Torti vs Valoti

Torti vs Valoti
Tempo di elezioni anche in ambito CAI. A maggio 2016 sarà eletto il nuovo Presidente Generale del CAI.

Ho rivolto ai due candidati, Vincenzo Torti e Paolo Valoti, tre domande su temi che ci stanno particolarmente a cuore (tutte comunque inserite nella stessa problematica).

“… Fermo restando che siete liberi di non rispondere a queste domande dirette, dentro di me ho la convinzione che mi accontenterete… In caso positivo, vi prego di non superare le 3000 battute totali (le tre risposte assieme). Vi ringrazio in anticipo dell’attenzione e un caro saluto a entrambi“.

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Domande:
1. Il CAI ha recentemente fatto un appello sul suo organo d’informazione affinché il socio, se ha lamentele, proteste o suggerimenti, non li faccia via rete o stampa bensì scriva direttamente al CAI per avere risposta. Cosa ne pensate di questo invito? Necessario, giusto, inopportuno, velleitario?

2. Il socio Luca Gardelli ha recentemente inviato il 2 febbraio una PEC (qui allegata) al presidente Umberto Martini, senza aver a oggi ricevuto alcuna risposta. Perché, 60 giorni dopo a oggi, nessun cenno è pervenuto al Gardelli? Quanto ritenete giusto o inevitabile che un socio (per una vicenda, come certo sapete, ormai pluriennale) debba aspettare tempi geologici per una missiva di risposta qualunque e nel fare ciò sia pure indirettamente invitato a non approfittare dei ben più veloci mezzi del web?

3. Diciassette firmatari di due raccomandate, una al presidente Umberto Martini e l’altra al Collegio Regionale dei Probiviri del Piemonte, spedite il 2 ottobre 2015, non hanno ancora oggi ricevuto alcuna risposta. E sono passati sei mesi esatti. L’argomento delle due raccomandate è la presa di posizione del CAI nei confronti di quei presidenti di Sezione che non rispettano il Nuovo Bidecalogo. Vedete a questo proposito:
https://gognablog.sherpa-gate.com/quanto-il-cai-e-contrario-alleliski/
https://gognablog.sherpa-gate.com/la-non-risposta-del-cai/
Cosa ne pensate?  E soprattutto, come intendete procedere in caso di vostra elezione?

Risposte di Vincenzo Torti:
1) Ho letto quanto apparso su Lo Scarpone e sul sito del CAI con cui “Il Sodalizio” invitava tutti i Soci a non utilizzare blog esterni e ad indirizzare, invece, le proprie opinioni o critiche attraverso “canali interni”.

Ad essere sinceri ho trovato la cosa anomala perché, in tanti anni operativi in ambito CAI, non mi era mai capitato di confrontarmi con un documento privo di paternità e di riferibilità e, ancora, perché quel “Sodalizio” da cui l’invito sembra provenire non dovrebbe essere altro rispetto ai Soci, bensì l’insieme dei Soci stessi.

Ho, quindi, voluto considerarlo come un’occasione di riflessione su un tema tanto attuale, quanto delicato.

Vincenzo Torti
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La comunicazione di una grande Associazione come il Club Alpino Italiano non può non ispirarsi a valori quali la trasparenza e la coerenza, evitando il sempre presente pericolo dell’autoreferenzialità: a tal fine temi di sicura rilevanza associativa non possono, come purtroppo è accaduto, trovare spazio, puntuale documentazione e commenti su siti esterni e non trovarne altrettanto nella comunicazione interna, con il risultato di essere affidati ai “si dice” o alle chiacchiere di corridoio, con scarsa, quando non distorta, informazione ai singoli Soci e l’impossibilità per gli stessi di formarsi un’autonoma opinione.

Si tratta, quindi, di fare in modo che anche in ambito CAI le criticità associative, sgradite forse, ma ineludibili, trovino uno spazio gestito con correttezza e rispetto ma, anche, con la dovuta oggettività e tempestività.

Anche l’invito ad indirizzarsi alla Sede Centrale, alla Presidenza, alla Direzione e alle istituzioni territoriali, di per sé assolutamente condivisibile, impone alcune riflessioni, se è vero che il recente Congresso di Firenze ha evidenziato, tra le maggiori criticità, proprio quella della difficoltà di rapporto tra il Centro, il Territorio ed i Soci.

Si dovrà, quindi, intervenire prima su tale problematica, per evitare, poi, che contatti, sollecitazioni o critiche non arrivino a destinazione o rimangano senza risposta.

2) In tutti gli incontri di presentazione della mia candidatura, in sede di Assemblee dei Delegati, ho indicato come obiettivo prioritario “il CAI delle risposte”, per cui non posso che rammaricarmi della circostanza che viene riferita.

Ritengo che un Socio, a prescindere dalla domanda formulata, debba ottenere un riscontro, eventualmente anche negativo, ed in tempi ragionevoli.

3) Ho preso visione del contenuto delle due raccomandate e, per ragioni evidenti, non sono in grado di indicare i motivi per cui il Presidente Generale Martini non abbia ritenuto di rispondere.

Posso, però, chiarire che la mancata risposta da parte del Collegio Regionale dei Probiviri del Piemonte ha una motivazione giuridica, in quanto tale Organo non è investito della potestà disciplinare che, di contro e ove ne sussistessero i presupposti, sarebbe stata del Consiglio Direttivo Regionale.

Personalmente ho espresso in più occasioni quella che ritengo essere la posizione del CAI rispetto all’eliski, forte non solo del Bidecalogo approvato in occasione del 150° di fondazione, ma anche dell’editoriale a firma del Presidente Generale Martini su Montagne 360° .

Sono, però, del tutto consapevole della criticità del tema e delle problematiche che ne sono scaturite, non solo con riferimento ad alcune Sezioni territoriali, ma anche rispetto alla AGAI, nostra Sezione Nazionale, cui aderisce la quasi totalità delle Guide Alpine e, forse, anche quelle che intendono praticare o praticano l’eliski.

Credo che, in ogni caso, la coerenza debba prevalere, non tanto in una prospettiva sanzionatoria, quanto, piuttosto, nel ricondurre la nostra appartenenza ad una Associazione, quale è il Club Alpino Italiano, alla sua fonte, vale a dire ad una libera manifestazione di volontà e di scelta, espressione di un diritto costituzionalmente sancito dall’art. 2.

Il che significa che qualora le scelte individuali, nel tempo, venissero a confliggere con quelle della Associazione, costituitesi ed espresse nei modi statutariamente previsti, le sopravvenute divergenze dovrebbero coerentemente suggerire le dimissioni da Socio o il non rinnovo del rapporto associativo.

A tal proposito mi piace ricordare che un libro di Cesare Rimini, noto avvocato matrimonialista, titolava “Lasciamoci così, senza rancore”: ora, se ciò è possibile dopo un matrimonio, non vedo perché non dovrebbe esserlo anche, e maggiormente, in un contesto associativo, senza dover invocare lo spettro di sanzioni disciplinari o che altro.

Si tratterebbe solo di coerenza, valore che considero un riferimento prioritario in ogni caso e, in particolare, nel CAI che, se pure è Ente Pubblico non economico nella sua Sede Centrale, non deve mai dimenticare o tralasciare di essere, di pensare e di agire come “Libera Associazione”, come ricorda l’art. 1 del suo Statuto.

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Risposta di Paolo Valoti:
Vorrei approfittare delle domande postemi per cercare di condividere con voi la mia opinione sulla libertà di pensiero e di stampa, che sono un imprescindibile principio costituzionale ma che non devono però dare luogo solo a “parole in libertà” in ogni contesto, in ogni tempo e in ogni luogo.

A partire dalla consapevolezza che una parola o espressione può avere una molteplicità di significati e di interpretazioni, accresciuti dagli intenti di chi le manifesta, penso che la libertà di parola e di cronaca deve essere sempre legata ai valori di etica, gratuità e trasparenza, come quelli praticati nella comune passione per la montagna oppure ricercati nella libertà di montagna tra i “pilastri del cielo” e il bisogno di infinito, che ben conosci con la tua lunga esperienza alpinistica e militanza disinteressata per la montagna.

Oggi purtroppo etica e informazione non sempre però camminano di pari passo, e lo dimostrano i titoli sensazionali di alcuni quotidiani e servizi televisivi, ma anche social media, che non rispettano i diritti dei minori, della privacy istituzionale o personale, o i doveri di correttezza, fedeltà e riservatezza, alla ricerca di presunti scoop.

È un problema che non riguarda più solo l’informazione giornalistica in senso stretto, ma interessa e coinvolge in modo pervasivo l’intera società e tutti i suoi attori principali, compreso il Club Alpino Italiano in tutta la sua ricca e complessa articolazione nazionale, regionale e territoriale.

La crisi dell’editoria e dei media unita allo sviluppo dei social ha cambiato le modalità e i canali attraverso cui viaggiano la comunicazione e l’informazione.

Oggi sono richieste nuove responsabilità e sensibilità per ogni giornalista o addetto alla cultura e comunicazione, che deve essere figura aperta e flessibile, in grado di unire conoscenze e competenze, imparzialità e rigore.

Niente da eccepire riguardo alla legittimità degli strumenti e ai modi di ciascuno per comunicare e condividere propri pensieri e immagini con il mondo intero, sono però perplesso circa un uso intensivo o eccessivo dei social media che rischiano di trasformare la comunicazione in una sorta di piazza degli insulti o dettata dal click impulsivo sopra una tastiera.

Nei diversi scenari su cui si muove oggi la comunicazione globale, anche un’associazione come il nostro Club Alpino Italiano deve adeguarsi, o meglio, deve “sapersi adeguare”: cioè, deve farlo senza perdere comunque di vista i principi etici e sociali e le ragioni della nostra missione e del nostro ruolo nella società e senza snaturare la nostra identità e appartenenza di gente per la montagna.

Vorrei dire che oggi possiamo e dobbiamo strutturarci e aggiornare i canali informativi e comunicativi, cogliendo quello che la multimedialità e tecnologia ci offre: a fianco della classica carta stampata e i siti internet, dovremo migliorare e potenziare sempre di più strumenti come facebook, twitter e instagram, affinché siano sempre più fonte di notizie utili, di buona divulgazione e di formazione, e anche di sana critica costruttiva.

Ma se cambiano le modalità e gli strumenti della comunicazione (lo stesso Governo non a caso sta predisponendo un pacchetto di nuovi provvedimenti di riforma dell’editoria, in questi giorni all’attenzione del Senato), non cambiano le regole etiche e deontologiche a cui chi fa informazione deve attenersi.

L’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha approvato a fine gennaio il Testo Unico della Deontologia Giornalistica, che raccoglie e riassume ben 13 carte e 2 codici deontologici del mondo dell’informazione, proprio con l’intento di porre maggiore attenzione sulla responsabilità sociale di chi oggi fa informazione: regole che investono non solo la carta stampata, la radio e la tv, ma anche i canali di informazione social.

Non è solo una questione di rispetto della legge ma è anche e per prima cosa una questione di ruolo, di coerenza e di un modo di essere dentro la società.

Noi siamo il Club Alpino Italiano, un’associazione che crede con profondità e fermezza nei valori della montagna e nel rispetto non solo della Natura, con codici di autodisciplina e autoregolamentazione come il nuovo Bidecalogo, ma anche e innanzitutto delle persone, noi vogliamo e abbiamo l’aspirazione di poter contribuire a una società migliore, e per primi dobbiamo cercare di dare il buon esempio.

Paolo Valoti
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Avvertiamo forte le responsabilità che ci vengono attribuite non solo nelle attività sociali, culturali e di solidarietà che il pilastro fondamentale del volontariato dei nostri Soci offrono ogni giorno nelle Sezioni e Sottosezioni, negli Organi Territoriali e Centrali e per le nostre comunità, ma anche nelle attività di comunicazione e informazione che ci competono, e che devono assumere per noi una valenza culturale e formativa, oserei dire una forma talvolta anche di contro-cultura, aperta per tutti.

Ecco allora che anche la nostra comunicazione associativa non può e non deve essere frutto di affermazioni individualistiche e di convinzioni strumentali e personalistiche, ma deve sempre essere frutto di un ascolto e confronto democratico tra di noi, di un sentire comune condiviso dei Soci e aperti alla ricerca della convivenza e coesione migliore possibile.

Una prima forma di comunicazione nasce nelle nostre sedi sociali che possono diventare case delle culture per le genti e i monti d’Italia, del confronto e del dialogo sereno, dell’accoglienza e dell’aggregazione con al centro quel necessario rapporto di fiducia reciproca, partecipativa e inclusiva che deve innervare e nutrire tutta la vita associativa, dagli Appennini alle Alpi.

Nell’opportunità di questa intervista e delle domande specifiche spero di avere dato alcuni spunti di risposta per il primo tema, mentre per le altre domande non ritengo di avere né competenza né conoscenza adeguate per entrare nel merito, anche perché per alcuni temi ci sono obblighi di riservatezza dei documenti e di rispetto dei ruoli e di norme.

Per concludere, dobbiamo informare e comunicare in tempi rapidi, utilizzare il maggior numero di strumenti possibili, farlo sempre con senso di responsabilità e etica, e la coscienza che i valori e le parole sono come dei semi da disseminare nei campi fertili o incolti del Sodalizio e della società: “Noi dobbiamo essere come le piante che affidano al vento milioni di semi, con la certezza che almeno alcuni di questi germineranno” (Mario Calvino, agronomo, padre di Italo).

Riuscirci può essere difficile ma non impossibile, basta continuare a essere noi stessi senza tradire la nostra vocazione e la nostra missione per comunicare e condividere con tutti, ma proprio tutti, una cultura unificante, nel vero rispetto reciproco.

È la sola garanzia per il procedere della Cordata e per il Club Alpino Italiano di oggi e di domani, a partire dal territorio, dalle Sezioni e Sottosezioni, ai Gruppi Regionali ai massimi vertici nazionali, tutti insieme affiatati e uniti nei principi comuni di verità, lealtà e franchezza, e con la collaborazione e concretezza di ogni persona, giovane, donna e uomo, dentro il nostro Sodalizio e oltre.

Per maggiori dettagli sulle due candidature, vedi Il Cusna 4-2015, rivista del CAI Reggio Emilia.

Curriculum vitae di Vincenzo Torti

Curriculum vitae di Paolo Valoti

 

 

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Torti vs Valoti ultima modifica: 2016-04-01T04:15:44+02:00 da GognaBlog

20 pensieri su “Torti vs Valoti”

  1. La prima cosa che mi ha colpito è leggere i curriculum vitae dei candidati a Presidente Generale del CAI. “Valoti batte Torti per 6 pagine ad una”. Poi, la citazione “un milione di dollari” invece della moneta europea EURO, usata dal direttore del giornale del CAI di Reggio Emilia “IL CUSNA” in una domanda all’intervista a Valoti e Torti, potrebbe essere un dettaglio trascurabile, ma non coerente per gli italiani che fanno parte della COMUNITA’ EUROPEA. Su BANFF, alle tre domande, direi provocatorie, ai candidati, Torti ha risposto a tutte e tre, Valoti, diplomaticamente, immagino per non esporsi, ma non accetto il suo comportamento, ha risposto solo alla prima domanda. Torti alla prima domanda non ha accettato LA NON RISPOSTA DEL CAI, orientando il suo impegno per la trasparenza e la coerenza. La risposta di Valoti è stata … la libertà di pensiero e di stampa, che sono un imprescindibile principio costituzionale ma che non devono però dare luogo solo a “parole in libertà” in ogni contesto, in ogni tempo e in ogni luogo… omissis… Niente da eccepire riguardo alla legittimità degli strumenti e ai modi di ciascuno per comunicare e condividere propri pensieri e immagini con il mondo intero, sono però perplesso circa un uso intensivo o eccessivo dei social media che rischiano di trasformare la comunicazione in una sorta di piazza degli insulti o dettata dal click impulsivo sopra una tastiera. E ci risiamo… farsi i fatti propri? limitare la libertà di stampa? NO caro Valoti! Con la scusa che… per le altre domande non ritengo di avere né competenza né conoscenza adeguate per entrare nel merito, anche perché per alcuni temi ci sono obblighi di riservatezza dei documenti e di rispetto dei ruoli e di norme… ha evitato le risposte, tanto per non scontentare. Sembra che è già entrato nel ruolo di Presidente Generale Spero che i delegati facciano tesoro delle interviste dove emerge il carattere delle persone.

  2. Si vede proprio che siamo al cospetto di gente che ha studiato.
    Da anguilla.
    E con molto profitto, anche, visto che in pratica non trovo una risposta chiara!

  3. Sezioni e soci: svegliatevi se volete continuare a sognare!
    Carlo Possa, da Facebook 4 aprile 2016, ore 11.07

  4. Rispondendo al commento di Alessio Piccioli, in particolare sulla natura del sodalizio e sul confronto con il DAV.
    Lo Statuto è chiaro, chiarissimo, non lascia dubbi: il CAI ha “per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne…e la difesa del loro ambiente naturale”.
    Se poi si voglia considerare l’escursionismo una “manifestazione” dell’alpinismo, va benissimo ma quando le associazioni si allontanano dallo scopo per cui sono state fondate, allora si perde ogni riferimento, ogni valore, ogni senso.
    E se leggo il programma delle sezioni della mia zona, vedo più castagnate, S. Messe, cene sociali (qualcuno organizza anche una gita al mare) che alpinismo. E allora i numeri non c’entrano, non c’entra la forma giuridica e non c’entra nemmeno il numero dei dipendenti. C’entrano molto di più la consapevolezza e la volontà di scegliere la strada che è ben tracciata dal documento fondativo dell’associazione che si vuole rappresentare.

  5. ciao Alessio

    del mitico Gogna Blog possono persarne solamente bene e mi fa piacere che tu sia interventuto e spero continuerai a farlo anche su altri argomenti e che magari ne porterai di tuoi.

    Quanto alla domanda che mi sono fatto del come mai in Italia non si elegge a capo del nostro sodalizio una persona che sa di cosa …..PARLA…..(alpinismo) , me la sono fatta perchè mi sembra di una evidenza unica.

    Poi magari Michael Fowler , grande alpinista, non si sarà rivelato non buon presidente. Grande calciatore non vuol dire necessariamente ottimo allenatore.

    Ma non pensate, voi che andrete a votare per eleggere, che sia venuta l’ora di provare un cambiamento?

    ciao e a presto in Apuane.

  6. La traduzione è: “Non sono ammesse critiche”.
    Carlo Possa, da Facebook 3 aprile 2016 ore 00.04

  7. Le tre domande le ho capite, le tre per due risposte invece solo in parte. Valoti deve “partire dalla consapevolezza che una parola o espressione può avere una molteplicità di significati e di interpretazioni”, pertanto la prossima volta deve concretizzare un po’.
    Marina Davolio, da Facebook 2 aprile 2016, ore 22.53

  8. Le due risposte si commentano da sole. Ha ragione Torti: sono nel Cai dal 1961, ma una deriva antidemocratica come quella di una parte della dirigenza del Cai non l’avevo mai vista. Cosa c’entra la deontologia dei giornalisti quando un socio esprime una critica non è’ dato sapere.
    Carlo Possa, da Facebook, 2 aprile 2016 ore 17.49

  9. Dunque Alessio, ti rispondo per quanto riguarda le mie cognizioni sul DAV con il quale ho collaborato ed immagino ancora mi capiterà di collaborare diverse volte nel mio ruolo professionale.
    La loro struttura appare ben più complessa della nostra ed in grado di auto-sostenersi, grazie a obiettivi diversi rispetto ai nostri ed i numeri di dipendenti che citi sarebbe interessante rilevare se siano comprensivi dei dipendenti della varie sezioni, perché in questo caso… tra segretarie ed annessi e connessi il CAI credo superi i teutonici di gran lunga!!!
    Sta di fatto che la cultura alpinistica dei tedeschi è molto diversa da quella degli italiani e lo dico con cognizione di causa visto che l’80% dei miei clienti è tedesco o di lingua tedesca (cambia il Paese d’origine ma non la musica).
    Il DAV rappresenta un istituzione che tocca diversi ambiti (come il CAI d’altronde) che possono venir definiti outdoor e si interessa anche di situazioni ambientali in maniera diretta, quindi necessita indubbiamente di un range di dipendenti che possano supportare a tempo pieno il tutto, senza contare che dello stesso fa parte anche il Summit Club, un’agenzia viaggi atipica che propone diversi programmi in giro per il pianeta, sempre in ambito alpinistico/escursionistico ed è molto ben vista dai tedeschi che se ne servono molto largamente. Personalmente ho collaborato col Summit moltissime volte sull’arco alpino in quanto il DAV (almeno fino all’anno scorso quando c’è stato un cambio al vertice che ha cambiato alcune cose, ma non è molto popolare tra i soci…) ha sempre ricercato la collaborazione delle Guide Alpine nei suoi programmi. Il Summit se ne serve in esclusiva, mentre per i vari corsi formativi oltre agli istruttori che si possono benissimo accomunare ai nostri, si serve sempre di almeno un professionista per la direzione ed a volte anche più d’uno, per la gestione diretta dei corsi stessi.
    Come dicevo una condizione culturale completamente diversa che messa a paragone con quella italiana non produce un risultato soddisfacente nella comprensione del meccanismo.
    Come diceva Alberto, gli inglesi, tanto per individuare uno dei club alpini più importanti quantomeno storicamente, eleggono a presidenza dei soci che possano capire e valutare le varie problematiche di ciò che è l’elemento fondante di un associazione di questo tipo, mentre qui da noi il presidente si auto proclama come profano di ciò che sta gestendo… non credo servano molte parole in proposito…
    L’annuario dell’Alpine Club raccoglie tutti i dati possibili sull’alpinismo europeo ed extraeuropeo e molti di noi vi vengono inseriti con le varie realizzazioni che in Italia rimangono ignote, quantomeno sulle pagine della rivista sociale…
    Il CAI vuole interessarsi di alpinismo o di gestione burocratica di contributi vari? Sarà elevato al suo interno colui che ne promuove la figura o si continuerà a promuovere i mediocri che però sono ammanicati?
    L’evoluzione in positivo o in negativo sta tutta in queste decisioni!

  10. Caro Stefano, non penso nemmeno lontanamente di avere a che fare con un gruppo di ebeti e ti assicuro che non era nelle mie intenzioni “mettere alla prova” nessuno. La mia è una semplice richiesta di approfondire ulteriormente la discussione. Veniamo alle questioni. Concordo con la sensazione generale espressa nei commenti precedenti che, nelle risposte di Torti e Valoti, ci sia un po’ di politichese nel senso di non avere espresso concetti semplici e diretti o, nel peggiore dei casi, di non avere proprio dato risposte. Ma la mia attenzione si è fermata sul commento di Alberto che ha tirato in ballo un confronto con l’Alpine Club Britannico: ricorda che Fowler è stato presidente dell’Alpine Club (per la precisione lo è stato dal 2011 al 2013 fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Alpine_Club_(UK)#Presidents). Mi è sembrato di leggere un po’ un nesso tra il fatto che i due candidati abbiano dato “non risposte” con il fatto che il loro curriculum, dal punto di vista alpinistico, sia anni luce distante da quello di Fowler. Se ho interpretato bene quella di Alberto apre una discussione che, secondo me, va anche al di là delle richieste che sono state fatte ai canditati. E io la reputo molto interessante. Riguarda la natura stessa del sodalizio, a mio parere. In questa logica del confronto con i sodalizi di altre nazioni mi sono sentito di citare anche altri parametri di confronto che potremmo tenere in considerazione nella discussione. Ho fatto riferimento al DAV perché è il caso che ho sentito direttamente al Congresso nazionale a Firenze: 1.200.000 membri (da confrontare con i 300.000 soci del CAI) e 120 dipendenti (da confrontare con i 6 del CAI). Quello che penso io rispetto a questi numeri: un milione di soci sono 4 volte tanto i soci che ci sono al CAI in Italia. Significa che il reclutamento che viene fatto è sicuramente più efficiente, che l’associazione è più attraente.. ma sicuramente non è una associazione di soli alpinisti (!) e nemmeno di soli frequentatori dell’ambiente montano. Il DAV in Germania gestisce 240 (non sono sicurissimo del numero…) palestre artificiali di arrampicata. Molti dei soci forse si iscrivono al DAV solamente per frequentare la locale palestra artificiale di arrampicata. E’ un bene o un male? Io penso che possa essere un bene. Ma qui è in ballo, come dicevo prima, la natura stessa del sodalizio: una associazione di alpinisti e basta oppure una associazione di frequentatori della montagna (anche non alpinisti) e anche altro (per esempio simpatizzanti che magari diventeranno frequentatori che poi magari diventeranno alpinisti.. ma non per forza). Certo i numeri delle tre categorie sono ben diversi. Il secondo numero invece è quello dei dipendenti: il DAV ha 120 dipendenti che lavorano per il sodalizio. Il CAI ne ha solo 6. Anche riportando ai rapporti tra i differenti numeri di soci, ovvero moltiplicando per 4, non si ottiene nemmeno lontanamente il numero dei dipendenti del DAV. Questo numero mi ha fatto pensare tantissimo: da quando sono diventato presidente della sezione di Pisa mi sono ritrovato a gestire un sacco di burocrazia che ha davvero poco a che fare con l’alpinismo e la frequentazione dell’ambiente montano. Mi chiedo se la presenza di una sovrastruttura più efficiente e anche più grande di quella attuale ci si possa dedicare meno alla burocrazia e più alla vita sociale. Ma qui abbiamo un grosso vincolo: siamo un ente pubblico. Ecco allora vorrei mettere sul piatto questo altro punto di discussione che di nuovo riguarda la natura del CAI: siamo sicuri che la forma giusta che ci rappresenta sia quella dell’ente pubblico? Io non ne sono più convinto. Penso che si possa trovare una forma in cui si faccia conciliare una natura più “privata” (in fondo l’essere una Libera Associazione penso sia più vicina ad una forma “privata” piuttosto che a quella di ente pubblico) con il lato di associazione di volontari (aspetto fondamentale e non eliminabile naturalmente…). Ecco questi sono i pensieri (e un po’ le posizioni) che mi sono balzate e un po’ mi frullano nella testa in questi ultimi tempi. Vorrei sapere anche la vostra opinione. In particolare su questi due numeri che ho citato.

  11. VALOTI: “..per le altre domande non ritengo di avere né competenza né conoscenza adeguate per entrare nel merito, anche perché per alcuni temi ci sono obblighi di riservatezza dei documenti e di rispetto dei ruoli e di norme.”

    E’ a mio avviso un’affermazione deludente e che non accende nuove speranze di discontinuità con la gestione presente del C.A.I.

    In un paese che si trova in perenne lotta contro la corruzione , (in una posizione imbarazzante nelle graduatorie internazionali), la riservatezza dei documenti dovrebbe essere circoscritta a poche e speciali situazioni. Quelle citate al punto 2 non sembrano assolutamente rientrarci. Il concetto di corruzione non è soltanto legato ad elementi direttamente economici, ma forse in modo più estensivo, connesso a logiche protezionistiche di interessi trasversali spesso in contrasto con il rispetto di valori e di principi morali. E forse in questo vanno ricercati i motivi della crisi epocale che stiamo vivendo, morale prima che economico-finanziaria. Non vorremmo che il citato rispetto dei ruoli (e non certo di norme come indicato al caso del punto 2, pubblicamente documentato) sottintendesse una volontà di continuità con il passato e che la parola trasparenza, più volte usata nel testo, costituisca solo un paravento formale e poco di sostanza.

  12. Caro Alessio Piccioli, spero tu non creda di avere a che fare con un gruppo di ebeti, visto che ci metti alla prova… “prima di esprimere…” ecc. ecc.
    Direi che molti di quelli che scrivono, fanno parte o ne hanno fatto, del sodalizio, hanno dato o danno ancora il proprio contributo personale pur non sempre condividendo e magari anche contestando, ma non credo, neanche nei confronti di chi tra i tutti mi sta sul gozzo (idee divergenti portano a conclusioni differenti ma il rispetto delle persone non deve mai cambiare!) , che siano dei minorati mentali o degli sprovveduti!
    Quindi, Ergo, o come vuoi tu come meglio ti si adatta, spiegati e verrai di sicuro ribattuto nel bene o nel male, ma forse sarebbe un bell’esercizio pensare che magari non sei così superiore alla media…
    Se ho sbagliato ad interpretare il tuo post (capita alle volte nel virtuale visto che non ci si guarda negli occhi) mi scuso anticipatamente della mia uscita, ma comunque resta valido l’invito ad esprimerti prima di vedere gli altri cosa hanno da dire… altrimenti stiamo qui ad aspettare il prossimo post che non arriverà mai… non so se mi spiego, ma spero di sì…!

  13. Beh, visto che lo leggiamo quotidianamente, commentiamo spesso, discutiamo e critichiamo anche baruffando talvolta a partire dai suoi spunti, ne pensiamo più che bene.

  14. Ciao Alberto, ciao a tutti: il confronto con le esperienze oltralpe (ma non solo) è sicuramente molto utile e può aggiungere parametri di giudizio per la scelta per chi, come me, sarà chiamato ad esprimere un voto alla ormai vicina assemblea nazionale dei delegati. Quando ti chiedi “io non so se in altre nazioni il club alpino funziona meglio che in Italia”, pensi solo al fatto che il Presidente debba essere un Alpinista? Al centesimo congresso abbiamo assistito all’intervento del Presidente della DAV e, devo dire, che mi hanno stupito molti dei numeri che ha presentato. Ne cito 2 (ma poi potremmo approfondire ulteriormente): i soci in Germania sono 1.200.000 (si un milione e duecentomila) ovvero praticamente 4 volte il numero dei soci in Italia (e questo rapporto non può essere semplicemente ridotto al fatto che la popolazione tedesca è un po’ più numerosa di quella italiana infatti gli abitanti della Germania sono circa 80 milioni, quelli italiani sono 60 milioni), il DAV (come il CAI c’altro canto) ha un certo numero di dipendenti: il DAV ne ha 120 il CAI 6. Prima di esprimere i miei commenti personale vorrei sapere che ne pensate voi, popolo dei follower del mitico GOGNA BLOG.

  15. “Più te la misi (mischi) e più la spuza (puzza)!” citazione di Giovanni, figlio di Paolo, nipote di Arnaldo, padre rispettivamente di: qualcuno che alla fine si cosparge di vasellina per non sentir dolore…
    Ma candidati che possano fregiarsi di questo appellativo non ce ne sono?
    Evvai con le festicciole in rifugio (rigorosamente raggiungibile con automobile o elicottero…)

  16. io non so se in altre nazioni il club alpino funziona meglio che in Italia.
    Però ci sono nazioni (almeno c’erano) in cui il presidente del club alpino è un alpinista. E alpinista con i controcazzi.
    Sbaglio o Michael Fowler, uno dei migliori alpinisti al mondo è , o è stato, presidente del club alpino britanico?

    In Italia….boh???

  17. 20 anni fa circa, era Vicepresidente del CAI Teresio Valsesia che pur essendo un brillante oratore, soleva spesso citare durante i suoi interventi, un detto proprio delle sue parti ( Macugnaga) che così recitava ” di men parlando di più facendo”, non è mai diventato Presidente.

  18. Nicola, siamo di nuovo nel politichese. Questi “nuovi” candidati sono anche loro “vecchi politichesi” .
    Le loro sono “non risposte” , abilmente ci girano intorno, e stai certo che non cambieranno nulla!!
    Cambieranno le facce ma il succo rimmarrà lo stesso.

  19. Mi sembra, leggendo le risposte, che non ci siano grandi novità rispetto alla precedente gestione.

    Mi riferisco in particolare alla 3° domanda – il tema è l’eliski – e vedo che, pur rispondendo, si eludono i confronti sul merito. Le domande erano chiare, le risposte no.
    Torti dice “per ragioni evidenti, non sono in grado di indicare i motivi per cui il Presidente Generale Martini non abbia ritenuto di rispondere”. Ma come, dopo sei mesi e candidandosi alla Presidenza, non gli è venuto in mente di chiederlo direttamente a Martini? Più semplicemente: lui cosa avrebbe risposto alla stessa domanda? E poi dice ancora” la mancata risposta da parte del Collegio Regionale dei Probiviri del Piemonte ha una motivazione giuridica” perchè,aggiunge, competente è il Consiglio Direttivo Regionale. E perchè quest ultimo non risponde? Cosa ne pensa Torti?

    Valoti addirittura dice “per le altre domande non ritengo di avere né competenza né conoscenza adeguate per entrare nel merito, anche perché per alcuni temi ci sono obblighi di riservatezza dei documenti e di rispetto dei ruoli e di norme”. Come non ha la competenza? Perchè si candida allora? Obblighi di riservatezza, ruoli e norme? Ma di cosa stiamo parlando?

    Vedo un bel tentativo di insabbiare tutto, di non esporsi per non prendere posizione, di non rispondere. Insomma: nulla di nuovo!

  20. I delegati della sezione di Verona del Club Alpino Italiano, di cui ho l’onore di essere presidente, nel corso dell’ultimo convegno Veneto-Friulano-Giuliano che si è svolto a Codroipo il 07.11.2015, hanno pubblicamente espresso il loro pieno appoggio alla candidatura di Vincenzo Torti alla Presidenza Generale, questa breve intervista ai due candidati avvalora ulteriormente, se ve fosse stato necessità la nostra scelta.
    Riporto di seguito il mio intervento al Convegno VFG:
    “Buongiorno a tutti, delegate e delegati, Presidenti
    è sempre difficile, ma estremamente positivo, dover scegliere fra due candidati, soprattutto se si conoscono entrambi e se si sono condivisi alcuni tratti di strada all’interno dell’associazione.
    Oggi siamo chiamati a designare il futuro presidente generale del Club Alpino Italiano ovvero la massima carica del sodalizio che dovrà rappresentare gli oltre 300.000 mila soci che lo compongono e pertanto è nostro dovere individuare la personalità in grado di guidare il sodalizio nel prossimo futuro.
    Si sente spesso in questi tempi parlare della necessità di cambiamenti all’interno del Club, ma viene spontaneo domandarsi se realmente è una necessità del Club Alpino Italiano dovere cambiare, vista la sua storia e visti i valori che lo caratterizzano; certamente si deve perseguire il miglioramento, perché come ha detto a gran voce una settimana fa Don Ciotti al Congresso di Firenze dobbiamo avere “il morso del più, non accontentarci di quello che stiamo facendo, non serve indignarsi bisogna darsi da fare” ma questo non significa lamentarci di quello che abbiamo ma ricercare il miglioramento che per il Club Alpino Italiano in questo momento significa accoglienza, cioè apertura vera specialmente verso i giovani che si devono formare adeguatamente, trasferendo loro cultura di montagna, tramandando passione e conoscenza; ma al CAI di domani chiediamo anche semplificazione, con una sede centrale che sappia dare risposte anche tempestive, trasparenza, e soprattutto mantenere saldo il vincolo del volontariato non retribuibile, principio assolutamente non negoziabile. Il Volontariato, come ha detto sempre don Ciotti, è innanzi tutto responsabilità, costruzione di giustizia sociale e contrariamente a quanto ho letto il volontariato non è mai un’esigenza ma una scelta, non è un vincolo ma un valore.
    Per questo processo di miglioramento serve una personalità che conosca e si identifichi nei valori fondanti del sodalizio, che conosca la struttura organizzativa, che sappia essere carismatica nei confronti della base associativa; serve una personalità integra, che non significa integralista, coerente, non opportunista, che abbia dimostrato attaccamento al Club e che lo abbia saputo difendere da tentativi di derive di pseudo-volontariato.
    Come sezioni di Verona, Cesare Battisti, San Pietro in Cariano, Legnago, San Bonifacio, Bosco Chiesanuova e Tregnago riteniamo che Vincenzo Torti, oggi candidato alla Presidenza generale, si identifichi nei caratteri sopra enunciati e pertanto esprimiamo il nostro pieno appoggio alla Sua candidatura
    Grazie”

    Alessandro Camagna

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