La svolta delle energie rinnovabili dovrebbe seguire un percorso di responsabilità e di massima compatibilità ambientale, a maggior ragione perché è “verde” (o dovrebbe essere) la scelta di affidarsi a impianti eolici o fotovoltaici. Invece, la speculazione è sempre in agguato. E in Italia progressi vanno fatti non solo nella quantità degli impianti, ma nella qualità dei siti individuati. Se si affida – come sta succedendo – la pianificazione ai privati, si rischia di perdere su tutti i fronti, anche perché i siti vanno scelti dove si fa il minimo danno e c’è fabbisogno energetico, e non “a caso”, consumando il suolo disordinatamente, e seguendo le speculazioni del capitale investito. E questo è tema che divide le istanze dello stesso mondo ambientalista. Ecco perché invece la pianificazione va affidata allo Stato di concerto con le Regioni, coinvolgendo gli enti locali e seguendo procedure di tutela.
Sole, vento e confusione – 1
(quale strategia per l’energia rinnovabile in Italia, e dove si sta sbagliando)
di Stefano Deliperi, presidente Gruppo di Intervento Giuridico
(pubblicato su italialibera.online il 3 luglio 2023)
Quanto sta accadendo nel Bel Paese in materia di proliferazione ad mentula canis degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili – eolica e fotovoltaica in particolare – merita un vero e proprio radicale cambiamento di approccio e di metodologia. Lasciare che siano gli interessi privati speculativi a decidere la politica energetica e della gestione del territorio è una vera e propria follìa, ma è quello che sta accadendo, anche con il sostegno di parte del mondo ambientalista. Cosa ben diversa sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
Nell’ambito della pianificazione devono rientrare procedure e premialità per il risparmio, la conservazione e l’efficienza energetica, nonché procedure giuridicamente vincolanti per la progressiva dismissione degli impianti di produzione energetica da fonti fossili. Siamo ancora in tempo per cambiare registro. In meglio, naturalmente.
Di quanta energia ha bisogno l’Italia?
Il consumo di energia elettrica annuo in Italia è stato di 319.9 TWh (terawattora), secondo i dati Terna (2021), per l’86,6% di produzione nazionale, per il restante 13,4% di importazione dall’Estero: «la produzione nazionale lorda è stata pari a 289,1 TWh, registrando un +3,0% rispetto al 2020. In dettaglio la produzione nazionale è stata coperta per il 59,0% dalla produzione termoelettrica non rinnovabile (in aumento del 5,5% rispetto al 2020), per il 16,4% dalla produzione idroelettrica (-4,1% rispetto al 2020) e per il restante 24,6% dalle fonti eolica, geotermica, fotovoltaica e bioenergie (eolica +11,5%, fotovoltaica +0,4%, geotermica -1,9% e bioenergie -2,9% rispetto al 2020)». Complessivamente gli impianti di produzione energetica hanno una potenza lorda installata pari a 119,8 GW (2021), assolutamente sufficiente per le necessità nazionali, che, in media, necessitano di 38,1 GW di potenza lorda installata. La potenza lorda installata termoelettrica è pari a 61,9 GW (51,6%), quella da fonti rinnovabili è pari a 58,0 GW (48,4%). In aumento (+ 8,0%) l’autoconsumo (30,7 TWh), in aumento i sistemi di accumulo energetico (+ 90% rispetto al 2020), sebbene tuttora molto modesti, con una potenza attiva nominale complessiva di soli 407,1 MW.
Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e Clima (Pniec)
L’Italia si è dotata di un Piano Nazionale Integrato per Energia e Clima (Pniec) per affrontare le emergenze climatiche ed energetiche. Il Piano si struttura in cinque linee d’intervento integrate: dalla decarbonizzazione all’efficienza e sicurezza energetica, passando attraverso lo sviluppo del mercato interno dell’energia, della ricerca, dell’innovazione e della competitività. L’obiettivo è quello di realizzare una nuova politica energetica che assicuri la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica del territorio nazionale e accompagni tale transizione. Il Pniec 2030, in attuazione del Regolamento europeo n. 2018/1999 sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima, è in corso di elaborazione, tuttavia intanto le richieste private di nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili crescono esponenzialmente, in assenza di alcuna reale ed efficace pianificazione. Difatti, a prescindere da necessità ed effettivo utilizzo, produrre energia da fonti rinnovabili conviene, perché – a parte le cospicue forme di incentivi – l’energia prodotta deve essere acquistata e pagata dal gestore unico della Rete (cioè lo Stato, cioè la collettività di tutti noi).
Il land grabbing di casa nostra
A chi interessa parlare di land grabbing in Marmilla o a Montalto di Castro? Il fenomeno crescente del land grabbing – l’accaparramento di terreni a uso agricolo, pascolativo o boschivo – viene generalmente collocato nell’Africa sub sahariana, in Asia, nell’America Latina e riguarda la pratica di acquisire in proprietà, in affitto o in concessione vaste estensioni di territorio da parte di società di capitali, governi o anche singoli imprenditori con la finalità di destinarli a un utilizzo esclusivo a fini produttivi. Non vi sono molti dubbi sul fatto che ponga in pericolo la tutela degli interessi nazionali dei vari Paesi alla sovranità alimentare e alla sicurezza nel campo dell’approvvigionamento alimentare, in quanto le popolazioni locali perdono il controllo delle risorse naturali del proprio territorio, in particolare i terreni agricoli e boschivi, nonché l’acqua. Il land grabbing è giustamente fortemente criticato e avversato in campo economico e sociale. Memorabile la trasmissione “Corsa alla terra” di Report (18 dicembre 2011, vedi link qui accanto) con cui Milena Gabanelli, allora conduttrice della trasmissione di Rai 3, fece conoscere il fenomeno agli italiani.
Ma le tante sacrosante contestazioni avverso il land grabbing nei Paesi del Terzo Mondo si accompagnano a un assordante silenzio su quanto sta accadendo in Italia, dove ampie zone del nostro territorio stanno ormai perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali, la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per l’installazione di centrali eoliche e fotovoltaiche da parte di società energetiche. Altrettanto memorabile la puntata di Report “I Fossilizzati” (17 aprile 2016), che si era trasformata in uno spot del servizio pubblico per i progetti di centrali solari termodinamiche del Gruppo Angelantoni da realizzarsi nelle campagne sarde piuttosto che nelle estese aree industriali dismesse, dove il sole batte ugualmente: espropri e calci in culo agli indigeni, insomma land grabbing di casa nostra, senza che ciò meritasse un minimo cenno. No, queste cose non si devono raccontare agli italiani, perché deve imperare la vulgata in favore della speculazione energetica. Eppure questo fenomeno avviene da tempo anche in Europa, anche in Italia.
(continua)
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Quel treno lo abbiamo perso. Proporre ora una centrale atomica e pura ignoranza, però Abbiamo centrali in slovenia ed in francia, non credo che salvini riuscirebbe a fermare le radiazioni. Con il nostro indubbio genio forse saremo riusciti ad arrivare alla fusione. Per quanto riguarda il “”casa tua””, si sarei favorevole. Non mi sento migliore di quelli che vivono a ridosso delle centrali per dare energia anche a noi
7. Quindi tu saresti favorevole ad una centrale nucleare davanti a casa tua (a parte il fatto che ci vorrebbe qualche decennio prima di vederne attiva una) quando dobbiamo ancora risolvere problemi come questo? https://tg.la7.it/cultura-e-societa/gabanelli-quella-societ%C3%A0-di-stato-che-gestisce-ma-come-scorie-e-rifiuti-nucleari-nel-nostro-paese-20-12-2021-167251
Per far funzionare in modo efficente sono necessari venti soprattutto costanti. Ventate o picchi abbreviano la vita della pala stessa. Ecco perché si vedono sui crinali italiani pale spesso ferme o con rotazioni incostanti. Il solo luogo ove i venti sono sufficenti costanti in Italia è al largo delle coste sarde che guardano la Spagna. Noi avremmo dovuto puntare sull’eolico, eravamo i migliori al mondo nella tecnologia….eravamo. la transizione migliore sarebbe il nucleare, ma ce ne siamo chiamati fuori. L’idroelettrico che ha permesso il nostro boom ormai e poco efficente causa il riempimento dei bacini. Non ci resta che efficentare il nostro sistema economico per avere le risorse per comperarla l’energia, ma mai dalla riunificazione ci diamo riusciti
Ti sbagli Bosco, il vento aumenta la sua velocità in corrispondenza di ostacoli che lo comprimono, come montagne, colline o pareti ripide, differenze termiche (brezze) o grandi bacini idrici (vedi l’ora del Garda).
Se si mostrassero delle pale eoliche su scogli in mezzo al mare ci sarebbe sicuramente chi parlerebbe allo scempio estetico…
È incredibile come ogni fonte di produzione di energia trovi chi è pronto a opporvisi per motivi ambientali. Tutti leciti, per carità, ma costoro vorrei proprio vedere cosa direbbero (non dico espressamente “farebbero”, perché di solito non fanno niente in tal senso) se arrivando a casa non si scendesse più la luce, non andrebbe la tv e non si caricasse il cellulare….
A quanto pare, l’unica maniera per avere energia elettrica è quella di impostarla pagandola a peso d’oro e con tralicci molto più numerosi di quelli eolici, più alti e larghi e disperdendo nel trasporto via cavo milioni di megawatt.
La botte piena e la moglie ubriaca pare saggezza per molti.
Cominetti … il posto dove tira di più il vento è in mezzo al mare
Hai ragione, Carlo Alberto.
Le pale eoliche sono posizionate secondo precisi interessi economici che nulla hanno a che vedere con la produzione di energia.
Un paio di anni fa, durante il mio cammino sul Sentiero Italia in Sicilia, il comune di Alcamo mi ha generosamente ospitata offrendomi una casa confiscata alla mafia. Il proprietario dell’immobile era conosciuto come “Il Signore del Vento” ed era implicato nel business dell’eolico.
Due le riflessioni fondamentali. La prima è che dal punto di vista della mitigazione del riscaldamento dovuto al CO2 le pale eoliche italiane non servono praticamente a nulla. Noi produciamo un centesimo delle emissioni globali, le quali dal canto loro continuano ad aumentare grazie alla Cina, all’India, agli USA. La seconda è che solo per dare inutilmente il buon esempio accettiamo supinamente che i paesaggi identitari italiani – nostra maggiore ricchezza – vengano aggrediti in modo barbarico, sventrati, omologati ad un unico modello industriale. Guai a dirlo! Le lobbies delle FER sono potentissime e ci hanno presi tutti per il naso.
Bosco, vengono posizionati dove tira vento.
A parte che già da sola l’espressione “ad mentula canis” vale la lettura del pezzo (meravigliosa !), qke dubbio sul raziocinio di chi autorizza il posizionamento “a pene di segugio” di questi impianti eolici mi era venuto percorrendo l’autostrada Torino – Savona in cui, in territorio ligure, abbondano crinali costellati da queste girandolone che deturpano il paesaggio. C’è n’è una addirittura a fianco dell’autostrada che appare (mi sembra) all’uscita di una galleria e pare quasi che voglia affettare l’auto in transito …
Ma cosa ci vuole a capire che questi impianti vanno posizionati al largo delle coste (volendosela tirare con gli anglesismi si potrebbe dire “off shore” …) dove non danno fastidio praticamente a nessuno ?