Sílvia Vidal for President
di Lorenzo Merlo (17 ottobre 2017)
(tutte le citazioni in rosso sono tratte da La vocazione di perdersi – Franco Michieli, Ediciclo)
(elaborazione grafica del ritratto di Sílvia Vidal di Lorenzo Merlo)
Lettura: spessore-weight***, impegno-effort***, disimpegno-entertainment***
Sílvia for President! Non di tutti però’. Il fatto è riservato a chi si commuove.
Celebrazione del puro? Realizzazione del sacro? Ricerca di sè?
Per me, tre sì; anzi Quattro, superbo alpinismo.
Adoro Celentano. Da bambino avevo una giacchetta a righe e salivo su palchi inventati per cantare e muovermi imitandolo. Ma non è questo che spiega la mia ammirazione. Neppure la questione estetica è sufficiente: fisionomia e sguardo, seppur ne senta il fascino non bastano a raggiungere il punto di contatto con lui. È l’ignoranza che lo spiega. È l’aver eletto l’ignoranza a fortuna che me lo fa sentire fratello. Non parlava del sapere come dimensione umana priva di valore, piuttosto del non sapere come sede della meraviglia. Spazio aperto in noi, privato dell’autoreferenzialità di quanto consideriamo solido e definitivo, magari pure scientificamente provato. Lui aveva visto che in quel punto o momento tutto si ferma. Aveva sentito che più ti affidi al sapere, elevandolo a solo totem da venerare, o lavori in un campo elementare e ristretto o vai incontro a imprevisti esiziali. Noi, ci fermiamo mortificando la nostra libera, creativa ricerca.
“La conoscenza sta dentro di noi”.
Oh!
Senza ignoranza non avrei sgranato gli occhi, né avrei vissuto la meraviglia o respirato una boccata di solo prana, quando, poche settimane fa, ho letto di Sílvia Vidal. Non l’avevo mai sentita. Mi interesso poco della cronaca alpinistica, non la registro o la dimentico.
Mentre scoprivo che aveva salito la parete ovest dello Xanadu – già il nome ha la sua bellezza – nel gruppo degli Arrigetch Peaks, Endicott Mountains, nel nord-ovest dell’Alaska, mentre le guardavo gli occhi nella fotografia, qualcosa di speciale mi attraversava. Stavo venendo a conoscenza di uno strato di bellezza che mi ero dimenticato esistesse? Stavo scoprendo che uno strato in più era lì davanti a me, a dirmi sono qui, ci sono?
Xanadu 2182 m, parete ovest. Un pas mès, 530 metri, A4+/6a. Foto: Zeb Engberg
“… possediamo una sensibilità colma di sfaccettature, una rete di sensi che mette in relazione percezioni complementari, un’immaginazione che va oltre il visibile, una cultura in grado di riconoscere scenari sconosciuti; tutto con profonda ricchezza di sfumature molto superiori a quelle della tecnologia”.
La Vidal aveva trascorso 17 giorni in parete per aprire una linea di 530 metri, con difficoltà fino all’A4+. Ma per molti aspetti l’arrampicata era stata la parte meno impegnativa dell’intera spedizione. Su un totale di 53 giorni trascorsi da sola nella remota valle dell’Alaska, 36 giorni sono serviti unicamente per trasportare circa 150 chili di cibo e materiale indispensabili per la permanenza in valle.
Mancava solo fosse d’inverno. Ma anche senza freddo c’era un saccone di recupero pieno di molto altro, di software potremmo parafrasare, che le ha permesso di passare tutti i test di qualità.
“… non si incontrava nessuno dei riferimenti che oggi, nel XXI secolo, si ritengono necessari per intraprendere un percorso”.
Pensai che certe cose non si possono fare se il timone non è fermo sulla rotta della bellezza.
Visione
A quel punto, il recondito detonatore dello spirito, che ognuno di noi porta con sé senza sapere dove sia nascosto né quando scatterà, aveva acceso il film dell’immaginazione. Mi trovai al galoppo nella polvere lucente di orbite lontane, dove il tempo si scioglie nell’eternità del presente. Effimere solo per chi non le sente.
Intravidi altri destrieri in corsa, bagliori della storia, che dentro l’incubo del divenire, credevamo passati. Su uno riconobbi Renato Casarotto. Per un istante ebbi l’impressione di vedere Charlie Porter. Ma ce n’erano altri, più lontani e sfumati, che non riconobbi, forse uno era Giuliano Giongo. Appellandomi al diritto all’ignoranza, dentro di me, chiesi loro scusa. Rimasi attaccato a quella imprevista galoppata dello spirito. Volevo farmi trasportare, come quando in una stanza buia si vede agire una luce.
Iniziai a misurare le quantità, ovvero ciò che Sílvia aveva fatto, ma aspettavo di sentire quale anima ci fosse dietro e dentro. Perché, come ogni materia necessita di un’idea originaria, così ogni idea richiede una certa inconsapevole visione delle cose per generarsi fino a farsi pensare.
Alaska, Arrigetch Peaks, Endicott Mountains, Xanadu
Misure
Tra il 5 e il 21 luglio 2017.
Solitaria alla Ovest dello Xanadu, Arrigetch Peaks, Endicott Mountains Alaska.
Scala una nuova via, Un pas més, Un altro passo.
530 metri.
Difficoltà A4/A4 +, 6a.
53 giorni in una lontana valle dell’Alaska.
150 kg di materiale e cibo.
Sílvia, 47 anni, pesa 46 chili per 159 centimetri, catalana tiene a precisare. 22 giorni avanti e indietro dall’atterraggio al campo, 11 volte con 20 chili in spalla. Totale 540 chilometri. E incontri anche ravvicinati con gli orsi. A quel punto mancavano 800 metri di dislivello all’attacco. Dopo di che sarebbe stata fuori dal facile. Ora, eccola davanti a Un pas més, 530 metri, 11 tiri di A4/A4+ e 6a.
Ripetere Un pas més
“I tiri chiave sono corti, ma l’arrampicata è precaria. Fondamentalmente la via supera la ripida parete usando un sacco di hook”.
– una chiave dell’8
– una piastrina
– due set Camelot fino al 4
– un set di microfriend
– un set di nut
– un set di micronut
– cliff di diverse misure anche doppie
– 5 rurp
– 5 birdbeak
– rivet hanger
– 15 chiodi vari
– corde da 65 metri
– la discesa è sulla via
– 3 spit in totale nelle lunghezze: L1, L5, L6, tutti senza piastrine, utilizzati con rivet hanger
– 12 spit tra tutte le soste, alcune con uno, altre con due spit
– 2 soste sono pulite, non utilizzate in discesa
– ripulendo il primo tiro ha tolto per sbaglio anche la vite dello spit
– tutti gli spit sono da 8 mm
– granito spesso tenero, difficoltà a piazzare copperhead piccoli
– i blocchi appoggiati non sono rari, “tuttavia la roccia è accettabile”.
“Alcune lame hanno reso la salita più complicata perché le corde si sono incastrate e dovevo scendere in doppia per liberarle. Anche più volte sullo stesso tiro.”
In verde: Golden Petals – V 5.13+ or 5.12 A0, 14 tiri; in rosso sottile: Un pas mès – VI 5.10b A4/A4+, 11 tiri; in rosso marcato: Arctic Knight – V 5.11+, 7 tiri. Foto: Engberg, Bain, Boning and Braasch collection
“… la storia naturale mostra come non possedere una curiosità attiva per l’ignoto rappresenti un rischio molto più grave e letale di quello di perdersi”.
L’elenco dell’hardware e le caratteristiche della salita forniscono poco oltre che un quadro tecnico. Non sono capaci di raccontare la dimensione umana, le spalle necessarie per reggerne il peso, il cuore libero per amare le eventualità, la concentrazione necessaria affinché ognuna potesse essere compresa, voluta, accettata appunto. La sola via per non soccombere, per non perdere di vista come richiedere a se stessa, ogni volta ancora, il necessario per mettersene alla pari, per mantenere ferma la barra del timone. Sì, perché il contrario è compromettente. Tendere a ridurre a zero gli imprevisti non perché dotati di sfera di cristallo o chiaroveggenza, quanto perché in grado di considerare normale, giusto, necessario ciò che accade, nel bene e nel male, senza restare mortificati o esaltati dalla nostra stessa voragine o vortice emotivo. Abisso o picco dove invece si tende ad investire di negatività o positività la realtà del momento, a divenire vittime, a buttare la spugna, a dare responsabilità.
Sentimento
Come in altre sue spedizioni in luoghi altrettanto fuori depliant, aveva scelto di essere sola secondo una modalità sacra, arcaica, forse alchemica, quelle in cui il peggio si trasforma in oro. Ovvero, nessun aiuto esterno, nessuna radio né telefono per comunicare, chiedere, sapere, prevedere, dipendere, rifugiarsi, stare meglio. Nessun gps, nessuna mappa.
Si orientava con gli elementi primari, la luce, le ombre, l’andamento del terreno, il tipo di vegetazione, le tracce animali e quelle umane seppur poco marcate in giugno, a inizio stagione.
“… attendere in movimento che un segno ci orienti ridesta la sensibilità per quelle parti dell’esistenza che la ragione non raggiunge. Allora forse – usando noi stessi come strumenti, al pari degli umani delle origini – dimensioni dimenticate ci torneranno familiari e preziose”.
Anche lei nelle sue orbite, cavalcava le circostanze per raggiungere il suo obiettivo. Un modo approssimativo per dire che non ha considerato nessuna scelta come negativa e nessuna come un errore.
“ … quanto può valere l’esperienza del perdersi, se vissuta positivamente”.
La fiducia in se stessa ha fatto quello e tutto il resto del suo successo, anche alla faccia di incontri ravvicinati con i kodiak, gli orsi dell’Alaska. Nei 57 giorni il meteo è stato vario. Per 36 giorni gli orsi, e con loro una certa paura, le hanno fatto compagnia obbligandola costantemente a scegliere comportamenti e linee di avanzamento defilati e nascosti.
“Ho visto gli orsi da vicino e, anche se in fin dei conti le cose sono andate bene, ero estremamente spaventata. Ci sono stati dei momenti davvero difficili. Non solo durante gli incontri con gli orsi, ma anche durante il resto del mio viaggio, fino a quando non sono riuscita a trasformare la mia paura in qualcos’altro.”
“… fiducia: se smettiamo di crederle, siamo persi; finché le crediamo, ogni deviazione, ogni apparente sbaglio di direzione continuano a far parte di lei”.
L’appuntamento per il ritorno, lo prende il giorno in cui l’aeroplano l’ha sbarcata a terra, da sola, in cerca della sua montagna.
“Se quel giorno non dovesse vedermi, ripartirà senza me”. “Così sarà andata. Così so che sarebbe potuta andare.” “Era un test di fiducia, perché anche se avessi potuto camminare per giorni, probabilmente non sarei mai arrivata da nessuna parte.”
“… non basta ragionarci sopra; occorre sperimentare una relazione non mediata con gli elementi del mondo”.
Contemporaneamente, quattro americani aprono una via sulla parte destra del muro del versante ovest del Xanadu, Golden Petals. Più avanti, in agosto, altri americani ne aprono un’altra, Arctic Knight, sul lato opposto, quello sinistro. Con loro nessun contatto, i rispettivi campi sono lontani.
Indagine al di sopra della materia
Forse non si può proprio raccontare quali forze hanno sciamato in lei e fuori di lei. Forse non si può proprio raccontare nulla, l’esperienza non è trasmissibile. Il racconto è cosa altra rispetto a quanto è stato in noi, rispetto a quanto si vorrebbe comunicare. Se ne perde il mistero, ci si adatta a formule, si costruisce altro da ciò che è stato.
Silvia Vidal in avvicinamento al campo per salire Un pas més, in uno degli 11 avanti e indietro con 20 chili nello zaino, guardandosi dai kodiak
Perciò, andandoci delicatamente, senza crasse pretese – e sebbene anche così resti cosa ardua – si può provare a cogliere qualche fiore di quel campo di vita che resterà sempre e solo in lei. All’uopo torna utile andare a scovare nella memoria della nostra biografia. Una caccia a qualcosa di utile per sentire l’emozione dell’immane, dell’immenso, di qualcosa di superiore alle nostre piccole, presuntuose, rassicuranti categorie razionali. Sempre che non sia chiedere troppo e finire come al solito nel disprezzare l’irraggiungibile entropia, regno della dispersione, dove il Tutto è dato e si dà, ben oltre il poco che possiamo riconoscere da dentro le scatole delle nostre verità.
Non il quanto ma il come
La salita forse non rientrerà tra le massime prestazioni dell’alpinismo, ma il come è stata compiuta, sia stile, sia etica, sia banale scelta personale libera da gabbie ideologiche, dovrebbe lasciare il segno. Una specie di controalpinismo personale, senza essere contro nessuno. Ma anche io, guardavo il come, e con quell’ottica, era grande impresa umana, fisica e metafisica. Brava.
“Presto ho cominciato a chiedermi se sarebbe accettabile la perdita di questa forma di conoscenza. Cosa sarà dell’umanità se non le resteranno che informazioni mediate da strumenti tecnologici e il cosiddetto sapere – di ennesima mano – caricato su internet.
Si sta infatti creando un circolo vizioso: i prodotti del cervello umano vengono riportati in rete come unico sapere valido per il cervello umano”.
Brava per non essersi adagiata alle agevolazioni tecnologiche di questi anni. Brava per aver sottolineato che il come conta non meno – e forse più – del quanto. Per aver dato prova che lo standard medio con la sua percentuale di vanità tocca anche i vertici dell’alpinismo. Ovvero che un alpinismo orpellato di accessori per la riduzione dei dubbi, per l’acquisto di sicurezza, per il ritorno commerciale, ha necessariamente un respiro minore – o diverso, come precisa sempre lei – se paragonato a una grande salita nella nuda solitudine.
“Vivere ore di dubbi, ma andare avanti, è un’esperienza ponte che ci mette nei panni degli esseri viventi di ogni tempo e luogo…”.
Non solo le nostre prestazioni hanno peso differente se assistite o meno. Sono i limiti individuali e umani che compiono una bella escursione. È la forza per condurre la vita, che sale o scende. È l’esempio che possiamo dare, che varia di valore.
Se fosse stata la direttrice di una testata alpinistica, diversamente da quanto fatto da altri, avrebbe cassato Bit.alpinismo, un articolo dedicato a offrire qualche significato e differenza tra l’alpinismo servito e asservito e quello nudo e libero?
“… l’attuale stile di viaggio indirizzato dalla tecnologia comporterebbe comunque un notevole impoverimento della relazione del viaggiatore con tutto ciò che lo circonda”.
Intendimenti personali
Dopo aver letto di lei, della sua salita, del suo come, non volevo che quell’espressione umana, così vicina alla bellezza, così sublimante una condizione altrimenti misera, passasse sotto il mio silenzio.
Mi venne in mente la memorabile battuta finale di Blade Runner. Modificandola a mio uso aveva la forza per rappresentare il sentimento che Sílvia mi aveva generato. «Avrei voluto che quei momenti non andassero perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di gioire». Mi chiesi chi più di lei meritasse spazio, magari con un’intervista.
Anche se forse non è possibile accedere al nucleo di un essere, guardai una videointervista per avvicinarmi un po’. Mi accontentai della convinzione che siamo esseri diversi – noi tutti – solo fino a un certo punto, solo finché ci identifichiamo nel nostro aspetto formale e storico. Quando riusciamo invece a vedere i limiti di quelle gabbie di creatività, allora le cose cambiano. Gli altri diventano dei noi in altro tempo e in altra forma. Diviene possibile parlarsi attraverso l’universale linguaggio sottile della natura. Allora si vola e un mondo diverso appare davanti a noi.
“… cominciai a provare la strana sensazione che la via si aprisse da sola davanti ai nostri passi”.
Molti capelli, lunghi e scuri, che ridono del pettine, avvolgono un viso deciso. Mentre parla, un trattenuto sorriso di riservatezza rende vivido lo sguardo autentico, illuminato da occhi-meraviglia. Le ciglia si allargano e ne esce bellezza, prendono tutto… a partire dal cuore.
Dalle sue parole, pronunciate e lette sento emergere equilibrio, come avvolto da un fiato di imperturbabilità. Banale e segreta, ovvia e misteriosa sicurezza di sé. Acqua sorgiva dall’essere se stessi. Flutto generato da forze prime che permettono di permanere su sé, di non patire spinte e trazioni commerciali, sociali, umane, forse anche sentimentali e personali. Più che invidiare le sue salite, sono ancor più queste conquiste, semplici attestazioni di se stessa, a distinguerla dal pastone mondano.
A quel punto si affacciò un pensiero su Nietzsche, sul suo Übermensch. (Obbligatoriamente tradotto in italiano con oltreuomo o peggio, superuomo, nonostante mensch sia termine riferito all’umanità, quindi ad ambo i sessi.) Il filosofo tentava in quel modo di portare l’attenzione alle potenzialità che abbiamo e che adagiati sulle comodità abbiamo tralasciato di coltivare; sulle silenti, perfino affascinanti coercizioni ideologiche e religiose; sulla progressiva paura verso un dio astratto e la corrispondente distanza dal dio che è in noi. L’oltreuomo non cade nel vittimismo, non attribuisce responsabilità, non si ferma nelle difficoltà, meglio, non le strumentalizza per fermarsi, anzi le intende come ulteriore prova da superare. Non teme se stesso. È coraggio.
“… non cercare spegne la vita spirituale, inaridendo le aspirazioni”.
Nulla del poco che sapevo, avevo capito e forse intuito di lei si discostava dal quadro che il filosofo tedesco aveva delineato nell’Übermensch. Chissà se nelle conferenze motivazionali e sull’alpinismo – il suo lavoro quando non è in spedizione – a suo modo non richiami anche lei l’Übermensch.
Risvegliate kundalini
Sentivo un urlo nelle sue risposte mentre vedevo come lo tratteneva. Filtrava adagio fuori dalle sue espressioni distribuite dal web. Forse con l’ombra di un sobrio ma deciso risentimento verso quel modo così maschilista di scomporre e ricomporre il mondo, le cose, le idee, i pensieri e i giudizi. Quel modo che, lei lo sa – altrove lo ha esplicitamente dichiarato – comporta sempre che per una donna sia più difficile; che per una donna ci voglia sempre qualcosa di più; che per una donna far valere ciò che fa viene sempre dopo. Prima è vista, giudicata, valutata in quanto donna. Il resto, dopo. Nel suo caso – ma certamente non solo – dopo aver dato tutto. Visceroso destino per chi lo deve subire, per chi è costretto a doverlo prevedere per se stesso. Ai maschi è risparmiato e per lei, per le donne non è che cosa ingiusta. Lo potrà mai essere anche per noi maschi fino al mea culpa necessario? Potremo mai arrivare all’apostasia del nostro impero: può una dimensione ridursi ad un’altra? Può il dualismo storico che contraddistingue e segna l’umanità venire meno fino alla kundalini che di due, mascolino e femminino, ne fa Uno?
Le scrissi. Disse ok all’intervista, pur preferendo non rispondere a diverse domande, in particolare, a nessuna della sezione che avevo intitolato Sílvia Vidal donna.
“… conosceremo qualcosa che non pianificato dall’uomo, ma che viene da altrove: un bagliore della filosofia dell’universo”.
Sílvia Vidal donna
Quali parole per presentare te stessa?
Quanti anni hai?
Di che segno sei?
In che contesto famigliare e sociale sei cresciuta?
Com’è stata la tua infanzia?
Che educazione hai ricevuto?
Che libro sul comodino? Che libro in parete?
Se scrivessi un libro conterrebbe un messaggio? Quale?
Quando non sei in parete o in spedizione qual è il tuo pensiero più ricorrente?
Chi/cosa riconosci in te, cioè chi o cosa ti sembra abbia concorso più di altri/o alla formazione del tua personalità?
Quando hai osservato, preso coscienza per la prima volta della tua capacità di concentrazione?
Quando hai capito che era di uno standard superiore alla media?
Quando è capitato ti abbia abbandonato?
Cosa fai per mantenerla?
Vedi figli nel tuo futuro o magari nel tuo presente?
Sílvia Vidal scalatrice
Vai spesso in spedizione senza possibilità di collegarti al mondo in alcun modo, significa anche che la sicurezza si crea prioritariamente dall’interno di noi?
Andare in solitudine è una decisione personale, per vivere quell’esperienza, in tutta la sua intensità. Avere un telefono o una radio, anche senza utilizzarli, cambierebbe l’intera esperienza.
Hai un’etica di scalata, cosa accetti e cosa non accetti in una salita?
Non ho un elenco di ciò che è giusto o di quello che è sbagliato, perché tutto è molto relativo. Mi sembra importante essere il più coerente possibile con quello che sento.
Non il cosa ma il come. È la tua firma?
Sia il cosa che il come sono importanti. Ma sarà il come che farà la differenza. Non sto parlando di meglio o peggio, ma della differenza.
Non il cosa ma il come. In questa breve formula c’è tutta Sílvia Vidal o è opportuno aggiungere qualcosa? Contiene anche un sentimento di critica culturale all’attuale tendenza alpinistica sempre più carica di servizi tecnologici e altri?
Non ho nessuna intenzione critica. Per me è solo una questione di coerenza con lo stile che voglio realizzare nelle mie spedizioni. Ognuno è responsabile delle proprie decisioni e motivi che porta per sostenerle.
Leggendo di te e guardando video, soprattutto sapendo lo stile che affermi con i fatti, è come se fossi guidata dalla bellezza. Ti riconosci in questo modo di descrivere il tuo fare? È la tua sensibilità spirituale che genera il desiderio di purezza? Quanto sei sensibile alle lusinghe dei media? Quanto i media sono necessari al tuo alpinismo?
Sono importanti perché se non pubblicano articoli o interviste come questa, aziende, associazioni e organizzazioni non mi chiamerebbero o inviterebbero a tenere conferenze e incontri motivazionali, interviste, o presentazioni della mia attività alpinistica. Senza i media sarebbe più difficile vivere come vivo e andare in spedizione, perché le spedizioni me le pago io.
Sílvia Vidal motivatrice
Tieni conferenze motivazionali e sull’arrampicata. Da quando? Come sono nate? Su quale centro ruotano?
Ho iniziato a tenere presentazioni sulla mia attività alpinistica perché volevo raccontare le mie esperienze, con la mia voce, personalmente. Sono presentazioni per festival di montagna, club, associazioni, eventi culturali grandi o piccoli.
Gli incontri-conferenze motivazionali sono fondamentalmente per le aziende che vogliono motivare i propri dipendenti o i quadri direttivi.
Quanto le tue conferenze riescono a cambiare le persone? È sufficiente capire o è necessario che ognuno ri-crei il percorso necessario per compiere il cambiamento?
Ogni persona è responsabile della propria motivazione. Ecco perché i colloqui riguardano l’automotivazione. Il dubbio, la paura, l’incertezza … sono universali. Sono sentimenti ed emozioni che tutti viviamo, ma in situazioni diverse e con risposte diverse.
È interessante vedere diversi modi di affrontare una situazione. E la motivazione è contagiosa, apprendiamo anche per contagio.
Sílvia Vidal, autoscatto, prima di una calata dopo la salita di Un pas més
Dove realizzi le tue conferenze motivazionali, solo in Spagna o nel mondo? Ne è prevista una in Italia?
Ovunque sia chi ne è interessato.
Nelle tue conferenze che carenza riscontri maggiormente nelle persone?
Disconnessione.
Qual è il tratto comune che supera le differenze culturali e nazionali, presente nelle persone?
Che posizione hai nei confronti dell’indipendenza della Catalogna?
C’è qualcosa che cerchi di comunicare e ancora non hai trovato le parole e le modalità opportune?
Pensi che l’esperienza sia trasmissibile?
A chi chiederesti un autografo?
Hai pensato: “Perché non mi chiede di quello?” Dillo tu.
Sílvia Vidal, autoscatto, ottava lunghezza di Un pas més
Costruttore di realtà
Tutto ciò, l’intervista intendo, non mi ha lasciato indenne. Come acqua sul fuoco ha spento l’entusiasmo, mi ha tarpato l’anagogia (movimento verso l’alto). Ma per un momento solo. Ciò che avevo visto cristallino, vidi che era rimasto tale, forse ancor più pulito, sebbene privato dello sfrigolante luccichio originale. Sapevo che l’impasse non era che affar mio. Ero stato io a spargere quella vernice edulcorante ed ora semplicemente me ne rendevo conto.
“… togliere il ruolo di protagonista a me stesso, per vederlo sempre più diffuso intorno a me, in ciò che è altro da me”.
Che c’entrava lei con il mio inopportuno entusiasmo giovanilistico? Che responsabilità poteva avere? Non dovevo che assumermele tutte per restare in equilibrio, per continuare a vederci chiaro. Per essere ancora capace di vedere quella purezza, per poterla riconoscere al di là della mia delusione, per risentirne il fascino, non avevo alternative. Lei non c’entrava con il mio sentimento, con la mia incompiutezza, con la mia sete di bellezza. Ora, a burrasca passata, forse non era più musa, ma mi accorsi che era ancora più forte.
Sentivo un inno sommesso nelle sue risposte, così asciutte, senza affetto. Ma non per qualche misura o forma di dileggio lanciato a grappolo verso il mondo, anzi, semmai per una sorta di suo opposto. Cioè per rispetto delle posizioni differenti dalla propria. Una modalità che per essere realizzata, comporta scalare in giù le nostre torri d’avorio, mettersi alla pari delle posizioni differenti, senza indulgere ad alcun nepotismo neppure nei confronti di se stessa.
La potenza, lo precisava nientemeno che Aristotele, è data nel momento in cui chi ne dispone, non la esprime. In quel momento prende forma proprio ciò che è assente. Lei semplicemente non aveva accondisceso, tutto il resto era opera mia.
Adriano e Sílvia
Volevo resistere al mio orgoglio, ai miei pregiudizi, alla mia immaturità, non volevo modificare la mia disponibilità e apertura, farla diventare chiusura come se ne avessi diritto solo perché le sue risposte non cavalcavano il mio stesso destriero, non miravano alla mia stessa bellezza. Non volevo cadere nel solito tombino, come fossi un re con diritto di vita e di morte. Volevo invece fare mia la lezione di oggi. Grazie Adriano. Sílvia for President.
Curriculum indicativo di Sílvia Vidal
ovvero
Xanadu/Un pas mès non era niente di che se non per la mia ignoranza.
– Dopo un anno e mezzo dalla sua tarda iniziazione, a 24 anni, all’alpinismo, sale Zodiac, El Cap, in solitaria, 21 tiri, A2/5,7(8b)
– 1996. Piolet de Oro
– 1999. Apre Sol Solet, Amin Brakk 5850, Pakistan – 1.650 metri, 6c/A5, ghiaccio a 60°, 31 bivacchi 1650 metri;
– 2000. Nomination Piolet d’Or francese;
– Catalogna. 3a ascensione integrale di Mirall impenetrable, 310 metri A5, parete de l’Aeri.
– Spagna. Parete W del Naranjo de Bulnes, combinazione delle vie Principado de Asturias,’ 250 m/A4), Mediterráneo e Rabadá-Navarro.
– Prima ascensione in invernale di Tramuntana 300 metri, A4+/7a+ e Rabadá-Navarro, 11 bivacchi.
– USA. 7 vie al El Capitan. Tra cui, Sea of dreams, A5, Reticent wall A5, Wyoming sheep ranch, A4, tutte in solitaria
2008, Peru, Huascaran parete Nord. Sílvia Vidal su Entre Boires, fotografata da Youri Cappis
– Mali. Nuova via Venus del desert, Mano de Fatma, 400 metri, A4+/6b+.
– Pakistan. Nuova via Sol solet a l’Amin Brakk, 1.650 metri, A5/6c+). 32 giorni in parete.
– Canada, Baffin. Nuova via in solitaria, Sangtraït, Turnweather, 1.150 metri, A4/6b+. 15 giorni in parete.
– 2005. Via nuova solitaria, 7 d’espases, 480 metri, A4+/V+, Castle Peak 5000 m, Himachal Pradesh, India.
– 2007. Pakistan, Shipton Spire pilastro NE, via nuova solitaria, Life is lilac, 870 metri A4+/6a, 21 giorni in parete.
– 2008. Cordillera Blanca, Huascaran 6150 metri, parete nord, via nuova, Entre Boires, 970 metri A3/6a+/80°, 18 giorni in parete.
– 2010. India, Kinnaur, Kailash Parbat, 5250 metri, via nuova in solitaria, Naufragi, 1050 metri di A4+, 25 giorni in parete.
– 2012. Cile, Serranía Avalancha, via nuova solitaria, Espiadimonis, 1300 metri A4/6b, 32 giorni in parete, molte piogge torrenziali.
“… se si continuano a trovare buoni passaggi in un ambiente impervio, settimana dopo settimana, ci deve essere qualcosa di diverso dalla coincidenza”.
2008, Peru, Huascaran parete nord. Sílvia Vidal su Entre Boires, fotografata da Youri Cappis
Siti, articoli e video rapinati e/o consultati
– http://www.vidalsilvia.com/?lang=en
– http://www.montagna.tv/cms/112887/nuova-via-in-alaska-per-silvia-vidal-17-giorni-in-parete-in-solitaria/
– http://www.desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-nueva-ruta-en-solitario-en-xanadu-alaska
– http://www.alpinist.com/doc/web17c/newswire-three-new-routes-on-xanadu
– http://publications.americanalpineclub.org/articles/12197006800/August-in-the-Arrigetch
– http://blog.theclymb.com/passions/climb-passions/arrigetch-peaks-alaskas-last-great-climbing-wilderness/
– https://www.youtube.com/watch?v=CiNSRZ7HQbw
– https://ca.wikipedia.org/wiki/S%C3%ADlvia_Vidal
– http://www.desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-nueva-ruta-en-solitario-en-xanadu-alaska
– http://www.planetmountain.com/it/notizie/interviste/silvia-vidal.html
– http://www.planetmountain.com/it/notizie/alpinismo/nuova-via-arrampicata-sullo-xanadu-in-alaska-per-silvia-vidal.html
– https://en.wikipedia.org/wiki/Arrigetch_Peaks
– https://en.wikipedia.org/wiki/Endicott_Mountains
– https://climber.co.uk/articles/interviews/silvia-vidal.html
– http://eu.blackdiamondequipment.com/en_IT/athlete-bio-vidal-silvia.html
– http://www.montagna.tv/cms/113073/il-coraggio-e-la-determinazione-di-silvia-vidal/
– http://desnivel.com/escalada-roca/desnivel-328-silvia-vidal-y-el-valor-del-rcomor
– http://desnivel.com/escalada-roca/la-intensity-silvia-vidal-habla-sobre-sus-escaladas
– http://desnivel.com/escalada-roca/silvia-vidal-a-solas-en-india
– http://desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-abre-espiadimonis-1300-m-a4-6b-en-la-patagonia-chilena
– http://desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-abre-life-is-lilac-en-la-shipton-spire
– http://desnivel.com/escalada-roca/silvia-vidal-abre-naufragi-1050m-a4-en-el-kailash-parbat
– http://desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-escalar-es-una-necesidad
– http://desnivel.com/alpinismo/silvia-vidal-nueva-ruta-en-el-huascaran-norte
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La realizzazione dei propri sogni in Alpinismo,spesso o la maggior parte delle volte,è una “condivisione di sogni” con il compagno di cordata e quindi diventano anche quelli di un altro essere umano.
L’alpinismo solitario in questo caso è la forma più “pura” ed “assoluta” di realizzare i sogni ( o progetti ) di UNA singola persona, attraverso PROPRIE scelte,eventuali PROPRI errori, rischi e non per ultimo attraverso PROPRI ritmi……..dimensioni assolutamente intime che scavano più in profondità nella persona se questa è SOLA.
Il proprio modo di vivere ( anche l’alpinismo ) spesso rispecchia la nostra vita sociale ma anche no…..dov’è il problema ?
Colgo l’occasione per fare un po’ di polemica di tipo sindacale che non riguarda l’alpinismo.
“Gli incontri-conferenze motivazionali sono fondamentalmente per le aziende che vogliono motivare i propri dipendenti o i quadri direttivi.”
Queste cose sono quasi sempre fumo negli occhi gettato da una moltitudine di manager incompetenti, spesso diventati immeritatamente tali, per nascondere la propria incapacità a motivare personalmente il personale e tenere quest’ultimo lontano dalle decisioni aziendali. Basterebbe un maggiore coinvolgiment0o dei dipendenti nelle scelte aziendali, ed un equo riparto dei maggiori utili d’impresa che da tale coinvolgimento molto spesso deriverebbero, per migliorare l’economia e il benessere della popolazione.
“Silvia ” Che dire… Parla la sua Storia Alpinistica , una Donna che ammiro , tanto ho avuto l’onore…di una sua Foto Aut. , rispetto il suo profilo , e il modo di viverlo
Ricordo che le foto del Huascaran, sulla via Entre Boires, non sono autoscatti. Silvia Vidal era con lo svizzero Youri Cappis. Vedi Curriculum indicativo di Sìilvia Vidal.
Paolo, la “contraddizione” la vedo nel solitario che si fa accompagnare da una intera troupe di fotografi che si posiziona lungo la parete per riprendere la sua salita. Qusto modo di fare mi lascia alquanto perplesso…
Il solitario che si fa degli autoscatti che poi li fa vedere per raccontarsi non ci vedo nulla di male.
Certo oggi la tecnologia permette di inondare immediatamente con l’informazione bruciando sul tempo ciò che avviene.
Alberto, magari Giampiero ha parlato con pochi solitari non mediatizzati e non ha una idea abbastanza chiara (o meglio vasta) delle loro motivazioni, parla di cronaca abituale. Lui vede contraddizioni. Forse non accetta o non capisce lo scarso interesse dei solitari (quelli veri) per gli altri. Loro al massimo hanno ogni tanto un interesse per le problematiche economiche, anche loro mica vivono d’aria, ma di solito loro fanno quelli che la gente chiama “i barboni” pur di realizzare i loro sogni…… e devono farlo!
Perchè CONTRADDIZIONE ?
Il fatto di prediligire la scalata in solitaria non vuol mica dire che poi uno non ne debba parlare , non debba raccontare la sua esperienza attraverso le parole e le immagini.
Più che l’impresa in sè, ordinaria tra le molte imprese straordinarie a cui le cronache dell’alpinismo estremo ci hanno abituati, mi incuriosiscono le foto: se era sola se l’è fatte da sè, selfies tra l’altro non facili. Perchè? L’intervistatore non glielo ha chiesto, la domanda sarebbe sconfinata al di la della cronaca, sul terreno scivoloso delle motivazioni personali. D’altra parte le imprese parlano da sole e l’unico interesse delle interviste, almeno per me, sta nella capacitá di rivelare l’anima del porotaginista, vincendo la sua comprensibile reticenza a rivelarsi come essere umano, non come atleta. Forse c’è stato, ( ne dubito) qualche grande alpinista che non ha fatto sapere nulla di sè, ma la mancanza di una narrazione equivale alla non esistenza. Anche il solitario più irriducibile sembra incapace di tollerare l’anonimato e non sfuggire alla contraddizione di voler conunicare agli altri la propria esistenza. Sembra persino che la dimensione dell’impresa sia misura dell’urgenza di questo bisogno di comunicazione e che la ricerca di una relazione con gli elementi primordiali e più feroci della natura sia in fondo l’evidenza della necessitá di relazione e di ciò che la relazione implica: attenzione, riconoscimento, stima e forse amore.
Paolo anche a me il suo alpinismo piace. Grande alpinismo, grande determinazione e obbiettivi decisamente originali e anche un pò controcorrente.
Il fatto di fare sempre tutto da sola , forse si pò spiegare una grande voglia e/o bisogno di confrontrasi con se stessa e con l’ambiente (naturale) che la circonda.
Sinceramente non so risponderti, non mi sembra come dici. A me il suo alpinismo piace, ma per il mio modo di vedere la vita e l’essere umano lei è “troppo” concentrata sul realizzare i suoi sogni in maniera individuale. Mi sembra molto sola e solitaria, io dico troppo, ma ripeto che è una mia opinione. Non ho mai “chiacchierato” con lei. Ne leggo di ogni, specialmente di gente che non ha nulla a che fare con l’alpinismo e non sono convinto: lei mi sembra un’alpinista molto concentrata quasi esclusivamente su ciò che lei può fare da sola, è quasi una eccezione.
Paolo che vuoi dire? che la Vidal è una asociale individualista ?
Al mondo c’è anche gente molto, molto strana, con molta spinta individuale e con molta poca spinta sociale.
Per come la penso sostituirei le parole molto e molta con troppa, ma il mondo e l’essere umano per me sono troppo belli perchè troppo vari e ne resto sempre affascinato.