Senderos “luminosos”
di Giorgio Bertone
In apertura della Rivista della Sezione Ligure (marzo 2015) leggo due interventi, per diverse ragioni assai interessanti. Uno di Giancarlo Cuni (Sott. Arenzano), l’altro del Presidente Paolo Ceccarelli. A loro il mio grazie.
Cuni lamenta l’infinità di bollini di vernice rosa sul sentiero della sacra (ai genovesi) Punta Martin (da Acquasanta), spruzzati dagli organizzatori della corsa “3Vertical”. E per prima cosa con molta calma ne fa partecipe il CAI Ligure. Un atteggiamento così civile e così compreso di far parte di un sodalizio, commuove. (Non lo conosco e non mi ha pagato un cappuccino per dirlo).
L’editoriale del Presidente risponde con precisi rinvii alle leggi attuali e all’utilizzazione dei sentieri e al loro valore “economico” e “turistico”, con tanto di dati statistici (“eco calcolatori”, “soggiorno medio”, ecc.) da serio professionista. Ringrazio anche lui: mi dà spunto per una riflessione più generale, alla buona.
In salita alla Punta Martin 1001 m (Appennino Genovese)
Se rifletto sulle motivazioni culturali del fondatore del CAI (Quintino Sella) e su quelle di un personaggio come Benedetto Croce (socio CAI Napoli) alla sua primissima legge sulla tutela del Paesaggio (1921; era Ministro della Pubblica Istruzione), mi viene da pensare che il socio CAI è un alpinista, un escursionista, uno scialpinista, uno speleologo, un osservatore del paesaggio montano, quel che volete. Non è un turista. Non solo. Sceglie sentieri, terrestri e mentali, differenti da quelli del turista. Non solo. E’ persino dubbio che debba, oltre un certo limite, preoccuparsi del turismo in quanto tale.
Sto teorizzando l’“alterità” e la “superiorità” del socio CAI? Sì. Non per razza, non per boria, non per bollino sulla tessera. Ma per tradizione attiva e aggiornata. Quella tradizione che ho appena citato, inclusa la più autentica tradizione contemporanea di coloro che, grandi alpinisti (un esempio? Alessandro Gogna) o semplici camminatori, sono consapevoli di appartenere, tutti insieme, a una cultura diversa da quella di chi consuma il mondo con i pacchetti-vacanze o con i record di cronoscalata del Cervino, pur ammirando questi ultimi.
Il Santuario di Acquasanta, punta di partenza per la Punta Martin
La Casa dei ranger e il Parco delle Torri del Paine (Cile) sono una meraviglia mondiale donata da Guido Monzino, che ne era proprietario insieme con tutto il territorio limitrofo (ora Patrimonio dell’Unesco, per quel che conta) allo Stato cileno; in ogni angolo c’è una targa di ringraziamento all’italiano Monzino. Entrarono una ventina di italiani caciaroni vestiti da spiaggia, appena scesi da un bus. Il ranger, con cui stavo conversando, li cacciò via. Gli spiegai che non appartenevano al CAI, ma a una associazione turistica che tende a ridurre il pianeta in una immensa Copacabana. In quel momento ero meno fiero di essere italiano che di appartenere al Club.
Per i percorsi di trekking paragonabili alle Torri (Zanskar, Quebrada Santa Cruz, FitzRoy ecc.) è chiaro che il criterio è quello della massima conservazione, visto anche l’enorme afflusso, turisti compresi. Non ci sono bollini o segnacci sulle rocce. O almeno così dovrebbe essere, per mantenere quei luoghi intatti per ragioni storiche e naturalistiche; e ciò vale per molte zone italiane. Come è altrettanto chiaro che per le stesse ragioni nel Tour du Mont Blanc ci sono e ci saranno segnali che andranno mantenuti. Con criterio però. Inutile aggiungere i cartelli (ormai distrutti dalle slavine) o i segnacoli dell’Espace Mont Blanc (il più grande fallimento della storia mondiale dei Parchi e delle aree protette; e nessuno dice beh).
Quello che è successo al sentiero della Punta Martin è abbastanza diffuso, come le strisce di plastica bianche e rosse da cantiere edile annodate sui rami dei larici e lasciate lì per la prossima edizione della gara del Tour du Grand Paradis, in pieno Parco, sotto gli occhi dei guardiaparco. Invece il superambientalista Ultratrail M.B. sarà pure un business spaventoso, ma non permette che si lasci sul sentiero un solo picciolo di mela.
Probabile che a Punta Martin l’organizzazione della corsa verticale abbia risparmiato anche sulle bandierine, costose e faticose da raccogliere. E così avranno imbrattato le rocce per tagliar corto.
Sul sentiero che parte dal Colle del Gran S. Bernardo e conduce nella Val Ferret svizzera, non ci sono più segni di vernice. Osservando bene si vede che qualcuno (il CAS? Il sindaco elvetico? Questi svizzeri, che idee!) li ha cancellati con una vernice mimetica. Il che non vuol dire che questa sia la soluzione. Che fare?
“Portare avanti il dibattito e il dialogo” da noi vuol dire rimandare le cose all’infinito attraverso le chiacchiere. E le cerimonie ufficiali. Ed è quello che sta succedendo per mille argomenti e in mille occasioni. Con associazioni come gli imbrattamontagne e i motocrossisti, credo persino che sia vano. Ha ragione il Presidente a ricordare le leggi locali. C’è pure la Sovrintendenza ai Beni paesaggistici e altre autorità. Prendo sempre questo piccolo esempio della Punta Martin come pretesto per dire che mi pare dubbio che il CAI, a parte le eventuali “denunce da cittadino onesto e indignato”, si debba occupare (a parole; altra cosa è la manutenzione dei sentieri di cui giustamente parla il Presidente Ceccarelli) di tutto, dalle funivie alle strade al turismo, infilando l’universo mondo dell’ambientalismo “politicamente corretto” e debitamente tradotto in termini tecnico-burocratici, in Convegni, Decaloghi, Dodecaloghi, Memoranda, Pubblicazioni.
Poi però alla recente manifestazione contro l’eliski, c’erano 58 persone, mentre in Francia a forza di proteste l’eliski è stato proibito completamente. Tutto ciò, ovviamente, è l’opinione di uno che non conta nulla (socio semplice) e che, dopo i saluti e i ringraziamenti, qui si firma
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si Giorgio
Anzitutto, bello il titolo dell’articolo! che mi pare ironico ed al contempo metaforico rispetto quanto succede politicamente in Spagna in questi giorni.
E come non condividere, la differenza tra le motivazioni che abbiamo nel’andare in montagna ed il “turismo”.
Tu dici:
“Sto teorizzando l’“alterità” e la “superiorità” del socio CAI? Sì. Non per razza, non per boria, non per bollino sulla tessera. Ma per tradizione attiva e aggiornata.”
E qui non sono mica convinto: provocatoriamente dico che purtroppo negli ultimi anni non vedo affatto una “alterità” del socio CAI “medio” (e sopratutto della sua dirigenza) rispetto a temi che dovrebbero essere basilari nell’etica del Club Alpino Italiano ?! Mi riferisco alle questioni dibattute anche in questo blog: la motorizzazione sui sentieri, vedi per esempio gli accordi del CAI con club motocorss vari in Lombardia, vedi per esempio l’avvallo del CAI in regione Veneto per l’approvazione/regolamentazione dell’eliski in molti Comuni del Cadore, vedi, vedi le questioni della salvaguardia idreogeologica (vedi sotto) insomma alla discrepanza tra la teoria della bibbia-bidecalogo ed appunto quella che chiami tu: “tradizione attiva ed aggiornata”.
Insomma, pur essendo io iscritto al CAI Ligure Genova, mi vergogno addirittura della mancanza, da parte del CAI di una politica di educazione e all’occorenza di lotta attiva contro le devastazioni ambientali, di cui l’imbrattamento è l’ultimo, ma non ultimo, dei problemi.
Ma tornando alla pittura:
Non sapevo delle scritte di Punta Martin e non mi meraviglio più di niente, anche perchè ci sono devastazioni e cose orrende sul territorio di gravità e mostruosità ben maggiore, per sempio oggi ho firmato petizione contro possibili miniere che si vogliono attuare in una zona in parte entro i confini del parco naturale regionale del Beigua, in provincia di Savona:
https://www.change.org/p/regione-liguria-negare-richiesta-autorizzazione-ispezioni-minerarie-sul-monte-tarin%C3%A8
Lo sò è un altro discorso e merita un approfondimento in sede separata, comunque, se ne parla in sti giorni.
Sono di Genova e sullo stato di degrado ed abbandono della cura (da parte delle istituzioni “pubbliche”) delle colline sopra le città liguri, sull’apennino finanche a Punta Martin, tu dici, scrissi anni fà qui i miei brontolii:
http://www.banff.it/le-colline-che-bruciano-sul-mare/
Tu dici: “le strisce di plastica bianche e rosse da cantiere edile annodate sui rami dei larici e lasciate lì per la prossima edizione della gara del Tour du Grand Paradis”
Purtroppo sono anche le manifestazioni organizzate di trail running, di mountainbike che in alcuni casi lasciano plastiche indicatrici e rumente varie; per esempio, l’anno scorso, la zona del forte dei Ratti (dove vado a correre) dopo una corsa o raduno di bici organizzato da “club” locale, risultò piena di “scorie” plasticose lasciate dopo la gara… ?! avrei poi aneddoti sulla Rigantoca… su cui stenderei pietoso velo 🙂 Comunque va detto che le striscie da cantiere sono sopratutto il metodo usato “tradizionalmente” da cacciatori… e “contadini” locali per segnare sentieri ad uso “personale”…
Astraendomi un attimo dal problema imbrattamento com vernicie (che raggiunge parossistiche “vette” ad opera di qualche stupido in Cadore, Dolomiti), mi permetto di fare una esternazione più generale, ancora! sullo stato assurdo di “incura” dell’ambiente montano (o collinare se preferiamo) del territorio ligure.
Credo sia sotto gli occhi di tutti quali siano stati i disastri causati dalle alluvioni, a Genova, ed in tutto il territorio Ligure. Io da anni sostengo (senza esserne uno esperto) che è necessario un riassetto idrogeologico delle colline. Certo, forse non è la soluzione risolutiva, o forse anche, ma il lavoro di “manutenzione” del territorio va spiegato ed iniziato al più presto. Mi verrebbe da dire: chi, se non il CAI, avrebbe questa missione come priorità ? Ed invece non mi pare si faccia niente a parte sporadiche manutenzioni di sentieri, che a dirla tutta per lo più sono curati (bene o male…) dalla Federaazione Italiana Escurionismo (www.fieitalia.com/), di cui la relazione con il CAI è assente o mi è oscura, e più raramente la manutenzione/controllo da qualche buon’anima di qualche sottosezione del CAI locale (sto parlando di Genova… non dellArenzanese, non delle Marittime, non del Bianco…)!
Ma cosa c’entra tutto questo con il tuo articolo ?
Quello che voglio dire è che noi CAIoni (come dice ironicamente un amico) ci sentiremo “superiori” (eh?!) quando riusciremo magari a mettere in pratica una qualche coerenza culturale, tra quello che diciamo dover essere in teoria e quello che facciamo in pratica… (spesso niente se non rivendicare i nostri spazi di libertà alpinistica…)
E per dirla tutta, alle prossime elezioni della regione Liguria, teniamo ben presente quale è stato il partito politico ( anzi i due partiti: centro-sinistra + centro-destra) che hanno governato la regione Liguria, e rispetto alle alluvioni, cosa NON hanno fatto… io per certo voterò contro costoro… Lo sò, mi sono allargato e sono andato leggermente fuori tema, mi sarà concesso, spero 🙂
P.S. A riguardo dell’eliski, a quale evento fai riferimento ? E per la cronaca elicotteristica fuori tema, un mese fà sopra il centro storico di Genova ed il quartiere di Castelletto girava a quote bassissime un elicottero a 2 posti di colore bianco che non riuscirei a definire che “turistico”… arriveremo addirittura all’eliturismo per vedere le città dall’alto (e non le montagne) ?! Siamo al colmo 😉
Giorgio Robino
Più semplice di così.Come si fa a non condividere?
Chiaro e pienamente condivisibile.