I bergamaschi Dario Eynard e Fabio Olivari hanno rappresentato il CAI allo Scottish International Winter Climbing Meet del 2023. Otto le vie salite da Olivari insieme a Ryan Balharry sul Ben Nevis, sei per Eynard e Scott Grosdanoff. Tra esse una nuova via, chiamata Solar Wind.
Scozia: due italiani allo Scottish International Winter Climbing Meet
«Il Club alpino italiano vuole tornare a essere protagonista dell’alpinismo e dell’arrampicata di punta, e lo fa partendo dai giovani più promettenti. In questa ottica siamo fortemente impegnati per permettere a questi ultimi di rappresentarci a importanti manifestazioni internazionali come quella scozzese. Il tutto naturalmente a nostre spese (Antonio Montani)».
«L’esperienza è stata estremamente positiva. Ho imparato ad approcciarci a un tipo di terreno misto differente da tutti quelli su cui abbia mai scalato nell’arco alpino». Queste le parole di Dario Eynard (ventiduenne di Bergamo, @darioeynard), appena rientrato dalla Scozia dove, insieme a Fabio Olivari (ventottenne di Sovere, in provincia di Bergamo, @fabio_olivari), ha rappresentato il Club alpino italiano all’International Scottish Climbing Meet.
L’International Scottish International Winter Climbing Meet
Nato nel 1997, l’evento negli anni ha attirato scalatori da tutto il mondo desiderosi di vivere l’esperienza di arrampicare nell’inverno scozzese. Si era tenuto per l’ultima volta nel 2020. Ciascun ospite d’oltremare è accoppiato a un esperto host britannico, una formula eccellente che si è rivelata molto efficace. Gli arrampicatori di casa infatti condividono le proprie conoscenze e competenze relative al territorio e, in cambio, ricevono dagli stranieri (spesso scalatori molto affermati) una prospettiva più ampia e internazionale. Non è un evento elitario, ma negli anni precedenti molti host e ospiti hanno formato solide cordate che hanno continuato a fare importanti ascensioni sulle montagne del mondo.
Quest’anno il format è stato un po’ diverso rispetto agli anni precedenti. L’evento ha avuto inizio e fine al Lagangarbh Hut a Glen Coe e le cinque notti intermedie sono state trascorse al CIC Hut del Ben Nevis. I partecipanti erano limitati a dieci ospiti e dieci host.
In cordata con climber scozzesi
L’edizione appena conclusa si è svolta dal 25 febbraio al 4 marzo 2023 e ha visto la presenza di climber provenienti da Paesi come Germania, Polonia, Singapore e Corea del Sud. «Dopo aver esplicitato il nostro livello di arrampicata su misto e ghiaccio, siamo stati legati in cordata a un compagno dello Scottish Mountaineering Club, circa di pari livello. Io ho arrampicato con Scott Grosdanoff (@sc0ttagepie), mentre Fabio Olivari ha arrampicato con Ryan Balharry (@ryan_balharry)», racconta Eynard. «Il rapporto non è quello di “guida e accompagnato”. L’intento è che gli stranieri possano usufruire dell’esperienza di chi vive quotidianamente il terreno scozzese, per poter costruire insieme dei progetti di salita».
Sulla Nord del Ben Nevis
A causa della siccità, che non ha risparmiato le montagne scozzesi, l’unica parete che si presentava in buone condizioni è la porzione alta della Nord del Ben Nevis, la montagna più alta della Gran Bretagna e il luogo più famoso dello Stato per l’arrampicata su ghiaccio e misto.
«Abbiamo trascorso i giorni da domenica a venerdì alla CIC Hut, il rifugio alle pendici della parete», continua Eynard. «Tutti i gruppi presenti all’evento hanno ripetuto ogni giorno diverse vie, sia di ghiaccio che di terreno misto. Del resto la parete offre tante possibilità, di difficoltà differenti».
Fabio Olivari e Ryan Balharry hanno salito otto vie in cinque giorni di attività, mentre Dario Eynard e Scott Grosdanoff sei vie, sempre in cinque giorni.
Solar Wind
«L’ultimo giorno ci siamo dedicati all’apertura di una nuova via, a mio avviso (e non solo) elegante ed estremamente piacevole da scalare. L’abbiamo chiamata Solar Wind: sono circa 250 metri per sei tiri con difficoltà di circa VII scozzese (un M6+ nella scala misto)», prosegue nel racconto Eynard. «Il nome deriva dal fenomeno dell’Aurora Boreale, che abbiamo osservato la sera precedente, molto rara a queste latitudini».
Il bilancio dell’esperienza è dunque estremamente positivo. «Abbiamo ampliato i contatti e stretto legami di amicizia con i nostri compagni di cordata. Ci siamo promessi di scalare insieme ancora, magari sull’arco alpino, e portare a termine qualche progetto futuro».
Su Dario Eynard:
Mi sento sereno
La solitudine
40 fa c’erano stati Grassi, Calcagno, Casarotto, Rossi, Pe, (forse anche Gogna) e poi tanti altri ancora.
Una decina di anni fa, forse di più, c’erano già stati due italiani… Luca Rampikino Maspes e… Marco Vegetti… 😀
Esprimo una sensazione personale, sia chiaro una sensazione e non una certezza basata su prove. Il nuovo PG sta lanciando queste iniziative di punta, compreso l’Eagle team di cui abbiamo già parlato, sotto l’egida del CAI e non del CAAI (cui concettualmente dovrebbero competere essendo attività di punta e non di massa), ma agisce così per la maggior forza finanziaria che oggi può mettere in campo il CAI nelle suddette iniziative. Può darsi che, una volta lanciate, esse passeranno in futuro sotto la gestione del CAAI. In effetti ringiovanirebbero quest’ultimo e così si allegerirebbe il CAI dal compito della squadra corse. Il CAI in quanto tale è il club degli “alpinisti”, e non degli “alpinisti di punta”. Per una norma di distribuzione statistica, la maggioranza numerica in un qualsiasi fenomeno sta su valori “medi” e non sui valori estremi. In effetti fin dall’origine il CAI si è posto obiettivi medi, non estremi. Ma il PG sa bene tutto ciò e gestirà le cose con saggezza, mixando a dovere novità con tradizione.
A 1 euro l’una sono 15 “dosi” all’anno per ogni socio cai …..val la pena?
Con 18.000.000 di € possiamo permetterci le Red Bull per un triennio!
Non sarà stato fondato per il dopolavoro???? A me pare che l’articolo uno si rivolga proprio a quelli!!
Se dopo i grandi alpinisti venissero dalle fabbriche mi par leghi tutto.
Non vorrei che il cai diventasse una sorta di fabbrica di ivan drago di rocki balboa memoria
Domanda seria di CARLO – 2- alla quale Crovella, questa volta lapidario, ha dato una buona risposta. Però, immediatamente, esce una persona… che onora e difende IL CAI E QUELLO CHE FA!
Importante svolta del C.A.I. il quale, finalmente, torna a promuovere un alpinismo di qualità, valorizzando nuove e promettenti leve. In quanto ai quartogradisti , beh, saranno pure la maggioranza, ma dobbiamo tener conto delle eccellenze, del resto, il Club Alpino Italiano non è stato fondato per il dopolavoro. Complimenti al Presidente e ai promotori.
Non sono così dentro alla questione e non voglio impelagarmi. Certo la domanda non è campata per aria. Però segnalo che agisce il CC (Consiglio Centrale), che va ben oltre al solo PG (Presidente Generale), in più cui sono anche altri dirigenti fra cui il Direttore. Un po’ di fiducia la dobbiamo avere, sennò non verranno mai messe in atto delle novità. E’ vero: non si deve eccedere a spingere troppo sul lato “squadra corse”, rispetto alla “produzione di serie”, perché il CAI è fondamentalmente composto da quest’ultima. A me sembra però che siamo ben corazzati.
Sign. Crovella, chiedo a Lei che mi sembra addentro della questione, quanto può essere costata questa sponsorizzazione? E, che Lei sappia, è stata eseguita una valutazione costi/benefici per chi caccia i soldi??
Bell’articolo. Sottoscrivo e approvo la scelta strategica portata avanti dal Presidente Generale del CAI ed espressa nell’introduzione, anche se resto convinto che il CAI non debba concentrarsi solo nell’ “allevare” alpinisti di punta, ma debba anche coltivare in contemporanea l’alpinismo medio – i cosiddetti quartogradisti, per capirci- che numericamente costituiscono l’asse portante del sodalizio fin dalla notte dei tempi: è in quella “pancia” sociale che c’è molto lavoro da fare. Quanto si fa – grazie all’insieme delle Scuola del CAI – è fatto molto bene, ma non coinvolge la totalità dei soci e questo è una degli altri obiettivi del Sodalizio.