Da sabato 29 a domenica 30 settembre si terranno a Riva del Garda gli SportSafetyDays, presso il Centro Congressi.
Qui di seguito riportiamo le motivazioni ufficiali dei tre convegni e le finalità.
In conclusione esporremo qualche osservazione.
Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(2), disimpegno-entertainment(2)
SportSafetyDays 1
Siti ed itinerari attrezzati per lo sport outdoor: gestione del rischio e responsabilità sabato 29 settembre 2018, dalle 15.30 alle 18.30.
Vie Ferrate, falesie per arrampicata, bike park, canyon e sentieri sono ormai terreno di sport e svago per milioni di persone tanto da diventare un’importante risorsa turistica. Enti pubblici e privati hanno costruito attorno a queste attività un vero e proprio prodotto turistico, attrezzando e valorizzando itinerari e siti di praticata, promuovendoli e gestendoli.
Nel momento in cui lo spazio naturale, con livelli di rischio a volte superiori, ma in ogni caso diversi dagli spazi “urbani” ed antropizzati, viene attrezzato, segnalato e promosso possono concretizzarsi responsabilità in capo ai diversi attori: praticanti, costruttori, enti proprietari, gestori e progettisti.
La scarsa cultura giuridica in questo settore rischia di fuorviare, utilizzando lo stesso metro di giudizio degli ambienti urbani o lavorativi, con il rischio non solo di danneggiare le persone direttamente coinvolte, ma anche di compromettere la pratica di questi sport e il loro futuro.
È compito di tutti i soggetti interessati, praticanti, responsabili delle associazioni, professionisti, enti pubblici e media specializzati di costruire e promuovere una corretta visione della responsabilità nel contesto della pratica dello sport outdoor e al tempo stesso individuare le modalità di gestione del rischio nello spazio outdoor.
Moderatore sarà Luca Calzolari, Cervelli in Azione.
Relatori: Vincenzo Torti, Presidente CAI – Club Alpino Italiano, su Rischio e responsabilità nella gestione di siti ed itinerari attrezzati; Luca Biasi, SAT – Società degli alpinisti tridentini, su Rischio e responsabilità nella gestione di siti ed itinerari attrezzati; Santino Cannavò, Responsabile Politiche Ambientali UISP – Unione Italiana Sport Per tutti, su Rischio e responsabilità nella gestione di siti ed itinerari attrezzati; Jonathan Crison, FFME – consulente tecnico nazionale per i siti naturali di arrampicata, su La gestione del rischio nello spazio outdoor in Francia; Angelo Seneci, esperto in turismo outdoor, su Turismo Outdoor e gestione del rischio – l’esperienza del Garda Trentino; Carlo Bona, Avvocato e Professore di diritto privato all’Università di Trento (si occupa di responsabilità civile con riferimento all’alpinismo e all’arrampicata), su La responsabilità nella gestione dei siti e degli itinerari outdoor; Yuri Gadenz, ITAS Assicurazioni, su Assunzione assicurativa e gestione del rischio nelle attività outdoor.
SportSafetyDays 2
Tendere al rischio zero: un dovere di tutti domenica 30 settembre 2018, dalle 10.00 alle 13.00.
Sale di arrampicata. L’arrampicata sportiva è uno degli sport outdoor con i maggiori trend di crescita. Negli ultimi quindici anni infatti, la pratica di questa disciplina è stata favorita dalla diffusione delle sale di arrampicata indoor e, più recentemente, dalla sua ammissione ai giochi olimpici di Tokyo 2020.
La crescita esponenziale del numero dei praticanti, quintuplicati nel giro di un decennio, ha portato con sé un aumento degli incidenti che, pur essendo percentualmente ancora basso e comparabile a quello di altri sport più tradizionali, rimane non accettabile soprattutto quando dovuto alla scarsa attenzione e imperizia.
Intervenire per tendere allo “0” è un dovere di tutti i soggetti coinvolti, in primis le grandi associazioni di riferimento ed i gestori degli impianti. Una serie di esperienze mostreranno le modalità di valutazione del rischio, gli interventi di prevenzione e gestione dello stesso che si possono adottare nelle sale per arrampicata.
Moderatore sarà Vinicio Stefanello, Mountain Network.
Relatori: Nicola Tondini, gestore sala di arrampicata King Rock Verona, su Dieci anni di esperienza nella gestione dei rischi in una grande sala di arrampicata; Andrea Bronsino, settore legale FASI – Federazione Arrampicata Sportiva Italiana – Regione Piemonte, su La Federazione Arrampicata di fronte alla gestione del rischio e della responsabilità in arrampicata sportiva; Angelo Seneci, Rappresentante italiano al Gruppo di lavoro Strutture per Arrampicata del Comitato Europeo di Normazione, su Norme europee, cosa devono sapere e fare i gestori di sale di arrampicata.
SportSafetyDays 3
La gestione del rischio nelle aree sciabili. Scialpinisti sulle piste e free riders fuori pista, un confronto oltre i divieti domenica 30 settembre 2018, dalle 14.00 alle 18.00.
Modi nuovi ed antichi di scivolare sulla neve invadono le aree sciabili. Lo sci-alpinismo un tempo simbolo assoluto della montagna libera dagli impianti sta colonizzando le aree sciabili. Scelta economica o salutista, sono sempre più numerosi gli appassionati che risalgono lungo le piste battute con le pelli, spesso generando conflitti con chi quelle piste deve prepararle.
Allo stesso tempo sono sempre più gli sciatori attratti dalla neve fresca. Ormai i pendii ai fianchi delle piste durano “vergini” poche ore, ma il richiamo dell’avventura spesso non corrisponde a una altrettanto forte conoscenza dei rischi che può nascondere.
Enti pubblici e gestori di aree sciabili, se da un lato giocano la carta dello sci libero, del free ride, in chiave promozionale, poi devono fare i conti con le problematiche che queste nuove pratiche comportano in termini di responsabilità e gestione, così ad ogni bella nevicata si riapre il balletto dei divieti e delle polemiche. Costruire un modo condiviso di vivere questi spazi e queste esperienze, con una consapevolezza dei limiti che tutti devono darsi per evitare che siano i divieti ad averla vinta, questo l’obiettivo del forum.
Moderatore sarà Leonardo Bizzaro, giornalista di La Repubblica.
Relatori: Gianluca Tognoni, AINEVA, su Servizio Previsioni e Pianificazione – Meteotrentino; Francesco Bosco, Direttore Funivie Madonna di Campiglio, su Sci alpinisti e free rider, nuove problematiche per i gestori di impianti sciistici; Adriano Favre, Direttore Soccorso Alpino Valle d’Aosta, su L’esperienza del Soccorso Alpino a confronto con il boom del free ride e sci alpinismo; Maurizio Bonelli, Presidente AMSI – Associazione Maestri Sci Italiani, su I professionisti della neve e la gestione del rischio nelle aree sciabili; Daniele Fiorelli, Presidente CTN – Commissione Tecnica Nazionale del Collegio Nazionale Guide Alpine,su I professionisti della montagna e la gestione del rischio nelle aree sciabili.
Per un approfondimento, leggere il Comunicato delle Guide alpine della Lombardia (19 settembre 2018).
Osservazioni
I temi di queste relazioni investono tutto ciò che di tecnico e sacrosanto può interessare la sicurezza. Non abbiamo il minimo dubbio, come pure non dubitiamo della competenza dei singoli relatori, ai quali va, anzi, il nostro plauso.
Ciò che non ci piace di queste giornate dedicate alla sicurezza in montagna può essere riassunto nelle poche righe che ha scritto di getto Lorenzo Merlo:
“Più incidenti, più obblighi. Più incidenti, più esperti. Più incidenti, più equipaggiamento e materiali. Mai l’attenzione è portata sulla relazione con l’ambiente e noi stessi. Mai sul come. Mai un cenno di proposta che implichi un briciolo di evoluzione personale e sociale. Pare che sia il protocollo a fare a verità, come in catena di montaggio. Della creatività, delle nostre potenzialità si è perso il filo, l’intelligenza, la soddisfazione, la bellezza. Il sentire non sottostà ai vetrini della scienza e quindi è stato estromesso dal discorso della verità. E tutti si sono lasciati imbonire dai venditori di sicurezza, dal “scientificamente provato“.
Ma anche Michele Comi è fuori dal coro: “Osservo l’immagine principale di un importante dibattito internazionale sulla sicurezza e l’attrezzo posto in primo piano. Il messaggio mi riporta immediatamente a un elenco d’equipaggiamento e attrezzature da vestire e mettere nello zaino. Essere “esperti” nella tecnica e nelle “scienze dell’attrezzo” automaticamente ci trasforma in esperti nei processi decisionali?”.
Giovanni Fattori, L’uomo nel bosco
Per la verità lo stesso Comi aveva già in precedenza avanzato gli stessi dubbi quando scriveva (su http://stilealpino.it/2017/07/attrezzature-o-sensi/): “Attrezzature o sensi? Perché gran parte dei suggerimenti in circolazione, consigli e buone prassi da adottare in montagna partono da un elenco d’equipaggiamento e attrezzature da vestire e mettere nello zaino?
Perché non iniziare dal “sentire” e “sentirsi”, e invitare a percepire, oltre alle regole, lontani dalle tecniche, iniziando semplicemente a muoverci in consonanza con quel che ci sta intorno? Perché non rovesciare l’ordine di priorità, lasciando in coda lo sterminato e mai completo elenco di accessori tecnici? Riabilitare attenzioni all’emotività e ai sensi, sempre di più relegati nel sottoscala delle conoscenze, non potrebbe contribuire ad esplodere l’efficacia dell’apprendimento, andando oltre i consolidati processi razionali e cognitivi?
Meglio muoversi in infradito consapevoli o in scarponi disconnessi?”.
Nell’augurarci che dal dibattito e dallo svolgimento delle relazioni emergano spunti che vadano nelle direzioni qui sopra elencate e che quindi sopperiscano all’evidente mancanza di attenzione ad esse dedicate dagli organizzatori in sede di programmazione, ci associamo pienamente al commento di Tommaso Reato: “Quando inizieremo ad occuparci meno dello strumento e più dell’utilizzatore?”.
4
Proprio perchè serve a noi stessi, ne abbiamo estremo bisogno….E’ ! una cosa seria. Un pò come un farmaco salvavita di cui non puoi fare a meno.
L’alpinismo non è una cosa seria perchè non serve a niente se non a noi stessi, il fatto che in montagna succede che si muoia è una cosa seria e capita a chi, per uno dei motivi citati nella filastrocca di Beppe si trova lassù. Io penso che nella vita è molto meglio avere rimorsi che rimpianti pertanto vado, inutile e sofferente ma vado perchè quando torno sto meglio.
Perchè lo chiami “POVERO” se la montagna la vivi a 360 ° cercando di esserne parte, non lo definirei povero.
Povero è vedere in questo solo sport.
grazie Benassi, bella domanda! Forse in tutte. Credo però che possa collocarsi nelle ultime righe. Il mio povero alpinismo e’ il tentativo di sentirmi parte dell’ambiente alpino: Arrampicando, camminando,leggendo, ascoltando, osservando
Direi alpinismi, anche se ….(lasciamo perde) .
E quale sarebbe il tuo? in quale delle varie categorie che hai elencato nella filastrocca ti rivedi? In tutte ?
Marcello per quanto mi riguarda non mi sembra di avere espresso un giudizio negativo sul tuo lavoro o sulle guide alpine in generale. Anzi mi sembra proprio il contrario.
E’stato pubblicato un argomento e quindi se ne parla esprimendo opinioni che possono essere anche sbagliate.
Ho detto che il lavoro di guida alpina è molto di più di un lavoro. Ho detto una cazzata? Ho mancato di rispetto alla categoria?
Non ci capirò nulla perchè non sono guida alpina ma questa è la mia opinione, un pò suffragata anche dal fatto (forse sbagliato) che facendo l’istruttore cai , anche a me mi capita spesso di accompagnare, di prendere decisioni per gli altri, di prendermi la responsabilità degli altri, di insegnare agli altri. Certo non sono un professionista, non mi pagano, non ci devo vivere perchè lo faccio per passione. Ma resta il fatto che mi prendo delle responsabilità e altre persone si affidano a me.
l’alpinismo come la droga, il gioco d’azzardo, l’alcolismo, e…., è MOLTO serio . Molto di più di quanto lo voglia fare apparire Beppe con la sua filastrocca.
Vallo a dire alla mamma e al babbo del mio amico Giorgio e, a molti altri….
Io non mi sono mai permesso di sindacare sul vostro lavoro perché non so che lavoro fate e perché probabilmente, anche se lo sapessi, non ne saprei quanto voi che lo fate ogni giorno. Mentre voi esprimete ogni tipo di giudizio su un lavoro (quello di guida alpina) che non conoscete affatto o ne sapete qualcosa per sentito dire. Avrò pure un caratteraccio (lo dice anche mia moglie) ma detesto sentire sentenze su argomenti trattati da chi non li conosce. Io parlo di quello che so. Su quello che non so: ascolto e imparo. Fatelo anche voi, se vi va.
L’alpinismo e’ una cosa seria. La filastrocca e’ un modo di esprimere il mio modo di fare alpinismo. Che e’ anche filastrocca e non in solo. Alpinismo o alpinismi?
L’alpinismo non sarà una cosa seria ma non è sicuramente spiegabile con una filastrocca.
Con Cominetti è una battaglia persa in partenza.
Se gli hai dai ragione hai torto, se hai torto ti da ragione, se dici di aver capito non hai capito, se dici che non hai capito ti dice che hai capito, se fuori c’è il sole per lui è nuvolo ma se è nuvolo ti dice che c’è il sole, in poche parole non va mai bene niente.
Conosco un tale che è uguale a lui, tu dici A e lui deve dire B ma se in un’altra occasione tu dici B lui deve dire A, magari sconfessandosi (ma riesce sempre a trovare delle motivazioni con dei distinguo allucinanti).
Le persone che hanno questo atteggiamento sono di solito molto sveglie, acute e hanno anche una certa sensibilità, magari si fanno in quattro per darti una mano ma nascondono delle difficoltà relazionali, è come se fossero perennemente incazzati col mondo.
Quindi il risultato è che pur essendo magari piu’ affidabili di tanta altra gente buttano tutto nel cesso con il loro caratteraccio, di cui peraltro si vantano.
Io non li capisco e non li capirò mai perché sono paragonabili a uno che si castra per fare un dispetto alla moglie.
Comunque contenti loro contenti tutti.
qualcuno crede di essere alpinista…in realtà è un carpentiere.
Qualcuno è alpinista perché suo padre era negli alpini
Qualcuno è alpinista perché ha fatto la naja negli alpini, quindi …
Qualcuno è alpinista … “perché dopo si beve il barbera”
Qualcuno è alpinista perché un giorno l’hanno portato ad arrampicare e gli è piaciuto
Qualcuno è alpinista perché gli piace stare da solo
Qualcuno è alpinista perché vorrebbe essere considerato
e stimato.
Qualcuno è alpinista per dare un senso alle proprie frustrazioni
e per dare eco al proprio bisogno di risposte interiori.
Qualcuno è alpinista … per cercare se stesso … perdendosi in parete
e incazzandosi che la via“non è logica e non c’è nemmeno un chiodo”
Qualcuno è alpinista perché la via è senza chiodi e … “ però, come sono bravo”
Qualcuno è alpinista perché solo dopo tanti anni di salite scopre che è bello andare in montagna
Qualcuno è alpinista per guardare gli altri dall’alto con l’illusione di essere ammirato, non accorgendosi che gli altri guardano altrove
Qualcuno è alpinista perché “osa e sarai come un dio” … poverino …
Qualcuno è alpinista perché sa rinunciare alla vetta, senza sentirsi sconfitto, ma vivendo la rinuncia come un atto di umiltà e quindi una vittoria.
Qualcuno è alpinista perché si congratula con gli altri che ce l’hanno fatta
Qualcuno è alpinista per toccare le più alte cime ed essere maggiormente vicino a Dio, dimenticandosi la vita degli altri
Qualcuno è alpinista perché ama la storia dell’alpinismo come storia di uomini e donne, sentendosi parte di essa
Qualcuno è alpinista perché vive la propria individualità nei silenzi delle creste e avvolto dalla verticalità delle pareti.
Qualcuno è alpinista perché prova stupore della creazione di ciò che lo circonda e vive del silenzio
Qualcuno è alpinista perché ama andare in cordata con un amico perché crede nell’amicizia
Qualcuno è alpinista perché ama la vita in tutte le sue dimensioni
Qualcuno è alpinista, anche se ha deciso di non esserlo più, perché porta con sé il ricordo e la nostalgia.
Qualcuno è alpinista perché si pone domande di fondo , magari bivaccando bisbigliando alle stelle
Qualcuno è alpinista perché un giorno ha scoperto che salire le montagne ha il valore aggiunto di non servire a niente, liberandosi dalla logica di mercato che chiede contropartite al rischio.
Qualcuno è alpinista perché vuole andare in direzione contraria al “buon senso e dell’ovvio” sfidando la gravità con lo sguardo rivolto ad un futuro sostenibile per le Terre alte, sporcandosi le mani.
Qualcuno è alpinista perché ha un sogno, perché sa che si muore quando non si chiede più. Il verbo della vita è chiedere, avere una domanda, lanciare il punto interrogativo verso l’alto … salire in cima alla propria esistenza.
Si , ma come scriveva Roberto Iannilli:
“L’alpinismo: un gioco, ma non uno scherzo”.
Io ho abitato per quasi 30 anni in un paesino di montagna sulle Apuane. Sinceramente non ho percepito tanto amore per le montagne da parte dei montanari. Anzi , mi hanno dato sempre l’impressione che in qualità di “montanari” si sentissero degli inferiori, rispetto ai cittadini. Che vedessero le loro montagne come un luogo da temere, da evitare.
Poi siccome in Apuane c’è il marmo da sfruttare.
io non sono convinto che tutti i lavori, le professioni siano uguali. Sopratutto quelle che hanno in primis la responsabilità della sicurezza, della vita altrui . Per me queste professioni sono qualcosa di più di un semplice lavoro. Hanno nel loro dna una componente di missione, di educatori, di cultura, di salvaguardia, di prevenzione. I medici, gli insegnanti, un vigile del fuoco, ect. Ecco la guida alpina la vedo un pò alla stesso modo, una figura che non solo ti porta al guinzaglio a fare un’ ascensione con una certa sicurezza ma che ti apre un mondo, ti trasmette certi valori, una cultura della montagna dell’ambiente.
Da qui una grande responsabilità da parte della guida alpina. Come da parte di tutti coloro che hanno la pretesa di accompagnare e insegnare. Siano essi professionisti e/o volontari.
L’esempio del mutuo da pagare serviva a porre la guida alpina alla stregua di un qualsiasi altro lavoratore, con le stesse esigenze e gli stessi problemi.
Basta vedere la montagna come luogo non in contrapposizione con la città. Come luogo normale della natura, come la vede il montanaro che non la usa di certo idealizzando la come luogo di purezza o come valvola di sfogo. Vedrete che tutto si riduce a piacere o dispiacere, nulla di più. L’alpinismo è un gioco. Forse, per noi il più bello di tutti, ma senza alpinisti ,con tutte le loro differenze e peculiarità,non esisterebbe, mentre le montagne ci sono e basta. Non è facile spiegarlo e è difficile capirlo.
Dino, santo subito.
Invece io leggendo il post di Cominetti penso di aver capito. Noi ci poniamo sempre con l’idea dell’alpinismo, della cordata ……. no! per loro è la professione.
Anch’io ho svolto una professione nell’ambito della finanza che è molto simile: incertezza, rischi, azzardo …. quindi capisco benissimo quello che Cominetti scrive.
Anche a me, nel mio lavoro, sono arrivati clienti a cui ho detto che ciò che volevano fare era pericoloso azzardato e spesso mi sono rifiutato di fare; sapete cosa faceva il cliente? Andava da un’altro professionista. Poi in moltissimi casi, pentito e mazziato, tornava da me scusandosi e diventando cliente fedelissimo.
Ecco l’unica cosa che rimprovero bonariamente e Cominetti, è quello di pensare che il mutuo etc. lo debba pagare solo lui. In realtà i problemi del “professionista Guida” sono io problemi di moltissimi professionisti.
Però occorre anche dire che a volte un professionista poco serio NON è meglio di un “domenicale” che ci mette un sacco di passione e alla fine con la costanza, il sacrificio e l’impegno sopperisce al fatto di non essere in montagna tutti i giorni.
E invece no! Uno può affidarsi alla guida alpina nella totale sua incoscienza e inconsapevolezza. Starà alla guida trovare immediatamente l’attività e l’itinerario adatti. Questo è professionismo, la volete capire. Io vedo subito se un inconsapevole può diventare consapevole. Io mi impegno sempre per fare questo, ma se vedo che l’altro non vuole -e di gente cosi ce n’è a bizzeffe- lascio perdere. Faccio la mia giornata di lavoro, mi faccio pagare e tanti saluti
Mica posso obbligare la gente a essere come non vuole essere!? È questo che chi non fa la guida alpina non capisce se non lo prova. Poi certo che sono più contento di fare una bella via con un bravo alpinista, e ce ne sono. Ma se devo fare una via in Civetta ho bisogno del bel tempo e se non c’è aspetto perdendo giornate estive che sono poche. Se devo fare una ferratina da due ore di impegno con l’inconsapevole di turno, quel giorno lavoro, e… la bella via la farò con un altro cliente o con un amico. Il lavoro va pianificato scientifica mente, se no il mutuo come lo paghi? Mica puoi dire alla banca che non hai trovato clienti consapevoli o cazzate del genere. Comunque fare la guida alpina è bellissimo anche per tutte queste cose che hanno a che fare con l’incertezza. Non ti annoi mai e devi sempre inventarti qualcosa. Come faceva l’uomo delle caverne e a me piace perché io sono un homo delle caverne!
Marcello, ciò che hai detto è per me chiarissimo e lo era anche prima.
Infatti io non me la prendo con la Guida, m’incazzo con chi pensa di poter affidare la propria vita alla Guida senza ritenere necessario metterci del suo.
Quello che sto’ dicendo è che quel cavolo di liberatoria che in molti casi, e anche in altre situazioni, viene fatta firmare dovrebbe poter valere qualcosa e non essere considerata carta straccia.
Se fino al giorno prima ho passato le mie vacanze sotto un ombrellone di Cesenatico e non so un’emerita minchia di montagna dovrei aver il buon senso, l’umiltà, mettiamoci tutto quello che vogliamo, di affidarmi sì ad una Guida ma anche di comprendere che possono esserci delle variabili che nemmeno la Guida più esperta può prevedere e, pertanto, dovrei fare quella famosa autovalutazione che ti chiedono di fare anche gli accompagnatori di Avventure nel mondo.
Io dico che nello svolgere un’attività rischiosa si debbano accettare i rischi, è anche una questione di onestà intellettuale, se ribalto in toto questo problema su qualcun altro sono un idiota o un presuntuoso oppure entrambe le cose.
Per Paolo Panzeri. Hai ragione, nella cultura cattolica vige il concetto di perdono che ha sicuramente contribuito a politiche scellerate anche se comunque la tendenza a fare causa a tutto e a tutti viene dagli Stati Uniti, maestri nel trasformare ogni cosa in denaro.
Marcello se la cordata e di 2 persone e hai 2 corde (consigliabili in montagna magari 2 mezze) ne rinvii solo una e l’altra la lasci libera e poi cerchi di fare la sosta bella alta come dici te. Così te da primo sul traverso sei assicurato. E il secondo ha una corda che lo assicura in verticale dall’alto che in caso di volo gli evita di fare un pendolo non proprio simpatico.
Se la cordata e di 3 questo non si può fare allora su traversi il primo deve pensare anche ai 2 secondi e dopo un passo difficile anche quando diventa facile, mettere comunque una protezione per proteggere appunto i secondi in uscita dal passo difficile.
Comunque sei stato chiaro!! Personalmente però non avevo dubbi in merito.
Quello che voglio dire è che chi si affida ad una altra persona, professionista o no. Non può pretendere di non metterci nulla di suo. Perchè dall’alto della personale super propria bravura siamo tutti umani.
Qui nessuno conosce il compito di una guida alpina.
La guida istruisce e accompagna persone esperte, consapevoli ed appassionate. La guida accompagna e cerca di istruire persone assolutamente demotivate, inconsapevoli e incapaci tecnicamente su itinerari che ovviamente ritiene alla loro portata e quindi, agli occhi vostri, talmente elementari che vi chiederete a cosa serva la guida. Ma serve eccome, perché certe persone ne hanno bisogno appena mettono piede fuori dal l’hotel rischiando di farsi investire dalle auto! Figuriamoci un po’ in montagna.
Questo non è affatto svilirsi, svendersi e tutte quelle cose che starete pensando ma rappresenta secondo me un alto livello di professionalità. Mi spiego: Mr. Smith fa acquistare alla sua segretaria un pacchetto vacanze nelle Dolomiti per tutta la famiglia in cui l’agenzia locale illustra in dettagliati programmi che informano a fondo gli eventuali utenti, che cosa si farà e che capacità sono richieste. Questi NON vengono mai letti ma accettati e firmati, e quando la famiglia arriva e si incontra con la guida sogna di scorrazzare in MTB, Vie Ferrate, Hiking e Rock Climbing per una settimana, avendo visto (forse) quel che video su internet. A questo punto se la guida alpina non è un ottimo professionista non sa cosa fare. Invece un bravo professionista lo sa e fa trascorrere alla famigliola Smith un’indimenticabile bella vacanza che a fine settimana elargirà alla brava guida alpina una consistente mancia (negli USA é consuetudine) per ringraziarlo. LA guida é stata comunque pagata dall’agenzia regolarmente. La stessa guida la settimana successiva avrà un’altra famiglia Smith o due giovani inglesi forti climbers che vogliono percorrere tutte le vie di Messner (scrivo questo perché mi è successo) in una settimana, quindi una al giorno, (Sella, Sass Dla Crusc, Civetta, ecc…), dormendo in auto per risparmiare (giustamente, lo faccio anch’io) volendo partire anche sotto la pioggia, perché i britannici fanno così, e bisogna scoraggiarli per non fare danni, ma le vie si dovrà farle e sul Pilastro di mezzo al Sas Dla Crusc, per esempio, magari scoprono per la prima volta cos’é un traverso discendente da secondo… Ma sono forti sulle dita (questo la guida l’ha già verificato scalandoci prima) e quindi si cagheranno sotto dalla paura (oppure o) ma c’è la faranno.
Nota: su certi traversi, anche difficili, la guida alpina non mette neppure un rinvio e cercherà di fare una sosta il più alta possibile per fare in modo che la corda assicuri il secondo dall’alto anziché di fianco, come accadrebbe se passasse tutti i rinvii del traverso. Per farlo occorre padroneggiare bene le difficoltà, forse conoscere la via e avere del buon sangue freddo, ve lo giuro.
Alpinisti della domenica (con tutto il rispetto perché anch’io la domenica se sono libero e fa bello vado a scalare da appassionato) avete capito cosa fa una guida alpina? Discutete tanto e pontificate su un mondo a voi totalmente sconosciuto che si basa sul COMMERCIO (cosa che tanto vi fa orrore ma in cui io non ci vedo nulla di negativo, anche perché i miei figli vivono, studiano e crescono grazie alle mie scalate e sciate) esattamente come quello in cui operate voi. Cosa fa la ditta per cui lavorate? Venderà pur qualcosa no? Per pagarvi lo stipendio dovrà avere delle entrate! Se lavorate per una banca o una compagnia assicurativa saprete delle porcate che fanno, no? É un esempio, per carità. Le entrate della guida alpina sono fornite dai clienti, che possono essere di vario tipo e starà alla guida utilizzare tutta la sua capacità e professionalità per proporre l’attività più adatta: dalla passeggiata in piano per andare a mangiare lo strudel alla malga al Cerro Torre. Con tutte le vie di mezzo che si incontrano tra questi due estremi. E pensate che questa forma di guadagno non é intermediata da nessuna speculazione o porcata socioeconomica. Mica é poco. Nel frattempo bisogna fare i padri, le madri, i mariti e le mogli, ordinare casa, fare la spesa, spaccare la legna, pagare le tasse, organizzarsi la propaganda del proprio mestiere per trovare clienti, fare i consulenti per qualche ditta di attrezzature e abbigliamento, allenarsi costantemente, andare al lavoro anche il giorno in cui ne hai meno voglia o non ne hai per niente anche a sessant’anni. Non siamo di certo degli eroi, ma la vita di una guida alpina é più o meno così. Provateci (i corsi sono aperti a tutti) e poi ne potremo parlare con le rispettive conoscenze. Oppure prendete per buone le parole che ho appena scritto. Ciao.
Allora io sono d’accordo con voi; la ricerca del colpevole in alcuni casi è ingiusta e deresponsabilizza.
Però noi possiamo essere d’accordo e dircelo anche in ostrogoto; ma la realtà non cambia. Chi fa l’Istruttore o la Guida oggi deve saperlo e comportarsi di conseguenza. Io ho fatto il corso roccia a 16 anni in Montanaia in mezzo al marcio. Oggi io istruttore col cavolo che porto la gli allievi; li porto in Falzarego.
Poi è necessario distinguere tra rischio e azzardo. Rischio è quello di una potenziale valanga, azzardo è altro (compagni non all’altezza, meteo schifosa etc. etc ). Quando faccio i corsi PRETENDO che i miei allievi seguano le mie indicazioni, perché io sono il responsabile del gruppo. Se un pendio è bello ma a mio avviso pericoloso, guai a chi si azzarda a sciarlo. Idem faranno le Guide; posso solo immaginare un gruppo di 10 persone che discute ogni pendio!!!!!
Quelli che fanno un corso o che ingaggiano una Guida DICHIARANO di essere inesperti e con l’iscrizione al corso o l’ingaggio alla Guida dichiarano di voler imparare perché non sono autonomi. Siamo chiari su questo.
Quello che dicono alcuni è giustissimo ma non vale nei corsi e nelle gite guidate, per quanto attiene l’azzardo. Per quanto attiene il rischio, il discorso è diverso.
Foresti, mi viene in mente che noi da 2000 anni o quasi siamo per la maggioranza cristiani di formazione cattolica, non calvinista o protestante (che devono essere responsabili di se stessi), e la chiesa ci ha inculcato la parabola del figliol prodigo: il figlio pirla che si diverte e sperpera tutto ciò che ha ereditato e quando ritorna viene aiutato dal fratello serio e intelligente e dalla famiglia.
La maggioranza la pensa ormai così e tutti gli altri sono obbligati a ubbidire.
Ma forse basta rinunciare a tante cose e astenersi dal partecipare.
Giandomenico, si scelta personale ma che evidenzia una grande mancanza di professionalità e di onestà.
Questo lo firmo anche io!
ma vallo a dire ai genitori di oggi.
Io se tornavo a casa e dicevo ai miei che la maestra mi aveva brontolato, o avevo preso un votaccio me le davano e anche belle. Ma non mi sembra di essere stato traumatizzato ne dai genitori ne dagli insegnanti. Oggi invece i genitori vanno all’uscita di scuola e picchiano l’insegnante.
Abbiamo perso il buon senso.
Fabio
a Clusone in provicia di Bergamo su frontale esterno di una chiesa sopra la porta d’ingresso c’è un sinistro affresco che fa riflettere la “Danza macabra” che recita “Memeno Mori ” : belli, brutti, poveri, ricchi, potenti, buoni, cattivi, re, ect. , ect. …insomma tutti.
Esatto, in montagna si può morire o quantomeno ci si può fare molto male e chiunque va in montagna dovrebbe essere consapevole di questo.
E aggiungo che non solo dovrebbe essere consapevole ma la legge dovrebbe renderlo obbligatoriamente consapevole, senza se e senza ma.
La cordata, come dice giustamente Paolo, è un tutt’uno e non ci può essere uno più responsabile di un altro, al massimo ci può essere uno più capace di un altro ma se io che di alpinismo non so un tubo mi lego alla corda di una guida o di un istruttore sono un cretino per il semplice motivo che non posso non sapere un tubo.
Anche chi si fa accompagnare dovrebbe avere un minimo di nozione, non deve essere un fulmine di guerra (perchè altrimenti non si farebbe nemmeno accompagnare) ma non può nemmeno essere un totale inesperto che affronta i pericoli pensando che tanto c’è qualcuno che lo toglierà dalle pesche.
Se non sai non fai, punto, se no sei solo un presuntuoso imbecille che merita di fare una fine da imbecille.
Invece la legge tutela l’imbecille perchè lo considera l’anello debole della catena e bastona chi fa del proprio meglio per salvare gente che dovrebbe anda’ a morì ammazzata.
Poi è pur vero che se io sono bravo e per campare mi porto dietro cani e porci vendendogli una sicurezza fasulla rischio di mettermi nei casini, ma questa è una questione di scelta personale.
L’evoluzione normativa ha ritenuto di fare un salto di civiltà con la tutela del più debole in ogni circostanza, io credo invece che abbiamo fatto, e continuiamo a fare, un percorso di inciviltà verso lo sdoganamento dell’imbecillità e favorendo una deresponsabilizzazione di massa che porta, come ho sentito recentemente in TV, il padre di un ragazzino finito in un camino posto sul tetto di un supermercato prendersela perchè il camino non aveva delle reti interne per frenare la caduta e perchè non c’era la sicurezza a vigilare.
Ma quali reti e quale sicurezza? Su quel tetto quel ragazzino non ci doveva andare per il solo fatto che sulla porta che vi conduceva c’è scritto “vietato l’accesso” e anche se sulla porta non ci fosse stato scritto nulla su quel tetto quel ragazzino non ci doveva andare, punto.
A me queste cose fanno andare il sangue alla testa e se ci fosse un referendum per togliere dalle balle i genitori dalle scuole e consentire ai genitori di cacciare due sberle ai figli come ai bei tempi andati senza rischiare la denuncia per maltrattamenti firmerei con le mani e i piedi.
Paolo detta così mi sembra un pò macabra la cosa.
Andare in montagna prima di tutto è una gioia è un’esaltazione della vita. Se non lo fosse non ci andrei.
Certo tutto con i piedi per terra.
Io parto dal concetto che in montagna si muore e bisogna saperlo molto bene.
Poi ragiono sulla sopravvivenza mia e di chi è con me e pretendo la totale responsabilità vicendevole per ciò che si sta facendo.
La colpa di un errore è della cordata, ognuno partecipa secondo la sua capacità, la sua intelligenza e la sua competenza, il singolo individuo è importante, ma è solo un insieme di individui che può realizzare qualcosa.
Forse la mia attuale scarsa comprensione della società dipende da una abitudine che noto ormai assodata e faccio un esempio per me molto chiaro: molta gente si affida ad “un infermiere che pensa e dice di essere più esperto di un medico”.
E di solito questo infermiere non ha nemmeno il coraggio di firmarsi e assumersi la responsabilità di ciò che fa e dice, ma la gente gli crede e la società glielo permette e pure lo loda e la giustizia lo interpella come esperto/informato.
E la gente deve farsi molto male prima di capire, talvolta però muore.
Mi sembra sia una questione di ignoranza, di mancanza di impegno, o di superficialità mentale, fatto sta che dovunque guardi di solito regna uno di questi aspetti.
E osservo che la sicurezza è uno slogan che affascina e tranquillizza gli incapaci, mentre tiene sempre preoccupati quelli capaci.
Poi per “pappare” e “pararsi” è comodo sfruttarla e vendersi bene …
E’ l’arte della politica?
Certo Carlo rischio zero non esiste. Puoi sempre morire d’infarto, o caderti addosso il soffitto per il terremoto o perchè la casa è stata costruita male., ect. ect.
Pochi giorni fa un mio amico è morto per un infarto sul sentiero mentre ritornava da una giornata di arrampicata in falesia. Aveva 52 anni.
Ma NON deve esistere il rischio zero. Non ha senso fare alpinismo o qualsiasi altro tipo di attività avventurosa senza rischio. Il rischio fa parte del gioco. E’ il sale nella minestra.
Annullare il rischio vuol dire uccidere l’avventura. Uccidere l’alpinismo. Avere la pretesa di non sbagliare vuol dire essere un robot, una macchina. Quindi senza anima, senza sentimenti, senza debolezze.
il fondamentale primario secondo me è la CONSAPEVOLEZZA di quello che si fa e dei rischi a cui si può andare incontro e che tutto non si può prevedere. Dare per scontato che nulla ci possa accadere è da miopi, da presuntosi che si raccontano delle bugie.
Consapevolezza del rischio la deve avere non solo chi fa tutto da se ma anche colui che si affida ad un altro, ad un professionista. Altrimenti sei un ebete che non usa il proprio cervello che la mamma invece ti ha fatto.
Insomma, siamo nati per poi morire.
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“Altrimenti te ne stai casa sul divano.”
Stare a casa sul divano NON è rischio zero. Il rischio zero NON esiste proprio. Finché si discute di sicurezza senza i fondamentali, non si fa molta strada.
Certo Alberto, è vero.
Se uno propone la montagna in sicurezza si tira la zappa sui piedi.
Giandomenico sono d’accordo con te!
Il problema è che oggi tutti vogliono l’avventura con il rischio ZERO!
Vogliono farsi i selfi messi subito su FB mentre fanno i ganzi i Bonatti dei poveri, ma con rischio zero!
La cosa non funziona così!
Decidi di intraprendere una scalata, un’escursione. Bene te ne assumi la responsabilità. Altrimenti te ne stai casa sul divano. CONSAPEVOLEZZA di quello che fai ci vuole dei rischi a cui vai incontro, anche se ti affidi a qualcuno.
Non si può scaricare tutta la responsabilità sugli altri. Anche se questi sono dei professionisti. Ma la colpa di questo andazzo è anche dei professionisti degli istruttori (anche quelli volontari) perchè fanno proclami dove danno troppe garanzie. Che poi non è detto che possano mantenere perchè in certi ambienti è la natura che comanda. Inoltre il momento del COGLIONE capita a tutti.
Belli o brutti . Bravi o mezze seghe.
Ok, è tutto chiaro fino a quando va tutto bene ma la ricerca spasmodica delle responsabilità fa sì che alla fine il rischio di essere incriminati risulti estremamente alto.
Se frana un’intera montagna forse qualcuno ci caverà i piedi anche se verrà aperto il solito fascicolo per omicidio colposo contro ignoti per accertare se la montagna sia franata da sola o perchè qualcuno l’ha fatta franare, nella speranza che ci si fermi agli ignoti perchè se no qualcuno l’avvocato se lo dovrò pagare anche se alla fine il pubblico ministero archivierà la pratica.
Il brutto tempo, si certo, te ti metti in moto col meteo avverso è chiaro che stai facendo potenzialmente una cazzata ma quante volte il meteo non è né a favore né avverso? In montagna possono esserci dei cambiamenti repentini da un momento all’altro.
Magari parti per una banale escursione sullo spartiacque fra l’Emilia e la Toscana, dove a volte soffia un vento che ti porta via, e anche se il meteo ti segnala vento a 20 km. orari poi ti ritrovi con vento a 60 e con 60 di vento su un crinale dove da una parte e dall’altra c’è il precipizio vai via molto gobbo e se hai i bastoncini cerchi di piantarli ben bene.
Quindi cosa fai? Non vai mai sul crinale che, detta come va detta, è una gita bella dal punto di vista paesaggistico ma tecnicamente vale zero?
Quello che voglio dire è che se vuoi la responsabilità la trovi sempre, ti salvi solo se stai a casa davanti alla TV o al bar a cazzeggiare con quattro sfigati, una birretta e un mazzo di carte.
Lo stesso concetto di responsabilità è un concetto spesso e volentieri falso perchè non siamo delle macchine e quindi nel corso di un’escursione può succedere di tutto, dal fisico che non regge al calo d’attenzione, dall’attrezzatura che fino a un attimo prima della partenza si dimostra idonea e poi ciocca, dalle scelte che a volte devi fare in una frazione di secondo.
Si ha un bel da parlare dell’allenamento, della comeptenza, di questo e di quell’altro ma il punto della questione è che le variabili sono troppe e non possono essere tutte controllate.
Quindi bisognerebbe che la si smettesse con questa responsabilità che serve solo a far girare dei soldi e nelle attività outdoor bisognerebbe mettere sullo stesso piano assistente ed assistito. Vuoi andare in montagna? Bene, o ci vai perchè sei capace o ti fai portare da qualcuno ma qualunque cosa succeda devono essere cazzi tuoi perchè non puoi affidare la tua vita in toto a qualcuno che opera in un ambiente in cui non ci può essere garanzia alcuna.
Una guida seria o un istruttore serio mica sono dei carnefici, voglio immaginare che facciano il massimo per portare a casa sane e salve le persone che accompagnano ma dovrebbe valere una liberatoria che invece in Italia è carta straccia.
Se una guida seria perde un cliente credo che avrà un bel rimorso per tutta la vita anche nel caso in cui abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilità. Vogliamo anche metterla in galera e fargli risarcire dei danni andando a cercare a tutti i costi una responsabilità oggettiva per placare la sete di vendetta di chi ha perso qualcuno che nel pieno delle facoltà mentali è andato a mettersi nei casini?
A prima vista, leggendo Cominetti viene da dire: ma perché allora non si fa un. po’ di pulizia in casa? In fondo quelli che lavorano male danneggiano chi lavora bene!
Però poi mi chiedo: se non ci fossero le Guide o gli Istruttori la gente in montagna si ammazzerebbe di più o di meno?
C’è qualcuno nel blog che pensa meno. Io penso di più.
Io penso che tenere ordine in casa propria sia necessario ed indispensabile sia che ci si chiami Guida, sia che ci si chiami Istruttore; meglio farlo prima che dopo.
Infatti, mi sono sempre dissociato anche dai miei colleghi che propongono avventura e sicurezza, un binomio contrastante. Ma tanti miei colleghi, pur di attirare polli da spennare, promettono cose assurde. Dopo la sicurezza c’è l’amicizia. E il bello è che tutto questo FUNZIONA a meraviglia. Allora mi dico che gli idioti hanno quello che si meritano, ovvero delle guide alpine idiote come loro. E avanti così. Per fortuna si può scegliere.
Queste persone che hanno in mano la causa, per analizzare i fatti di cui non sono esperti, sicuramente si faranno aiutare da un tecnico. Chiederanno un parere tecnico ad una guida alpina, oppure un istruttore nazionale. Un pò come fa un giudice con un medico legale quando chiede di sapere come è morta una persona. Non è il giudice che lo accerta ma il medico. Cioè un tecnico.
Queste sono le persone che, oltre a evidenziare gli errori fatti, se errori ci sono, devono dire alla parte legale che in montagna la sicurezza ASSOLUTA non esiste e, NESSUNO te la può garantire !
Come si fa a sapere se un itinerario improvvisamente può franare ? Vedi ad esempio la frana di pochi giorni fa sul Trident di Tacul dove è venuta già mezza parete . Nessun esperto, guida o istruttore lo può sapere.
Certo che se porti una persona a fare un itinerario che è risaputo essere su roccia marcia e poi questo si prende un sasso in testa. Magari lo potevi mettere in conto e te ne assumi la responsabilità.
Se, nonostante l’arrivo annunciato del brutto tempo, continui ad andare avanti. Allora sei un incoscente.
La parte legale giudica sui fatti che vengono messi in evidenza dalla parte tecnica che li metterà nero su bianco.
E’ la parte tecnica che deve essere onesta e super partes nel redigere l’ analisi di quanto è accaduto.
E sicuramente non si dovrebbero leggere certi annunci o proclami dove oltre a garantire il divertimento, l’insegnamento o l’avventura si da la sicurezza al 100% .
“la sicurezza in montagna non esiste”
La sicurezza, in montagna e ovunque, DEVE esistere. Quel che non esiste è il rischio zero. La sicurezza è “libertà da rischio irragionevole”, secondo i migliori standard tecnici internazionali. Meglio prepararsi prima di andare a spiegare ai giudici qualcosa.
Esatto torniamo agli argomenti seri.
Come si fa a far capire a un pubblico ministero, a un giudice e a un avvocato che la sicurezza in montagna non esiste?
Perchè a me interessa che lo capiscano loro, se non lo capisce il tonto di turno me ne frega il giusto.
Panzeri, puoi dire quel che vuoi ma la professione di guida alpina ha lo status di professione intellettuale ed è una professione protetta, al pari della professione di medico, avvocato, ingegnere..le chiacchiere, da questo punto di vista, stanno a zero. Se poi vuoi parlare di presuntuosi beh, ho lavorato a fianco di medici macellai, ho ascoltato degli ingegneri ignoranti come le capre che si atteggiavano a scienziati, ho avuto a che fare con avvocati azzeccagarbugli. Quindi non c’è bisogno di fare di un’erba un fascio. Torniamo agli argomenti seri.
Caro Panzeri, il presuntuoso sei tu. Mi metti in bocca cose che non ho detto né penso solo per rimarcare ogni volta il tuo punto di vista che ormai tutti qui conosciamo. Oltretutto mi sono sempre sentito d’accordo con te, tranne quando parli delle guide alpine perché è un campo che conosci solo dall’esterno, come tutti quelli che non fanno la guida alpina. Mica è una colpa, è un dato di fatto. Io di montagna ci vivo perché l’ho scelto, guardacaso proprio evitando di fare l’ingegnere, professione a cui ero “destinato”. Sono un alpinista medio e faccio la guida perché dovendo lavorare mi sono scelto il lavoro più vicino alla mia passione e ne sono soddisfatto. Alpinismo e guida alpina sono due temi che ben conosco e quindi ne parlo con cognizione ma senza vanti alcuni. Non mi paragono ad altri professionisti che operano in campi diversi né mi credo un papa o chissà chi. Se ti ho deluso mi dispiace, ma è un problema tuo. Ciao
Un mio delirio anche se non frequento abitualmente dei bar, come afferma il buon Cominetti.
Per tentare di diventare guida basta un titolo di studio di scuola media e non c’è bisogno di una laurea in ingegneria o in medicina o altro, né tantomeno un dottorato. Basta andare in montagna con impegno e costanza e magari si impara a non farsi male spesso.
Equiparare un istruttore delle guide ad un docente universitario mi sembra fantastico! Denota un po’ troppa presunzione?
Comunque conosco molte guide che scalano, fanno un ottimo alpinismo anche con i clienti, a tempo perso sciano dappertutto e insegnano ottimamente senza montarsi la testa.
Ma spesso molte di loro pensano di essere dei Papi detentori di verità.
Mi sembra ridicolo dire che un ingegnere direttore di un’azienda, o un medico primario, o un docente universitario… siano meno responsabili di una guida, anche solo per la quantità nettamente superiore di persone che dipendono da loro… e la preparazione è molto, molto, molto più lunga e impegnativa.
Cominetti non ci possiamo capire, tu di montagna dici che ci devi vivere, mentre io ci vado perché mi entusiasma, tu devi scendere sempre a compromessi, io no, ma dovresti rispettarmi come io per primo ti ho rispettato e solo dopo ti ho risposto a tono.
Comunque buon lavoro e buona professione, mi hai deluso.
Ognuno sia responsabile di se stesso!Parliamo di rischio in montagna, quando si lasciano circolare proprio sulle nostre montagne: persone irresponsabili armate di carabina?
Sante parole! Per diventare membro del Club Alpino Britannico devi sudare sette camice (se vuoi). In Italia dovrebbe essere uguale e lasciare l’ARCI_UISP fare quello che oggi fa il nostro povero CAI.
da istruttore in una scuola CAI dal 1984 non capisco perchè il CAI dovrebbe fare massa.
Caso mai dovrebbe fare qualità! E non dovrebbe parlare di sicurezza, caso mai di consapevolezza.
Duplico un commento che secondo me si adatta a questo e ad altri post simili. Le guide alpine non sono onnipotenti e tra loro ci sono caratteri diversi e capacità ed esperienze diverse, come tra i muratori, i dentisti e gli architetti.
Nessuna guida alpina si sente nel suo profondo come sostiene Panzeri, che sarà alpinista ma che di guide alpine ne sa come tutti quelli che non lo sono. Si evince da ciò che scrive.
L’esperienza personale dipende dalla frequenza in ciò che si fa e sulla neve è dove se ne fa di più. La neve è mutevole e spesso imprevedibile e anticiparne i comportamenti è difficilissimo, quindi parlare di sicurezza sulla neve è molto labile e può cadere nel sibillino. Come sosteneva Alberto Paleari: delle valanghe io ho una fifa boia! Ed essendo stato mio istruttore l’ho sempre stimato anche per questo suo sapersi porre in decisa inferiorità nei confronti di un elemento imprevedibile come la neve. E di scialpinistiche mi sembra che ne abbia fatte non poche!
Le guide alpine, pur notando chiaramente l’aumento dei praticanti che richiedono esperienze outdoor, hanno ben fermo nel loro compito istituzionale il tema della sicurezza, e questo non significa che sono in grado di annullare i rischi, ma sicuramente di limitarli grazie alla loro esperienza. Come accade in ogni campo. Tutto questo appare come un voler difendere il proprio orticello agli occhi di molti, specialmente di chi ultimamente sta cercando di inserirsi nel mondo outdoor. Ci sta pure a livello di pelle, ma ci sono leggi e situazioni (secondo me più importanti delle leggi stesse) che non si possono cambiare sull’onda dell’entusiasmo infuso da questo momento felice del “ritorno ai monti”. Il favorire la sovrapposizione di più campi d’azione da parte di chi pratica escursionismo, sci e alpinismo in aree naturali, non giova di certo a nessuno e può generare solo malcontenti e invidie.
Sono tutti miei punti di vista personali, ma per avere un’offerta di qualità credo che chi accompagna e/o istruisce debba rimanere in numero limitato, anche perché le stagioni non sono tutte uguali e quando c’è da lavorare tutti si va d’accordo e quando il lavoro cala ci si scanna per chi lo debba fare: situazione tipica di molte realtà da cui penso le Marche non siano esenti. Tanto per restare nel tema del post.
Tornando invece alle guide alpine, aggiungo che la formazione è bella spessa, onerosa sotto ogni punto di vista e sicuramente non alla portata di chiunque. Diventare guida alpina è tutt’altro che semplice e vedere che molto più facilmente (leggi SCORCIATOIE) si può fare altrettanto professionalmente parlando, mette tristezza e frustrazione in chi si è impegnato a lungo e a fondo per diventare professionista nel rispetto della legge, che piaccia o non piaccia.
Un istruttore delle guide alpine è un docente a tutti gli effetti (checchè ne dica Panzeri-con cui sono d’accordo su tutto quando non parla di guide alpine- nei suoi deliri da bar, ma qui ora io non sono al bar), è specializzato in ciò che insegna e mentre lo fa ha una responsabilità enorme nel breve periodo, che non è cosa da poco. Mi baso su esperienze dirette e tangibili da chiunque. Un docente universitario di meccanica che spiega come si fanno i ponti ai suoi studenti, può averne uno di nome Morandi che poi realizza un ponte come quello di Genova che poi crolla uccidendo e seminando disperazione nella collettività. Le responsabilità poi sono moltissime e di genere diverso e quel docente ne avrà praticamente nessuna mentre quello che insegno all’allievo aspirante guida alpina che dopo pochi giorni si lega alla corda un ciccione squilibrato che vuole salire la Cima Grande di Lavaredo sono dirette e molto più immediate. E’ questo che i più non capiscono. Certo, devo essere sicuro che il ciccione ce la farà con il mio aiuto, sennò sarei un irresponsabile, ma quel giorno, vi assicuro, che la famosa pagnotta, da molti vista come oggetto di misfatto e insulto alla purezza della montagna (che penso non esista da almeno 40 anni), me la sono guadagnata alla grande e, come sostiene una mia amica che ogni tanto porto a scalare: voi guide vi fate pagare fin troppo poco!
Ho divagato, ma per cercare di commentare molti degli ultimi commenti mi sono dovuto allargare e forse non tutto sarà chiaro.
Ma una cosa chiara in me lo è: (e qui persino Panzeri sarà contento), la sicurezza assoluta non c’è mai e io lo scrivo, lo dico e lo penso sempre quando faccio il mio lavoro di guida e professionalità vuol dire farlo arrivare a chi ti si affida per essere sicuro, senza che quest’ultimo avverta insicurezza ma si renda conto di dove si trova e sia consapevole dei suoi limiti e di quelli della guida che sta pagando.
Quello che affermate sul CAI è vero. Sempre meno attento alle attività Outdoor tipiche e sempre più attento a tante altre cose che pur encomiabili non c’entrano.
Non credo ciò dipenda dal numero dei soci. Sarebbe molto più “remunerativo” andare verso l’arrampicata.
Credo dipenda dalla disponibilità a “rompersi” negli organi decisionali che coinvolgono persone sempre più anziane e sedentarie.
Ragione di più per essere” in movimento”, di essere critici e propositivi ( argomentativi). Bisogna sensibilizzare il CAI? Bene, che si faccia. Io nel mio piccolo porto la mia testimonianza. E non solo
Io non ho mai frequentato il CAI e, pertanto, non posso esprimermi più di tanto nei suoi confronti.
Prendo però atto che la rivista Montagne 360° tratta in maniera residuale l’alpinismo, dal che indirettamente deduco che quest’ultimo non sia al centro dell’agenda CAI.
Ma questo è un problema che prima o poi devono affrontare tutte le associazioni, movimenti e quant’altro. Se vuoi fare massa critica devi cercare di prendere dentro il maggior numero di persone, a costo di snaturare l’oggetto dell’attività.
Nel cai non si può portare più da decenni, dal 1981.
Allora la scelta fu quella di massimizzare il numero e sfruttare la massa beota, e tutta la struttura si è adeguata, ma proprio tutta!!!
L’alpinismo, il sapere andare in montagna richiedono tempo, esperienze, errori, rinunce, consapevolezza dei limiti, propri e dell’ambiente. E’ la cultura della montagna e del suo significato che spesso manca. La gestione del rischio e, quindi, di una maggior sicurezza ( mai assoluta nè certa) significa avere il “senso” dell’ambiente alpino. Avere ” il fiuto del camoscio”. E, ripeto, ciò richiede tempo e desiderio. Portiamo questo messaggio nelle scuole del CAI e altrove….
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“There is no such thing as zero risk.”
p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 36.5px Helvetica}
Functional Safety by D. Smith & G.L. Simpson, Part A, Chapter I, Section 1.1, line 1. (La Bibbia del settore.)
ll rischio zero è un target impossibile ma ancora peggio pernicioso, perché annulla qualsiasi approccio tecnico-scientifico sulla sicurezza.
“There is no such thing as zero risk.”
Functional Safety by D. Smith & G.L. Simpson, Part A, Chapter I, Section 1.1, line 1. (La Bibbia del settore.)
ll rischio zero è un target impossibile ma ancora peggio pernicioso, perché annulla qualsiasi approccio tecnico-scientifico sulla sicurezza.
Dal punto di vista giuridico un bel passo in avanti verrebbe fatto dalla revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, la quale dovrebbe essere limitata a casi di evidente sproporzione fra le parti in causa.
Ci sono delle circostanze in cui lo stesso omicidio colposo dovrebbe essere perseguito su querela e non obbligatoriamente (mi viene in mente il caso di due o tre soggetti accusati di omicidio colposo dell’amico morto sotto una valanga quando magari la stessa valanga l’ha causata proprio il morto, situazione in ogni caso ridicola dal punto di vista giudiziario).
Peccato che sotto il governo Gentiloni, tanto per fare un esempio, quando si sarebbe potuto togliere l’obbligatorietà dell’azione penale in presenza di lesioni stradali gravi e gravissime (e passi per le gravissime ma sulle gravi è stata fatta l’ennesima cagata) si è deciso di lasciare le cose come stavano, col risultato che ad oggi, e fino a quando non si pronuncerà la Corte per l’illegittimità costituzionale della norma, si continuerà a finire sotto processo per aver causato un problema a qualcuno per oltre 40 giorni (classico colpo di frusta, frattura, ecc.).
I giudici ci mettono del loro, i politici ci mettono del loro, gli avvocati ci mettono del loro, i furbi (e ce ne sono tanti) ci mettono del loro.. Vorrei dire quello che penso ma non posso perchè se no mi arrestano.
secondo me lo sbaglio non è solo quello di dare CERTEZZE che non ci sono!
Ma il discorso va ben oltre l’aspetto pratico/legale. E’ filosofico. Nel senso che, cercare di cancellare /eliminare le incertezze, il rischio, toglie fascino a questa attività. Gli toglie linfa vitale.
INCERTEZZA… e come possono capirla i giudici che cercano solo la responsabilità, la colpevolizzano e poi la condannano, o le organizzazioni che devono organizzarsi?
Le guide insieme al cai & c. han scelto di pubblicizzare la sicurezza, ma secondo me stanno dando alla massa divertita troppe CERTEZZE
… e ora molti muoiono più stupidamente
… e vengono chiamati esperti per nascondere le certezze sbagliate
Sottolineo sempre che cerco di esprimere le mie malinconiche opinioni, aggiungo che per fortuna non ancora tutti sono così certi.
La frase riportata da Marcello è vera e il suo posizionarla in evidenza gli fa onore.
Ciò non toglie che i tempi “eroici” siano irrimediabilmente passati e occorre fare i conti con i tempi di oggi dove la tecnologia e la “tendenza” della giustizia ha fatto grandi cambiamenti. Può piacere o meno ma è così.
Poi anche Marcello sa bene che scrivere quelle frasi in calce al proprio sito o al proprio incarico dal punto di vista legale è nullo ( ovvero dal punto di vista legale = mai esistito) perché quando un cliente o un allievo è con te scatta l’affido.
Alcuni sostengono che questo “stato giuridico” scatta anche quando un Istruttore o una Guida vanno in giro con amici meno esperti o non qualificati; tuttavia ad oggi non conosco sentenze in questo senso.
Mi dicono che nelle palestre indoor inglesi, prima di farti entrare ti facciano un esamino.
Anche osservando come molti “esperti” usano gli strumenti (ad esempio il gri gri) o fanno sicura al proprio compagno viene da dire che occorrerebbe davvero fare opera di persuasione di almeno leggere le istruzioni allegate ad ogni attrezzo.
A mio avviso, usare bene gli attrezzi o essere a conoscenza del giusto metodo non toglie assolutamente il rischio insito nell’attività; non conosco nessuna persona o azienda che affermi questo.
Tuttavia insistere e fare cultura su queste cose mi sembra doveroso perchè almeno interviene dove si può a diminuire il rischio complessivo dell’attività.
Come mi sembra doveroso e onesto ribadire ogni dove, che l’arrampicata è attività ad alto rischio.
Alberto, ad età credo proprio di batterti (almeno su questo) aimè!
questa frase del grande alpinista scozzese è senza dubbio pesante, magari Giorges Livanos l’avrebbe messa diversamente con un certo grado di auto-ironia, con un pò più di umorismo.
Ma è una frase che in poche parole racchiude secondo me l’essenza dell’alpinismo: INCERTEZZA
IN MONTAGNA NESSUNO É AL SICURO:BASTA UN SOLO PASSO FALSO, E DA UN MOMENTO ALL’ALTRO L’ADRENALINA DI UNA SCALATA PUÓ TRASFORMARSI IN UNA PARTITA A SCACCHI CON LA MORTE. Hamish Mc Innes
Amo questa frase del grande alpinista scozzese perché nella sua crudezza contiene tutta l’essenza della dare in montagna, fornendo semplicemente la risposta a molti interrogativi. L’ho messa nel mio sito in bell’evidenza e sono certo che mi fa perdere un sacco di lavoro. Ma io faccio la guida alpina, mica il giostraio.
Ho notato che siamo proprio in pochi a scrivere “certe cose fuori regole” in continuazione e ribadire fino alla noia le nostre idee.
Però incontro giovani che ci leggono e cominciano a dissociarsi dall’andazzo imperante e abbandonare in modo critico le associazioni ufficiali e le mentalità fallimentari che a loro indicano con i fuochi d’artificio solo il nulla.
Oggi sono contento, alla faccia dei vari ispettori certificati.
Caro Dino sarà che son vecchio ma a me un certo modo di fare che ha preso il praticare la montagna, l’arrampicata e l’alpinismo… Ora come ora non piacciono. Li trovo mortificanti per questa attività, che mi sembra sempre più trasformata in un gioco da luna park dove tutti devono fare tutto. Dove il divertimento deve essere garantito. Dove tutto deve essere certificato e banalizzato alla quotidianità.
Io non mi sento in diritto di fare tutto.
Ma ripeto sarà solo che son vecchio ! Anche se…. non mi chiamo Paolo Panzeri.
A me pare che occorra avere una dose di sano realismo. A qualcuno questo trend può piacere ad altri meno.
Ma questo è e con questo dobbiamo vivere e convivere che ci piaccia o no.
Questo sistema sta portando tanta gente a fare attività, anziché stare in birreria (dove peraltro si sta benissimo) e questo per me non è male.
Poi da cosa nasce cosa e quindi è possibile che chi inizia magari così poi possa passare a esperienze diverse.
L’altro giorno cercavo con dei giovani un attacco. Dal basso avevano individuato la parete. Abbiamo seguito un camoscio che seguiva una cengia folle e giunti sotto la parete abbiamo cercato l’attacco. Dopo due ore siamo tornati indietro e abbiamo scoperto che avevamo sbagliato parete e l’attacco era vicinissimo a dove avevamo visto il camoscio. Ma poi abbiamo salito la via fin in vetta.
Ora neppure i camosci seguono le regole, non son più certificati e sbagliano!
Non è la scarpa che conta ma il piede (testa) che c’è dentro.
Questo un giudice lo dovrebbe comprendere.
Va bene saper fare la manovrina a pappagallo ma quello che poi conta e sapersi muovere in sintonia con un certo ambiente, avere fiuto, . E’ questo che bisognerebbe cercare di trasmettere non solo il manualetto o il grado.
oggi vogliamo il divertimento, il brivido però in sicurezza. Vogliamo che tutto sia pianificato, che i manuali ci spieghino anche come e dove fare la cacca. Le vie ben chiodate con ancoraggi da carro armato e possibilmente con scritto il nome all’attacco perchè mica possiamo perdere tempo a farci domande del tipo: dove sarà l’attacco? dove andrà la via?
E le soste…a le soste devono essere tutte attrezzate all’insegna della valorizzazione e della sicurezza.
La sicurezza non la cerchiamo in noi stessi, ma nella RESINA….
Tutto questo per poi sentierci dei veri avventurieri sparando selfi a destra e a manca
Ma di quale AVVENTURA si parla lo sappiamo ? Non credo.
se la scelta è solo mia e solo mie le conseguenze meglio consapevoli in infradito…se devo decidere per un altro (con la relativa responsabilità) con un giudice che mi scruta dall’alto (decidendo per sentito dire e/o spuntando una lista…) allora tu ti metti gli scarponi e non me ne frega nulla se sei consapevole o no! E’ l’italia bellezza…purtroppo…
Sono d’accordo: sicurezza e responsabilità dove?
In montagna direi proprio di no.
Ma la gente ci andrà e ci crederà confondendo tutto come se tutto fosse solo sport del divertimento.
Scorrendo velocemente mi sembra che fra i relatori vi siano poche persone che pratichino un buon alpinismo: politici, indooristi, falesici, commercianti di materiale, sciatori e quant’altri non riguardino il salire le difficili pareti delle montagne.
So che il mercato da noi si è allargato moltissimo massificandosi grazie alla compressione e distrazione dell’alpinismo, ma sempre più spesso alcuni di quelli che vengono istruiti secondo le “regole della sicurezza” provano ad andare sulle pareti delle montagne e hanno incidenti e mi dispiace moltissimo.
Forse il numero di possibili istruttori che abitualmente scalano le montagne e quindi potrebbero insegnare è troppo esiguo e la maggioranza che decide preferisce tenerli isolati per fare più facilmente affari?
Mi è capitato di portare due giovani a ripetere una vietta. Mi sono assunto la loro responsabilità?!?!? Sulla cima erano felici e nella discesa continuavano a dirmi che era stato tutto completamente diverso e molto più bello scalare e quello che avevano imparato prima era solo tecnica da manuali.
Forse perché io ne avevo combinate di tutti i colori per far loro scoprire la “bellissima difficoltà di capire” 🙂
Penso abbiano anche capito che loro debbano essere responsabili di se stessi e che legarsi significa condividere questa responsabilità.
Mah…a leggere il programma dell’avveimento, mi viene da pensare che io sono proprio delle vecchia guardia, nonostante i mie “soli” 57 anni anagrafici, perchè non riesco minimamente a identificarmi in questa tendenza dominante (a dire il vero trasversale all’intera società) di voler codificare tutto, di voler “azzerare il rischio”, di voler individuare un “responsabile” da mettere sotto processo se qualcosa va storto.
Oh, intediamoci: non sono uno che rischia per il piacere di rischiare, anzi mi considero un “fifone”. Ma questa tendenza imperante (a me estranea) vuole ridurre la montagna (anzi, la natura tutta) a un luna park, mentre il bello della montagna sta proprio nel fatto che è un ambiente ostico.
Il divertimento consisste nel sapersi muovere adeguatamente in tale ambiente ostico, anticipando mentalmente i rischi, e invece il vero divertimento non consiste nel saper realizzare performance eclatanti solo grazie al fatto che l’ambiente è stato “sanato” e quindi privato dei rischi (peraltro pia illusione, perchè prima o poi la montagna presenta il conto e i fautori del rischio zero si trovano in braghe di tela e… le conseguenze si leggono nelle pagine di cronaca dei quotidiani).
Insomma al rischio zero “oggettivo” (cioè imposto da leggi e decreti) io contrappongo una matura e consapevole gestione individuale dei rischi, cioè il sapersi muovere adeguatamente, iniziando dal saper scegliere la gita giusto con le condizioni del momento, sia dell’ambiente (meteo, manto nevoso, temperatura etc) che del singolo (stato dell’allenamento etc).
E’ la montagna che impone le sue regole e non vicecersa.
Ottima domanda !!