Il nostro universo potrebbe essere solo un’illusione digitale: è la teoria della simulazione, e ci sono buone ragioni a sostenerla.
Viviamo in una realtà simulata?
di Andrea Signorelli
(pubblicato su www.esquire.com il 13 gennaio 2019)
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Le possibilità sono tre: la specie umana si estinguerà prima di raggiungere il livello postumano; la specie umana raggiungerà la postumanità, ma non avrà nessuna volontà di creare un elevato numero di simulazioni digitali dell’universo; oppure stiamo vivendo in una simulazione computerizzata. Quartum non datur. Di conseguenza, se pensiamo che un giorno diventeremo postumani – in grado quindi di creare simulazioni computerizzate del nostro universo, con tanto di popolazione digitale cosciente – è inevitabile arrivare alla conclusione che stiamo già vivendo tutti all’interno di questa simulazione.
Riassunta all’estremo, è questa l’argomentazione da cui parte il filosofo di Oxford Nick Bostrom per esporre la sua teoria della simulazione (simulation argument), pubblicata nel 2003. Da più di 15 anni, l’ipotesi di Bostrom fa discutere i più noti pensatori di tutto il mondo; gli hanno anche dedicato una discussione di due ore durante l’Isaac Asimov Memorial Debate del 2016.
Il trilemma di Bostrom
Ma quindi, davvero viviamo in una simulazione? Prima di tutto, a differenza di come viene spesso raccontato, Bostrom non afferma che siamo tutti copie digitali dotate di coscienza che vivono all’interno di un enorme videogioco creato da una civiltà futura incredibilmente evoluta. Bostrom, invece, ci pone di fronte a un trilemma, in cui le altre due opzioni non sono assolutamente da scartare: l’umanità potrebbe benissimo estinguersi prima di raggiungere il livello postumano (oppure non riuscire proprio raggiungerlo), così come potrebbe non avere nessuna intenzione di creare una simulazione dell’universo (ci torneremo più avanti). Se queste due cose dovessero essere false, però, c’è una sola terza via: siamo tutti parte di un immenso videogioco e la nostra vita è solo un inganno (qui va inserita l’inevitabile citazione di Matrix).
Anche questa terza via, però, diventa obbligatoria solo se accettiamo due premesse fornite da Nick Bostrom: in un futuro non si sa quanto distante sarà sicuramente possibile simulare la mente cosciente per via informatica; e avremo a disposizione la potenza di calcolo necessaria a simulare il mondo fin nei dettagli più microscopici, scendendo in alcuni casi anche al livello subatomico. Se non si accettano queste due premesse (che non sono affatto scontate), tutto il trilemma crolla.
Prima di addentrarci nei meandri della teoria della simulazione che tanto affascina personaggi del calibro di Elon Musk (lo stesso che reputa la superintelligenza artificiale un rischio esistenziale e vuole colonizzare Marte: chi l’avrebbe mai detto?), bisogna quindi valutare cosa ci può spingere ad accettare o meno queste due premesse.
Davvero la mente può essere simulata per via digitale fino a creare la coscienza? Sulla fattibilità di tutto ciò si discute da tempo; ma il fatto che – nell’ottica di Bostrom – non sia necessario alcun orizzonte temporale (la civiltà futura può essere in là nel tempo quanto si vuole, senza che il discorso subisca la benché minima modifica) rende inutile qualsiasi discorso pratico. Bisogna rispondere, in verità, a una sola domanda: la coscienza è qualcosa che può riguardare solo “le reti neurali biologicamente basate sul carbonio” o può invece essere creata anche attraverso i processori di silicio presenti in un computer? Nella filosofia della mente, la possibilità che gli stati mentali siano indipendenti dalla materia fisica è una teoria molto diffusa (nota come substrate-independence); di conseguenza, il cervello non sarebbe altro che un complessissimo sistema che può essere replicato digitalmente.
Che potenza di calcolo sarebbe necessaria per riprodurre la mente cosciente per via informatica? “Una stima – basata su quanto sia costoso, da un punto di vista computazionale, replicare la funzionalità di un pezzo di tessuto nervoso che abbiamo già compreso e le cui funzionalità siano state replicate in silicio – porta alla cifra di 1014 operazioni al secondo per l’intero cervello umano”, scrive Bostrom. “Una stima alternativa, basata sul numero di sinapsi nel cervello e la frequenza con cui emettono impulsi, porta alla cifra di 1016 o 1017. Si può immaginare che una potenza di calcolo ancora maggiore potrebbe essere richiesta se volessimo simulare nel dettaglio il lavoro delle sinapsi e dei dendriti”. Una volta costruito un computer del genere, però, il cervello sarà replicabile e con esso anche la coscienza.
Non tutti sono d’accordo, ma al momento non si può escludere che in un futuro (distante dieci o diecimila anni) la riproduzione completa del cervello diventerà possibile, rendendo a sua volta possibile creare artificialmente la coscienza. Per seguire la teoria di Bostrom, comunque, è necessario accettare questa premessa.
Simulare l’universo
La seconda premessa è che sarà possibile (nel futuro) replicare digitalmente tutto l’universo: la nostra mente, il nostro corpo, il computer su cui sto scrivendo, il cane che di fianco a me si sta facendo un pisolino, la casa in cui abito, la città in cui vivo, la Terra, il Sistema Solare, la Via Lattea, Andromeda e tutto l’universo per tutta la sua esistenza.
Bostrom su questo punto è molto specifico, ma prima di prendere in considerazione i suoi calcoli pensate a questo: solo quarant’anni fa giocavamo a Space Invaders su Atari 2600; un videogame che adesso appare assolutamente primitivo. In un breve lasso di tempo, siamo invece arrivati a videogiochi in grado di ricreare veri e propri mondi, popolati da centinaia di intelligenze artificiali che si comportano in modo coerente; il tutto con un livello grafico che, sempre di più, tende a essere simile alla realtà. Come si fa a escludere che, magari tra migliaia o milioni di anni, diventerà possibile replicare digitalmente l’intero universo in maniera indistinguibile dalla realtà? Tanto più che, se viviamo in una simulazione, questa “realtà reale” non sappiamo nemmeno che aspetto abbia davvero.
“Simulare l’intero universo fino al livello quantistico è ovviamente infattibile, a meno che non sia scoperta una fisica radicalmente nuova”, prosegue Bostrom. “Ma per ottenere una simulazione realistica dell’esperienza umana, è richiesto molto meno; giusto il necessario per assicurarsi che gli umani simulati, interagendo in modi normali con il loro ambiente simulato, non notino irregolarità”.
Per ottenere questo, non c’è bisogno di riprodurre fin nel più microscopico dettaglio la struttura della Terra; così come sarebbero sufficienti delle rappresentazioni relativamente approssimative degli oggetti astronomici più distanti. Un simulatore di questo tipo, tra l’altro, sarebbe in grado di tenere traccia dei comportamenti e degli stati d’animo di tutti i cervelli contemporaneamente; di conseguenza, se qualcuno volesse guardare qualcosa al microscopio o al telescopio, il computer potrebbe aumentare la risoluzione dell’oggetto osservato in quel preciso momento; risparmiando non poco potere di calcolo (una sorta di messa a fuoco, volendo).
“È plausibile sostenere che il principale costo computazionale per creare simulazioni che siano indistinguibili per la mente umana dalla realtà fisica stia proprio nella simulazione di cervelli organici fino al livello neuronale”, prosegue Bostrom. “Anche se non è possibile ottenere una stima esatta del costo di una simulazione realistica della storia umana, possiamo stimarla approssimativamente attorno a 1033 o 1036 operazioni”.
Anche in questo caso, per far funzionare la tesi di Bostrom, è necessario accettare la premessa: sarà possibile un giorno avere calcolatori talmente potenti da poter riprodurre fedelmente tutto l’universo e tutta la storia dell’universo; senza farci mai scoprire di trovarci all’interno di un Truman Show globale. Se siete giunti fino a qui e siete disposti a seguire le regole del gioco, arriviamo al cuore della questione.
Bostrom lo dimostra con complesse formule matematiche che potete recuperare direttamente nel paper, ma il concetto è abbastanza chiaro: è improbabile che esisterà una sola civiltà futura che abbia creato una sola simulazione del passato (il che renderebbe la probabilità di vivere in un mondo digitale circa del 50%); è molto più probabile che – considerando che ci sono un numero enorme di civiltà future che potrebbero creare più e più simulazioni, anche nello stesso lasso temporale – il numero delle persone reali sia estremamente inferiore rispetto al numero delle persone simulate. Non solo, è possibile che le simulazioni (diventate a loro volta postumane) abbiamo dato vita a simulazioni dentro le simulazioni (usando qualcosa di simile a una virtual machine). Ne consegue che la probabilità di essere noi stessi una simulazione si approssima a 1. Vale a dire: è quasi certo.
E quindi, quale delle tre ipotesi è (molto probabilmente) vera? Partiamo dalla prima, secondo la quale l’umanità quasi certamente si estinguerà prima di raggiungere il livello post-umano. Le ragioni sono quelle che potete immaginare: una catastrofe ambientale che annienta la nostra specie, un meteorite gigante che devasta la Terra, una superintelligenza artificiale che proprio Bostrom ritiene – anche in questo caso seguito da Musk – poter essere un pericolo esistenziale (così come altre tecnologie). Oppure, più banalmente, la nostra società tecnologicamente evoluta collasserà e “società primitive umane potrebbero allora restare sulla Terra indefinitamente” (invalidando quindi il trilemma).
Oppure, e arriviamo alla seconda ipotesi, praticamente nessuna delle civiltà future avrà alcun interesse a (o volontà di) creare una simulazione del passato. “Perché questa ipotesi sia vera, dovrebbe esserci una forte convergenza nel corso delle civiltà avanzate. Nessuna civiltà postumana deciderà di utilizzare le sue risorse per creare un ampio numero di simulazioni. Inoltre, in quasi tutte le civiltà postumane mancheranno individui dotati delle risorse necessarie e dell’interesse a creare queste simulazioni; oppure, verranno applicate delle leggi che impediscono a questi di individui di portare a termine i loro desideri”.
Da Bostrom a Bandersnatch
Messa così, sembra abbastanza improbabile. E invece questa è l’obiezione principale alla teoria della simulazione di Bostrom: per quale ragione una civiltà dovrebbe ricreare un mondo come il nostro? Si è ipotizzato che questi strumenti potrebbero venire utilizzati per testare, per esempio, la teoria delle stringhe o per altre ragioni simili. Ma sarebbero davvero ragioni sufficienti? Il ricercatore in Scienze Cognitive Patrick Julius ritiene di no: “Tra gli esseri umani, ci sono milioni e milioni di persone che vivono in condizioni di un tale squallore e una tale sofferenza che creare un universo che le contenga potrebbe essere considerato uno dei crimini più gravi, paragonabile all’Olocausto. In verità, per ricreare questo universo bisogna letteralmente includere l’Olocausto”.
Nella teoria di Bostrom, infatti, non solo il passato è stato vissuto (non è sua volta una simulazione interna alla simulazione), ma gli esseri digitali che lo abitano sono dotati di coscienza; quindi provano sofferenza come gli esseri umani veri. “E quindi, a meno che non pensiamo che i nostri discendenti postumani siano dei veri e propri mostri (…) non si può ritenere che creerebbero il nostro universo. Magari un altro universo, ma non questo”.
Anche se fosse per dimostrare la teoria delle stringhe, che bisogno ci sarebbe di far soffrire centinaia di milioni di persone coscienti? Volendo, è la stessa obiezione che la psichiatra dà a Stefan Butler in Black Mirror: Bandersnatch per smontare la sua credenza di essere controllato e vivere, quindi, una vita simulata: perché mai creare un mondo così banale, ordinario, ma soprattutto pieno di sofferenza?
“Se avessi anche solo per un secondo il sospetto che Halo 4 sia abitato da esseri senzienti e che io li stessi uccidendo, smetterei di giocare all’istante”, prosegue Julius. “Anche se [la simulazione teorizzata da Bostrom] venisse fatta per qualche ragione alta, come la ricerca scientifica, dubito fortemente che la si potrebbe giustificare; e dubito ancora di più che la si potrebbe giustificare di frequente”. Come minimo, insomma, la probabilità di essere in una simulazione dovrebbe essere molto più bassa della “quasi certezza” della terza ipotesi di Bostrom.
Si tratta, ovviamente, di un’obiezione morale; ma questo non la rende meno interessante. Non solo: seguendo questa obiezione diventa molto più probabile l’ipotesi 2; secondo la quale l’umanità futura non avrà interesse o non vorrà (nella stragrande maggioranza dei casi, almeno) creare una simulazione che implichi infliggere atroci sofferenze a centinaia di milioni di persone (d’altronde, Jim Carrey in Truman Show viveva una perfetta esistenza piccolo-borghese; non stava morendo di stenti in un villaggio dell’Africa Centrale assediato da ribelli armati di machete).
Le confutazioni scientifiche
Ci sono però anche delle confutazioni scientifiche, in particolare quella esposta dai fisici teorici Zohar Ringel e Dmitry Kovrizhin e pubblicata su Science Advances. Secondo la loro teoria, per simulare l’universo in modo sufficientemente credibile sarebbe necessario crearne una copia precisa al livello quantistico, il che è impossibile: un calcolatore di questo tipo richiederebbe “più atomi di quanti ne siano presenti nell’universo”. Ovviamente, nella teoria di Bostrom viene più volte specificato che non è necessario che tutto l’universo sia riprodotto nemmeno al livello atomico. Il problema è che, secondo i due fisici, sarebbe sufficiente dover simulare a livello quantistico le informazioni relative a un paio di centinaia di elettroni per richiedere una memoria del computer che abbia fisicamente più atomi di quanti non ne esistano.
Anche in questo caso, comunque, c’è un’obiezione: se viviamo in una simulazione avanzata, non è possibile che tutti i nostri calcoli e tutto quello che pensiamo di sapere sulla complessità della fisica quantistica sia solo parte della simulazione? Una domanda, posta da Fast Company, alla quale i due fisici hanno risposto nell’unica maniera possibile: “È una domanda filosoficamente interessante, ma è al di fuori della fisica; quindi preferiamo non commentare”.
Tutte le possibili confutazioni a questa teoria della simulazione (ce ne sono ovviamente altre) hanno dei punti deboli; per una semplice ragione: non si può escludere che in un futuro non si sa quanto lontano ci saranno nuove scoperte scientifiche e informatiche che renderanno possibile tutto ciò che oggi crediamo impossibile; così come non si può escludere che il mondo futuro sarà popolato da civiltà talmente crudeli da voler creare una simulazione che includa genocidi, sofferenze e quant’altro. Come minimo, però, può aumentare la probabilità che a essere vere siano le altre due ipotesi di Bostrom.
D’altra parte, il tema della simulazione – argomentato in maniera analitica da Nick Bostrom – non è niente di nuovo: lo stesso concetto era stato esposto da Platone del Mito della Caverna ed era anche parte delle meditazioni di Cartesio che portarono al “cogito ergo sum” (ma ci sarebbero molti altri esempi).
C’è invece un aspetto di tutto ciò che ancora non abbiamo trattato. Questa presunta civiltà futura in grado di creare una simulazione sarà, nei nostri confronti, onnipotente. Non solo: sarà anche onnisciente, visto che – nell’ipotesi di Bostrom – potrà “tenere traccia” di tutto ciò che facciamo o vogliamo fare; potrà cambiare il nostro destino e aggiustare (o aggiornare) la realtà che ci circonda. Insomma, nei nostri confronti non sarebbe altro che Dio.
I due casi sono simili anche sotto un altro aspetto: così come da millenni si dibatte filosoficamente e scientificamente sull’esistenza di Dio senza mai giungere a una dimostrazione definitiva; allo stesso modo si potrà discutere in eterno sulla possibilità di vivere in una simulazione senza mai dimostrare la veridicità o falsità di questa teoria. E magari si potrebbe anche ipotizzare che questa civiltà futura sia esattamente ciò che noi intendiamo per Dio; perché no? D’altra parte, anche chiedersi perché una civiltà superevoluta vorrebbe infliggerci tutto questo dolore è simile a chiedersi perché Dio permetta il male.
Sono tutte teorie che non avranno mai risposte definitive; e il fatto che – sotto l’aspetto prettamente logico – la teoria di Bostrom sia difficilmente confutabile non la rende per questo probabile. La logica spesso parla un linguaggio diverso da quello della ragione; lo dimostra lo stesso Nick Bostrom quando scrive, nero su bianco, di non credere che il mondo sia una simulazione, ma solo di ritenere che la sua teoria sia “solida”. Una distinzione fondamentale.
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Comunque tutte queste teorie partono dal presupposto che la coscienza, considerata un epifenomeno del cervello, sia riproducibile (visione meccanicistica).
Perchè senza la coscienza, indispensabile per trovare e attribuire dei significati, non può esserci vera intelligenza.
Il fatto che la coscienza possa scaturire da qualcosa che ne è privo mi lascia alquanto perplesso (e lascia perplesso anche diverse persone di gran lunga più autorevoli del sottoscritto) e quindi sono più propenso a ritenere che in non so quale forma la coscienza esista ab origine e non sia riproducibile.
Una cosa però mi pare abbastanza evidente e cioè che dietro a molte teorie come quella esposta si nascondano delle enormi potenzialità di controllo del genere umano che chi avrà la possibilità di accedervi non si farà probabilmente molti scrupoli nell’utilizzare.
Per me : Fantasia e non fantastica teoria… difatti si cita il Muschietto furbetto.
Considerando che, come ricordato negli esempi dell’autore, i maggiori sforzi della simulazione sono andati nei videogiochi, ritengo che se mai la specie umana arrivasse ai livelli necessari di potenza computazionale al più creerebbe un videogioco molto complesso…quindi questo mondo non è di certo una simulazione, sarebbe stupida e noiosissima!