Storia Natura Dio

Tutta la conoscenza nella quale l’uomo impiega le sue energie e nella quale ritiene di cercare e trovare la verità non è che un diversivo del cosiddetto male, affinché possa seguitare a dominare i nostri pensieri e le nostre azioni, affinché il suo potere sia permanentemente alimentato dalla nostra stessa energia.

Storia Natura Dio
di Lorenzo Merlo
(ekarrrt – 6 novembre 2022)

Secondo certa narrazione religiosa, ad un certo punto l’uomo si è separato dalla conoscenza. La sua arroganza lo ha fatto cedere alle lusinghe del male. Gli ha fatto credere di potere fare a meno del mistero che l’ha generato. Tutta la sua storia può stare entro un solo simbolo di quella narrazione, quello della Torre di Babele.

La medesima storia umana è contenuta e rappresentata da altri simboli e da altre narrazioni spirituali. Una di queste è il Tao. Il suo primo riferimento simbolico, un volume in cui la dualità della storia è infinita e ineludibile, è frattalicamente rappresentata dall’Yin e dallo Yang.

Si tratta di due tra le molte tradizioni dal carattere sostanzialmente univoco. Tutte rappresentano la gogna dell’esistenza terrestre e, contemporaneamente, esprimono la via per realizzare nella mondanità la migliore condizione di vita.

Una condizione a cui spesso crediamo di poter rinunciare in cambio di qualche vantaggio, rispetto al quale la vanità che ci domina non è che burro sotto una lama. Tuttavia, chiunque sottoscriverebbe di vivere nella bellezza il proprio istante di vita.

È da tale contraddizione che si può evincere che l’indicazione di tutte le tradizioni spirituali, che culminano sostanzialmente nell’amore, non è cosa solo per mistici e affabulatori, ma per tutti. Non l’amore passionale, che riferisce dell’interesse personale o che traveste quello biologico, ma quello incondizionato, che solo uno spirito colmo di serenità è in grado di emettere. Quello il cui sentimento di riferimento si compone di riconoscenza e beatitudine. Quello che permette di superare i dilemmi del mondo duale, del quale vede la verità dell’intero.

Involontaria azione, possibile soltanto dopo avere svestito la realtà dalle sue infinite forme e il tempo dal suo apparente avanzare. Cioè soltanto dopo avere visto in opera l’eterno ritorno dell’identico.

Osservando la banalità di queste considerazioni, oppure, più pomposamente, riconoscendo in esse il sottile, energetico del reale o il significato del simbolo e il suo potere, nonché la presenza dello spirito di Dio, si riconosce anche ciò che la vita offre all’uomo: la possibilità evolutiva. Nient’altro che un percorso durante il quale l’individuo prende coscienza della sua identificazione con la propria forma, il proprio ruolo, identità storica, sentimenti e da questi si emancipa, riconoscendo in quella concezione l’origine della sofferenza propria e altrui.

Tutto ciò pone al centro l’individuo. Ma non si tratta di un fatto in qualche modo antipolitico, anzi. Semplicemente, ritiene che la sola evoluzione non possa che avere carattere individuale, che l’esperienza non è trasmissibile – se lo fosse saremmo saggi da millenni –, che l’inconsapevolezza di tanta banalità conduce e alimenta le ideologie e, giocoforza, i dogmi. Dunque, nessuna separazione tra individuale e politico-sociale.

Riformulare quanto detto a propria misura, ovvero ricrearlo, è quindi necessario per l’evoluzione del mondo. Se il valore di quest’ultima considerazione non ha tempo, nella nostra epoca industriale, ed ora digitale, esso cresce enormemente ed esponenzialmente.

Le rispettive torri di Babele superano in arroganza tutte quelle delle precedenti epoche. In esse si osserva una radicale separazione dai cicli e dalle indicazioni naturali e dalla saggezza ad essi legata. Si osserva la celebrazione in forma di virtù dei vizi capitali, ossia di ciò che, spiritualmente, rappresenta il più alto degrado e la maggior distanza dalla conoscenza. Rappresenta l’inidoneità a riconoscere che la conoscenza è già in noi.

I dati – chiamiamoli dati – che ci sono in una squama di pesce, sono più espressione di creazione e vita di quelli di un qualunque prodotto calcolato. Il campo d’azione di una squama è infinitamente più grande di quello di una merce replicabile. In esso si trovano la Natura e Dio. Ovvero, esattamente quanto è assente nella torre di Babele di ogni intento tecnologico di replicazione dell’uomo. A sua volta, esattamente l’abisso nel quale stiamo precipitando.

Così, come la natura faceva crescere nella consapevolezza di un imprescindibile e immanente legame con essa, le attività degli uomini, da essa slegate, spaccano la nostra capacità di concepire quanto tutta la conoscenza cognitiva, nella quale crediamo di trovare la verità – quel luogo in cui riponiamo la spiegazione del mondo –, non sia di fatto nient’altro che l’attestazione del dominio dell’esatto contrario dell’amore. Dicasi anche equilibrio, forza, invulnerabilità, bellezza, armonia, serenità, creatività, soddisfazione, scoperta e realizzazione di sé. Oppure, per opposto, alienazione, umiliazione, mortificazione, ripetizione, nichilismo. Vuoto.

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Storia Natura Dio ultima modifica: 2023-01-17T04:17:00+01:00 da GognaBlog

9 pensieri su “Storia Natura Dio”

  1. 9
    Grazia Pitruzzella says:

    Ciao, perdonami se non ho salutato.
     
    Grazie, ora mi è chiaro cosa intendi e condivido la tua visione. Dico spesso che tutte le storie sono la nostra storia e che se riusciamo a far pace con tutte le dimensioni che ci abitano, saremo in pace con tutti e questo benessere si espanderà all’infinito.

  2. 8
    lorenzo merlo says:

    Ciao Grazia. Spogliati dalle forme della storia mondana possiamo riconoscere nell’altro dei noi in altro tempo e modo. Sentimenti ed emozioni sono le espressioni della vita che ci anima tutti al medesimo modo. Questi non sono nostri e davanti a pari circostanze ci “obbligano” a medesime scelte. Riconoscere questa verità permette di vedere la circolarità del tempo. Tutti noi peschiamo dal grande volume che contiene tutto e tutte le idee, Platone lo chiama iperuranio, in funzione delle nostre esigenze. Inoltre riconoscendo noi nel prossimo abbiamo una scuola perpetua per accedere a parti ancora oscure di noi stessi. Tutto ciô è possibile attraverso l’ascolto interno. È impossibile attravero la prevaricazione del giudizio. Uno unisce l’altro separa. Uno porta all’amore incondizinato l’altro al conflitto garantito. Uno riguarda il sè l’altro l’io.  (Se non chiaro riformulo.)

  3. 7
    Grazia Pitruzzella says:

    In cosa, Lorenzo, avverti l’eterno ritorno dell’identico?

  4. 6
    lorenzo merlo says:

    “Orientale” in quanto dall’est sono entrate nella nostra cultura alcuni aspetti della loro ricerca.
    Come dici, iniziando a porsi certe domande, chiunque può ricreare come incarnare le risposte e migliorare le sua condizione di benessere, nonché quello sociale..
    A quel punto non potremo più chiamarle orientali.
    Non solo. Non va dimenticato che ogni cultura del mondo è giunta alle medesime osservazioni nel corso dei millenni passati.

  5. 5
    Alessandro Gentilini says:

    Scritto interessante.
    Direi parecchio orientale (in senso filisofico)ma non solo.
    Condivisibile, più difficilmente declinabile nel reale i correttivi che sollecita implicitamente.
    Ma da qualche parte bisogna pure iniziare

  6. 4
    lorenzo merlo says:

    Claudio, nessuna pertinenza, devo essermi spiegato male, ma
    Capire non conta nulla
    Ricreare è necessario
    L’esperienza non è trasmissibile
    Dio è dentro
     
     

  7. 3
    Giorgio says:

    Si, forse.

  8. 2
    Claudio Foresti says:

    Francamente mi sembra un ragionamento alquanto scombiccherato. Alla fine, in fondo al tunnel deve sempre fare capolino un dio che ci deve aiutare, visti i nostri limiti. Noi siamo ragione, emozioni e consapevolezza. Non sempre sappiamo coordinarli. Ma ce la dobbiamo e possiamo fare lo stesso. Che ci sia o non ci sia un dio, del resto comunque impossibile da dimostrare. In questo caso mi preme sottolineare l’importanza di non confondere ragione e fede. Di non cercare in qualche modo di camuffare con la fede il tentativo di semplificare ciò che la ragione non permette di farlo. Soprattutto non si cerchi di far passare il cognitivismo, scienza non esatta come tutte le scienze, come territorio del non-amore. C’entra come i cavoli a merenda. Si può amare e ragionare contemporaneamente. 

  9. 1
    Paola Cesco-Frare says:

    Riflessioni profonde, comprensibili, forse, solamente a chi ha già fatto un lungo percorso di individuazione di sé.
    Apprezzo la sintesi e la chiarezza.
    Grazie 

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