Sostenibilità: si sa cos’è?

L’indagine Ipsos fotografa il livello di consapevolezza nel nostro Paese. Due su tre non conoscono gli Obiettivi di sostenibilità dell’Onu. Ma dati molto positivi sulle fonti verdi.

Sostenibilità: si sa cos’è?
(in Italia poca conoscenza, tanti i pigri e gli scettici)
di Elena Comelli
(pubblicato su corriere.it/buone-notizie il 4 maggio 2023)

Sostenibilità, questa sconosciuta
Poco più di un terzo degli italiani sa di cosa si tratta e la identifica correttamente con l’esigenza di salvaguardare le risorse limitate cha abbiamo a disposizione, a beneficio delle generazioni future. In base alle indagini dell’Ipsos, questa quota è triplicata in un quinquennio, passando dal 12% del 2014 al 36% del 2019, ma da allora è rimasta sostanzialmente costante.

«Solo un terzo degli italiani sa descrivere a grandi linee il concetto, senza addentrarsi nei dettagli degli obiettivi di sostenibilità dell’Onu o della governance aziendale, ma bisogna tener presente che è un tema nuovo, non ancora sedimentato, e che appena dieci anni fa la quota dei consapevoli era inferiore al 10 per cento della popolazione», commenta Andrea Alemanno di Ipsos.

La scarsa conoscenza della materia, quindi, non suscita grandi preoccupazioni. Il fenomeno più preoccupante è piuttosto un altro. In parallelo a questa crescita della consapevolezza, infatti, i sondaggi Ipsos vedono crescere anche lo scetticismo di una parte della popolazione, che potrebbe costituire, alla lunga, il maggiore ostacolo alla transizione ecologica.

Metterci la faccia
«Quando si va a stringere rispetto alle percezioni si scopre che meno di un quarto della popolazione è disposto a metterci la faccia, cercando di adeguare in modo convinto i propri comportamenti alle sfide della sostenibilità. Il gruppo dei sostenitori non è abbastanza numeroso per orientare il mercato», ragiona Alemanno.

Gli altri tre gruppi, che insieme superano i tre quarti della popolazione, sono quello degli aperti, per cui la sostenibilità è un dato rilevante, ma non abbastanza per far cambiare davvero abitudini; quello degli scettici, che non crede alla possibilità di agire per salvare il clima e snobba la sostenibilità come una trovata di marketing; e quello degli indifferenti, che considera questi temi come irrilevanti per la propria vita.

Il gruppo che è più cresciuto in anni recenti è decisamente quello degli scettici, passato dal 13% nel 2018 al 22% nel 2022. Aumentano anche i sostenitori, ma molto meno (dal 20 al 23%), mentre calano gli aperti (dal 50 al 41%) e gli indifferenti, dal 17 al 14%.

Non è un fenomeno solo italiano: gli scettici, che considerano inutile qualsiasi sforzo umano per contribuire alla salvezza del clima e dell’ambiente, sono cresciuti a livello planetario dal 23 al 28% tra il 2019 e il 2022. Il punto interrogativo più grande restano gli aperti.

«Si tratta di un gruppo che sta un po’ in mezzo e sceglie come comportarsi volta per volta. Se la scelta sostenibile si presenta più facile, optano per quella, se invece è più difficile vanno in direzione opposta e così spesso i loro comportamenti quotidiani sono simili a quelli di indifferenti e scettici, anche se in teoria vorrebbero essere sostenibili», spiega Alemanno.

Contrariamente a quanto si crede, non è solo una questione di prezzo. Ad esempio nel caso dell’auto elettrica, che è enormemente meno diffusa in Italia rispetto al resto d’Europa (in Germania circola oltre un milione di auto elettriche, contro 170mila in Italia), prevale il timore di restare a piedi per la carenza di colonnine di ricarica, oppure di non sapere dove sbattere la testa in caso di un guasto, visto che il solito meccanico non sarebbe competente.

Evitare la fatica
«Nelle scelte quotidiane il tipico rappresentante degli aperti alla sostenibilità evita soprattutto la fatica. Per scegliere un prodotto sostenibile bisogna informarsi, capire bene le differenze e talvolta accollarsi una performance lievemente inferiore o una gestione più complessa. Lì l’aperto si ferma. Anche il prezzo può diventare un deterrente, ma non per una questione di disponibilità economica: molti considerano che la differenza non dovrebbe essere a carico loro, visto che la sostenibilità porta vantaggi alla collettività», precisa Alemanno.

In sostanza, cambiare abitudini è difficile e molti italiani non sono abbastanza motivati per compiere grandi passi, quindi tendono a comportamenti sostenibili che modifichino di poco il proprio stile di vita.

I più gettonati sono il riciclo e l’acquisto di energia rinnovabile.

Sulle fonti verdi, in generale, sono molto positivi: il 74% pensa che installare impianti di auto-produzione avrebbe un impatto positivo sul proprio stile di vita e sono anche convinti che le fonti rinnovabili possano contribuire a ridurre il costo dell’energia: 47% molto e 40% un po’, contro appena il 5% di no e il 2% di «no, peggiorano la situazione».

Su questo punto, la percezione dominante (54%) è che l’Italia non faccia abbastanza rispetto all’Europa in tema di rinnovabili. Una delusione che però non è sufficiente per trarre delle conseguenze politiche.

5
Sostenibilità: si sa cos’è? ultima modifica: 2023-06-30T05:02:00+02:00 da GognaBlog

13 pensieri su “Sostenibilità: si sa cos’è?”

  1. 13
    Grazia Pitruzzella says:

    Anch’io mi ero chiesto che cosa intendesse Guido per “esseri senzienti”.
     
    Ritengo che gli umani spendano molto tempo a definire e molto meno a vivere.
     
    Se invece di continuare a creare nuove etichette, dividendo ciò che va protetto (stile Unesco) da ciò che non lo è, ci concentrassimo su tutto ciò che ognuno di noi può fare per migliorare la qualità della propria vita secondo ritmi più naturali, tutto il resto verrebbe da sé.

  2. 12
    Guido says:

    Con riferimento al commento n. 10
    Gentile Giuseppe,
    ho usato l’espressione “esseri senzienti” nel senso dell’Ecologia Profonda (con la quale mi sento molto in sintonia) e in particolare del suo fondatore in Occidente, il filosofo norvegese Arne Naess:
    L’espressione “essere senziente” comporta un’estensione dell’espressione (più biologica) di “essere vivente”, perché comprende anche gli ecosistemi, come una foresta, una barriera corallina, una palude, e così via, gli esseri collettivi (alveare, termitaio, formicaio, stormo di uccelli, ecc.), al limite l’intera Ecosfera (Gaia): vi sono comprese le relazioni fisico-mentali fra le singole entità viventi e inorganiche che le compongono. “Senziente” non è sinonimo di “cosciente”, ma di solito si tratta di entità con inconscio-coscienza (non separabili, e in proporzioni diverse) come siamo anche noi. Sulla totalità terrestre, riporto da un libro dello scienziato-filosofo inglese Rupert Sheldrake: “Se Gaia è in qualche modo animata, allora deve possedere qualcosa di simile a un’anima, un principio organizzatore con fini e obiettivi propri. Ma non dobbiamo supporre che la Terra sia cosciente solo perché sembra viva e provvista di intenzionalità. Potrebbe essere cosciente, ma se lo fosse la sua coscienza probabilmente sarebbe incredibilmente diversa dalla nostra, che è inevitabilmente influenzata dalla cultura e dal linguaggio degli uomini. D’altro canto potrebbe anche essere completamente inconscia. Oppure potrebbe, come noi, essere una creatura dalle abitudini inconsce provvista, a volte, di una certa dose di coscienza. Questo interrogativo deve restare aperto.    …….
                Che cosa cambia se consideriamo la natura viva piuttosto che inanimata? Primo, mettiamo in crisi le ipotesi umanistiche su cui la civiltà moderna è basata. Secondo, instauriamo un rapporto diverso con il mondo naturale e acquistiamo una prospettiva diversa della natura umana, Terzo, diventa possibile una nuova sacralizzazione della natura.”   (da: La rinascita della Natura, Corbaccio, 1994)

  3. 11
    Albertperth says:

    Bello il comignetti pensiero…tra le supercazzole svetta..beh d altrove è una guida

  4. 10
    Giuseppe Balsamo says:

    @7
    Grazie Guido per la risposta.
    Concordo sulla critica all’antropocentrismo nella definizione di Brundtland, benché porre la questione della responsabilità verso le generazioni (umane) future possa essere funzionale a toccare qualche corda e a dare al concetto una dimensione concreta (dopotutto siamo noi umani gli esseri capaci di causare i maggiori squilibri).
     
    A mio parere, la tua definizione ha un problema nelle parole “non altera il funzionamento“.
    Qualsiasi processo (c.d. naturale o c.d. industriale che sia) ne altera altri.
    Anche le culture native che porti ad esempio alterano/alteravano l’ambiente circostante per vivere e perpetuarsi: secondo la tua definizione, a rigore, non sarebbero sostenibili. E non sono d’accordo sul quasi-chiusi, ricevendo energia dall’esterno (dal Sole, ad esempio).
     
    Per me, invece, andrebbe messo l’accento sul concetto di relazione ed equilibrio (dinamico).
    Ovvero sul fatto che un processo, per essere sostenibile, possa essere mantenuto (in equilibrio con tutti gli altri processi) per un tempo sufficientemente lungo (su quanto poi debba essere lungo il sufficientemente ci sarebbe da discutere: su tempi astronomici, nemmeno il nostro sole è sostenibile).
     
     
    Trenta milioni di specie di esseri senzienti non hanno alcun “diritto”?
     
    Questa tua domanda me ne fa sorgere spontanea un’altra: cosa intendi per “esseri senzienti” ?

  5. 9
    Giovanni battista Raffo says:

    La natura va protetta con ogni mezzo; fra questi non credo rientri lo “sparare” a vuoto il termine sostenibilità.

  6. 8

    L’ignorante vive bene perché ride con poco.
    E anche le galline a volte hanno tre zampe di cui almeno una uguale alla sinistra.
    Così forse Carlo capisce.

  7. 7
    Guido says:

    Qualche considerazione sui commenti n. 3–4–5, di cui ringrazio gli Autori.
    La mia definizione è fin troppo sintetica e non può tener conto di tutti i dettagli. Il suo scopo principale è quello di opporsi alle definizioni correnti (rapporto Bruntland) che parlano di “mondo da lasciare alle prossime generazioni” manifestando un palese antropocentrismo e un forte dualismo uomo-Natura, a mio avviso inaccettabili.
     
    3. E’ vero, c’è un’alterazione: se ti riferisci a un processo di produzione mini-idro, si dovrebbe considerare anche ciò che riguarda la costruzione dei componenti e quindi il sistema ne resta alterato. Si tratta di ordini di grandezza. In realtà un processo completamente chiuso non esiste, e quindi neppure l’espressione “a tempo indefinito” ha un significato rigoroso. Tuttavia i tempi di persistenza sono molto diversi. Grossolanamente, i tempi di variazione del mondo naturale (o della Terra, o della Natura) sono 10.000 volte più lunghi dei tempi della civiltà industriale.
     
    4. Effettivamente, i processi completamente “sostenibili senza alcun limite di tempo” e i sottosistemi completamente chiusi non esistono, a rigore bisognerebbe scrivere “quasi-chiusi” o mettere sempre un “quasi” davanti a tutte le espressioni, ma lo evitiamo per praticità, anche se sarebbe un contributo alla “fine delle certezze” (titolo di un libro di Ilya Prigogine). Tutti i processi naturali e quelli tipici della vita di molte culture native erano quasi-chiusi e potevano persistere per tempi lunghissimi; questi sono esempi di processi sostenibili (a rigore, quasi-sostenibili).
     
    5. E’ vero: andando molto a fondo, un processo sostenibile “a tempo indefinito” non esiste. Esistono processi “quasi-chiusi” che possono persistere per tempi molto lunghi.
     
    In ogni caso, penso che sia bene evitare le definizioni antropocentriche (non nuocere alle generazioni future). Trenta milioni di specie di esseri senzienti non hanno alcun “diritto”?

  8. 6
    Carlo says:

    La specie umana ha bisogno di tecnologia per vivere e sopravvivere. Sia che sia una selce affilata che uno stent su una coronaria. La tecnologia non che produrre un qualche rifiuto (non fosse altro che un cumulo infinito di selci scheggiate o gli stent dopo la cremazione). Ergo la nostra estinzione è determinata dalla fine delle risorse, ergo è solo questione di tempo.
    Tempo di cui la Terra ne ha in abbondanza mentre è la nostra grande carenza.
    Comportandoci nel migliore dei modi possibili possiamo solo guadagnare anni….secoli….frazioni di secondi per il tempo Terra. 
    Ciò non significa che si debba rientrare nelle percentuali degli scettici, ne degli aperti e nemmeno in quella degli infifferenti

  9. 5
    Matteo says:

    Guido, la tua definizione è insoddisfacente, perché, andando abbastanza a fondo, non esiste un processo sostenibile.

  10. 4
    Giuseppe Balsamo says:

    @2
    Buongiorno Guido, forse dovremmo prima metterci d’accordo su cosa intendiamo con il termine “processo” in questo contesto, ma riusciresti a fare un esempio (o più esempi) di “processo sostenibile” che soddisfa la tua definizione ?
    (Che non sia il processo nullo o che non avvenga all’interno di un sottosistema chiuso, privo di scambi con il “Sistema più grande”, naturalmente).
    Grazie in anticipo,
    Giuseppe

  11. 3
    Carlo says:

    Mmmmh,Mi lascia perplesso, per esempio prelevo acqua in un fiume, produco energia e poi la rimetto, non ho alterato il sistema ma lo ho compromesso. La definirei meglio come un processo chiuso. Ovvero nessuno scarto.. come sono tutti i cicli naturali.

  12. 2
    Guido says:

    Mi sembra che la migliore definizione di sostenibilità sia questa:
    “Un processo è sostenibile se non altera il funzionamento del Sistema più grande di cui fa parte (cioè dell’Ecosistema, o della Terra)”. Nessun processo della civiltà industriale soddisfa questa definizione. Quindi la civiltà industriale è destinata a finire molto presto (speriamo).

  13. 1
    Carlo says:

    Mi sembra che all’interno di questo blog siano ben rappresentate queste percentuali. Mi sembra anche che più ci si avvicini alle montagne più aumenti in modo esponenziale quella che il sondaggio chiama percentuale degli scettici. Forse proprio perché più toccati nel portafoglio ?? 

La lunghezza massima per i commenti è di 1500 caratteri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.