacciosi verso il cielo. Su quella «roccia sì discoscesa che dalla cima del monte al piano alcuna via darebbe a chi su fosse» la via di discesa non sia quella indicata, zincata! Amo la distesa petrosa dei Lavini e amo questa terra trentina, ma sempre più spesso la vedo offesa e ferita e vilipesa da scelte miopi e sciagurate.
Novalis (Friedrich Leopold von Hardenberg) lancia il suo Giacinto incontro ad un destino paradossale: intrapreso per amore un viaggio iniziatico verso la visione della Verità, costui scopre che il volto della Madre degli esseri, della Vergine velata di cui nessun mortale mai ha lacerato il velo, altro non è che il suo stesso volto. Che cosa ci insegna Novalis? Che al termine di ogni ricerca, in fondo non troviamo altro che le istanze irrisolte del nostro peregrinare. Ma anche che se vogliamo comprendere chi veramente siamo, dobbiamo osservare le nostre opere e azioni: esse parlano di noi, parlano per noi e per chi sa ascoltare sono un monito a fare meglio.
17Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Lo sfruttamento della natura, a fini ludici è un fenomeno antico e non meraviglia più di tanto. Visto che viviamo ormai in un mondo ultramoderno non dovremmo stupirci in negativo per le scalette sulla ruina dantesca, per le pale eoliche disseminate sul territorio e per i vari ponti tibetani. Al contrari dovremmo non stupirci, ma indignarci per le cambre e le scalette metalliche che deturpano le Dolomiti,( le famigerate vie ferrate ) per il rifugio costruito su Piccolo Cervino che pare verrà corredato di un albergo sopraelevato, supportato da ponteggi d’acciaIo per poter raggiungere la quota di 4.000 metri (ora mancano circa 80 metri). Vogliamo inoltre parlare dei chilometri di corde fisse che deturpano i colossi Himalaiani? Sul k2 sono completamente attrezzati il camino BILL, la Piramide Nera ed il Bottleneck, con decine di corde fisse, ma visto che nessuno si fida ad affidarsi ad esse, ne vengono continuamente istallate di nuove. Se vogliamo portare sulle vette più alte anche gli escursionisti del sabato e della domenica, a questo punto equipaggiamo qualsiasi percorso su roccia, dall’inizio alla fine come fosse una qualsiasi ferrata ed attrezziamo, ad esempio, INTERAMENTE, il Pilone Centrale del Freney, con buona pace dell’immenso Walter (Bonatti ).
Expo, posso anche essere d’accordo in linea di principioMa QUELLE SCALE in QUEL POSTO sono una bruttura specificaLe pale eoliche in mare aperto, o offshore come dite voi fighi, non disturbano Mentre allo sbocco della Valdadige sono una offesa al paesaggioMi pare che qui non si stesse parlando genericamente male delle scale in profilato metallicoMa di una infrastruttura a scalini in un posto specificoMadonnadelcapannone
@ Drugo.Tutto bene , e sulle pale di Rivoli potrei essere d’accordo , però poi dobbiamo guardarci nelle mutandine e vedere da dove arriva la corrente nella presa con cui carichiamo il telefonino e la macchina..Se io sono da solo al mondo tuttok , ma se ci sono milionate di persone che vogliono energia , consumi , soldi , dopo avere smontato le pale e i pannelli solari , chiuso la centrale termica di Salionze ed abolito per referendum l’energia nucleare , che cosa gli diciamo a chi dice quale è la nostra politica energetica oggi ?.Che siamo dei prodi perchè abbiamo tolto le piastrine dei Valdalponi ??
Matteo, di fatto quella banale categoria incommensurabile che si definiva buon gusto.
Ma sinceramente, dopo avere indicato con disgusto a troppi amici le pale eoliche della Terra dei Forti e averne ricevuto sguardi di compassione o compatimento (e da parte di un coraggioso un ” Boh, a me non disturbano” ) non mi stupisco più della assenza di tale propensione dello spirito.
D’altronde quando un poeta ha esecrato un paesaggio ormai ingrigito dai tetti dei capannoni è stato guardato come si guarda il nonno preda di demenza senile.
“Cosa pretendere da amministratori locali”
Ma non erano quelli votati dagli abitanti locali, i soli che hanno diritto di parlare e decidere sulle questioni locali?
Sai perché i cretini la mettono sempre così: noi contro voi, locali contro foresti, giusto contro sbagliato, boomer contro ggiovani, ecc. ecc. ecc.
Tutto per non accendere il cervello e ragionare…
Cosa pretendere da amministratori locali che per valorizzare la montagna non trovano di meglio che costruire ponti “tibetani” (che sono in realta’ immonde ed inutili quantita’ di acciaio) oppure orrende panchine giganti?
Expo al commento 8 ha scritto la cosa più bella
Si potevano copiare le tante passerelle in legno presenti per esempio in tanti siti del Parco Yellowstone. Ho citato Yellowstone perché è il primo che mi è venuto in mente ma sono sicuro che ci sono altri esempi sulle Alpi, anche in Italia. Altrimenti piuttosto che quella robaccia lì non fare niente.
Dai Gelido, ci mettiamo io , te e la Rita de Crescenzo e domenica portiamo 200 pullman a Marco e poi …Tutti sulla passerella!
Per la sera seminiamo immondizia ovunque e pisciamo sulle orme di dinosauro!
Naturalmente si spendono solamente banconote da 20 euro!
C’entrano semmai gestione del territorio, modelli decisionali degli amministratori,..Io ho sempre la sensazione , spero sia sbagliata , che gli amministratori attraverso la rimozione delle “barriere architettoniche naturali” non cerchino un coinvolgimento di disabili o anziani nei luoghi naturali , quanto gli ennesimi posti di lavoro , biglietti , bar , etc..
.Ricordo la “grande” affluenza di disabili sul sentiero sulla sinistra idrografica del Mello river , e spero che a nessuno venga in mente di tirare funicolari fra le piramidi di Zone.
Qui però piùmontagnaperpochi o liberi tutti! non c’entrano nulla, visto che il luogo è un pendio a neanche 550m di quota sulla Val ‘Adige vista autostrada sopra Rovereto.
C’entrano semmai gestione del territorio, modelli decisionali degli amministratori, cultura, rispetto dell’ambiente, senso del bello, eccetera.
Tutte cose evidentemente derise e calpestate da chi ha deciso la costruzione di ‘sta meraviglia (open to, temo…)
😉
8@ho pronta la cornice per il tuo post!💯
8@ho pronta la cornice per il tuo post!💯
@ 3/ 7.Io credo che in un uomo tutti gli arti , alla fine , siano mere periferiche della testa..
Provo un po’ di pena per chi non si accorge di un bosco se non c’è installato un parco avventura , per chi rinuncia all’escursionismo se non può vestirsi da atleta e rivendere ai suoi consimili la sua esperienza mutilata di ogni cosa che non sia la prestazione , sotto forma di tempi minuti e secondi per arrivare quì e là..Forse è una fortuna che molti di noi sappiano vedere il bello anche in un torrente , un animale che vive , un bosco pieno di zecche , senza dover per forza urlare al mondo di quanto si tiene sugli strapiombi più di quell’altro , come un qualsiasi trapper che sgomita per collocare la sua frusta mercanzia.
#PIU’ MONTAGNA PER POCHI implica anche il fatto di evitare alla fonte scemenze del genere: se in montagna ci vanno solo i pochi veri appassionati, di queste cose non gliene frega niente e a nessuno 8politici, amministratori locali ecc) verrebbe in mente di concretizzarle. Questo è UNO dei tantissimi esempi di come invece la filosofia opposta (=montagna aperta a tutti: più gente c’è e più bestie si vedono) comporta lo sbagasciamento della montagna. Più tardi i veri appassionati di montagna se ne renderanno conto, contrastando questo trend, e più danni irreversibili saranno stati nel frattempo compiuti.
Direi che questa visione è un ottimo lassativo per stimolare una bella cagata. Complinenti a chi l’ha pensata, voluta e installata, dimostra di avere un’alta competenza e un’ottima visione del bello.
“Dalla cima del monte al piano” l avevam più in cul che in mano …rima baciata e volgare che ben si addice a chi non lesse ne di Dante ne di Beatrice.
Se tu che viandi volgi or lo sguardo verso gli Slavini e all ingegno umano , poi te ne incammini, vedrai un serpente frutto d intestino…
trovi l impronta non del Sauro!
Ma del tuo destino!
Le passerelle riportano indietro, agli anni ’70-’80, quando ci fu il delirio delle scale di sicurezza addossate a palazzi storici sedi di musei.
Ho l’impressione che anche in questo caso la ragione primaria sia la necessità di “mettere in sicurezza” il sito, inde evitare denunce se qualche turista inciampa su una roccetta sporgente.
Come si possono educare gli uomini alla contemplazione del paesaggio? Con la rinuncia all’azione forse: per esempio prima di arrampicare aspettare qualche ora ai piedi della parete. E se non basta? aspettare qualche giorno in religioso silenzio!
Negli anni Novanta visitai i Lavini di Marco. Fu una visita interessante, istruttiva, piacevole.
Oggi invece per me sarebbe una “cagata pazzesca” (copyright Fantozzi).
Complimenti ai vandali.
Bella, bella, bella cagata!