Scialpinismo in Stile Oisans
di Carlo Crovella
Ho avuto la fortuna di sperimentare quasi tutte le discipline che si possono praticare in montagna, ad eccezione di quelle che prevedono di volare (deltaplano, parapendio). Alpinismo, arrampicata, escursionismo, canyoning e, ovviamente, scialpinismo hanno invece affollato i miei oltre 50 anni di attività ininterrotta.
Questa esperienza trasversale mi ha impedito di raggiungere il top in una specifica disciplina (ammesso di avene il relativo talento), ma mi ha offerto la possibilità di vivere la montagna sotto molteplici angolazioni.
Fra tutte, però, la mia passione più intensa è sempre stata lo sci, inteso come “l’arte di sciare in discesa”. Non mi nego, almeno un paio di volte a stagione, una giornata “piena” con l’uso degli impianti per togliermi la voglia di sci (pista e fuoripista).
Lo scialpinismo occupa invece uno spazio esistenziale diverso e molto più ampio, perché include una serie di elementi (esplorazione, avventura, solitudine, engagement…) che lo sci in quanto tale non si porta dietro.
I risvolti che mi affascinano nello scialpinismo spesso sono comuni a quelli dell’alpinismo, soprattutto quando si tratta di alta montagna (ghiacciai, couloir, finali su creste e paretine, ecc). Muoversi in tali condizioni significa affrontare delle piccole ascensioni alpinistiche con l’aggiunta della componente sciistica.
Queste “ascensioni con gli sci” si possono realizzare in molti gruppi montuosi e spesso conducono a vette prestigiose: si pensi allo stesso Monte Bianco e ai molti Quattromila del Rosa.
Uno dei miei massicci preferiti è invece il Delfinato, che i francesi chiamano Écrins e Oisans. A essere precisini, Écrins è l’appellativo più corretto per l’intero massiccio, mentre Oisans indica in modo più specifico la parte nord-occidentale. Noi italiani nel linguaggio quotidiano lo chiamiamo indifferentemente Delfinato, anche se la regione francese con tale nome è più ampia del solo massiccio alpino.
A me personalmente piace molto il termine Oisans e, sbagliando, lo utilizzo per estensione riferendomi all’intero comprensorio. Mi piace perché l’Oisans in senso stretto (cioè la partizione nord-occidentale) è la “quintessenza” delle caratteristiche del massiccio completo.
Il Delfinato mi affascina, anzi ne sono follemente innamorato: chi mi conosce di persona lo sa da decenni. I motivi? Piuttosto che ripetere considerazioni che ho già esposto pubblicamente, riporto l’introduzione a un mio articolo (riferito al Delfinato in sci) pubblicato su Montagne360, la rivista del CAI, del marzo 2019.
Inoltre, grazie alla frequentazione del Delfinato, sono entrato in contatto con la redazione di Volopress, casa editrice di Grenoble. Volopress, fondata nel 1997, si dedica specificamente alla produzione delle Toponeige, che al momento sono ben 19 (35 se si contano le re-edizioni). La collection abbraccia l’arco alpino sul versante francese, ma con la recente Toponeige dedicata al Gran Paradiso, Volopress ha iniziato a espandersi anche in territorio italiano.
Volopress ha dedicato ben tre Toponeige al Delfinato: Nord, Est e Sud.
Questo dipende dall’abbondanza di itinerari sciistici dell’intera zona, ma anche dalla particolare conformazione del massiccio, che è composto da tre sezioni: quella nord-occidentale che guarda a Grenoble, quella orientale che guarda verso Briançon e quella sud-occidentale che si affaccia verso Gap. Il punto di giunzione delle tre sezioni coincide con la vetta dei Bans. Le caratteristiche di ciascuna sezione (orientamento, nivologia, climatologia, ecc) incidono sulla diversa fruibilità sciistica.
Tuttavia, sottolineate tali differenze (che spesso condizionano le singole scelte operative), il massiccio nel suo complesso ha un suo carattere particolare e ben riconoscibile. A me piace chiamarlo “scialpinismo in Stile Oisans”, perché esige quel particolare istinto nel sapersi muovere su terreni complicati. Un istinto “animalesco” che, per i francesi, contraddistingue i montagnards bien chevronnés. Chevronnés significa “esperti, addestrati”. Tuttavia il gioco di parole, che rilancia al termine chevre (capra), rende bene il concetto.
La Volopress edition (www.volopress.fr) è stata fondata da Volodia Shahshahani, per tutti “Volo”, ovviamente con l’accento sulla “o” finale.
Volo (che è di Grenoble) è stato uno degli esponenti di quella generazione di sciatori che, fin dagli anni ’70, ruppe gli schemi e iniziò ad affrontare discese ripide, anche in alta montagna. Per venire incontro all’esigenza di gradare discese oltre i limiti dello scialpinismo tradizionale, Volo e i suoi amici crearono una nuova scala, che prese vita ufficialmente nel 1996 e oggi è universalmente nota come la Scala Volopress.
Le tecnicalità su cui si articola tale scala sono ben descritte in ogni Toponeige, cui rimando. Tuttavia in calce al testo ho deciso di riportare il relativo box, che accompagnò l’articolo su Montagne360, con alcune segnalazioni generali. Il motivo è molto semplice: la scala Volopress non si limita alla sola valutazione degli itinerari ripidi, ma copre l’intera attività scialpinistica dal grado 1 (facilissime passeggiatine) fino ai massimi, oggi realizzati nelle Alpi, che si pongono a cavallo del grado 5,5.
Gli itinerari di scialpinismo tradizionale coprono i gradi 2 e 3 della Scala Volopress. La storica Scala Blachére (MS-BS-OS più lettere A in caso di tratti alpinistici) sta andando in pensione. Di conseguenza anche chi pratica scialpinismo tradizionale deve impratichirsi sulla Scala Volopress, perché presto tutti gli itinerari di sci saranno valutati in tale modo.
L’articolo uscito su Montagne360 è una dichiarazione d’amore per tre specifiche montagne che rispondono in pieno allo “Stile Oisans”. Di ciascuna riporto qui la loro descrizione introduttiva, mentre lascio agli interessati il reperimento dell’articolo di Montagne360 per quanto riguarda le relazioni e le informazioni logistiche. Si tratta in ogni caso di itinerari che costituiscono il limite massimo dello scialpinismo classico (3.2-3.3 della Scala Volopress) e che vanno affrontati solo con condizioni nivologiche di perfetto assestamento.
Bonnes courses, messieurs!
Le tre Regine del Vénéon
di Carlo Crovella
(pubblicato su Montagne360, marzo 2019)
Il Delfinato è un massiccio glaciale (situato in territorio francese, nel triangolo Briançon-Grenoble-Gap), che oltrepassa i quattromila metri grazie alla Barre des Écrins e presenta molte altre vette (Meije, Ailfroide, Pelvoux) che sfiorano tale ambiziosa quota.
Il Delfinato, che i francesi chiamano Écrins o Oisans, ha caratteristiche ben note da tempo: montagna severa, scabra, selvaggia, con lunghi avvicinamenti in valloni solitari. Il suo carattere rude, accentuato dalla roccia quasi mai salda e dai ghiacciai spesso tormentanti, ha fatto coniare il termine “stile Oisans”, rappresentativo della sua essenza.
I pochi rifugi, che si alternano a valloni completamente isolati, sono però gestiti con grande simpatia e cordialità. Gli itinerari più noti sono sovraffollati anche in stagione sciistica, come la bellissima salita al Dôme de Neige des Écrins, che, pur essendo sostanzialmente la spalla glaciale della Barre, oltrepassa già i quattromila metri e quindi richiama molti appassionati. Ma basta scostarsi in un vallone adiacente e l’isolamento diventa totale.
Noi torinesi, per semplicità organizzativa, tendiamo a identificare il Delfinato con il suo versante orientale, velocemente raggiungibile dall’Italia. Il massiccio presenta in realtà altri due versanti, che sono meno frequentati dagli italiani per la maggior lontananza: il lato sudoccidentale, che guarda verso Gap, e quello nordoccidentale, che si raggiunge dalla strada per Grenoble.
In questo settore, la Valle del torrente Vénéon, oltre all’andamento principale Est-Ovest, comprende cinque valloni che si spingono verso Sud come spine acuminate: vista dall’alto, pare una mano con cinque dita protese. In ciascuno di questi valloni si trovano numerosi itinerari scialpinistici, sia “classici” che di nuova concezione “ripidista”.
La tendenza a esplorare discese ripide in Oisans fa capo ad alcuni personaggi di spicco, fra i quali si distingue Volodia Shahshahani, ideatore della collana Toponeige per la casa editrice Volopress da lui fondata. Alla Volopress fa riferimento anche la scala alfanumerica per la classificazione degli itinerari sciistici, una valutazione che sta mandando in pensione la precedente Scala Blachére.
A questa combriccola di transalpini si deve l’abbattimento di molti tabù dello sci, come la frequentazione anche in pieno inverno dei ripidi pendii d’alta montagna, alla ricerca di discese in poudrouse (neve farinosa) dalla vetta fino all’auto.
Per chi risiede lontano può risultare difficile (o addirittura pericoloso) cogliere l’attimo per discese del genere in pieno inverno. La prudenza suggerisce di addentrarsi in questi luoghi quando si riscontrano le condizioni che un tempo si definivano “primaverili”: la maggior stabilità nevosa richiederà, ahimè!, maggiori portage in basso.
Percorrendo la valle del Vénéon, ricca di molte vette interessanti, lo sguardo è immediatamente catturato da tre “belle” montagne che la dominano: Tête des Fétoules, Tête del Lauranoure, Roche de la Muzelle.
La salita di queste tre vette nel periodo innevato si configura come una piccola ascensione alpinistica con l’aggiunta della componente sciistica. Questo perché lo stile Oisans richiede mentalità, esperienza, materiale e abbigliamento adeguati all’alta montagna.
I francesi riservano questi itinerari ai montagnards bien chevronnés, dove l’accenno alla natura “caprina” non sta nell’olezzo emanato, ma nella capacità di muoversi, con istinto da ungulati, sui terreni tipici dell’Oisans. E’ opportuno affrontare tali percorsi solo quando le condizioni nivologiche garantiscono il massimo assestamento, ma contemporaneamente il manto nevoso copre ancora per bene i fianchi delle montagne.
In stagione troppo avanzata, invece, i ghiacciai, piccoli ma tormentati, si spaccano in mille crepacci, facendo spesso affiorare ampie barre rocciose.
Che siano fra loro simili o differenti, queste tre vette sono delle vere Regine in “stile Oisans”: scontrose e altere, non si concedono facilmente ai corteggiatori. Ma non sta forse in ciò l’irresistibile fascino delle montagne?
Tête des Fétoulles 3459 m
Grazie al suo attraente triangolo bianco, ben stagliato nel cielo, la Fétoules cattura irresistibilmente lo sguardo degli appassionati. Delle tre Regine è la più frequentata, per la bellezza abbagliante dei suoi pendii, l’aerea crestina finale e, non ultimo, la calorosa ospitalità al rifugio. L’intero circondario del Refuge de La Lavey merita un soggiorno primaverile di più giorni, perché offre numerosi itinerari scialpinistici, sia di stampo classico che di impegno ripido-estremo, sempre inseriti in un affascinante quadro di alta montagna.
Tête de Lauranoure, anticima ovest 3220 m della Punta Centrale 3325 m “Quel pente!” (“Che pendio!): così scrivono entusiastici gli autori della Toponeige. In effetti questa discesa non ammette requie: dall’alto si domina un pendio continuo di ben 800 metri con un’inclinazione costante di 35 gradi (e un tratto a 40 gradi in corrispondenza della barra rocciosa, se innevata). La discesa dalla vetta all’auto – salvo un ripiano all’altezza del rifugio – comporta un dislivello complessivo di 1900 metri con un’inclinazione media di 30 gradi. Gli sciatori locali riescono a scenderla in farina (il vallone glaciale non prende sole fino a tutto febbraio), ma chi viene da lontano deve prudenzialmente attendere il completo assestamento nevoso. Contemporaneamente, però, il ghiacciaio deve essere ancora ben innevato, altrimenti diventa impercorribile sia per gli insidiosi crepacci che per colpa della barra rocciosa a quota 3000 m circa. Non è quindi facile cogliere il giusto compromesso fra tutte queste esigenze: inoltre in primavera avanzata (fine maggio-giugno) l’itinerario viene colpito dal sole nelle prime ore del giorno. Il punto culminante in sci è l’Anticima Ovest, oltre la quale la cresta presenta serie difficoltà alpinistiche. Spesso ci si ferma un po’ più in basso, cioè sulla Spalla Ovest 3175 m. Addirittura, se la barra rocciosa a circa 3000 m non è agevolmente percorribile (specie in assenza di copertura nevosa), conviene desistere alla sua base e godersi pienamente la sottostante e magnifica discesa.
Roche de la Muzelle 3465 m (Col Jean Martin 3257 m)
È una montagna dai connotati davvero “regali”. In stagione sciistica si è ormai abbandonata la salita dal colle alla vetta, perché l’andata e ritorno della cresta (200 m circa) richiede troppo tempo, con il rischio di guastare la discesa in sci. Il tratto glaciale, che nel corso dell’estate si spacca in mille crepacci e si annerisce diventando repulsivo alla vista, quando è ammantato dalla neve offre una sciata spettacolare: è davvero un balcone a sbalzo sulla vallata sottostante. Però con innevamento abbondante, l’accesso al rifugio comporta un marcato rischio valanghe: quindi si preferisce percorrerlo quando è privo di neve, il che, coniugato con la quota di partenza molto bassa, rende l’avvicinamento piuttosto faticoso.
La Scala Volopress
Questa scala di valutazione sciistica si compone di tre parti.
La prima, numerica, sintetizza l’inclinazione dei pendii: prevede cinque livelli principali e, dopo il punto, tre sottogradi. Il livello 5 è aperto verso l’alto: allo stato attuale si sono raggiunti livelli di 5.5-5.6. Si può sommariamente affermare che i livelli 3.2-3.3 corrispondono alla “massima inclinazione” dello scialpinismo classico.
Contrariamente ad un’opinione dominante (per cui dal grado 4.1 in poi si cresce solo in termini di ripidezza dei pendii), è più opportuno sottolineare che dal grado 5.1 si entra in una dimensione ulteriormente più severa, dove è necessaria una specifica preparazione tecnico-fisica e soprattutto un’adeguata “testa”, in particolare se l’itinerario si svolge in alta montagna.
La parte alfanumerica della scala (E = expo, con numeri da 1 a 4) definisce invece la rischiosità collaterale rispetto alla pura inclinazione.
I gradi partono a ritroso dal livello massimo E4, che corrisponde alla “caduta fatale”. Intuitivamente risulta più pericolosa una caduta su un pendio inclinato a 40 gradi, ma affacciato su salti rocciosi, che una caduta su un pendio inclinato a 50 e più gradi terminante però in una placida conca nevosa.
Infine c’è la terza graduatoria che i francesi chiamano marche, con livelli R (randonnée), F, PD, AD, fino a D (difficile): serve per valutare la percorribilità alpinistica degli itinerari.
Mettendo in sequenza le tre componenti, si ottiene una classificazione complessiva del tipo: 3.3/E2/PD.
Nelle pubblicazioni italiane non è in genere presente la classificazione marche, mentre (specie ad opera di sciatori nord-occidentali) si ritrova un’ulteriore gradazione, espressa in numeri romani (da I a IV), per definire l’ingaggio (traduzione del francese engagement), cioè l’impegno complessivo dell’itinerario.
Anche in tal caso è intuitivo che, rispetto a un pendio ripidissimo ma lineare, risulta più impegnativo un itinerario non ripidissimo, ma che si snoda su un versante complesso, con la necessità di collegare scivoli e couloir nevosi inframezzati da barre e salti rocciosi.
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@ 6: ti ringrazio molto della segnalazione. Provvederò a correggere i refusi per il futuro. Trattasi in ogni caso di due banali errori di battitura che non inficiano il contenuto dell’articolo, molto apprezzato anche da Volo che lo ha letto in prima persona. Ciao!
Diamine Crovella!
PoudrEuse! Pente è femminile, quellE pente! Due cose scrivi e due ne sbagli!
Detto questo mi piace l’immagine che hai saputo dare del particolare scialpinismo che si può praticare da queste parti. Merita secondo me anche spostarsi più verso sud, fuori dall’Oisans propriamente detto e anche lontano dalle cime più alte e blasonate. Dal Sirac in giù, se è vero che non sono più presenti le alte quote e i paesaggi glaciali che possono rivaleggiare con il Bianco, se ne guadagna in selvaggitudine e sapore di imprese esplorative di altri tempi, a costo di avvicinamenti oltraggiosamente lunghi per fondivalle che inesorabilmente si liberano presto della neve, sotto l’influenza di un sole già provenzale.
Per il ripido la parte nord rimane più interessante.
Amici detto c’è bell’articolo di scialpinismo in Delfinato, vai a leggerlo. Risultato migliore delle più rosee aspettative. Inoltre ho conosciuto un sito che non conoscevo.
Caro Roberto, poche storie! Tu, anagraficamente, avrai anche piú di settanta anni (ma sei sicuro di aver letto bene la carta d’identità?), però con lo spirito sei rimasto sotto i trenta. E pure con il fisico non dovresti essere molto oltre.
Con gli occhi della mente, io ti vedo ancora là, a battagliare sul Pilone Nord del Frêney. Insomma, tieni alta la bandiera!
il problema non è l’allenamento…senza App ne braccialetto manco gli over 60
Sarà che sono anche io over 70, sarà che mi piacevano le riviste cartacee di un tempo, ma questi sono gli articoli che preferisco. Complimenti.
Ottime idee per future stagioni . Ora come ora , anche se aprissero le gabbie , non consigliabili con allenamento zero ! Parlo ovviamente per gli over settanta.