Sovraffollamento e ticket

Montagna, sovraffollamento sul Corno Grande del Gran Sasso
(“troppi inesperti partono per sentito dire”)
di Loredana Lombardo
(pubblicato su ilcapoluogo.it il 12 settembre 2023)

Migliaia le presenze registrate ogni fine settimana sul Gran Sasso: escursionisti più o meno esperti, famiglie, passeggiatori solitari. La fotografia qui sotto ritrae la situazione sul Corno Grande domenica 10 settembre 2023. Un sovraffollamento che si addice più a un centro commerciale, che a una montagna.

Vetta del Gran Sasso, 10 settembre 2023

In queste settimane tantissimi sono stati gli interventi degli uomini del soccorso alpino regionale abruzzese che, sempre più spesso, si sono trovati a prestare aiuto ad escursionisti imprudenti o impreparati.

La montagna accessibile a tutti e per tutti, ma con il buonsenso; questo, secondo Vincenzo Brancadoro, presidente del CAI sezione L’Aquila, dovrebbe essere il primo equipaggiamento da portare con sé quando si programma un’escursione. “Una passeggiata in montagna va studiata e pianificata, non si deve e non si può lasciare nulla al caso. Bisogna sapere dove si va, quando bisogna andare e soprattutto bisogna evitare di darsi una sorta di ‘appuntamento’ nello stesso posto: ci sono luoghi dove si registra il passaggio di mille persone al giorno e altri sentieri o cime praticamente deserti”, spiega Brancadoro al Capoluogo.

Per il presidente è un problema culturale, ‘figlio’ dei social: “Siamo tutti i potenziali influencer di qualcun altro e non ci rendiamo conto che la montagna è bellissima, ma insidiosa se non si ha la struttura adatta. Dopo il Covid le nostre montagne, come nel resto d’Italia, hanno avuto un momento di grande riscoperta. Si è trattato di uno sfogo naturale e comprensibile dato che era uno dei primi posti dove è stato permesso andare, perché consentiva e consente di stare all’aperto mantenendo le distanze. Il problema è che lo standard medio dell’escursionista non è altissimo: molti si improvvisano o si affidano al sentito dire, partono la mattina tardissimo, non programmano la meta e soprattutto moltissimi ancora non si affidano alle previsioni del tempo prima di organizzarsi“.

Il sì di Venezia al ticket d’accesso
(partirà nel 2024)
a cura della Redazione di tgcom24
(pubblicato su tgcom24.mediaset.it il 12 settembre 2023)

Venezia sceglie ufficialmente il ticket d’accesso alla città, con prenotazione online e pagamento di 5 euro a persona, per limitare e gestire i flussi turistici.

Il via libera definitivo è arrivato con l’approvazione (24 voti a favore, 12 contrari) da parte del Consiglio comunale del regolamento sul contributo d’accesso, introdotto da una legge del 2019.

La sperimentazione del ticket (che esclude i residenti, i turisti degli hotel, e molte categorie che giornalmente accedono in città) partirà sperimentalmente nella primavera 2024.

Riguarderà in questa fase i 30 giorni di afflusso più caldi dell’anno.

Venezia

Brugnaro: “Abbiamo dimostrato che facciamo le cose
Bisogna dimostrare al mondo che, per la prima volta, si sta facendo qualcosa per Venezia. C’è sempre qualcuno che dice che non basta, ma poi nel concreto non fa nulla“. Così il sindaco Luigi Brugnaro, al termine della seduta del Consiglio comunale. Durante la seduta, durata oltre 5 ore, ci sono state contestazioni ed espressioni di dissenso, sia da parte dei cittadini che da parte dei partiti di minoranza.

Tensioni in Consiglio
Particolarmente acceso il confronto verbale tra Brugnaro e il consigliere dei Verdi Gianfranco Bettin, quest’ultimo a contestare le scelte alla base del ticket, e il sindaco a rimproverargli di “non aver fatto nulla a suo tempo per risolvere i problemi della città – ha detto – quando ne aveva il potere per farlo“. Schermaglie c’erano state, dopo il battibecco del sindaco con alcuni contestatori anche con il consigliere del Pd Giuseppe Saccà. “Siamo stati contenti – ha detto Saccà – di aver visto il sindaco in Consiglio, ma fin dall’inizio ha tenuto un atteggiamento provocatorio. Non dovrebbe usare a caso parole come fascisti e vigliacchi“.

Ticket attivo dalla primavera 2024
I turisti che vorranno arrivare a Venezia senza sorprese dovranno quindi pagare un ticket dalla primavera 2024. E registrarsi su una apposita piattaforma online che varrà come prenotazione del viaggio, anche se si tratta di una giornata “mordi e fuggi”. Ne saranno esentati, naturalmente, gli ospiti che pernotteranno negli alberghi della città, registrati a monte, e con tassa di soggiorno pagata in hotel.

Norma prevista dalla Manovra 2019
La norma era stata prevista dalla Manovra del 2019, che aveva autorizzato il Comune a introdurlo. L’idea del contributo d’accesso era nato sulla scorta delle “tasse di sbarco” applicate in alcune isole minori italiane. La fase sperimentale potrebbe partire da aprile-maggio del 2024, e avrà per obiettivo i “ponti” primaverili e i weekend estivi, una trentina di giorni caldi per il solito, prevedibile assalto dei vacanzieri.

Saranno ovviamente esclusi, con i veneziani, anche le categorie che quotidianamente devono attraversare il Ponte della Libertà (cioè lavoratori, studenti, professionisti che lavorano nella città lagunare). Esclusi dal pagamento, ma non dalla prenotazione sul portale, anche tutti i residenti in Veneto che non abitino nel capoluogo lagunare.

La procedura di prenotazione e il QR code
La prenotazione, assicurano da Ca’ Farsetti, sarà digitale e semplice. Nelle prossime settimane il Comune presenterà il portale in cui prenotare e, per le categorie previste, pagare. Con la procedura di registrazione si otterrà un QR code che dovrà essere esibito durante i controlli.

Chi verrà trovato sprovvisto di QR code potrà andare incontro a multe salate, dai 50 euro in su. Lo scopo, in sostanza, è di porre un deterrente agli afflussi indiscriminati di turisti che si mettono in moto a Ferragosto e a Capodanno pur sapendo di trovare una Venezia già intasata di gente.

Gli introiti potrebbero essere inferiori alle spese
Il ticket, almeno nella prima fase, secondo i conti del Comune, non dovrebbe portare utili alle casse del Municipio. Anzi, gli introiti potrebbe essere inferiori alle spese. Uno dei punti contestati dai contrari al ticket è che il provvedimento non fissa alcun numero limite di accesso alla città sulla laguna.

Si vedrà nei prossimi giorni se questa mossa convincerà i vertici dell’Unesco, riuniti a Riad, a non mettere ai voti lo “scivolamento” di Venezia nella lista dei siti mondali a rischio.

(NdR: in effetti il 14 settembre 2023 nella capitale araba è stata respinta la proposta di inserimento di Venezia nella danger list. In extremis infatti, come ‘asso nella manica’, era stata comunicata dalla delegazione veneziana l’approvazione, avvenuta due giorni prima, del regolamento definitivo per il contributo d’accesso, il “ticket” in sperimentazione dalla prossima primavera per gestire e limitare l’afflusso non programmato di visitatori giornalieri).

Montagna, sovraffollamento, ticket a pagamento
di Carlo Crovella

Cannibali in montagna ce ne sono sempre stati, probabilmente fin dagli albori dell’alpinismo. Ma in passato i cannibali, in valore assoluto, erano pochi e soprattutto diluiti in un numero di alpinisti complessivamente contenuto. In sintesi: per le montagne, poca gente in totale, fra cui qualche cannibale.

Ai giorni nostri il problema delle montagne è invece l’eccessiva e incontrollabile crescita del numero di cannibali all’interno di un complessivo iperaffollamento antropico. In sintesi: tanti individui e, fra questi, tantissimi cannibali. Ecco da dove derivano tutti i mali della montagna, quei tanti mali che io sintetizzo nella definizione di Circo Barnum (modello consumistico e spendaccione, senza nessun rispetto e anzi con un uso mordi e getta della montagna).

Il Circo Barnum rovina le montagne, né più né meno come fanno i turisti incontrollati e incontrollabili in luoghi fragili come Venezia. La città lagunare ha introdotto da qualche tempo il numero chiuso e prospetticamente lo renderà a pagamento.

Non stupiamoci se tale trend interesserà, primo o poi, anche gli itinerari sulle montagne. E’ inevitabile.

Vorrete fare il Cervino? Dovrete prenotare, ma non solo prenotare il pernottamento in capanna (anche quello andrà fatto). No, qui mi riferisco proprio all’ipotesi di prenotare il diritto di salire la via. All’atto della prenotazione verserete obbligatoriamente una cifra. Attenzione: non il costo per il pernottamento in capanna (quello è un altro costo, parallelo), ma sarà una vera e propria gabella per percorrere la via.

A chi detesta questa evoluzione (non certa, ma non escludibile del tutto, anzi… vista l’aria che tira), non resta che agire aprioristicamente per scremare le fila di chi accede alla montagna. Quantitativamente e qualitativamente: meno gente in assoluto e, soprattutto, molti meno cannibali.

La libertà del singolo in montagna dipende da quanto sono libere le montagne: più le carichiamo di esseri umani (specie se cannibali) e meno esse saranno libere. Per cui, se non si interviene, ci sarà sempre meno libertà individuale.

Ma, se si finirà così, non sarà colpa né delle montagne, né delle autorità che imporranno le gabelle o i divieti: sarà colpa di chi, fra le fila degli attuali sedicenti alpinisti, non si è contrapposto al trend in atto e, anzi, è felice se la montagna diventa ogni giorno di più un Circo Barnum.

Il commento
della Redazione
E’ vero, in queste stagioni la montagna è invasa da una folla di escursionisti e troppi sono i soccorsi per inesperienza: troppi partono per sentito dire, per imitazione, per suggerimento dei social.

Siamo però contrari al “numero chiuso” e anche alla “patente”, come più volte abbiamo avuto occasione di dire: occorre puntare su un’informazione massiccia e pervasiva per evitare i comportamenti pericolosi e a “effetto gregge”, suggerendo anche mete alternative e soprattutto regolamentando i costi del soccorso alpino in modo che questo non sia un servizio taxi.

Soprattutto non si deve pensare che, se Venezia limita il traffico al suo interno, ci si possa sentire autorizzati di farlo anche in montagna, luogo che deve rimanere “libero” per l’interesse di tutti.

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Sovraffollamento e ticket ultima modifica: 2023-10-10T05:50:00+02:00 da GognaBlog

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83 pensieri su “Sovraffollamento e ticket”

  1. @enri 74: si, quello era proprio il punto che intendevo suscitare – peraltro in termini dubitativi, perché non conosco l’ambiente è appunto per questo motivo chiedevo il vostro parere.
    Circa le “horror stories” relative agli scout in montagna (o in grotta, visto che di formazione sono uno speleologo), sono  certamente più vecchio della maggior parte dei partecipanti a queste discussioni, e quindi dispongo di un repertorio molto più ampio e variato. Però il punto non era  se lo scoutismo ossa insegnare ad andare  in montagna con sicurezza, quanto a farlo con un aproccio corretto e rispettoso..
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     

  2. Gli scout creano dei chierichetti, il Cai dei cajani.Possibile che non ci sia nessuno di normale?

  3. Mi pare che quando si parla di montagna e scoutismo si parta spesso e volentieri da un assunto errato: lo scoutismo è un metodo educativo che usa le attività in natura come strumento; nell’educazione alla montagna di cui si parla qui le attività in natura (effettuate in modo corretto) sono l’obiettivo e l’educazione è lo strumento alla base, quindi il paragone tra i due non ha senso.
    Il problema, semmai, dello scoutismo è che la sua organizzazione è lasciata ai vari gruppi, per cui se in uno ci possono essere persone formate alla guida, in un altro può succedere l’opposto.
    Inutile sottolineare quale tra le due possibilità faccia più rumore.

  4. No, io salterei completamente le Sezioni. La Commissione Centrale dei GG tratta e dirige direttamente i GG sparsi in tutta Italia (le Sezioni hanno solo il compito iniziale di creare, ciascuna, il suo GG). Funziona come per le Scuole del CAI: la CNSASA e la Scuola Centrale si interfacciano direttamente con le Scuole, mica con i presidenti sezionali. Se non si saltano le Sezioni, è inutile la Commissione Centrale: troppa burocrazia, tempi biblici e rischi di “telefono senza fili”, non so se mi spiego. Il modello nazionale dei GG deve essere, sul piano organizzativo, una replica del comprovato modello delle Scuole del CAI: ovviamente cambiano i contenuti.

  5. Carlo C., siamo d’accordo. Però un’altra Commissione Centrale? Le Commissioni poi producono documenti (vedi bidecalogo) che le Sezioni non applicano per i più svariati motivi… Ci vorrebbero anche sanzioni alle Sezioni, o qualcosa di simile…

  6. @ Cominetti al 75. Parole santissime Marcello! Chi non è passato da lì non può capire e non immagina neanche lontanamente la differenza.

  7. Appunto! Quel tipo di “alpinismo giovanile” è sbagliato e va archiviato. Ecco perché ci vuole una Commissione Centrale che fissi gli standard validi per tutti i GG d’Italia. Standard sia tecnici, in termini di sicurezza, sia di obiettivi educativ-comportamentali.

  8. Crovella, memoria corta? Ho lavorato 12 anni al CAI Milano!
    Enri – Personalmente non parlavo affatto di scalate, ma di “vivere l’outdoor”. Quando li incontro in giro come descritto, balza subito all’occhio che chi li guida non ha un minimo di formazione egli stesso. E visto che porta in giro ragazzini, può diventare molto molto pericoloso…

  9. Quando dico educare intendo alla vita tutta, attribuendo il giusto valore alle cose.La montagna non c’entra nulla. Potrà semmai essere una delle tante vie da intraprendere quando si sarà già grandicelli.
    Le gite di Enri non sono affatto educative.
    Alla base dovrebbe, secondo me, esserci il rispetto del prossimo, dei luoghi (tutti) e la loro comprensione.
    Ricordo che mio padre da piccolo mi faceva notare caratteristiche nelle persone che non ho mai dimenticato, sia che si fosse su una spiaggia che in montagna o in città. La fatica, quella poi, non andrebbe mai evitata e andrebbe semmai incentivata. Ne parlo spesso con i miei figli e ora che hanno tra i 18 e i 34 anni l’hanno capita.
    Sarò stato fortunato, non lo nego, ma credo di avere ricevuto un’educazione da mio padre e da mia madre, semplicemente esemplare, rilassata, naturale, ampia e umana. Delle cose che hanno determinato la mia vita fin da piccolo ho dei ricordi positivi, anche quando mi prendevo dei bei ceffoni. E ne ho presi, ma sentivo di meritarli. 
    Il merito, questo elemento così tanto evitato anche a livello politico. E’ una questione animale prima che sociale. Il merito equilibra tutto e tutti, è stimolante, crea motivazioni e produce energia vitale.
    Con buon merito si può anche dare qualcosa agli altri, perché non siamo tutti uguali.
     

  10. Credo che chi ha fatto cenno al possibile apporto educativo degli scout non intendesse per insegnare a scalare ma per coinvolgere i ragazzi (anche) in un modo di vivere il tempo libero più vicino alla natura (ed anche ad aspetti religiosi ma questo e’ un altro discorso). Non sono mai stato negli scout ma ho partecipato da ragazzo a qualche uscita di amici. Trovo che sia un’organizzazione positiva rispetto a molte altre situazioni in cui può’ trovarsi un giovane ( vogliamo parlare delle squadrette di calcio quando al sabato i genitori di squadre opposte si insultano  pur di far ragione al loro campioncino?). Quindi e’ un movimento che certo propone ai ragazzi attività’ in cui devono sbrigarsela e magari sopportare un bel po’ di freddo e fatica. Nulla comunque a che vedere con il sapere andare in montagna. Possono dare indicazioni sul trekking ma sulla scalata facile o ghiacciaio non hanno e non trasmettono alcuna competenza. Del resto non è’ un obiettivo dello scoutismo. Purtroppo capita che qualche capo scout si erga ad insegnante di alpinismo e allora sono dolori…. Ma non sempre accade.

  11. Non so di che alpinismo giovanile tu stia parlando (di che città…), ma quelli che conosco io non sono né infarciti di preghiere né fanno cose scriteriate (forse si sta parlando di decenni e decenni fa). Questa cosa dimostra quanto sia necessario un coordinamento nazionale dentro al CAI. ci deve essere una Commissione Nazionale che codifica cosa si fa e come lo si fa in tutti i GG delle Sezioni d’Italia. Sennò abbiamo sotto la stessa definizione “Gruppo giovanile o alpinismo giovanile” cose MOLTO diverse fra loro. Mi pare che la tanto deprecata (non da me) Presidenza Montani si sia mossa sul tema, creando un gruppo di lavoro specifico. Vedremo cosa ne verrà fuori.

  12. Mai stato nell’alpinismo giovanile del CAI. Ma ho avuto sotto mano per anni (lavorando nella Biblioteca a Milano), i loro “annuari”. Sebbene il CAI sia per Statuto un’associazione non confessionale, erano piene di preghiere e canti sacri. Guardando poi le foto delle loro uscite, sarò vecchio stampo, ma trenta ragazzini più o meno legati (senza imbraghi) alla stessa corda su un nevaio, a calzoni corti e magliettine estive, beh anche qui forse non ci siamo…

  13. Non sono stato né scout né “alpinismo giovanile”. Ma.. Ho incontrato alle Gallerie del Pasubio ancora un po’ innevate qualche giugno fa, tre o quattro scout che si scaldavano qualcosa su un fornelletto a gas. proteggendo la fiamma dal vento con un materassino di gomma di quelli che si usano per dormire. Non si erano nemmeno accorti che lo stavano fondendo… Un altro singolo scout sulle creste che vanno da Brunate a Bellagio, Prealpi lombarde, che aveva perso il gruppo e ha chiesto dove eravamo guardando la mappa. Ma la teneva al contrario… Val Febbraro, 1999, giornate piovose, il capo scout fa costruire le palafitte su cui dormire a pelo del torrente sotto una cascata. Tre morti… A me pare che i capi scout manchino loro di esperienza e/o formazione… E gli incidenti, per fortuna non sempre gravi, sono a bizzeffe . Che diavolo possono insegnare ai loro ragazzi?

  14. @Crovella (sbagliando s’impara):
    Tempo fa, quando descrissi più o meno l’attività che a mio parere dovrebbero fare i GG in tutte le Sezioni del CAI, mi hanno dato del fascista, per il mio “desiderio malato di voler plagiare i ragazzini fin da piccoli”.
    Rischiamo di andare non solo in OT, ma anche di buttarla sul personale, ma comunque:
    Ho accennato di aver avuto a che fare con lo scoutismo (da adulto e padre di famiglia, cioè essenzialmente come organizzatore) qui in Germania, dopo la situazione è molto particolare. Da un lato, organizzazioni giovanili di questo genere (non sto ovviamente parlando della HJ) hanno sempre avuto una fortissima propensione verso la natura e il suo rispetto. Ma dall’altro, oggi tutte queste organizzazioni – a parte quelle dichiaratamente emanazione delle chiese cattolica a protestante – sono tenute strettamente sott’occhio dalle autorità, per il timore di “derive” di estrema destra. Sin qui tutto bene, ma quello che succede è che qualsiasi tentativo di, appunto, “indottrinare i ragazzi”, spostando il discorso anche solo di un millimetro dal “facciamo sport all’aperto perché è divertente” fa squillare immediatamente certi campanelli di allarme, e puó provocare reazioni anche molto dure. Nel corso degli anni, ho visto diversi gruppi sciolti d’autorità e messi al bando dell’ “Ufficio per la Protezione della Costituzione”, a volte con motivazioni valide (se un’organizzazione si chiama “Viking Jugend”, non è difficile capire dove vogliano andare a parare) ma altre volte molto meno.  Il che, a mio modestissimo parere, tarpa proprio quel poco di bene che lo scoutismo potrebbe fare.
    Tornando in argomento, che il tipo di educazione e formazione di cui stiamo parlando si svolga solo prima dei 5 anni mi giunge davvero nuovo. Quella è semmai l’età in cui si impara a non farsela addosso e si comincia a saper maneggiare le posate, essenzialmente per imposizione esterna. Quello di cui stiamo parlando richiede invece come primissima cosa la ricettitività e l’interesse da parte del ragazzo, che non ho mai riscontrato prima dei 10-12 anni. Puó darsi che abbia sempre avuto a che fare con ragazzi particolarmente tonti, ma mi sembra discutibile.
    La scuola: che dovrebbe “anche” fornire una certa sensibilità alle problematiche ambientali non ci piove, ma dubito fortemente, per non dire escludo, che potrebbe svolgere la funzione formativa di cui stiamo discutendo. Questo per un motivo semplicissimo, e cioè che i ragazzi dell’età che ci interessa sono sopratutto, e per un istinto insopprimibile, alla ricerca di un’evasione e di un’alternativa dalla scuola e dalla famiglia. Se la scuola cominciasse a farsi carico di organizzare gite, tenere seminari ecc. queste attività verrebbero inevitabilmente percepite come dei compiti a casa aggiuntivi, uffa che barba. La chiave ds usare –  si tratti di scoutismo, GG CAI o quant’altro – consiste invece proprio nel dire ai ragazzi, “Vieni con noi! Farai cose che a scuola e a casa non hai mai fatto, e imparerai cose che nessuno ti ha mai insegnato!” . Quanto meno, io ho usato e visto usare questa chiave, e posso assicurare che suscita l’accettazione e l’entusiasmo della grande maggioranza dei ragazzi.
     
     

  15. “Io penso che sarà  la società e il vivere ad educare.”
    Ma guarda, stavolta hai proprio ragione: è la società ad educare.
    E infatti i tanto vituperati cannibali, gli alpinisti del mordi-e-fuggi, quelli che pretendono la montagna sicura, il menu à la carte con sound system e tutto spittato al metro sono proprio il prodotto maturo del consumista ideale educato da questa società.

  16. A leggerVi pare che un orfano o uno cresciuto in una famiglia non cristiana sia destinato alla maleducazione. Io penso che sarà  la società e il vivere ad educare. Anche perché l’educazione la si valuta solo con il confronto con gli altri. 

  17. Credo anche io che l’educazione in famiglia sia cruciale per la buona “riuscita” dei figli. Ma il punto è: quale educazione famigliare? Avevo 4 anni, mio padre mi portò sul mio primo 3000, 3 ore di cammino, bocca chiusa, si parla e si beve solo in vetta. Ma oltre a questo non ricordo in vita mia di essere mai andato a mangiare solo che una pizza alla sera con i miei genitori. Oggi? Non c’è nulla di male ad andare in pizzeria con i figli ma che modello di vita propone la famiglia? Va già bene quando ne vedo di organizzate, con scarpe da trekking e partenza per le gite con i pargoli al seguito, ma tutte le altre? quelle che vedi a prendere aperitivo con i figli, schiamazzando come se esistessero solo loro al mondo. Quelle che se porti un brutto voto a casa se la prendono con il maestro. Se in generale, spesso, sono primi i genitori a vivere di quello che fa persone irrispettose per l’ambiente, per nulla inclini al sacrificio o alla fatica, c’è poco da fare.
     

  18. Crovella concordo con te in quasi tutto ma bisogna insistere sull’educazione che proviene dalla famiglia.
    Logico che se abbiamo politici con il doppiomento imbolsiti dal benessere che inseguono, non andremo lontano.
    Un buon politico dovrebbe fare sport. Dilettantistico, o averlo praticato a buon livello, per conoscere il sacrificio dell’allenamento e della rinuncia, la fatica e l’armonia col proprio corpo e mente.
    E così sarà anche un buon genitore.  Mica è impossibile. Basta credere che la dimensione umana delle cose sia più importante dei ritmi da milanese imbruttito.
    Non bisogna guardare al modello odierno di più lavoro più guadagno,  anzi, iniziamo a vederlo come una sfiga. Qualcosa cambierà. 

  19. Se il timing chiave, anche nello specifico per l’educazione verso la montagna, è entro i 5 anni, tutti i discorsi che stiamo facendo sono inutili. Fino a 5 anni l’istituzione chiave è la famiglia, cioè l’educazione viene impartita principalmente (se non è il 100%, è il 98%) dai genitori. E’ vero, stiamo vivendo tempi in cui la famiglia è andata gambe all’aria e non c’è più (non c’è più in larga scala) quell’educazione generale che un tempo veniva trasmessa. Se è così, non sarà né il CAI né gli Scout né il sistema scolastico che potranno supplire all’assenza dell’educazione impartita dalla famiglia.
     
    E’ vero che c’è, oggi, una tara di fondo rispetto a come ci hanno educati i nostri genitori. manca appunto, su larga scala, l’educazione impartita dai genitori.  Ma allora abbiamo solo due ipotesi operative: o alziamo le mani e diciamo “non c’è più la famiglia di una volta e quindi in montagna andranno torme di cannibali, per cui il fenomeno è ingovernabile e incontrastabile”, oppure cerchiamo di mettere delle pezze, magari agendo su età leggermente superiori (io dico che, per l’educazione a come comportarsi in montagna, va ancora bene lavorare su ragazzi fra i 13 e i 18 anni). E qui il CAI può essere utile, ovviamente per i ragazzi che si rivolgeranno al CAI. Come il CAI possono esser utili mille altre organizzazioni, dagli Scout ai gruppi parrocchiali alle comunità laiche che operano nel settore.
     
    Discorso ancora diverso per l’inserimento sistematico nei programmi scolastici (della scuola “vera”, non delle Scuole del CAI) di temi di educazione ambientale, sia in classe sia sul terreno (uscite nei boschi ecc). In parole semplici, il lavoro che fanno i professionisti stile Gallese. Dovrebbe essere obbligatorio per ogni bambino/a, a prescindere dalla sua futura attività alpinistica. Ormai sapersi muovere con educazione nell’ambiente è un elemento che non si può più ignorare.
     
    Cosa frena l’inserimento di tali temi nei programmi scolastici. Due ostacoli: 1) soldi pubblici. Ho letto proprio qualche g fa che in Italia ci sono posti nei nidi infantili solo per 27 bambini su 100 (media nazionale, al nord un po’ di più, ma al sud di meno). Non è una magagna di questo governo, nessun governo ha mai voluto agire sul trema. Se non abbiamo soldi e voglia di costruire semplicissimi nidi infantili, ipotizzare che si faccia un salto di qualità nei programmi scolastici è abbastanza velleitario. 2) ma l’ostacolo principale è nelle lobby del mondo consumistico. Infatti cittadini più rispettosi dell’ambiente e dalla relativa educazione (nel senso proprio di comportarsi in modo educato) NON richiederanno i classici stereotipi consumistici (per la montagna: apericena in quota con cubiste, jacuzzi filo neve, cucina stellata nei rifugi, impianti a go-go…ecc ecc ecc). Quindi meno consumi, meno incassi, meno business. Se non estirpiamo questo cancro, non risolveremo mai il problema.

  20. L’educazione viene acquisita dai bambini nei primi 5 anni di vita.
    Lo scoutismo inizia a 6, se ben ricordo, e quindi è tardi. Ammesso che funzioni. Io ho fatto lo scout e ricordo solo tante preghiere e discorsi sull’esistenza di dio e i capi che ci provavano con le ragazze. Tante belle gite, per carità, ma tutto ruotava attorno a quanto sopra.
    La famiglia, secondo me ha un ruolo insostituibile in tal senso.
     
    Non vuol dire che devi avere dei genitori alpinisti ma semplicemente che riescano a farti capire il valore delle cose nel giusto ordine. La montagna è una di quelle e il modello è applicabile a tutte le cose della vita. E poi uno va…

  21. Ah… ma figurati, la storpiatura del nome non è niente rispetto a quello che mi dicono abitualmente. Ho le spalle robuste. Tempo fa, quando descrissi più o meno l’attività che a mio parere dovrebbero fare i GG in tutte le Sezioni del CAI, mi hanno dato del fascista, per il mio “desiderio malato di voler plagiare i ragazzini fin da piccoli”. Sono curioso di vedere come inventeranno questa volta. Buonanotte!

  22. E, aggiungo, ormai i danni sono stati fatti, qui si discute sul salvare il salvabile, ma tra decenni, forse!
     
    State parlando di CAI, ma forse molti dei lettori qui presenti non si rendono bene conto di quello che succede nella rete: un video (adesso si chiamano reel) su Instagram di una bella gnocca che percorre una ferrata, viene visualizzato da più gente di quanti possono essere i partecipanti a 1000 serate degli alpinisti più noti del momento, con la differenza che chi va a vedere la serata in genere è già attratto dal tipo di attività. Su IG questi reel raggiungono tutti, con le conseguenze che si possono immaginare. Gli effetti devastanti di IG si vedono ovunque, anche a livello locale, non solo in montagna. Torrenti mai considerati da nessuno dove in estate c’erano parcheggiate 4 macchine, che oggi sono presi d’assalto da centinaia di individui, con tutta la conseguente maleducazione, urla da spiaggia e sporcizia. Altro che CAI.

  23. CAI e scoutismo possono incidere sull’1% dei giovani che usufruiranno dell’ambiente montano e naturale in senso lato, e in ogni caso le famiglie che spingono i figli in questo tipo di attività hanno già un’ impostazione di vita volta al rispetto dell’ambiente. È nella scuola che vanno indirizzati tutti gli sforzi possibili. Non conosco i programmi scolastici della scuola primaria, ma mi auguro che oltre ad una robusta educazione ambientale sia prevista soprattutto un’educazione all’utilizzo di Internet e dei social, o che comunque si muova di pari passo con quella che è l’evoluzione di questo mondo che è sempre più rapida. E per fare questo sono necessari insegnanti molto preparati ed aggiornati, cosa che non si può pretendere per ovvie ragioni da molti di questi in età di pensionamento. Contare sulle attività extrascolastiche, come insiste a sostenere qualcuno, non risolverà certo il problema.

  24. Musica per le mie orecchie dal commento precedente. Io credo molto nel compito di educare i ragazzi fin da piccoli, intendo fra i 12-13 e i 16-18. Azzeccato che le Scuole CAI prendono dai 18 anni in su e quindi trattano individui che, sul piano co.portamentale, sono già formati o in un senso o nell’altro. Per i ragazzi in età adolescenziale io credo molto nei Gruppi Giovanili del CAI. A Torino abbiamo una tradizione che storicamente parte dai primi del 900 e quindi vanta circa 120 anni di attività. Non è l’unica esperienza in tal senso del CAI in tutta Italia. Si dovrebbe però arrivare a un modello nazionale: proprio come ci sono le Scuole CAI, per ogni disciplina, dai 18 anni i  su. In ogni sezione CAI ci dovrebbe essere un Gruppo Giovanile che segue standard di educazione alla montagna. Tali standard dovrebbero essere definiti ed eventualmente aggiornati (se del caso) da una Commissione Nazionale. Il concetto è che non ci devono essere differenze nel messaggio educazionale fra una Sezione e l’altra. Un  ragazzo  percorrera’ lo stesso itinerario educazionale a prescindere che sia del CAI Bressanone o del CAI Napoli. Cosa si fa in questi Gruppi Giovanili? L’obiettivo non è acquisire nozioni tecniche, per quelle ci penseranno le Scuole dopo i 18 anni. Nei GG (Gruppi Giovanili) innanzi tutto si impara a stare insieme, a fare una gita insieme, cosa che si sta prendendo nell’attuale società tecnologica, dove gli individui si parlano solo più via Whats App. Stare insieme significa imparare un concetto di base: ovvero che io non ho soltanto diritti ma anche doveri. Doveri che si estrinseca nel rispetto delle esigenze altrui. Guardando in  giro, si vede chiaramente che il cannibalismo dei giorni nostri è conseguenzastri a concezione basata solo sui diritti individuali. “Io ho questa esigenza e quindi la concretizzo, senza preoccuparmi delle ripercussioni sugli altri”. Bisogna educare i ragazzi a ragionare in modo diametralmente opposto. Questa è la base e fin qui non c’e’ differenza di obiettivo fra i GG e un oratorio parrocchiale o una scuola statale. Ma i GG devono aggiungere  un tassello: l’educazione a sapersi muovere adeguatamente in ambienti l’outdoor. Ribadisco: non è un concetto tecnico, ma etico e comportamentale. Dapprima i ragazzi vengono portati in un bosco, poi oltre il limite degli alberi nei prati e nelle pietrame, poi le prime crestine dove appoggiate le mani. Forse qualche uscita su nevai, se ci saranno ancora. Dormire in rifugio e’ invece una tappa fondamentale: sapersi preparare lo zaino, devi avere tutto il necessario, ma niente di superfluo. Imparare a vestirti, senza che ci sia la mamma a dirti cosa fare. Poi devi imparare a dormire fuori, a mangiare insieme agli altri. Come vedete fin qui non si parla né di gradi né di corde né di spit (o di sci o di ramponi). Quindi la domanda base e’: che differenza c’è fra i GG del CAI e gli Scout? Potrebbe anche non esserci alcuna differenza. Io la vedo nel senso che l’educazione impartita da GG è già proiettata a una successiva frequentazione tecnica della montagna (alpinismo, arrampicata,scialpinismo: deciderà poi ogni singolo ragazzo in fu zione del suoi gusti), mentre quella degli scout è più generale. Chi si dedica ai GG del CAI è un adulto che e’ (o e’ stato) un alpinista/arramoucatore/scialpinista/escursionista e quindi sa dare un taglio educazionale molto marcato alla futura fruizione che i ragazzi esprimeranno in modo maturo e rispettoso verso la montagna (Cmq lo scoutismo è molto meglio di niente, anche per un futuro alpinista). Maggiori approfondimenti si trovano in un mio articolo uscito su Lo Zaino n.19, primavera 2023. Ciao!

  25.  @Enri:
    Non so se abbia qualcosa a che fare, ma mi piacerebbe saperlo, e appunto per questo ho formulato la domanda. Chiedevo se, in base alle vostre esperienze e percezioni, lo scoutismo – cosí come è praticato oggi in Italia, possa o non possa svolgere un ruolo positivo nel processo per educare i ragazzi/giovani alla comprensione, l’amore e il rispetto per la montagna, sia in sè stessa e sia come ambiente per la crescita personale. Penso e spero che qui si sia tutti d’accordo che questa educazione, e non certo le proibizioni, i patentini o i biglietti d’ingresso, sia il fattore principale per ridurre, se non il sovraffollamento in sé, quanto meno i suoi aspetti peggiori, e per eliminare il “cannibalismo” (il termine mi piace e spero di non infrangere un copyright usandolo).
    Ma comunque, la mia non è solo curiosità intellettuale, perche penso invece che si tratti di un punto molto importante. Sono infatti d’accordo con Crivella, avendolo sperimentato personalmente, sul fatto che il processo di educazione/formazione debba iniziare il più presto possibile, e sopratutto concentrarsi nell’arco dai 10-12 ai 16-18 anni di età, che sono quelli chiave per porre le basi del carattere e dei comportamenti. Dopo, è quasi sempre troppo tardi. Le Scuole CAI (o altre concepibili strutture analoghe), che pressoché per definizione cominciano in termini di età dove lo scoutismo finisce, rischiano di trovarsi a dover lavorare su un “materiale umano” che è magari interessato ad imparare ad andare in montagna bene e con sicurezza, ma che tende a respingere qualsiasi tentativo di impostare discorsi, che vadano un po’ più in là rispetto alle tecniche e ai materiali.
    Lo scoutismo potrebbe quindi fornire una significativa preparazione propedeutica, ma lo fa?
     

  26. @Luciano Regattin:
    no, affatto, semmai il contrario. Volevo sottolineare come l’impulso a controllare il comportamento altrui, anche se magari basato su motivazioni giustificate e condivisibili, possa portare a situazioni assurde e negative. L’ alpinismo stile sovietico, se davvero funzionava così,non differisce poi tanto da quello che certi “ecologisti” vorrebbero imporre.
     
     

  27. …in caso affermativo risolveva indubbiamente in modo drastico i problemi di affollamento e “cannibalismo”.
    54. Per ogni problema c’è una soluzione, semplificando per andare al sodo in alcuni casi questa viene discussa, in altri imposta. Mi pare di capire che lei preferisce la seconda soluzione.

  28. Prima le cose facili: visto che si batte molto (e credo giustamente) sul tema della formazione dei ragazzi, cosa ne pensate dello scautismo in Italia? Serve allo scopo, e’ inutile, fa più male che bene? Me ne sono occupato un po’ in Germania dove vivo, e ho le mie idee in proposito, ma non conosco la situazione in Italia e i vostri pareri mi  interessano.
    Andando sul difficile: c’è qualcuno che  abbia praticato alpinismo in URSS negli anni ’60/70? All’epoca lessi un articolo su una spedizione nel Caucaso, che descriveva un sistema per cui per praticare alpinismo bisognava obbligatoriamente essere in possesso di un patentino che specificava il livello di difficoltà che si era in grado di affrontare, e ogni salita doveva essere preceduta da una richiesta di autorizzazione. L’ autore (credo fosse Gianni Calcagno) era chiaramente in bilico tra l’orrore che la cosa gli ispirava, e l’obbligo da bravo comunista di non criticare mai l’URSS. Non so se la cosa fosse del tutto Vera, ma in caso affermativo risolveva indubbiamente in modo drastico i problemi di affollamento e “cannibalismo
     
     
     

  29. Carlo Crovella, mi spiace, non criticavo te. Ho colto la frase come occasione. Grazie.

  30. il ticket serve solo a dare posti di lavoro e soldi a cooperative farlocche che assumono gente che non ha voglia di fare un c@##o, di solito parassiti che stanno li a chiederti un fiorino (cit.). All’ambiente non serve, all’affollamento non serve. Serve solo a distorcere un principio di cosa voglia dire Res Publica, a dare posti di lavoro a quelli che vengono scartati come guardie giurate e sono figli di, amici di e parenti di. Si chiama voto di scambio. I ticket sui terreni che valgono, automaticamente inducono le amministrazioni ad abbandonare e trasformare in discariche de facto i terreni non “vendibili”. 
    A seguire, siccome “la gente” in cambio di soldi vuole l’accessibilità totale, verranno costruiti sentieri a norma e in sicurezza (dio mio aiutami tu!), un centro di rianimazione, un servizio guida obbligatorio e la possibilità di accesso prima alle jolette, poi alle ambulanze e infine al traffico regolare. E il anche il gran Sasso diventerà un luna park… Mentre a Prato Selva, che non si caga nessuno, una bella discarica di pile esauste… abusiva ma a pagamento.
    Per fortuna ho più di mezzo secolo e tra un (bel) po’ me ne andrò in pensione, spero prima fuori dalle balle e a seguire al creatore; sono sinceramente dispiaciuto per i giovani che si troveranno a vivere in un mondo sempre più di merda.

  31. Paolo, sarà come dici, ma ricordo benissimo mio padre, a nome dell’ANPI milanese di cui era vicepresidente, senza nessuna esperienza pedagogica, andare nelle scuole medie a parlare di Resistenza e leggere poi le lettere di ringraziamento che i ragazzini gli scrivevano per avergli fatto conoscere un periodo di cui nulla sapevano o quasi… Semplicemente e umilmente parlando e raccontando. Se ci vai con la “superbia” di chi si crede chissà che o chi, ovvio che non ti cagano neppure di striscio…

  32. E’ un modo gentile per dire che apprezzo il lavoro che fai. Ciao!
     
    (mi pare, qui, di esser uno dei pochi, se non l’unico che lo dica apertamente)

  33. A proposito, se si parla di me, non mettiamo frasi tipo “nobili intenzioni”. Sono un professionista dell’educazione e della formazione docenti 25 anni. Non si tratta di nobili intenzioni ma di una azione capillare, difficile e necessaria. Con la giusta mediazione delle esigenze e delle problematiche che la scuola pone.

  34. Perdonatemi, ma nelle scuole va benissimo. Tuttavia il CAI ha la potenza necessaria ad avere l’appoggio di USR e ministero, ma non la competenza di entrare nelle classi. Ci vuole la mediazione di enti intermedi che abbiano la competenza pedagogica e una corretta dimestichezza con la didattica corrente. O non serve a nulla. È un elefante in cristalleria. Entrare in classe non si improvvisa e non è un corso CAI per bambini. Vorrei riflessione e apertura da parte del CAI su questo aspetto e non un “arriviamo e facciamo tutto noi che siamo il CAI”. Perché l’ho già visto accadere e con risultati scarsissimi.

  35. Credo che il problema sia: come cominciare? In molti qui credo siano d’accordo sul fatto che un esempio concreto potrebbe darlo la più grande associazione “montana” italiana. E non con decaloghi o lettere aperte, ma nei fatti… Anche nelle scuole: quante sezioni si sono mai prese la briga di contattare provveditorati o presidi? Qualche anno fa sono stato invitato in un liceo di Saronno a parlare di montagna e a organizzare una gita. Non come sovio CAI ma perché in qualche modo sapevano chi ero…

  36. Non mi pare proprio di aver mai detto che il CAI deve essere l’UNICO ente che si occupa di educazione. Ho detto che ANCHE il CAI deve fare la sua parte e forse dovrebbe farla ancor di più. D’altra parte da un lato c’e’ Migheli che dice “cosa fa il CAI?”, sostanzialmente rinfacciadogli che fa poco o forse nulla. Dall”altra si dice al CAI “vade retro!”, come se fosse Satanasso in persona. Allora decidetevi: cosa pretendete dal CAI? Cmq è in questo stallo che si annida la causa del mancato intervento educativo. Finché non superiamo lo stallo di chi considera “fascista” l’idea di educare i ragazzini, non lo si fara’ mai (con buona pace delle nobili intenzioni, stile Gallese) e ci troveremo torme crescenti di adulti ineducati e, a quel punto, ineducabili.

  37. @ 43
     
    Per fortuna che ogni tanto interviene Claudine a ingentilire il dibattito con la sua pacatezza e le sue parole sagge e educate.
    Merci, Claudine! 🙂🙂🙂
     

  38. J’espère que ceux qui se retrouvent dans la foule , en montagne, sont contents ;
    autrement, c’est qu’ils n’ont pas bien cherché leur destination !
    Quant à Venise, je suis très inquiète pour elle.

  39. Si, le Scuole CAI… A Milano, la Parravicini va “sold out” perché mancano gli istruttori…  Ma poi tanto le Sezioni organizzano gite sociali domenicali da 50/58 persone, un pullman, e a volte di più, due pullman. Dove? Al 90% in zone conosciute, belle, ma già superaffollate. Poi, altra, mercoledì di solito, per i senior, tra le 50 e le 80 persone, in zone più soft, quindi ancor più frequentate… Ma se le Sezioni non organizzano gite, non incassano un granché e non posso farle, ovviamente, a 4 ore di pullman… Altro, sempre CAI. Andate a dire alla Sezione di Auronzo  che il loro rifugio omonimo deve diventare spartano o chiudere la strada ecc. ecc. E quanto sono i rifugi CAI così (macchine da soldi) sull’arco alpino? 

  40. Manca la categoria forse più diffusa:  Quello che fa il IVº con passaggi di Vº  che risale un ghiacciaio e sa tirar fuori l’amico quando cade, che sa se scendere un pendio con grado 3. Che segue e spia le guide e ne legge i manuali che non può pagarne una. Quello che si intende un po’ di geologia, geomorfologia e botanica.
    Insomma quel medio alpinista medio di cui scrisse mi pare Camanni su un alpe veneta di molti anni fa

  41. Manca la categoria forse più diffusa:  Quello che fa il IVº con passaggi di Vº  che risale un ghiacciaio e sa tirar fuori l’amico quando cade, che sa se scendere un pendio con grado 3. Che segue e spia le guide e ne legge i manuali che non può pagarne una. Quello che si intende un po’ di geologia, geomorfologia e botanica.
    Insomma quel medio alpinista medio di cui scrisse mi pare Camanni su un alpe veneta di molti anni fa

  42. Ovviamente l’elenco è suscettibile di aggiunte, correzioni e proteste.

  43. LA LIBERTÀ VIENE PRIMA DELLA SICUREZZA! Parole sante.
     
    Certo che se pensiamo, come Crovella, che debba essere il Cai l’unico ente che educhi i cannibali (perché il grado inferiore al caiano è quello di cannibale) andiamo bene. Siamo semplicemente fuori dalla realtà. 
    Anzi proporrei una graduatoria:
    -poppante
    -giapponese in trench e mocassino
    -signora brianzola (o molanese)  ingioiellata, bisnipote di proprietario di casa a Courmayeur. 
    -manager lombardo con casa a Courmayeur.
    -manager lombardo con casa a Courmayeur cliente di guida alpina (di Courmayeur)
    -socio Cai basico. (Riceve rivista e ha l’assicurazione)
    -socio Cai, escursionista e/o mountain bike e/o fondoescursionista.
    -frequentatore occasionale di muro arrampicata indoor.
    -socio Cai che fa sicura in falesia con le scarpette da arrampicata ai piedi.
    -cannibale.
    -socio Cai attivo e militante.
    -istruttore del Cai (di ogni tipo)
    -alpinista iscritto al Cai solo per l’assicurazione recupero/soccorso.
    -alpinista della domenica
    -arrampicatore sportivo fino al 6c.
    -guida alpina
    -alpinista estremo.
    -Dio  (de esiste)

  44. Attenti che questo Mondo diventera’ un Inferno, grazie alle buone intenzioni. Un giorno dovremo pagare anche per avere la Patente per fare il bagno a mare. Cosi’ ,,, ” per salvare vite umane”. Piantatela. Meglio lasciare la gente libera di precipitare dalle rocce che impedire a chi non ha soldi di andare dove ha diritto, da uomo libero, sul proprio suolo patrio. La Liberta’ viene prima della sicurezza, lo Stato non e’ la Mamma che si deve impiccare di tutto. 

  45. Ho più volte scritto che la portata educativa del CAI potrebbe essere risolutiva, ma occorre che gli “allievi” siano consapevoli e desiderosi di farsi educare. Ce ne sono, fatti così, e difatti le Scuole CAI (di ogni disciplina e difficoltà) spesso sono “sold out”. Salvo rarissime eccezioni, chi frequenta (specie per più anni consecutivamente) una Scuola CAI, ne esce “educato”, non solo nel senso che sa come ci si lega e come si fa sicura, ma soprattutto ha interiorizzato “come si approccia la montagna e come ci si comporta una voltà lì”. Molto difficile che da una Scuola CAI escano dei cannibali.
     
    Il problema è che i cannibali bin si iscrivono alle Scuole del CAI perché NON vogliono farsi educare e, anzi, si fanno belli del loro atteggiamento ribelle verso chi potrebbe educarli (ovvero il CAI). La  diffusione del termine “caiano” (che, nella testa di costoro, è l’antitesi di cannibale e indica noioso, pedante, istituzionale, servo del sistema…) la dice lunga. Per cui io concludo che o cannibali di oggi sono “ineducabili” ma NON per incapacità/indisponibilità del CAI bensì per loro preciso rifiuto a farsi educare.
     
    Tema ragazzi/bambini: da anni sposo anche io l’idea di educare all’outdoor i ragazzini. Anni fa (direi a memoria 8-10) ho letto uno studio dell’ISTAT in cui si sosteneva che il 70% degli scolari delle elementari NON viene mai portato in un bosco. Neppure per una passeggiatina di mezz’ora  a raccogliere castagne. I genitori, per esempio, preferiscono portarli la domenica pomeriggio nei centri commerciali (o altri esempi del genere). Chiaro che bimbi del genere, quando per età e prestazioni atletiche, accedono alla montagna introno ai loro 20 anni circa, si comportano sui monti come se fossero in un centro commerciale, senza capire la differenza. Solo che, a quel punto, sono ormai “persi”, cioè sono cannibali “ineducabili” (salvo rarissime eccezioni, che statisticamente non rilevano).
     
    Quindi è fondamentale lavorare sui bambini/ragazzini, anche prima dei 10 anni. A Torino abbiamo un’antichissima tradizione di attenzione educativa ai ragazzi. Se vogliamo, risale addirittura a prima del CAI e verte a 360 gradi su tutta l’esistenza (per fare un esempio: don Bosco e i Salesiani ecc). Quindi grido a gran voce: “viva i Gruppi giovanili dei CAI!”. Ma anche qui: sono i genitori che iscrivono i propri figli e, in assenza di tale scelta, i figli crescono “ineducati” alla montagna finché diventano ineduvabili e persi per sempre. Andrebbe istituzionalizzato, come penso intenda Gallese, un lavoro a tappeto nelle scuole, NON le Scuole del CAI, ma proprio le scuole normali. Allora sì che avremmo prossime generazioni capaci di crescere con il senso del rispetto verso l’ambiente. Cosa ci frena? A parte l’assenza di risorse finanziarie, male endemico di ogni risvolto della vita italiana, verifico che c’è un significativo freno ideologico da parte della frangia anti-istituzionale (freno emerso anche qui sul Blog in passato). Mi si accusa di proporre un sistema “fascista” che indottrina i bambini da piccoli…
     
    Guarda caso, chi mi lancia queste accuse ( a me o a chi si occupa dell’educazione ambientale dei più piccoli), spesso è chi fa della sua libertà e della ribellione il suo mantra di vita. La libertà individuale ed egocentrica di fare tutto quello che si vuole: è l’antitesi dell'”educazione, del processo educativo (che ha invece, come assioma di base, la capacità consapevole di sapersi limitare e di saper rinunciare). E’ questo “freno” il vero problema, il nocciolo centrale del cancro: se non assottigliamo queste specifiche fila, ogni discorso (anche nobilissimo come quello di Gallese) non vedrà mai concretizzazione. E resteremo nella situazione attuale,. la quale, peggiorando ogni giorno, ci porterà al punto di rottura.

  46. Luciano, è possibile che io pecchi di ingenuità; e in effetti non sono su nessun social (e me ne guardo bene). E non sono neppure iscritto al CAI. Però seguo le iniziative dell’ente; e a parte meritorie iniziative come il Team Eagle, che però sono elitarie e al massimo avvicineranno qualche giovane all’arrampicata, non mi pare che -pur disponendo di una rete capillare di sezioni e sottosezioni sul territorio alpino- il CAI eserciti un compito fattivamente educativo, che magari, come sottolinea giustamente Paolo Gallese, parta proprio dalle scuole. La conseguenza sono le mandrie umane incolpevolmente ignoranti, di cui ci stiamo lamentando.

  47. Mi spiegate perché quando dico che bisogna lavorare sui bambini, soprattutto nelle grandi città, non mi caga nessuno?
    Siete solo preoccupati dalla vostra personalissima libertà di andare in montagna.
    A volte qui non siamo così diversi dai merenderos che critichiamo.

  48. Scusa Antonio ma il tuo commento pecca di ingenuità, forse perché non segui i social (non che sia un difetto, beninteso!). Hai provato a sondare quanti tra quelli che hai visto al Grostè sono iscritti al CAI o ne hanno sentito parlare? Oppure preferisci che ti legga l’ultimo post (e relativi commenti) che mi è passato sotto gli occhi su Instagram (molto centrato sull’argomento)? Perché se pensiamo ancora che l’educazione alla frequentazione della montagna sia compito del CAI, siamo lontani anni luce dalla realtà del mondo d’oggi.

  49. Marcello, non sai quanto ti invidio per il lavoro che fai (invidia buona eh 🙂 )
    Purtroppo lavorando devo andare di domenica o sabato ed è sempre ressa anche se mi alzo prestissimo poi ridiscendo con il gregge che sale… che caos.

  50. Tre piccoli esempi derivanti da esperienze personali: (1) Dolomiti del Brenta, luglio 2023: un circo Barnum di persone spalmate tra funivia, sentieri e  rifugio (?) Graffer; (2) Napoli, dicembre 2022: tre isolati di coda per vedere il Cristo velato del Sanmartino (dubito che il 99% delle persone in coda abbia mai visto una scultura di Donatello, Michelangelo o Bernini); (3) Torino, ottobre 2023: trecento persone in coda per assaggiare il “cubo” alla Farmacia del Cambio (una pasticceria alla moda).
     
    Tre esempi di come il meccanismo  degli “influencers” possa produrre movimenti di masse inconsapevolmente “ignoranti”, per assenza di modelli culturali alternativi.
     
    Il rimedio? L’educazione. Nel caso dell’ambiente alpino, cosa fa -fattivamente- il CAI (da tutti considerato il punto di riferimento in Italia per quanto attiene il rapporto essere umano-montagna)  per promuovere un’educazione al rispetto e alla corretta fruizione dell’ambiente montano? Cosa fa per frenare non solo la presenza delle centinaia di esseri umani chiassosi al Graffer, ma anche la degenerazione del meccanismo di sfruttamento delle risorse ambientali da parte delle consorzierie locali, che è palesemente attivo su tutto l’arco alpino e che produce i movimenti di masse che stiamo vituperando? Ha mai preso posizioni scomode e anti-sistema, come ci si dovrebbe attendere da un’associazione che ha a cuore la salvaguardia dell’ambiente montano? Credo che nella discussione generale di questi problemi sia del tutto silenziosa la voce di chi invece dovrebbe farsene carico “per statuto”. Allora, inutile lamentarsi di chi sale in ciabatte alla Capanna Margherita perché la Ferragnez di turno l’ha fatto la settimana prima. Il CAI si occupi innanzitutto di promuovere con tutti i canali a disposizione il rispetto e l’educazione alla montagna; il resto seguirà.

  51. Ma sono pessimista sui tempi. 
     
     
    sara’ molto presto invece. 
    Il mantra di chi governa il mondo è il controllo su tutto e tutti. Il controllo lo hai se leghi all’energia elettrica tutto… casa, auto, etc. 
    E come fai a controllare? beh facile, ti staccano la corrente e tu sei morto in buona sostanza. Quindi sei ricattabile e quindi controllabile.
    E come fai a passare all’elettrico?
    Beh difficile i mitra… molto probabile la normativa (vedi direttiva case green, che è un abominio verso la liberta’ e la proprieta’ privata) e certo mandando il prezzo del petrolio alle stelle. 
    E come fai? ma quale miglior cosa di creare un bel conflitto contro una superpotenza del petrolio (l’Iran). 
    Non tra generazioni, ma tra qualche anno voi non potrete piu’ fare il pieno di benza. E fisiologicamente passerete alle auto elettriche NON DI PROPRIETA’ ma le noleggerete con lo smart. Vaimo ha gia’ i suoi taxi a guida autonoma FULL. La tecnologia ha fatto passi da gigante e li sta facendo. 
    Tra 10 anni voi con lo smart chiamerete l’auto a noleggio e ci andrete.
    E voi mi direte… beh noleggeremo l’auto per andare in montagna…
    Beh intanto dubito che ti faranno andare da solo ma dovrei usare un car sharing, e poi c’è la tracking della co2.
    Tu avrai un borsello di co2 mensile da utilizzare… ed ho il netto sentore che sara’ bassetto come budget
    Ah chi crede che Hamas abbia agito in autonomia non capisce un emerito azzo di come funziona il mondo.
    Il Mossad è il piu’ efficiente servizio segreto, figurati se non sapevano, inoltre hanno agito nel WE, a mercati chiusi… che cari… vorrei proprio sapere chi ha acquistato derivati sul petrolio nell’ultima settimana… 
    Un altro esempio che siamo in una truffa legalizzata….
    il diesel l’avete visto è andato su per 4 mesi. Nei mercati internazionali quando Putin ha detto di non esportare piu’ diesel i derivati hanno perso il 20%. Perchè questo? perchè la grande finanza e i grandi speculatori sono chiaramente stati avvisati prima…
    E voi credete ancora al Sole 24 Ore, Corriere della Sera, Repubblica, e ai Tiggggì… 
    Un caro saluto …
     
     

  52. Il sovraffollamento è un problema ferragostano. Ovunque. 
    Poco fa sono sceso dal Rif. Dalmazzi alla Val Ferret.  Tempo splendido. Una sola automobile oltre la nostra. Visto nessuno per 2 giorni. Parcheggi gratis.
    Ma dove sono gli appassionati? Quelli pronti a criticare i cannibali?
    Fate ridere, rendetevene conto. 

  53. Sono ottimista nel senso che prima o poi ci sbatteremo il naso e prenderemo la strada giusta perché non tutta l’umanità’ e’ cosi cretina […]”
     
    Sogni mostruosamente proibiti (cit. Fantozzi Ugo).

  54. Sono sempre stato d’accordo sul rendere scomoda la montagna. In questo senso leggevo nei giorni scorsi del rifacimento del Bivacco Bossi alle pendici della Cresta di Furggenn al Cervino, tipico luogo a cui più o meno nessuno andrà’ mai, a proposito di montagna scomoda. Il punto è’ come realizzare il progetto montagna scomoda. Siamo in minoranza, dobbiamo ammetterlo. La maggioranza desidera rifugi ben forniti di birra e confort, perlomeno non li disdegna ( personalmente anni fa sono rimasto così disgustato da un we al rifugio Gnifetti che non ho intenzione di dormire mai più in quel tipo di rifugio che si chiama Gnifetti, Quintino Sella, Vittorio Emanuele, Chabot, Gouter….). La maggioranza va a sciare in pista in inverno e figuriamoci se si fa il problema se sia giusto o meno sventrare il vallone delle Cime Bianche: quando ciò’ dovesse accadere direbbe “ che bello, che si va sci ai piedi da Cervinia ad Alagna”. La maggioranza prende la funivia per andare al Breithorn e non si è’ nemmeno accorta che nel frattempo ne hanno costruito un’altra…
    Chi governa deve prendere voti e quindi prende decisioni di brevissimo periodo, cioè’ quelle che ai locali possono far entrare più’ soldi: quindi più impianti, più’ marketing, più’ attrazioni di massa (musica, alcol, cibo, confort come in un resort di Dubai).Sono ottimista nel senso che prima o poi ci sbatteremo il naso e prenderemo la strada giusta perche non tutta l’umanità’ e’ cosi cretina da non capire che questo modello turistico sta creando un mare di guai.
    Ma sono pessimista sui tempi. Non vedo che questo possa accadere a breve, anzi penso che ci vorranno decenni e cambi generazionali. Noi possiamo indicare la strada è fare il possibile, ognuno secondo quello che ritiene meglio. E non dobbiamo demordere almeno nelle intenzioni. Se qualcuno sa come realizzare il progetto montagna scomoda in un lustro lo dica.

  55. Numero chiuso e ticket, per quanto mi riguarda, alimenteranno solo il turismo elitario e qualunque luogo non sarà fruibile da un semplice cittadino.

     

    Per evitare il sovraffollamento di Venezia, per esempio,, basterebbe limitare l’accesso alle grandi navi da crociera o al numero di bus, lasciando spazio al turismo individuale.

     

    E lo stesso si potrebbe fare per altri luoghi.

  56. Educare è un compito nobile e difatti lo faccio da una vita, non solo in montagna, ma anche nel lavoro, nella vita civile, in famiglia ecc. Solo che è necessario che gli “allievi” siano disponibili ad apprendere, sennò son parole al vento. Mentre chi si iscrive ad una Scuola CAI compie una scelta consapevole e cerca di imparare per evolversi, la massa, che oggi assale la montagna, rifiuta ogni forma di insegnamento, anzi si fa bella proprio della sua ribellione. Ecco perché io affermo che sono “ineducabili”.
     
    Quanto da dove si comincia per render scomoda la montagna, l’ho scritto mille volte: qui sul blog almeno dal 2019 (4 anni!). Mannaggia! E poi c’è sempre qualcuno che protesta perché mi ripeto… ma se ci sono i distratti che non sanno/non ricordano o fanno finta di non ricordarsi solo per provocare… Cmq, sintetizzo. Incominciamo a NON mettere nuovi impianti, nuove strade, nuovi rifugi e nuovi bivacchi, nuovi spit, nuovi cartelli… Poi, piano piano, passeremo a fasi successive: smontare impianti esistenti, rifugi e bivacchi non necessari (quindi solo “commerciali”), strade superflue, chiudere le testate delle valli (poche navette pubbliche in sostituzione), via la cartellonistica, via le mode consumistiche tipo aperitivi con cubiste, cucina stellata, piumini profumati alla lavanda (ho letto anche questo in una pubblicità di un rifugio!). Una montagna così scoraggia i consumisti, quelli del tutto e subito, del mordi e fuggi. Piano piano se ne andranno altrove.
     
    Circa mie scelte, anche qui devo ripetere cose già dette mille volte. Sono diversi anni, non ricordo quanti con esattezza ma dire una dozzina , che mi autolimito nel numero annuo di uscite in montagna. Per senso di responsabilità. Anziche andare tutte le domeniche, come decenni fa, per scelta faccio gite una domenica sì e una no. Trica e branca metà uscite annue: 30-35 contro un potenziale di 60-70 (domeniche più qualche gg di ferie). Se tutti facessero così, autolimitandosi, già noi (noi che ci definiamo appassionati di montagna) contribuiremmo ad alleggerire il peso antropico sulle montagne.
     
    Un’altra cosa che vedo che continua a non essere chiara ai lettori è che il peso antropico non produce danni solo dove c’è sovraffollamento esplicito, ma per estensione coinvolge tutte le montagne, magari in modo meno inteso ma le coinvolge tutte. Se c’è tutto questo peso antropico, fra riscaldamento, inquinamento, aria sporca ecc non è che solo la vetta del Gran Paradiso è rovinata mentre su quella a fianco è tutto a posto. Basta guardare foto recenti della Nord del Ciarforon (nel gruppo appunto del Gran Paradiso): 35-40 anni fa era una via di ghiaccio molto apprezzata fra quelle di impegno medio, oggi è una pietraia verticale!
     
    Se non ci convinciamo noi, che ci consideriamo appassionati di montagna, a modificare il modello consumistico, non si muoveranno certo le autorità in modo preventivo. Queste ultime interverranno solo quando si sarà arrivati al “dunque” e non hanno che un solo modo per agire: vietare, regolamentare, imporre limiti e gabelle.

  57. Crovella al #19: se puntare sull’educazione è utopistico (a latere: sentirlo dire da uno che, a sua detta, ha passato una vita nelle scuole CAI mi sembra una contraddizione colossale), allora puntare a “rendere la montagna scomoda, scabra, spartana” mi sembra pura fantascienza: da dove si comincia?
    Sarebbe secondo te sufficiente dare il buon esempio e “autolimitarsi”?
     

  58. Tornando al binomio deiezioni/educazione a me da molto fastidio quelle nelle grotte o nei ricoveri sottoroccia, poi ti trovi sotto un temporale o devi bivaccare in “compagnia”. Qui ho poi assistito all’ultima novità: quelle di cane insacchettate e lasciate nelle trincee o in piccoli anfratti!!!!
    Forse le politica dovrebbe fare assunzioni di polizia morale ed etica

  59. Crovè, non è che le Alpi siano esclusivamente Breithorn, Gran Paradiso e 3 Cime di Lavaredo. Il 99 % del territorio alpino (che se non lo sai arriva molto più ad est delle Dolomiti) è frequentato da una quantità di individui che definirei da normale a scarsa nei periodi di punta, quasi trascurabile nelle altre stagioni. Se ci sono delle criticità dovute al sovraffollamento, la soluzione, se ce ne sarà una, riguarderà queste criticità, che sono un nulla rispetto alla quantità di territorio che possiamo frequentare e che non sposterà di una virgola il nostro modo di andare per i monti.

  60. Le deiezioni umane sono una delle conseguenze di un sovraffollamento mal o poco educato . Ma la mia voleva essere una stigmatizzazione provocatoria ed è chiaro che il ragionamento è a 360 gradi. Arrivando sino all’ educazione di coloro i quali sono deputati alla ricettività. 

  61. Forse c’è un equivoco di fondo: neppure io auspico a tutti i costi il ticket a pagamento, non la considero la soluzione “ideale”. Ma temo purtroppo che, alla fine (cioè quando i nodi saranno davvero arrivati al dunque e non si potrà procrastinate ulteriormente l’attuale “laissez-faire” ipocrita – della serie diamo un colpo alla cerchio e uno alla botte), dicevo che quando si arriverà al “dunque”, le autorità non sanno far altro che ricorrere a divieti, numeri chiusi o ticket a pagamento.
     
    Lo vediamo ormai dettagliatamente per le spiagge, per le città d’arte, addirittura per un “sentiero” come per la Via dell’Amore delle Cinque Terre. Educazione? Nessuno ci crede davvero,. Nessuno di chi deve prendere le decisioni politiche, intendo. O meglio nessuno vuole impegnarsi su quel terreno. E’ un processo lunghissimo, che va intrapreso partendo dai primi anni di età, in un paese in cui la Scuola è allo sfascio e non ci sono i soldi neppur per sostituire un guard rail. 
     
    La mia soluzione preferita (esposta migliaia di volte) è un’altra ancora: rendere la montagna scomoda, scabra, spartana. Una montagna dove devi “conquistarti” il divertimento con fatica e sudore. Altro che divertimento “qui e ora” come implicito nella mentalità che io definisco “sportiva”. Vuoi fare il Bretihorn? Bene parti a piedi dal basso (nache sotto il termine della strada asfaltata), dormi al Teodulo o al Guide del Cervino, e il giorno dopo sali in vetta. Altro che prendere gli impianti fino a Plateau Rosa e salire il Breithorn con 900 m di dislivello (oggi addirittura si arriva in funivia al Piccolo Cervino e si può andare in vetta con 300 n di dislivello). La montagna scomoda NON piace ai consumisti, cioè a chi ha un approccio ideologico “sportivo” (“divertimento assicurato”, tanto per fare un riferimento all’articolo di qualche giorno fa).
     
    Fatica e sudore e poi, soprattutto, rinuncia. Dobbiamo insegnare la rinuncia, questo sì. La montagna si sta evolvendo (anzi: involvendo) verso un modello in cui dovremo fare i turni. Non ci staremo tutti insieme sopra. Occorre entrare nell’idea che ci si  dove autolimitare non perché ci viene imposto, ma per consapevolezza acquisiti in termini di rispetto dell’ambiente. Ma anche qui la vedo dura e quindi mi aspetto che le autorità lasceranno andare le cose finché non resterà un’unica scelta possibile, a quel punto obbligata: “mannaia”, in una qualche sua forma (divieti, numeri chiusi, ticket, ecc).

  62. Qui si parla di sovraffollamento, la cacca alla fine o all’inizio è maleducazione….probabilmente di un non cannibale!!!

  63. Libero pensiero, libera fruizione, liberi cieli. Tornelli, divieti e regole non credo che possano servire. La scommessa del futuro penso fortemente che debba essere l’educazione. Credo che prima di tutto si debbano educare le persone ad una fruizione sostenibile dell’ ambiente e quindi a non lasciare fazzolettini o ordure in natura, non raccogliere o disturbare specie protette e fare tanta tanta informazione. Il plafond di fruitori dell’ ambiente sta crescendo in maniera esponenziale ma non i servizi o le regole… Vuoi andare a spasso nel parco del gran paradiso o a fare il bagno a Cala Goloritze ? Bene questo è il tuo sacchetto x raccogliere le feci o quant’ altro.  A che non debba più  succedere che l’ultima doppia dall’ aguglia l’ho depositata esattamente dentro a un bel merdone umano… Stessa cosa successa sul masso tavolare in uscita dalla nord della Tour Ronde. Se non lo educhi ma gli fai pagare un biglietto il genio che ha fatto la cacca lì, esattamente dove esce la via la volta successiva si sentirà ancora più legittimato a compiere azioni non proprio ortodosse.  Educazione Educazione educazione 

  64. Corrado de Francesco al #4: l’ingresso in tutti i parchi nazionali degli USA è a pagamento. In più, soltanto per alcune zone particolarmente fragili, c’è anche il numero chiuso (i posti disponibili in parte possono essere prenotati in anticipo, ed in parte sono disponibili il giorno stesso senza prenotazione, fino ad esaurimento, e se li aggiudica chi arriva per primo).
    Personalmente non sono contrario al numero chiuso in zone particolarmente fragili (non è quindi il caso del Cervino, né di altre montagne strafrequentate da decenni).
    I parchi nazionali sono invece un bene comune e l’accesso dovrebbe rimanere libero per tutti. In generale, un ticket di ingresso non costituisce a mio parere un disincentivo, a meno che non abbia un costo alto, cosa che però lo renderebbe una inaccettabile discriminazione.

  65. Sinceramente, il termine cannibale viene da un ambiente regio, aristocratico, altolocato. Non a caso, viene usato solo a Torino. Mai sentito altrove. Né a Milano né a Trento.

  66. Tre sintetici tweet, perché alcune recenti osservazioni vertono su risvolti non centrali rispetto la tema degli articoli.
     
    1) Il punto cardine non è il piacere o il fastidio del singolo individuo nel trovare altre persone o nessuno sulla stessa vetta. Il punto è l’eccessivo peso antropico sulle montagne, sia in termini quantitativi che qualitativi. C’è l’esigenza di individuare dei meccanismi di controllo/attenuazione di tale peso antropico, perché altrimenti le montagne diventeranno impercorribili.
     
    2) E’ chiaro che, a tal fine, esistono diverse ipotesi sul tavolo, molte sono anche più nobili sul piano umano rispetto all’ipotesi ticket. Ma io resto perplesso sulla capacità dell’uomo occidentale contemporaneo di sapersi “contenere”. In particolare per gli italiani, ma non solo. Vale un po’ per tutti gli occidentali consumisti: sono ormai troppo viziati ed esigono l’appagamento  “ora e adesso” (tra l’altro approfitto per chiarire che è in questo particolare risvolto psicologico che la mentalità sportiva incide nell’alimentare il Circo Barnum consumistico, non se le tracce sul terreno sono indelebili o meno). D’altra parte che l’accesso alle montagne, da qualche parte nel mondo, sia già rigidamente regolamentato lo dimostra anche il link citato al commento 4.
     
    3) Come ho già spiegato altre volte, il termine “cannibale” applicato alla montagna non è una mia invenzione, ma viene frequentemente utilizzato nell’ambiente torinese da almeno 100 anni. E’ abitudine abbastanza diffusa utilizzarlo per estensione anche al di fuori della montagna.

  67. Nah, le nostre montagne rimarranno liberamente accessibili a tutti, com’è giusto che sia. Con buona pace di qualche pseudo alpinista che passa più  tempo su Internet che in quota e che straparla per aver mandato giù una grappa di troppo. 

  68. Di montagne e cannibali non parlo: Crovella non vuole che io parli con lui. Di Venezia: bravi, metterete il ticket. E assumerete immagino centinaia di vigili e ausiliari per controllare? E bloccherete le navi da 4.000 persone a botta (o quelle no perché son soldi? Doppi soldi, perché le navette dalla rada del Lido costano…)? E poi, scusate, la solita menata sui veneziani che scappano dalla città: ma le case che  loro vendono a prezzi d’oro gliele sequestrano o gliele pagano? 

  69. @10 Concordo. E sarebbe bene che si senta direttamente incluso tra quelli che sovra-affollano.
    Il problema esiste ed esistera’ a prescindere dalla quantita’ di cannibali. Arrivare su una cima e trovarci un torpedone di soci della Sucai in perfetta liturgia crovelliana non diminuisce il fastidio di chi preferirebbe la solitudine

  70. La “profondità” della valutazione emerge dall’utilizzo della terminologia: cannibale, orribile e fuori contesto. Per il resto si ricade sempre sui soliti argomenti triti e ritriti, l’unico a goderne è Crovella che, dopo un lungo letargo, può nuovamente rifilarci la solita pappardella sulla quale non ha nemmeno più senso perdere tempo a commentarla.

  71. “Sparate meno stronzate e passate il tempo diversamente…”
    Ma chi? Con chi ce l’hai?
    Ma è mai possibile avere le idee così confuse da non riuscire nemmeno a comunicare con chi ci si arrabbia?!

  72. Ma basta con queste cazzate dei ticket in montagna. Le città sono costruite dall uomo le montagne sono come natura crea. Han ragione Fabio e Antonio. Cosa fai…? Metti i tornelli in montagna? .. Ma per piacere… Ci vado lo stesso guadando anche i torrenti in mezzo alla notte…. Si mettono i droni termici per far pagare il ticket? Sparate meno stronzate e passate il tempo diversamente… 

  73. Per quanto compete al CAI e agli alpinisti: meno segnavia sui sentieri, meno spit sulle vie, meno corde fisse, meno ferrate, meno rifugi, meno bivacchi fissi, meno adunate oceaniche, meno corsi con cento allievi.
     
    No alle gabelle: sono odiose e inutili.
     

  74. Il ticket di 5 € a Venezia è solo una tassa di soggiorno in più: aumenterà gli introiti per il comune senza ridurre di un’anima i visitatori.
    E l’educazione alla montagna non passa attraverso una gabella da versare, ma tramite l’educazione alla conoscenza e al rispetto del luogo (educazione che non si ottiene sicuramente con il  metodo “pane e pera” propugnato da chi definisce “cannibali” persone il cui unico torto, in mancanza di altri modelli di riferimento, è di essere “influenzate” da soggetti che approfittano delle proprie capacità persuasive).

  75. Non saranno i pedaggi o le prenotazioni a fermare i turisti cannibali. La soluzione va trovata nella diminuzione dei servizi. Via parchi avventura nei boschi, via ferrate adrenaliniche, via panche e opere artistiche, via scelta di cibo nei rifugi, via camerette con prenotazione, via bivacchi fissi di facile accesso. Ed il cai in primis dovrebbe dare esempio nelle politiche gestionali dei suoi rifugi che dovrebbe ricominciare a gestire in prima persona con personale stipendiati risparmiando sugli affitti delle sezioni e aumentando, di molto, la quota del tesseramento  

  76. il Ticket di 5€ per andare a Venezia nei giorni “caldi” non servirà a nulla: dato che ci vivo lo potrò vedere di persona. Il numero chiuso e la prenotazione sarebbero la sola soluzione. Così come generalizzare su tutti i pontili dei vaporetti e non solo a piazzale Roma gli accessi riservati ai residenti. Per la montagna guardate un po’ cosa fanno in California per il Mount Whitney https://www.recreation.gov/permits/445860. Prima o poi ci si arriverà anche da noi con buona pace di Gogna.

  77. Allora fate in modo che le altre cime, rimangano sconosciute o difficili daaggiungere. Non pubblicate guide o relazioni, non fate relazioni dettagliate niente tracce gps, niente copertura cellulare, no  attrezzature no segnaletica sul terreno .

  78. Forse il ticket per l’ingresso nel centro storico può trasformare il lunapark di Venezia in museo. Ma non sarebbe una soluzione: sia  pure in forme differenti sarebbe piuttosto la conferma di una deriva consumistica della società, una forma di alienazione destinata comunque a separare i cittadini dalla vita reale.
     
     

  79. Basta andare sul qualsiasi altra cima del Gran Sasso che non sia Corno Grande o Corno Piccolo e non trovi quasi nessuno. La grande affluenza la trovi principalmente sulle cime più conosciute. 

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