In Trentino con i volontari del Soccorso alpino. «Dobbiamo fare in fretta. Ma restando calmi». Un esercito di 7.000 persone e oltre 10 mila missioni ogni anno. «Lo facciamo perché crediamo in certi valori».
Tra gli angeli delle valanghe
di Riccardo Bruno
(pubblicato su corriere.it/cronache il 4 febbraio 2023)
Foto di Marco Busacca / Cnsas
Se oggi sulle montagne trentine ci sarà un’emergenza, Doriano Feller è pronto a intervenire. Non dovrà arrampicarsi o raggiungere luoghi impervi, eppure la sicurezza di chi potrebbe trovarsi in difficoltà, sulla neve o su un terreno ostile, dipende prima di tutto da lui, dalla sua capacità di capire in fretta cosa sta accadendo e soprattutto in quale punto esatto. Doriano, 46 anni, camionista, è un volontario del Cnsas, il Soccorso alpino e speleologico nazionale, e oggi ha il delicato compito di tecnico nella centrale di emergenza a Trento.
Quando qualcuno contatta il 112 per segnalare un problema in tutto il territorio provinciale, dall’altro capo del telefono trova un infermiere a cui spetta una prima valutazione della gravità. Se l’incidente è in quota o in luoghi difficilmente accessibili, la chiamata viene subito passata a un tecnico come Doriano che allerta la stazione del Soccorso alpino più vicina. Una macchina collaudata per attivare, non solo in Trentino ma in tutta Italia, un esercito di 7.000 volontari che ogni anno compie più di 10 mila interventi. Nella maggioranza dei casi finiscono bene, grazie al loro aiuto viene riportato a casa chi era caduto durante un’escursione oppure travolto da una valanga.
Tutto parte proprio da qui, dalla centrale di emergenza che raccoglie il primo allarme. «Localizzare il punto esatto è fondamentale — spiega Doriano — Conoscere la quota per noi è fondamentale, anche più della posizione, perché dobbiamo capire quanto tempo ci vorrà a raggiungerlo». La tecnologia ha rivoluzionato il modo di acquisire dati e coordinate. «WhatsApp, con la possibilità di mandare la posizione, è stata una svolta, ma adesso ci sono nuovi strumenti più efficaci come l’Aml, l’Advanced Mobile Location — aggiunge Andrea Ventura, direttore dell’Unità operativa di Trentino Emergenza — Rimane comunque fondamentale la capacità degli operatori di capire la situazione , tranquillizzare e guidare chi è sul posto».
Doriano è da vent’anni nel Soccorso alpino. «Sono abituato ad andare direttamente sul posto, adesso ho imparato a trasmettere ad altri la mia esperienza». A Trento sono una quindicina i tecnici del Cnsas che si alternano in centrale, in media fanno due o tre turni al mese, d’inverno dalle 9 del mattino alle 17, ma in caso di missione in corso nessuno va via finché non è risolta. Doriano era di turno anche la mattina della tragedia della Marmolada. «Abbiamo raccolto la prima telefonata di una guida alpina — ricorda — In questi casi devi tirare fuori 20 anni di esperienza in 5 minuti».
Conoscenze e rapidità di decisione. «Bisogna saper fare le cose velocemente ma con calma» sintetizza con un apparente paradosso Alessandro De Zolt, 46 anni. Lui invece è un tecnico dell’elisoccorso, spesso il secondo anello della catena del salvataggio. Prima ancora che si muovano le squadre a terra, è un elicottero ad alzarsi in volo: a bordo, oltre ai piloti e al personale sanitario, c’è appunto un tecnico del Soccorso alpino. «Il nostro è un lavoro d’équipe, a bordo ognuno è indispensabile — puntualizza subito Alessandro — A noi tocca gestire la sicurezza della squadra d’intervento e del paziente. Siamo i primi a scendere e gli ultimi a salire». A Trento sono operativi due velivoli, appartengono alla Provincia e sono coordinati da Trentino Emergenza, uno è grado di intervenire anche di notte. Dal momento in cui viene lanciato l’allarme e il pilota accetta la missione, in meno di due minuti è in volo. I punti più lontani, come il Pordoi o la Marmolada, vengono raggiunti entro 16 minuti.
In questo momento ne sta rientrando uno, è andato a recuperare uno sciatore caduto sulle piste di Col Rodella e lo ha già lasciato in ospedale. Riparte dieci minuti dopo, una donna si è sentita male in un borgo di montagna, l’ambulanza arriverebbe troppo tardi. Alessandro ha una lunga esperienza. «Ho visto tante cose brutte, l’impatto psicologico è forte. Con il tempo ho imparato a schermarlo». È maestro di sci e guida alpina, dice che fare il volontario nel Soccorso alpino ha cambiato il suo modo di lavorare. «Non ho smesso di fare quello che facevo prima, ma sono più prudente. Non è aumentata la paura, ma sto più attento. Quando sono in pista con i clienti, cerco di anticipare i pericoli, sono intervenuto in tantissimi incidenti causati da scontri».
Nella stanza a fianco, pronto ma nella speranza che non serva il suo aiuto, c’è Daniele Martinelli, 46 anni. Lui è un conduttore cinofilo. Blitz, un Border collie di 8 anni, è fuori a fare festa quando vede il padrone. È una cane da valanga, addestrato a sentire l’odore di chi rimane sepolto sotto la neve. «L’affiatamento tra uomo e animale è fondamentale — spiega Daniele — Per questo facciamo continuamente formazione, anche due volte al mese. Dobbiamo essere pronti quando siamo chiamati».
Il Soccorso alpino è presente in tutte le regioni, perché in tutta la Penisola ci sono montagne, o comunque luoghi dove sarebbe difficile arrivare se non si posseggono particolari abilità fisiche e tecniche. Per farne parte bisogna superare un test preliminare, saper sciare su tutti i tipi di neve, arrampicare su ghiaccio e su roccia da capocordata (oppure sapersi muovere in grotta per entrare nel nucleo speleologico). Una volta superato l’esame, sono previsti corsi di formazione. Il Soccorso alpino, che formalmente è una sezione nazionale del CAI, è articolato su base territoriale. Nella provincia di Trento ci sono 33 stazioni più una speleologica.
Un’eccellenza italiana, un modello di organizzazione preso come riferimento anche all’estero. Rigorosamente e orgogliosamente fondato sulla generosità di chi ne fa parte. «Un professionista agisce nell’ambito della propria attività, se rientra nell’orario di lavoro va, altrimenti no. Un volontario lo fa perché ce l’ha nel sangue, perché crede in determinati valori» spiega Maurizio Dellantonio, presidente nazionale del Cnsas. Poliziotto in pensione, è stato istruttore della scuola alpina della Polizia di Stato, nel Soccorso Alpino è entrato nel 1980, ancora minorenne. Quando toglieva la divisa da agente, metteva quella da soccorritore, una vita intera dedicata ad aiutare chi va in montagna. «In questi decenni ne abbiamo fatta di strada. Mi ricordo quando qui in Trentino comprammo il primo elicotterino, era il 1987. C’è stata un’evoluzione enorme, nei mezzi, nei materiali, nelle tecniche di soccorso».
La gente di montagna non si è mai tirata indietro per aiutare chi era in difficoltà. Uno spirito che via via si è organizzato e strutturato, fino alla nascita ufficiale del Corpo nazionale del soccorso alpino nel 1967. Anno dopo anno, le missioni sono aumentate, soprattutto negli ultimi anni dopo la pandemia. «C’è una maggiore frequentazione della montagna e questo è un bene. Ma sono cresciuti anche gli incidenti» aggiunge Dellantonio. Lo incontriamo a Moena, il suo paese, dov’è inquadrato nella locale stazione, volontario anche lui quando viene chiamato dal suo responsabile, Thomas Zanoner, 37 anni, ricercatore universitario. Il quale conferma: «È successo un paio di volte nelle ultime settimane». Oggi qui la giornata sembra tranquilla, anche se alla vigilia le previsioni di bel tempo dopo le nevicate facevano temere slavine.
Le valanghe fanno notizia, ma non sono gli interventi più frequenti: quasi la metà nascono da cadute o scivoloni lungo i sentieri, un terzo dall’impreparazione, il 10% da malori. Le vittime sono per il 47,8% escursionisti, il 12% stavano pedalando su una Mtb, sempre più di frequente a pedalata assistita. Gli alpinisti in difficoltà rappresentano solo il 6,5% del totale, gli sci-alpinisti il 5,2%. A Moena, come in ogni stazione, ci sono mezzi e uomini sempre pronti a mobilitarsi. Una volontaria ha dato la reperibilità per tutto il giorno, altri due si sono aggiunti dopo pranzo attraverso la chat su WhatsApp. Non ce n’è stato bisogno. Sono le 5 del pomeriggio, è già buio, ma anche adesso che la giornata sembra finita, la catena dei volontari del soccorso è pronta ad attivarsi.
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Ravegnito. Anche tu cadi nella sindrome del “voi” e metti tutti dentro lo stesso sacco. Non è corretto. Così come non è corretto l’accusa di “superbia”. Si tratta di una generalizzazione e di un’attribuzione che fai tu delle radici di certe prese di posizione. Molto soggettiva e discutibile. Serve a poco e non fa progredire il confronto ma lo avvitta verso scontri personali.
Insomma dai, tutti capitani coraggiosi quando si è sul pontile. Se foste voi (o un vostro caro) in montagna e aveste bisogno, anche non necessariamente per un intervento in una parete di 500m e con condizioni estreme, vorreste avere il miglior soccorso possibile. ve lo assicuro. E in montagna – in italia – il miglior soccorso lo offrono il cnsas e il sagf. E non perchè i vigili del fuoco siano incompetenti come diceva luigino, ma perchè semplicemente non è il loro mestiere, così come non è mestiere di chi fa soccorso alpino spegnere un incendio o estricare una vittima da un’auto incidentata. Non voglio addentrarmi in una polemica che dura da anni e che seguo con interesse per motivi di lavoro, perchè sinceramente non me ne frega nulla e il mio contributo non offrirebbe nessun valore aggiunto, però guardando spesso questo blog vi vedo che ce l’avete mediamente a morte con chiunque non sia alpinista ai massimi livelli e non soddisfi i vostri canoni etici-estetici-politici, e allo stesso tempo pretendete di asfaltare chiunque dissenta dal vostro pensiero…a volte mettersi nei panni di quelli che considerate “inferiori” o “meno degni” non vi farebbe male.
p.s. non sono del soccorso alpino e non ne ho mai fatto parte, sono solo un amante della montagna e (scarso) alpinista della domenica.
Se si guarda le percentuali, ovvero 6.5 di interventi ad alpinisti in difficoltà e senza nemmeno specificare quale percentuale di interventi difficili in piena parete… magari strapiombante …magari di notte ..magari con neve nebbie e chissache…mi pare che il restante possa essere tranquillamente gestito da un cardiochirurgo da remoto travestito da pompiere .
BRAVO 74 CARLO. Ancora un soccorritore… del CAI… 73 Luigino, quando c’è… PUZZA DI BRUCIATO A LORO SFAVORE.
Leggere un volontario del soccorso alpino dare dell’incompetente al corpo dei vigili del fuoco…..mi lascia un filino perplesso su chi sia competente su cosa. Poi dovendo scegliere il chirurgo preferirei un ortopedico che un volontario o.s.s.
sono un soccorritore alpino, non sono un pataccaro e non ho mai preso un soldo (anzi ne ho lasciati molti dei miei in quasi 20 annidi servizio); rispetto il pensiero di tutti (e ci mancherebbe altro) tuttavia non condivido l’idea di chi dice di affidare il soccorso in montagna ai corpi professionisti dello stato, semplicemente perchè le truppe alpine e i finanzieri del sagf non hanno una distribuzione omogenea sul territorio. mi sembra che molti ragionamenti partano da presupposti troppo alpino e alpinistico-centrici. ricordiamoci invece che le montagne non sono solo grossi sassi da scalare (c’è gente che ci vive e ci lavora, magari dove il turismo non esiste) e che gli interventi di soccorso alpino non sono solo per valanghe o per alpinisti infortunati in parete: anche i merenderos, così come i boscaioli d’appennino o del gennargentu, hanno diritto ad essere soccorsi (e nel modo più consono), così come in generale chi si gode le montagne senza avere una corda legata all’imbrago o i ramponi sotto ai piedi. non voglio nemmeno addentrarmi in una annosa diatriba che vorrebbe affidare i soccorsi in montagna ai vigili del fuoco, perchè non ne hanno capacità, attrezzature, formazione e numero sufficiente di personale: sarebbe come far fare interventi di cardiochirurgia ad un ortopedico.
Se ripenso quand ero ragazzino, alle stazioni del soccorso alpino anni 70 appena nate, le vicende legate alla loro formazione e a chi vi ha fatto onorevolmente parte a come si sono fatte le ossa con poco o niente se non lo spirito per gli altri,guardandolo oggi pieno e abbondante di ogni cosa tranne che forse lo spirito iniziale che non lo puoi ne appendere come un attrezzo ne comprare , penso anch’io sia giusto pensarla come espresso da chi lo vuole togliere e lasciare gli interventi a corpi statali dell esercito cresciuti parallelamente nel contempo e incredibilmente lasciati spesso a tarmare.
A prescindere sulla reale capacità che questo cambio di rotta porti sui numeri degli appassionati calpestatori di montagne che dovrebbe cosi esponenzialmente calare …
Beh, ma cosa cambierebbe??
Il biker senza batteria verrebbe soccorso.
Lo sprovveduto in canottiera verrebbe soccorso
Quello uscito di via senza chiodi verrebbe soccorso
Dalla guardia di finanza, dai forestali ….forse pagherebbe una ammenda, ma questo già ora. Quello che deve cambiare è il soccorso è indifferente chi lo porta, se è garantito di default se ne avranno sempre di più e per motivi sempre più futili
Pellegrini ha ragione.
Vorrei comunicare una mia riflessione, ma considerato che CROVELLA SI È IMPADRONITO DELL’ARTICOLO, MI CHIEDO…scrivo o non scrivo? Mah… ci provo! Dall’articolo, sembra che l’unico ente a fare SOCCORSO ALPINO È IL CNSAS. MA I MILITARI DEL SOCCORSO ALPINO, CARABINIERI DELLA FORESTALE, I VIGILI DEL FUOCO, LA GUARDIA DI FINANZA? È opportuno, per non dimenticare, rileggere questo articolo del 17 marzo 2015 – BEN 8 ANNI FA – NULLA È CAMBIATO! IL CNSAS prende soldi pubblici dallo stato https://gognablog.sherpa-gate.com/il-soccorso-alpino-ha-unaltra-faccia/ con 59 commenti e autore Riccardo Innocenti, avvocato, protagonista di una vicenda con il Soccorso alpino. Interessanti per me, i commenti di ROBERTO SERAFIN MountCity says: 17 Marzo 2015 alle 13:35 “Una gestione davvero creativa della cosa pubblica…non parlerei di destino” E DI Popi Miotti says: 29 Ottobre 2015 alle 11:01 “Ho già scritto in merito e mi voglio ripetere anche se in fondo con un pizzico di dispiacere visti i miei trascorsi. Abolire questa struttura del CNSAS!!!! Affidare il servizio alla GdF che ha uomini e mezzi già addestrati e pagati allo scopo e che al limite può essere potenziata dirottando sul suo apparato i soldi che adesso vengono ingoiati dal CNSAS. Usare i volontari solo per grandi operazioni di ricerca in montagna. Per terremoti e calamità varie c’è già la Protezione Civile! Certo qualcuno soffrirà per mancanza di cadreghino, patacchino e di pecunia, ma il cittadino ci guadagnerà. Tutti a casa!
Per me si eviterebbe così, anche la discussione dei rimborsi, assenza dal lavoro, ecc. dei volontari. Da NON DIMENTICARE CHE ANCHE IL CAI CENTRALE HA UN REGALO DI MILIONI DI EURO DI SOLDI PUBBLICI
La rassegnazione. Se anche in Marcello, al 61, si è formata questa convinzione, che deprecava con tutto se stesso, la faccenda è più che preoccupante, forse irrisolvibile.
Assolutamente fasullo e provocatorio a riguardo la mia presunta anonimia nei confronti di una persona che si rivolge a me con volgarità e violenza….vorrei solo capire xchè
@64 “Carlo COMINETTI”: mi sa tanto di uno dei tanti nick fasulli che girano per il Blog, questa volta derivante da una crasi “predeterminata” fra Carlo (Crovella) e (Marcello) Cominetti. Curioso, tra l’altro mettere insieme due personaggi che normalmente sono discordi.
Buon week end a tutti.
Ci sono dei servizi essenziali che tutti dovrebbero avere. Su questo non ci sono dubbi. Anche se in certi luoghi, non sarà facile poterli mettere in atto e mantenerli. Proprio per la natura difficile e complicata.
Ma bisognerebbe domandarci: cosa è questo “benessere delle pianure” da copiare e che tutti vogliono possedere?
Siamo sicuri che tutto debba essere uniformato…?
Sign . Cominetti.
Lei mi ha detto VAFFANCULO ora mi da dell’IDIOTA.
Si faccia dare la mia mail e parliamone
Marcello, mi sa che tu faccia una certa confusione. Almeno semantica.
Tutto dipende da cosa si intende con “livello di benessere”, perché se è ovvio che un abitante delle valli pretenda (e giustamente ne abbia diritto) di avere lo stesso livello di servizi essenziali di un cittadino, è altrettanto ovvio che non avrà né potrà mai avere la medesima disponibilità di occasioni offerte a un cittadino.
Intendo dire che non potrai mai avere nel raggio di 3 km da casa 20 cinema, 10 teatri, 8 discoteche, 30 supermercati, 50 ristoranti, 100 pizzerie e 300 bar. Non potrai avere centinaia di mezzi che passano ogni 5 minuti per tutte le direzioni, per non parlare di dentisti, medici, commercialisti, offerta scolastica, ecc.
Il problema è un altro: se tu per “vivere davvero” stando in montagna vuoi anche tutto ciò, allora ti “fai andar bene cannibali e antropofagi di ogni sorta”. E sputtani la montagna come si è già abbondantemente sputtanato il mare.
A mio parere però se vuoi questo non stai certo vivendo davvero e comunque hai un’idea distorta della vita di un cittadino…cosa questa che mi pare piuttosto comune nei valligiani (come negli abitanti delle località rivierasche)
A scanso di equivoci, preciso esplicitamente che io NON sono contro al servizio di soccorso alpino. E sono sicuro che è un servizio di OTTIMA qualità. Paradossalmente proprio per questo è uno dei principali “pull factor” (leggete bene: è “uno dei”, non l’unico), cioè di quegli elementi di attrazione della gente verso la pratica dell’alpinismo/scialpinismo/escrusionismo ecc.
Certo che le cazzate in montagna si fanno anche nell’ipotesi di interruzione del servizio del soccorso. Ho già detto che i cannibali mica “ragionano”, proprio perché sono cannibali: l’assenza di capacità di ragionare è la caratteristica base della loro natura di cannibali. Pertanto, ipotizziamo provocatoriamente che si interrompa il soccorso: interruzione totale a far data da X. Non è che i cannibali, a quel punto, diranno scientemente “Adesso cambio il mio modo di andare in montagna, divento uno che in montagna ragiona come Dio comanda”. No, continueranno ad andare in montagna da cannibali. Solo che, a quel punto, nessuno li tirerà fuori dai guai. Per un periodo iniziale, 2-3 anni, forse 5, avremo una “carneficina”, poi i restanti cannibali prenderanno atto del diverso profilo di rischio oggettivo (rispetto all’attuale modello iper securitario), quindi si cacheranno sotto, capiranno che la montagna non fa per loro e si dedicheranno a mille altre attività ludico-sportive, dal base jumping alle corse campestri…
Anche se non sono contro al soccorso, è furo di dubbio che io sono contro alla presenza dei cannibali in montagna. Ogni meccanismo efficace per scremarne le fila è musica per le mie orecchie. Non volete la riduzione del soccorso per motivi “umanitari”? Sacrosanto: anzi riconosco pubblicamente che siete di animo più nobile del mio. Però il problema dei cannibali esiste e occorre scervellarsi per trovare delle soluzioni. Non va bene quella dell’assenza di soccorso? Allora troviamo altre strade, ma qualcosa dobbiamo fare, anche in tem,pi relativamente brevi perché altrimenti scatterà la famosa tenaglia dei divieti validi erga omnes.
Crovella, preso dal sacro fuoco dell’esserci, si proietta nel futuro di mille anni. Me lo vedo sulla De Lorean mentre batte sulla tastiera con 10 dita. Infatti fa ‘n casino che bisogna interpretarlo, e anche così, pesa come il Mercurio.
Però sul ridurre soccorsi e assistenze varie sono d’accordo anch’io. Molti imprudenti, tra cui anche alpinisti di capacità elevate, non farebbero certe cazzate.
Ma poi non è così vero che uno ci pensa di più se è in un posto dove non c’è il soccorso, l’ho visto con i miei occhi. L’idiota prescinde da ogni contorno ed è insanabile. Rassegnamoci.
Anche perché è un consumatore come gli altri e sostiene l’economia delle valli, per questo gli dedicano un servizio ad hoc. Vedi gli interventi di soccorso a e-bikers in discesa dopo che a motore hanno potuto raggiungere luoghi impervi, da cui poi devono scendere e iniziano i cazzi amari.
Noi abitanti delle valli aneliamo a un livello di benessere al pari di quello degli abitanti delle pianure (notato persino da altro idiota che scrive sotto pseudonimo su questo blog), quindi ci facciamo andare bene cannibali e antropofaghi d’ogni sorta.
Del resto giù nella bassa fate lo stesso da sempre, solo che vi piacerebbe trovare nella montagna-tabernacolo che idealizzate da lunedi a venerdì di tutte le settimane della vostra vita, il buon selvaggio puzzolente di letame per farvi sentire come Livingstone in Africa.
E tutto per riempire le vostre biblioteche di testi che spesso suppongono che l’evoluzione umana coinvolga solo voi inurbati & ammassati a discapito di chi vive davvero. Ma fatemi il piacere…
Semmai guardatevi il bel Ciccillo: https://youtu.be/in_S7H3RhBc
Questa https://afbs.provinz.bz.it/upload/audb/ è la banca dati degli incidenti alpini dell’Alto Adige.
La banca dati contiene le informazioni relative le operazioni di soccorso effettuate dai servizi di Soccorso Alpino; eventi in cui le persone soccorse sono state assistite e/o trasportate da organizzazioni terze. Non sono riportati interventi di puro elisoccorso senza la presenza del personale tecnico del Soccorso Alpino.
Oltre agli incidenti caratteristici dell’escursionismo e alpinismo, vengono inoltre riportati incidenti attinenti parchi di avventura, grotte e forre. Il soccorso alpino interviene occasionalmente anche in caso di incidenti sul lavoro e stradali in zone impervie.
Durante la stagione invernale il Soccorso Alpino fornisce un servizio preventivo presso molti comprensori sciistici della Provincia. Anche le informazioni relative agli interventi di soccorso su pista sono incluse in questa banca dati. Visto che numerose altre organizzazioni (Croce Bianca, Croce Rossa, Esercito, ecc.) forniscono servizi di soccorso pista per i gestori dei comprensori sciistici, non è questa una selezione rappresentativa degli incidenti sulle piste da sci. Una statistica globale degli incidenti su pista viene elaborata ogni anno dall’ASTAT.
@51 Govi. Altro mio articolo pubblicato sul Blog a maggio 3022 con statistiche 2021 del soccorso alpino piemontese.
https://gognablog.sherpa-gate.com/i-soccorsi-del-2021-nelle-valli-piemontesi/
Se non ricordo male, il trend 2021 diceva meno chiamate ridpetto a 2020 (ma manca tutta l’area sci di pista per totale chiusura impianti per pandemia) e però più morti perché soccorso alpino è stato coinvolto anche nel trasporto di persone colpite da Covid che son finite nelle statistiche anche del soccorso. Leggi il mio pezzo in calce al comunicato stampa, ci sono spunti di riflessione sulle cause degli incidenti. Ciao!
@51 Govi. Nel Blog ci sono delle statistiche, spesso riportate da me nei vari miei articoli. Per esempio:
https://gognablog.sherpa-gate.com/attenzione-alla-salita/
In realtà, con riferimento alle riflessioni che sto elaborando in questi giorni, ciò che voleva non sono le statistiche assolute. Rileva poco che siano aumentati gli incidenti, che sono cmw aumentati in modo esponenziale. Sarebbe interessante disporre di statistiche che non si trovano, ovvero le statistiche di quanti degli incidenti verificatisi derivano da imbecillità dei cannibali…
@53. Carlo. Non ho detto che sia una proposta sbagliata e il solo fatto che tu una sia forse l’unico, che avanza una proposta sul tema, ti fa onore. Dico che sono un po’ perplesso per quel risvolto specifico. C’è una differenza tra il colore affibbiato in pronto soccorso, dove, se le cose improvvisamente peggiorano a danno del paziente, egli è già in ospedale e una situazione in quota. Immagina uno del soccorso che giudichi non preoccupante il caso, da una coperta al tizio sul terreno e fa rientrare la missione e poi quello sul terreno muore nella notte….uhm uhm uhm. Non la vedo semplice. Cmq può darsi che sua un’opzione perseguibile. Bisogna ragionarci. Provo a sentire miei amici che sono coinvolti nel soccorso. Semmai riferisco. In ogni caso, grazie per il contributo di pensiero. Ciao
@51 Oggi. Nelle mie riflessioni il numero di incidenti non c’entra nulla. Ecco perché sono irrilevanti i dati a dispetto delle tue considerazioni. Sto riflettendo sul ruolo, inconsapevolmente svolto dal soccorso, come “pull factor” (tanto per utilizzare un termine che la cronaca ci propone ogni giorno su altri temi). Su tale risvolto potremmo arrivare addirittura a constatare che più è efficace il soccorso (=ancora miglior qualità del servizio) e più gente richiama in montagna, sempre in modo inconscio, perché da a tutti la sensazione di assenza di rischio.
Sull’altro punto, ovvero se il “vero” problema sia l’aumento antropico in quanto tale o, viceversa, se sia l’aumento dei cannibali all’interno dell’aumento antropico complessivo, mi pare una questione di lana caprina. Esistono entrambi i problemi ed entrambi generano conseguenze pericolose e fastidiose. Personalmente trovo più fastidioso l’aumento dei cannibali.
Circa l’aumento esponenziale dei cannibali, lo constato semplicemente guardandomi intorno. Non esistono statistiche in merito perché non ci si iscrive ad una ipotetica categoria burocratica di cannibali.
Però chi ha, oltre alla “testa sul collo” anche l’ “occhio” affinato, i cannibali li riconosce all’istante. Oppure vedendo le tracce sulla neve dei giorni precedenti, quando sono andati a tagliare pendii da urlo. Oppure leggendo le cronache sui giornali. Oppure leggendo in giro gli articoli con stile da cannnibali. Morale: da 15-20 anni in qua stiamo assistendo ad una incontrollata invasione di cannibali. Non mi dilungo oltre. Maggiori info (specie suo connotati dei cannibali) le trovi in due miei articoli pubblicati sul Blog nel settembre 2019 (mi pare ieri di avete messo i link diretti). Ciao!
Carlo al #54:
Non è esatto.
Nei casi in cui i costi del soccorso NON siano sostenuti dal SSN, sono le persone soccorse che devono pagare, di tasca propria o tramite assicurazione (CAI o equivalente).
Mi è sembrato di capire che oltre l’80% degli interventi riguardano NON soci cai. Cioè paghiamo noi tutti non avendo, i recuperati, assicurazione che copra la fattispecie
50, Sign. Crovella. Nella mia era un richiamo ospedaliero proprio per via dei risvolti penali. Al pronto soccorso il colore lo decide un’infermeria in base, soprattutto, alla narrazione dell’infortunato o chi per esso. Non mi risulti cause civili o penali nei confronti dell’ infermiere di turno, risponde il P.S. in toto. Nel caso in essere risponderebbe il soccorso alpino. Ovvio che nell’intervento deve essere un professionista a prendere la decisione se tornare indietro o comunque come procedere. In questo modo ci potrebbe essere una sorta di gradazione di severità cosa che, nel Suo dire, la gradazione viene a mancare completamente.
Altre proposte tipo quello di sanzionare gli interventi chiamiamoli superflui, temo servirebbe a poco. Ci sarebbe una sorta di status simbol da parte del danaroso spocchioso a pagar penale per un giro in jepp . Fuori contesto conosco persone che in autostrada superano volutamente i limiti, presentano poi la patente della nonna o corrompono la scuola guida e ostentano alle cene multe da 1500, 2000 euro.
Qui c’è un duplice problema alla radice di queste discussioni: una palese frustrazione personale per lo più amplificata da una probabile demenza senile che sfocia in una logorrea compulsiva…
@48 Non credo si voglia “cancellare” il problema dai dibattiti, ma semmai riportare un po’ di realismo nelle discussioni che tu tendi a dominare con i tuoi ripetuti interventi-fiume .
Anzitutto l’aumento generale della pressione antropica in montagna ( da persone con vari livelli di “maitrise” del terreno ) e’ uno dei molteplici aspetti dell’aumento della popolazione e della diffusione del benessere. Semplicemente, c’e’ sempre più’ gente che ci va, per svago/vacanze. Che i “veri appassionati” (concetto a te caro, ma difficilmente definibile in modo sensato) abbiano interesse a limitare questo aumento può essere condivisibile. Il punto e’ se sia realistico ottenerlo, e come. Alla fine le decisioni sono prese dai rappresentanti di chi in montagna ci abita, i cui interessi sono ben diversi e che hanno palesemente intenzione di approfittare ancora (economicamente) dell’aumento dei numeri. Fino a quando? Difficile dirlo, ma non sembra siamo vicini a scollinare.
Ma in ogni caso non vedo come gli incidenti possano costituire il punto di rottura del sistema. I tuoi ragionamenti, ammesso ( e non concesso) che siano ricevibili dal punto di vista etico, pretendono che esista un gruppuscolo di nobili frequentatori, tutti “con la testa giusta”(cit.) e in numero costante, circondato da un orda di gente impreparata in costante aumento, che va tenuta lontana. Beh dimostraci, numeri alla mano che e’ cosi’. Più’ realisticamente, e’ il numero totale che aumenta, tra capaci ed incapaci. E’ perfino possibile che la percentuale di incapaci sia in diminuzione, e anche che il numero maggiore di incidenti sia tra i capaci… Senza dati, si blatera.
Oltre a Brossico che mi ha indoto a riflette su un punto specifico che ha impatto sul tema, l’unico che ha avanzato una proposta è il mio omonimo Carlo – senza cognome. Non male la sua idea, la metto in archivio, ma a mio parere ha un punto debole sul risvolto emotivo-giuridico. Infatti lasciare l’incontrollata resposabilità decisionale a un singolo (o, al limite, al piccolo team che va sul terreno) espone chi prende le decisioni al rischio di cause e guai giudiziari se, ex post, la sua decisione non risulta la più azzeccata. temo che finirà che, pur di non rischiare anni di tribunali e risarcimenti milionari, alla fine tutti i soggetti metteranno codice rosso rosso, così nessuno potrà mai rinfacciare nulla. si rischia quindi di cambiare tutto per non cambiare niente (Gattopardo). temo che il segnale debba essere put profondo, se siamo (siamo nel senso di plurale veritiero, se c’è un insieme di persone che è interessata a…) siamo interessati a dare una bella virata al trend dominante. Cmq, Carlo: apprezzo molto il tuo spirito proattivo, se l’unico o uno die pochissimi. Ciao!
“[…] STIAMO procedendo in via sperimentale per individuare una possibile soluzione.”
“Altrettanto chiaro che NON esista alcuna “commissione di studio” sull’eventuale interruzione del soccorso: riporto esclusivamente pensieri PERSONALI.”
… … …
Siamo arrivati al plurale maiestatis.
“Noi [Vittorio Emanuele II] abbiamo decretato e decretiamo […].”
“Noi [Carlo Crovella] stiamo procedendo e procediamo […].”
@46 Prendo a pretesto il tuo intervento, ma senza acrimonia specifica verso di te. Anche tu, come moltissimi altri, non cogli quando io utilizzo delle immagini logiche in via metaforica. A proposito: lasciate fuori il CAI, io non ho mai pensato di coinvolgerlo, parlo esclusivamente a titolo personale. Altrettanto chiaro che NON esista alcuna “commissione di studio” sull’eventuale interruzione del soccorso: riporto esclusivamente pensieri personali.
Da tempo sto riflettendo sul tema generale, non solo del soccorso, ma su come arginare/modificare/correggere il grande problema di un accesso antropico ormai incontrollato, non solo nei numeri assoluti (che di per sé è già un bel problema), ma soprattutto nell’immane mole di gente che va in montagna “alla cacchio” (=cannibali), con tutte le ripercussioni che ciò comporta anche per noi alpinisti maturi e consapevoli (= rischio di futuri divieti con validità erga omnes).
Sull’eventuale riduzione del soccorso organizzato si è espresso perfino Messner. Anche lui un feroce assassino? No, stiamo semplicemente riflettendo sul problema. Ho riportato il link dell’articolo su tali dichiarazioni di Messner ripubblicato 3 anni e mezzo fa sul Blog. Temo che nessuno sia andato a leggerlo. Dovreste darci una lettura, specie prima di lanciarvi in crociare scandalizzate e con stile da Inquisizione Spagnola.
Sul generale tema del modo scriteriato di andare in montagna si sono espressi molti dei nomi importanti. Nel mucchio cito Simone Moro, in un’intervista che abbiamo ripubblicato anche sul Blog nel settembre 2022. Moro NON tocca il sotto tema specifico del soccorso, ma esprime caldeggia il concetto, molto simile al mio, sui corsi di addestramento. Link: https://gognablog.sherpa-gate.com/simone-moro-inutile-chiudere-o-vietare-la-montagna/
Farneticazioni le mie? Può darsi. Sta di fatto che non solo l’unico coglione sulla terra che sta pensando sul tema, che è “il” tema centrale dell’andar in montagna dei nostro tempo.
Onanismo? Prima di tutto: anche se fosse? A me personalmente pare molto più onanistico l’approccio, in cui si inserisce il 98% dei cosiddetti “alpinisti” ( e con essi la stragrande maggioranza di lettori di riviste e blog di montagna), ovvero di voler legger solo articoli “effervescenti” di “grandi” imprese, di “belle” sciate, di 8c e 9z, di 50 gradi nel ripido, si godimento e grandi “dammi il cinque!”ecc. Quello è il principale onanismo alpinistico dei giorni nostri.
Hanno diritto di cittadinanza intellettuale anche quei testi, e magari in alcune occasioni ne ho scritti perfino io con quel taglio, ma la montagna non è solo quella roba lì, anzi. Gogna sapientemente gira gli argomenti e gli autori, giorno dopo giorno: ogni lettore trova pane per i suoi denti. Quando un testo vi “eccita” è corretto che ve lo godiate fino in fondo, ma se il giorno dopo c’è un altro tema sul tavolo e su cui si dilettano onanisticamente altri individui, lasciate anche a questi la giusta dose di godimento.
Le scenate isteriche da zitelle inacidite, ormai strutturali e sempre fastidiose come i commenti lunghi lo sono per altri, non portano da nessuna parte. Il problema qui sul tavolo è reale e i tempi per intervenire sono strettissimi, a causa del peggioramento delle condizioni oggettive delle montagne per il cambiamento climatico. Molti di voi danno l’impressione che, pensando di cancellare il problema a livello di riflessioni/dibattiti, il problema non esista più. Ma non risolveranno nulla con tale approccio. Guardandovi dall’esterno, mi ricordate quelle persone che ballavano nel salone del Titanic mentre la nave era inesorabilmente indirizzata a cozzare contro l’iceberg…
” stiamo procedendo in via sperimentale per individuare una possibile soluzione”
peraltro con un uso “disinvolto” (vulg. errato) dell’italiano: al massimo stai procedendo per via “ipotetica”…
Uno degli aspetti che piu’ saltano agli occhi riguardo agli interventi di Crovella e’ il distacco immenso tra quanto si egli stesso si prenda sul serio e quanto invece lo prendano sul serio i lettori, perlomeno in larga maggioranza. Per esempio quando afferma “per ora e’ una bozza da studiare meglio”, “stiamo procedendo in via sperimentale”, volendo far intendere che sono in preparazione delle proposte operative che le autorita’ non solo ascolteranno, ma prenderanno seriamente in considerazione per la loro implementazione. Mentre a chi e’ rimasto un minimo di lucidita’ sa perfettamente che le autorita’ non decideranno per nulla sulla base dei desiderata del mondo alpinistico – e che comunque, quand’anche sentissero il parere del CAI per puro garbo istituzionale, quest’ultimo non corrisponderebbe nemmeno lontanamente con alle idee espresse da Crovella. Insomma, farneticazioni a totale uso e consumo onanistico. E ne riempie pagine e pagine.
#35 Marcello #36 MG #42 Carlo…condivido al 100%
Hai perfettamente ragione, stiamo procedendo in via sperimentale per individuare una possibile soluzione. Non ne esiste una “perfetta” e ci si dovrà accontentare della meno peggiore. Se non la si individua con resta che un’alternativa secca: o si cancella totalmente il soccorso alpino (ipotesi per la quale io mi schiero) oppure si lascia il quadro com’è, mettendo in conto che (come spiegato migliaia di volte) è fortissimo il rischio di una tenaglia generale di divieti. Inutile poi frignare contro i divieti, saranno diretta conseguenza della scelta di non aver voluto effettuare dei cambiamenti. Buona serata!
Caro Crovella, un mio amico, ex istruttore CAI, anche lui, ahimé, non più tanto giovane, è stato “costretto” dalla moglie a prendersi un telefono satellitare, perché quando fa le gite da solo lei vuole essere tranquilla.
Il satellitare non è proprio a buon mercato, ma ci sono modelli che costano ben meno di un iPhone ultimo, o anche penultimo, modello. L’abbonamento non costa certo sette o otto euro al mese, ma comunque sempre meno di quanto ci costava a metà degli anni novanta. Le telefonate anch’esse non sono proprio a buon mercato, ma, parafrasando un spot della SIP di qualche anno fa, “una telefonata salva la vita”.
Quindi se mai venisse cancellato il campo cellulare dalle zone alpine come tu auspichi, sono certo che orde di cannibali, e forse non solo quelli, si munirebbero di un satellitare.
Forse mi ripeto, ma per me dovrebbe funzionare ” a sentimento”. Come nei triage ospedalieri la decisione del colore la prende l’infermiera all’accettazione. Lo stesso il soccorritore: hai finito la batteria della bici? Ciao. Sei finito fuori via e non hai ne chiodi ne martello? ti salvo ma paghi ogni singolo secondo. Sei stanco ? Ecco una coperta, domattina torni.
@33. Guarda che sono almeno 12 se non 15 anni che espongo pubblicamente queste tesi. Te ne accorgi solo adesso???
Rileggete le dichiarazioni di Messner circa “No elicotteri per soccorso alpino” e conseguenze varie e maggior stimolo alla responsabilita individuale. Erano state ripubblicate sul Blog nel settembre 2019 (3 anni e mezzo fa!):
https://gognablog.sherpa-gate.com/il-soccorso-in-montagna-con-lelicottero/
Circa opzioni per eliminazione/contenimento soccorso alpino, ho già detto che, oltre a quella drastica, io mi sto indirizzando sulla preferenza per l’idea di cancellare il campo cellulare sulle zone alpine. Non prenderebbero più i cellulari. Per ora è una bozza, è da studiare meglio, ma il concetto è: il soccorso in quanto tale (come corpo operativo e come principio giuridico) continua a esistere, ma non lo chiami “al volo” col telefono. Qualcuno dei compagni deve scendere a valle. In pratica tornare al modello anni 60-70. Questo responsabilizza molto di più i singoli individui che, prima di partire, devono pensarci molto bene e, durante la gita, devono contare in primis su loro stessi e sul soccorso solo come extrema ratio. Già così il quadro cambierebbe profondamente rispetto a quello in essere e scremerebbe le fila dei cannibali.
28. Riguardo al togliere ed eliminare, lo considero molto meno di una chiacchiera da bar, se arrivati ad età quasi pensionabile non si è in grado di argomentare il come.
Più corretto definirlo capriccio da bambino di asilo.
“in mare, ad esempio, il soccorso viene fatto dalle Capitanerie di porto.”
…beh, vabbè, insomma…
Il blog mi piace, gli argomenti mi interessano, come pure i commenti. Da tempo evito di leggete soltanto quelli di Crovella, sia per la logorrea che per tenore estremo e disumano. Se tutti si comportassero cosi’, il blog senz’altro migliorerebbe.
Concordo in buona parte con la teoria di Cominetti, pur avendo fatto parte del CNSA per moltissimi anni (o forse proprio per quello…). Guide, militari o quel che si vuole ma professionisti, h24
Oggi vi è un maggior inquadramento e specializzazione rispetto ai volontari di venti/trenta anni fa, e proprio per tal ragione il tecnico di soccorso volontario che fa i turni in base e viene pagato rimane ancor di più una figura ibrida e incomprensibile (come a mio avviso lo sono i volontari sulle ambulanze).
Una sorta di nozze con i fichi secchi all’italiana, per figure che dovrebbero essere professionisti e professionali al massimo grado, intervenendo nel momento più critico per la vita di una persona.
Ciò non toglie che anche in tali realtà vi sia un sacco di gente (io ritengo la stragrande maggioranza) in gamba e che che si fa il mazzo per il bene altrui in perfetta buona fede.
Il soccorso in montagna dovrebbero farlo i corpi militari.
Nel Cnsas ci sono sicuramente tante persone in gamba e che ci credono, ma la più parte lo fa per i soldi e il prestigio.
L’ho provato di persona.
Purtroppo in moltissime stazioni ci sono casi di corruzione e malafede.
I soccorritori non sono angeli ma persone che decidono di dedicarsi a quello.
In altri paesi e in mare, ad esempio, il soccorso viene fatto dalle Gendarmerie o dalle Capitanerie di porto.
In Italia c’è una costante corsa ad accaparrarsi qualsiasi finanziamento (vedi Pnrr) perché intanto “c’è “.
Da contribuente (cosa che lo sono anche i singoli “volontari” del Cnsas ma l’ambizione li rende ciechi in tal senso) mi fa orrore lo scempio di denaro pubblico che potrebbe essere impiegato laddove serve davvero, come nella sanità, la scuola, ecc.
si facciamola questa razza pura senza paura.
Crovella come toro da riproduzione.
ma perché attendere la carneficina spontanea di cannibali?
cremiamoli direttamente e creiamo finalmente la razza ariana alpina.
Tra l’altro è filosofia che si presta a molteplici applicazioni, dai negri sugli autobus ai vecchi ai giardini.
si vuol eliminare una categoria di persone? è semplice, basta lasciarla morire quando si trova in stato di necessità.
Queste cazzate si dovranno leggere ancora a lungo? perché urtano contro almeno una quindicina di pilastri non dico della nostra costituzione (quella ancora malamente vigente, ovviamente, non quella che sta scrivendo il sabaudo) ma della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Ma soprattutto urtano il buon senso, cosa hanno messo oggi nella tisana?
(e io sono uno che vieterebbe con editto personale l’accesso ai monti a chi mi sta sulle palle, ma almeno ho la decenza di non propagandarlo come efficace metodo di riduzione delle presenze).
Tu stesso dici che le altre soluzioni sono più aleatorie nei risultati e in ogni caso hanno tempi più lunghi… quindi io concludo che sono “scartabili” perché non ottimali.
Mentre quella dell’interruzione del servizio di soccorso alpino (ovviamente con l’accortezza di preavviso, della serie “cari signori prendete atto che a partire dalla tale data non esisterà più il soccorso alpino) ha tempistiche di raggiungimento dell’obiettivo rapidissime: la gente che agisce inconsciamente (questo lo abbiamo appurato), all’inizio farà spallucce all’avviso, manco “capisce” il vero contenuto, continuerebbero ad andare in pari numero e soprattutto con pari approccio (cannibalesco), quindi inizialmente ci sarebbe una “carneficina” per un po’. Questa prima conseguenza più il fatto che gli altri apriranno gli occhi e diranno “non ci vado più”, scremerebbe abbastanza rapidamente la schiera dei cannibali. Questione di qualche anno, direi 3-4.
Sull’altro punto ho già detto esplicitamente nei giorni scorsi che il 30% di incidenti dovuti all’impreparazione va poi ripartito fra le diverse categorie (fra loro in % che non ci sono note, ma a questo livello del ragionamento la cosa è irrilevante), quindi la tua obiezione non la capisco. E’ chiaro a tutti che i cannibali ci sono sia fra gli alpinisti, che fa gli scialpinisti, che fra gli arrampicatori, che fra gli escursionisti, che fra i biker, che fra gli e-biker…. ecc ecc ecc
L’obiettivo non è eliminare quei “particolari” cannibali (es i soli cannibali alpinisti oppure i soli cannibali biker…). L’obiettivo strategico è eliminare i cannibali nel loro insieme complessivo e trasversale.
Se non vogliamo concretizzarlo attraverso l’interruzione del soccorso, occorre agire in altre vie, per esempio “obbligando” tuti coloro che vogliono andare in montagna (nelle diverse discipline) a frequentare con profitto (e relativo attestato, ecco la patente) i corsi addestramento. Ribadisco che NON sto parlando di partecipare ad un “corsetto” di 3 uscitelle, ma di cicli didattici “seri” di almeno 3 anni consecutivi con una decina di uscite l’anno e altrettante lezioni teoriche, esercitazioni sul terreno e aggiornamenti periodici per un totale di 30-40 eventi annui (moltiplicato per tre anni consecutivi). Mi viene naturale ipotizzare riferirmi alle scuole CAI, essendo io un caiano fino al midollo, ma oggigiorno non esistono solo quelle. Altre ipotesi: iniziative di guide, maestri di sci, ASD ecc. Ovviamente ci dovrà essere un elenco ufficiale e certificato di istituzioni accreditate a tenere tali corsi e rilasciar gli attestati: non è che il primo piffero che passa apre un “corso di addestramento alla montagna” e distribuisce le patenti.
In questa come in altre scelte le tempistiche sono molto lunghe, con il problema che, dall’altra parte, se non risolviamo in tempi relativamente stretti l’eccesso di cannibali (ovvero di chi tiene un approccio sconsiderato alla montagna), c’è il famoso rischio di chiusure generalizzate (non farmi ripetere la descrizione).
E’ questa tenaglia temporale che induce a tenere in elevata considerazione l’ “efficacia” della varie misure da adottare, come criterio prioritario per la scelta fra le diverse alternative. A voi la scelta, la mia io l’ho fatta. Ciao!
Caro Crovella, so bene che le ipotesi sul tavolo sono molte, ma tu hai scritto chiaramente che “la più efficace” è quella di interrompere il soccorso alpino.
Invece per me è un atto disumano la cui deterrenza è tutta da dimostrare. A maggior ragione se il pensiero “vado, tanto c’è il soccorso” è inconscio (a parteche, secondo me, il pensiero inconscio più comune e pernicioso è “vado, tanto non capita a me”).
Tutto qui, nessuna pretesa che questa mia posizione sia “estensiva e vincolante per tutti“.
Quanto alle statistiche, mi sembra che tu tenda a sottovalutare troppo la componente escursionismo fra i frequentatori della montagna.
Il 30% di interventi connessi a impreparazione che giustamente sottolinei, ci indica che il problema degli incidenti in montagna è in buona parte culturale.
E, come tale, di non facile e tantomeno rapida soluzione.
Scusa Balsamo, mi sono dimenticato di un particolare che è rilevante. Mi contesti l’interpretazione (commento 1) delle statistiche. Il punto cardine delle stesse non è il 6,5% degli alpinisti + 5,2% degli scialpinisti, che cmq hanno già un loro perché su cui riflettere: solo il 12-13% degli intrerventi annui riguarda la fascia di alpinisti-scuialpinisti che, in teoria, dovrebbe esser l’unica che frequenta sistematiucamente le montagna.
Ma il punto cardine è un altro. Dalle statistiche (ultimo paragrafo dell’articolo) emerge che il 30% degli interveti è strettamente connesso a IMPREPARAZIONE.
E’ questo il dato chiave. Così tanti interventi conseguenti a “impreparazione”, significa che sono davvero tanti gli impreparati che girano per le montragne. Impreparati che poi appartengono trasversalmente alle diverse categorie: alpinisti, scialpinisti, escursionisti, biker, addirittura e- biker ecc ecc ecc. Difatti i “cannibali” non coincidono con una di queste categorie, ma a loro volta sono trasversali e ne troviamo un po’ in ciascuna categoria.
Ciao!
Probabilmente ti sei perso dei pezzi in mezzo (rispetto la commento 1), ho detto più volte che ci sono molte ipotesi sul tavolo, una fra queste potrebbe essere quella che ho avanzato già da tempo circa il soccorso. (Parentesi: “efficace” significa maggiormente capace di raggiungere l’obiettivo, che è quello di scremare i cannibali).
Non ho assolutamente inteso che la gente scientemente dica “vado perché c’è il soccorso”. Affermo invece che la gente inconsciamente lo pensa, ma alla fine fine il risultato non cambia. Ma di fronte ad una realtà diversa, dopo alcune nasate, prenderebbero coscienza che la montagna è un ambiente “non inclusivo”.
Il problema generale non è tanto, come molti convengono (copmreso te), il peso antropico in assoluto (che cmq è di per sé un problema ed è aumentato in modo esponenziale negli ultimi 25-30 anni), bensì l’aumento incontrollato dei cannibali all’interno dell’aumentato peso antropico. Sono costoro che creano tutti i problemi che ho già sottolineato a sufficienza, e che rischiano di far scattare la tenaglia dei divieti validi erga omnes.
Infine, se non erro sei un medico di professione, tra l’altro ospedaliero. Nulla di male, anzi sei meritevole come tutti i tuoi colleghi (a maggior ragione negli ultimi anni di caos pandemico…). Tuttavia è evidente che questa tua scelte di vita ti pone su una visione del mondo diametralmente opposta rispetto alla mia, non fosse altro che per il Giuramento di Ippocrate (lo intendo qui in senso lato e ideologico). Ma non necessariamente la tua posizione è estensiva e vincolante per tutti. Ho già ricordato 8in altra sequenza di commenti) che perfino Messner aveva avanzato una proposta provocatoria sul “non utilizzo” degli elicotteri in operazioni di soccorso alpino, mettendo in conto possibili effetti “umani” nei primi due-tre anni.
Oltre alla disumanità (che da sola basterebbe per rigettarla) nel lasciar scientemente crepare chi invece poteva ricevere soccorso, avrei più di un dubbio sul considerare tale opzione come “la più efficace per alleviare la montagna dal peso antropico” (vedi @1, c’è scritto proprio la più efficace).
Considero il ragionamento “vado, tanto c’è il soccorso” demenziale al limite del patologico e mi chiedo in quanti, effettivamente, ragionino così. Credo (e spero) pochissimi.
Anche sulla “conferma della sensazione” da parte delle statistiche (vedi sempre @1) ho dei dubbi.
Senza sapere quant’è l’incidenza degli alpinisti sul totale di chi si espone a rischio in montagna e quale sia la complessità e gravità degli interventi, la citata percentuale del 6.5% non ci dice gran che su dove davvero risieda il c.d. cannibalismo.
Se si vuole veramente ridurre il peso antropico sulla montagna, troverei molto più efficaci le azioni che ne rendono scomodo accesso e fruizione.
Ad esempio via gli impianti di risalita, via alberghi, rifugi e bivacchi, via le strade in quota, via le piste, i sentieri e i cartelli.
Ma giusto a livello di chiacchiera da bar, eh. Perchè tutto ciò, nel mondo reale, è altrettanto irricevibile quanto la proposta di interrompere il soccorso alpino, pertanto non succederà mai.
Sarebbe già molto se, per tutto ciò che ho elencato, ci si limitasse a mantenere o a ridurre anche di poco l’esistente.
Per evitare di farmi ripetere ogni volta le stesse cose, ecco la documentazione agli atti.
“Più montagna per pochi”, parte 1 e parte 2 (settembre 2019):
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/
Rispetto al 2019, è nettamente peggiorato il quadro della sicurezza oggettiva in montagna, al seguito del cosiddetto riscaldamento globale. Di conseguenza in pochi anni il livello di autonomia individuale si è alzato in modo marcato e questo fa sì che siano sempre di più i cannibali in circolazione.
Parallelamente è ancor più esasperata la pressione, mediatica ed emotiva, sulle autorità di volta in volta competenti, per cui, oggigiorno, ci siamo terribilmente avvicinati al rischio di una catena infinita di divieti, restrizioni, numeri chiusi, prenotazioni obbligatorie, fino al “rischio” di patenti imposte dall’alto. Tutte queste misure non potranno che avere validità erga omnes, per cui colpiranno anche gli alpinisti maturi e coscienziosi.
Chi è intelligente cerca di concretizzare a priori delle soluzioni preventive, che possono vertere sui più disparati risvolti dell’andar in montagna o addirittura essere costituiti da mix fra le diverse alternative.
Non intervenire è davvero da stolti, specie se per pure questioni di principio che ormai appartengono a vetustà ideologiche novecentesche: non mutando la rotta, come per il Titanic, non eviterete di finire contro l’iceberg dei divieti.
Nessuno si indegna nei confronti dei soccorsi in mare, eppure, migranti a parte, son circa 350 morti ogni anno !
Nessuno sbraita nei confronti dei 250 ciclisti che ogni anno perdono la vita sulle strade!
Nessuno criminalizza i cercatori di funghi che ogni anno perdono la vita, e sono molti!
Perché quando l incidente capita in montagna si scatena una caccia alle streghe ?
E perché fra i più accaniti detrattori vi sono proprio gli amanti della montagna?
I sedicenti Alpinisti puri?
Forse una sorta di anatema? Un esorcismo?
Quasi a rimarcare che “a me non capiterà mai?!
E Proprio una categoria così ipocrita e invidiosa quella degli Alpinisti?
Buon lavoro angeli del soccorso Alpino, professionisti o volontari. Almeno voi siate imparziali nel vostro operato.
Il soccorritore e ovvio che abbia le sue opinioni, ma il suo compito è quello di soccorrere chi e in pericolo, non di condannare chi richiede aiuto.
E in quanto alle misure drastiche che dovrebbero riconsegnare la montagna ai pochi puri……… ?!
Neppure gli Ariani avevano osato tanto.
Tre per me sono le cose;
1)Via le giornate pagate nelle centrali 112 118…sei volontario…, solo spese vive e rimborso ore di lavoro personale.poi vedi che tanti angeli perdono l’ali. E le stazioni tornano di colpo agli anni ’70/80 così care ad alcuni nostalgici spartani alpinisti.
2)il cellulare: questo oggettino moderno in tasca a tutti e usato a sproposito fa più danni che beneficio…Smart?bah come spesso succede è l oggetto padrone e non il contrario.
3)sanzioni e multe per chi chiama, allerta e lo usa a minchiam per soccorsi indegni di questo nome…
Il Crovella si fa di Gogna Blog!
L’unica soluzione è non dargli retta, se nessuno prende in considerazione le sue farneticazioni, non avrà motivo per ripeterle all’infinito.
Chi “sa” andare in montagna non ha paura se gli dicono che non c’è più il soccorso. Mette in conto che c’è il famoso 5% di fatalità inevitabile, nel quale rientra tanto la coronaria che salta quanto l’ipotesi di un suo errore. Chi “sa” andare in montagna mette anche in conto un proprio errore, per quanto disorientante possa apparirvi questa ipotesi. Ma se ne assume le conseguenze. E prevede per quanto possibile di saper fronteggiare anche le conseguenze dei propri errori. Se proprio non ci riesci, si rientra nel famoso 5%. È scritto nelle leggi della Natura. E’ il patto che si stipula accettando di andare in montagna. Se intimorisce, significa che l’alpinismo non è l’attività da perseguire. Lo stesso deve valere per i subacquei, per i bikers, per i deltaplanisti, ecc ecc ecc.
Il problema del presumibile diffondersi a macchia d’olio dei divieti, numeri chiusi, ecc con validità erga omnes, da San Fruttuoso alla vetta del Bianco, e’ il grande problema che dominerà la scena dell’andar in montagna dei prossimi anni. Qualche cosa bisogna fare, sennò si resta passivi e si subiranno le conseguenze, cioè divieti per tutti.
Ho già detto che l’abolizione/riduzione del soccorso NON è l’unica leva su cui agire, che è un’extrema ratio, ma certamente è la misura più efficace per scremare e poi liberarsi dai cannibali. ve ne sono però altre su cui lavorate o in toto o confezionando un mix.
Il concetto di quinta colonna e’ il seguente: per essere efficaci al massimo nell’obiettivo strategico, ovvero scremare i cannibali, non possiamo avere all’interno della comunità alpinistica una platea di soggetti che “parteggiano” per i cannibali. Dobbiamo prima liberarci dei freni interni e poi agiremo all’esterno. Metafora scacchistica: se per andare a fare scacco matto (e vincere la partita) ho in mezzo un cavallo, un alfiere, una torre, prima tolgo il cavallo, l’alfiere, la torre, e dopo potrò fare scacco matto.
Se anziché contrapporvi a ogni proposta (e la riduzione del soccorso no, e la patente alpinistica no, e i divieti selettivi no, e questo no, e quello no…), collaboraste per propprre anche voi delle ipotesi operative (finalizzate a scremare la gente in montagna), ebbene non risultereste una quinta colonna, ma una componente positiva per la tutela degli interessi degli alpinisti. Finché dite solo “no, no, no”, non siete altro che impiastri fra i piedi.
Aggiungo che gli uomini del Soccorso che hanno aiutato la ragazza che ha visto morire sotto i suoi occhi il fidanzato trrntenne andrebbero a tirar fuori dai guai anche quel cialtrone anonimo che ha detto qui sul blog “tanto poi se ne farà un altro”. E ci vorrebbe una bella forza d’animo, essendo magari un padre o una madre.
Conosco bene il caso citato da Enri. Si tratta di un sentiero molto frequentato, bellissimo, il più bello del Parco di Portofino, attrezzato con alcune catene passamano nei traversi più esposti e senza cavo di sicurezza. È nel territorio di competenza della sezione del Cai a cui sono iscritto e dove svolgo attività di volontariato proprio sui sentieri. In seguito ai numerosi interventi si sta studiando un “pacchetto” di misure preventive da proporre al Parco in alternativa alle delibere restrittive. L’incidente mortale occorso al ragazzo di Genova, che pare stesse addirittura imbragandosi, cosa che non fa nessuno su quel percorso, ha fatto precipitare la situazione. Vedremo come evolverà. Comunque libero, aperto, ristretto, semi-ristretto, gli amici del Soccorso e chi di noi ci collabora andranno sempre a salvare chiunque, anche il più fesso turista in costume da bagno e ciabatte, magari con il figlioletto a spalla. Stanne pur certo. Esattamente come fa chi va anche per mare. Prima si salva e poi si stanga, se necessario. Non sono quelli che ritengono la vita umana sacra, quella di tutti, cialtroni compresi, che sono una vergogna per l’ambiente della montagna e del mare e i suoi valori. Una quinta colonna di infami e complici secondo la tua definizione che mi ricorda i complimenti di Merlo. Hai sbagliato lato dello specchio. E con questo chiudo perché siamo davvero alla frutta se bisogna difendere questo valore primario della vita umana in un paese cristiano e patria di Cesare Beccaria.
Giusto, alla fine il Crovellaautostyimaband mi ha convinto. Che diamine, come non averci pensato prima a questo rimedio geniale. e mica solo ai monti.
All’estate dalle mie parti vi sono stuoli di sabaudi incauti che si dilettano in apnea e non sanno cos’è la sincope, li si lasci galleggiare cadaveri dinanzi alle coste, questi cannibali marini. Si interrompano i servizi di vvff e capitanerie e nell’arco di qualche anno non galleggerà più nessun sincopato, sabaudo o meno che sia, ma certamente cannibale.
E vogliamo parlare dei cannibali ruotati che affollano l’autobrennero in vista delle vacanze. Li si lasci schiattare sule corsie di emergenza – via 118 e t similia – vadano solo quelli con coronarie sane e perfetti alla guida – e, salvo i primi anni in cui il puzzo delle carcasse in decomposizione di incauti turisti ammorberà quei luoghi, la natura ritornerà in breve gagliarda e selvaggia.
E vogliamo parlare dell’affollamento dei teatri? solo non fumatori non bevitori (vaccinati o non vaccinati a seconda delle ideologie) che tutti questi malori improvvisi rendono i palchi infrequentabili. Che si esca di casa e si sappia che o si sopravvive in autonomia perché ligi ad uno stile implacabile o nessuno verrà a soccorrerti quando stramazzerai al terzo atto del macbeth con la bava alla bocca.
E quando anche l’integerrimo e implacabile crovvelik schiatterà sul monte thabor perché come tutti gli umani avrà una coronaria cedibile o, più prosaicamente, come ogni essere vivente avrà fatto una cazzata, gli passi sopra a volo radente un 412 che dagli altoparlanti diffonda la cavalcata delle valchirie e il motto “ho sempre amato il profumo dei cannibali all’alba” e lo lasci tirare lo zampino dov’è.
Mi pare il mondo ideale in cui vivere. Davvero.
Ora rimetti la rebecca, prendi la tisana e rientra al refettorio. che è meglio.
C’è infatti una novità nelle mie riflessioni rispetto ai miei articoli pubblicati sul Blog nel 2019. Allora affermavo che occorreva scremare i cannibali limitandosi a rendere più spartana, scabra e scomoda la montagna. Continuo a pensarlo, ma mi sono reso conto che per poter esser liberi di agire in tale direzione, la comunità dei “veri” alpinisti deve liberarsi di quella componente interna (che io ho definito la “quinta colonna”) che, seppur in buona fede, è animata da ideali “umanitari” e si opporrà sempre alla politica di far tornare la montagna rude e spartana.
Il tema dell’eventuale interruzione (o contingentamento secondo la versione del mio quasi omonimo Carlo) è uno dei tante scelte della visione strategica di maggiori confini ideologici.
Il soccorso alpino certo è un volano a far andare in montagna chiunque, perché egli sa che, qualsiasi scemenza faccia, lo verranno a prendere. Ondate incontrollate di siffatti individui comporteranno chiusure (con validità erga omnes, cioè anche per gli alpinisti maturi e consapevoli). Mi sembra che il segnalato commento 8 in calce all’articolo di ieri abbia questo succo.
La pensate diversamente? Ma fate pure, sappiatene sopportare le conseguenze. Volete una montagna per tutti? Preparatevi ad una tenaglia stringente di divieti, ordinanze, numeri chiusi, prenotazioni obbligatorie, valutazioni preventive (leggi commento 8 di ieri per sentiero San Futtuoso), e infine obbligo di attestato di partecipazione con profitto a cicli didattici per acquisire mentalità matura e consapevole al fine di andare in montagna in modo sensato.
Tale somma di divieti peserà su tutti, quindi anche su di voi. Io trovo più intelligente scremare a priori la schiera di chi va in montagna, così ridurre gli incidenti, fatali o meno non importa, (perché meno cannibali in giro = meno incidenti, non ci piove) e garantire a noi, a noi alpinisti maturi e consapevoli, la continuità di andare in montagna e di poterci andare in piena libertà.
La misura dell’interruzione del soccorso è una scelta brutale, ovvio che la considero un’extrema ratio, ma se non ci sono altri mezzo per ridurre i cannibali, meglio quella che avere in montagna la massa informe che innescherà i prossimi divieti. Chi non arriva a focalizzare questa conclusione, è lui che non è lucido.
La cosa che poi vi sfugge è che ormai è chiaro a tutti che i responsabili ideologici dei prossimi divieti non saranno i firmatari di tali divieti (sindaci ecc), ma quella parte di apparente comunità alpinistica che in nome di ideali ormai vuoti e senza senso preferisce mantenere il quadro in essere, pr sapendo che esso culminerà nella mole di divieti. Per cui se noi, noi che abbiamo avuto la lucidità di capire cosa si dovrebbe fare, non riusciremo a farlo anche per l’antagonismo che metterete in campo voi, alla fine sapremo che dovremo dire grazie a voi (o, anche a voi) per i divieti che ci bloccheranno.
Io preferisco la posizione ideologica diametralmente opposta e ho deciso di calare completamente la maschera e ho il coraggio di dirlo pubblicamente.
Tout à fait d’accord avec Carlo Crovella. L’intelligence et le bon-sens doivent être la priorité avant toute chose.
Da signor nessuno, 71 anni, 49 nel CAI, nella mia sezione di Bra ho ricoperto tutti gi incarichi, compreso fare il presidente, dimissionario dopo 2 anni (non dimissionato per mani nella marmellata o altre amenità culinaria, tanto per essere chiari), ai tempi alpinista da quarto, scialpinista da una vita, seguo il blog da qualche anno essendo ammiratore del Capo dai tempi della sua serata a Bra poco tempo dopo la sua “scampagnata” sul Naso do Zmutt e lo apprezzo come “scrivano”.
A chi frega del mio CV ? a nessuno evidentemente, specie in un blog in cui molti dei partecipanti hanno “spessore” alpinistico di livello assoluto. Solo per dire che non sono nato ieri e che qualcosa del CAI forzatamente so.
Beh, il sig. Crovella, qualunque sia l’argomento rifila lunghi e ripetitivi panegirici con una pervicacia da far impallidire il mio omonimo, quello che cadde da cavallo, fu accorciato e fatto santo. E dire che quanto a convinzione e determinazione, aveva una testolina mica da ridere !
Da ultimo, lasciamoli morire per qualche anno, che imparino. Non ci ha detto che, senza confondere i diversi ambiti (ci mancherebbe), il ministro Piantedosi è stato allievo ale sue lezioni.
Sono pienamente consapevole che siamo troppi in montagna, la utilizziamo male, la roviniamo, ok, ma quando è troppo, è troppo. Non conosco la soluzione, ma credo non possa essere netta e comunque non quella palesata dal sig. Crovella.
Senza voler accomunare il relativo autore nei vostri strali, vi suggerisco di leggere anche il commento 8 in calce all’articolo di ieri 13/3 su libertà e diritti…
Dopo i conquistatori dell’Inutile.. e già vi è tutto…gli insoddisfatti dell’Alpe….per quanto sia stato bannato e censurato dalla proprietà ripeto quanto scritto.. e poi bannato… siamo .. anzi molti di voi siete e restate la suppercazzola dell Alpe… da scompisciarsi dal ridere..perseverate .. a tapioca .. a tapioca.. chissà sino a quanto la proprietà si riconosce..mah..ai posteriori l’ardua sentenza..
@ 12
No, quelle sono aberrazioni. Però il tuo omonimo propone addirittura di sospendere fino a tre anni il soccorso alpino.
Tra i due estremi, entrambi assurdi, esiste una giusta via di mezzo. Per esempio, i casi da te menzionati sono da sanzionare.
Lungi da me il voler difendere il Sign.Crovella, ma non me la sento di dargli tutti i torti. Esempio: sabato 2 trentenni sulle piste da fondo hanno fatto un giro troppo lungo per la loro preparazione, alle 17.30 dalla malga dove erano arrivati hanno chiamato i soccorsi e alle 18.30 erano alla loro macchina….non era da lasciarli dove erano??
Tempo fa in lagorai un ciclista ha esaurito la batteria lungo la sterrata che sale a malga miesnotta (2 ore a piedi dal paese) ….lo hanno riportato a valle con la jeep con sopra anche la bici….va bene così?????
Carlo, non avertene a male, però mi sembra che ultimamente nel GognaBlog tu ti stia scatenando in una specie di “Crovella contro tutti” che, valutati i contenuti assurdi (surreali?) dei tuoi commenti, a me ricorda tanto “Fantozzi contro tutti”.
PAsini, non esagerare…
ne tragedia ne, tantomeno, comicità… i cui estremi talvolta si toccano e sono entrambe cose serie.
Siamo solo nel territorio del ridicolo, con il quale è del tutto inutile interloquire, salvo rivendicare – talvolta – il proprio diritto a rimarcare la fastidiosità e la deficienza – nel senso letterale del termine – di chi ormai usa questo spazio come il proprio spazio terapeutico verso quello che non (e non e mai stato) nella vita.
C’è chi fa e c’è chi parla, le due fattispecie – in particolar modo in montagna – non coincidono mai.
;o)
“Le cazzate le sparate voi che siete ammorbati dalla visione buonista del salviamoli tutti.”
“[…] affermo che arroccarsi sul ‘salviamo tutti a ogni costo’ sia ormai posizione obsoleta, tutt’altro che illuminata e ideologicamente retrograda.”
O Signore, concedi alla tua pecorella impazzita di ritrovare il senno.
Fantastico. Ho scoperto di essere anche un nemico dell’alpinismo vero e un pericolo che deve essere espulso dalla comunità montagnarda. Caro Crovella denunciami al mio conterraneo Montani e proponi la mia espulsione dal Cai per indegnità buonista insieme a tutti quei volontari che impediscono con il loro impegno la realizzazione della Endlosung (La Soluzione Finale, no, non Finale Ligure, ma l’altra). Siamo su Scherzi a Parte ormai. La dimensione comica è dominante, anche se ci leggo putroppo anche un filo di tragedia e questo è sempre motivo per me di dispiacere più che di fastidio.
@3 E’ evidente che hai letto di fretta. La mia parantesi di 1, é una precisazione: do per scontato che eventuali errori dei soccorritori sono solo “colposi”. La precisazione “non dolosi” significa che è evidente che, nel malaugurato caso, nessuno lo fa con dolo. Mettici l’intelligenza, visto che asserisci di averla.
Altri. Le cazzate le sparate voi che siete ammorbati dalla visione buonista del salviamoli tutti. Se non modifichiamo il trend in atto, saremo tutti stritolati dai divieti prospettici e ciò in conseguenza di stupide visioni ipocritamente “umanitarie” come le vostre, non solo di voi specifici che qui vi esprimete ma di tutta la massa che si allinea a voi. La visione a voi contrapposta, che è tutt’altro che una cazzata, sta prendendo piede (vedere anche altri commenti di questi giorni in calce ad altri articoli).
In montagna deve poterci andare solo che “sa” andarci e non è una questione di capacità tecnica (cioè di saper scalare sul 9 grado), ma di testa, cioè di intelligenza. Chi è preparato sa quando e come muoversi in montagna.
Ho già detto che in ambienti outdoor esiste quella fatalità incomprimibile e inevitabile che convenzionalmente viene quantificata nel 5%. Questa la si accetta, se vuoi andare in montagna, anzi se vogliamo è il “sale” del gioco e significa che può accaderti l’incidente, anche fatale, pur essendo preparato e magari anche fortissimo sul piano tecnico. Gli altri, gli impreparati (quelli che io chiamo cannibali), è sensato che abbiano maggior probabilità di “restarci”, fa parte delle regole della Natura. Esempio: ti sei slogato una caviglia (può capitare a tutti) ma non hai con te ciò che occorre per un affrontare un bivacco di emergenze e/o per la notte invernale al freddo non sai come comportarti e cosa fare e in funzione di ciò muori di ipotermia? La montagna è così, ragazzi.
Chi ama davvero l’alpinismo e sbandiera il diritto alla massima libertà in montagna non può che ragionare in questo modo. Gli altri, quelli che ragionano all’opposto (forti o meno che siano sul piano tecnico) non amano l’alpinismo e anzi ne sono i principali “nemici” ideologici, perché costituiscono una specie di “quinta colonna” interna alla comunità degli apparenti alpinisti.
Per noi genuini appassionati dell’alpinismo è ulteriormente difficile liberarci dei cannibali proprio per l’esistenza della quinta colonna. I primi nostri nemici li abbiamo in casa, sono i vari Pasini (non lui in modo esclusivo, ma come archetipo dei tanti che pensano come lui) che ci impediscono di alleggerire le montagne dai cannibali. Per arrivare a spazzar via i cannibali, dobbiamo convincerci che, prima, dovremo spazzar via i buonisti dalla comunità degli alpinisti, sennò non ne usciamo.
A giudicar dal fatto che non sono più l’unico ad avanzare considerazioni più o meno nella stessa direzione, cioè che dobbiamo trovare meccanismi per scremare l’accesso alle montagne (e l’eventuale interruzione del soccorso può rientrare fra questi, senza essere né l’unico né il primo da adottare), affermo che arroccarsi sul “salviamo tutti a ogni costo” sia ormai posizione obsoleta, tutt’altro che illuminata e ideologicamente retrograda.
“Primum vivere, deinde sparare cazzate.”
Vecchio e saggio detto popolare, sempre valido.
“Dovremmo mettere in conto uno-due anni, forse anche tre anni di carneficine, “
Non ho parole. Immagino cosa può pensare un volontario che ogni giorno in montagna, in mare, sulle strade, sulle ambulanze corre dei rischi per salvare vite umane, qualunque vita umana. Perché non c’è nulla che giustifichi la perdita di una vita umana che si può salvare. E se questo è buonismo, bene, ne sono orgoglioso. Per fortuna siamo la maggioranza. Per me è civiltà e il contrario mi fa orrore, anche se è solo una battuta un po’ paradossale. Poi certi angeli sterminatori vorrei vederli al momento del bisogno, loro o di qualcuno a loro vicino, perché prima o poi tutti abbiamo bisogno di aiuto e di qualcuno che ci tiri fuori dalle buche della vita, colpevoli o innocenti. Primum vivere, deinde sparare cazzate.
Carlo, per diminuire il numero di incidenti stradali dovuti a guida imprudente o negligente non si può interrompere il soccorso sulle strade per tre anni.
aldilà della logorrea compulsiva e tautologica, che consiglierebbe ormai di cambiare il nome al gognablog in arteriocroviblog, lasciandone la lettura solo ai palati fini di soci con PW di accesso, esclusivi intenditori di finezze sabaude, mi permetto di osservare che un soccorritore che dolosamente compia un atto illecito – strangolamento o accoltellamento del sepolto? – mi rimane (come venticinquennale ex tecnico di elisoccorso) un mistero da libro di James Bond…
quanto ai cannibali e agli impreparati, mi permetto altrettanto di osservare che da Lionel Terray a Patrick Berhault, passando per Erard lorethan e Ueli Steck sono morti praticamente nel prato dietro casa (fatte le debite proporzioni… con i prati).
Augurati, se rimarrai sotto una valanga, che notoriamente non sa che tu sei preparato, che ti vada bene e che ci sia qualcuno di veloce che viene a scavare, senza tanti pipponi.
Se la smettessi di ammorbare sistematicamente il blog con deliri infiniti, magari si riuscirebbe a leggere e a interloquire con qualche costruttività.
Mi trova in parte d’accordo, tempo addietro scrissi che una volta giunti sul luogo dovrebbero avere la possibilità di non soccorrere. Secondo me si educherebbe di più e non verrebbe meno il soccorso a chi ha realmente (a giudizio dell’esperto soccorritore) bisogno.
Grande rispetto e grande ammirazione per questi VOLONTARI che dedicano tempo ed energie a tali compiti, spesso facendosi dei mazzi notevoli e caricandosi di non evidenti responsabilità che, incuranti del loro ruolo di volontari, potrebbero portarli perfino in tribunale, per eventuali errori, ritardi, non perfetta assistenza (anche in buona fede: se non è doloso, può esser colposo).
Tuttavia da un bel po’ mi sono convinto che se si decidesse di interrompere il servizio di soccorso alpino, tale opzione sarebbe la più efficace per alleviare la montagna dal peso antropico. Dovremmo mettere in conto uno-due anni, forse anche tre anni di carneficine, ma poi alla fine i famosi cannibali si dileguerebbero e torneremmo ad avere la montagna “nature“. Eì evidente che per prendere una decisione di interrompere il soccorso alpino, occorre che la comunità dei “veri” appassionati di montagna sia davvero “convinta”, ma l’analisi del quadro porta alla suddetta conclusione. A mio parere chi antepone il principio “umanitario” del salvare chiunque, compresi soprattutto quelli che affrontano la montagna alla cazzo, non è un “vero” appassionato di montagna.
Le statistiche finali confermano tale sensazione. Gli interventi sono a sostengo di “alpinisti” per il 6.5% e di “scialpinisti” per il 5,2% del totale. Percentuali ridicole, corrispondono largo circa al tasso fisiologico di incidenti /in realtà dei cannibali ci sono anche in queste categorie). Fra gli escursionisti, so per certo che ci sono persone con la testa sul collo, che meriterebbero di NON venir fagocitati nel gran numero dei “cannibali”, ma è impossibile quantificarne gli interventi all’interno del 47,8% degli interventi a sostegno di tale categoria (NOTA: nel testo è scritto “vittime”, ma non credo, dal resto della frase, che si tratta di deceduti, bensì di vittime di incidenti che hanno richiesto l’intervento del soccorso).
Per esplicita ammissione ufficiale (almeno a giudicare dall’articolo) il 30% degli interventi dipende da “impreparazione”. Ecco se iniziassimo, nel breve, ad alleggerire la montagna almeno di questo 30% di “impreparati” (che sono i cannibali per antonomasia) sarebbe già un bel passo avanti. Anche perché, lasciando andare le cose così come stanno andando, questa componente sarà destinata ad aumentare anno dopo anno, sia come % rispetto al totale degli interventi, sia come numero assoluto: infatti se non troviamo un modo per arginare/disincentivare quelli che io chiamo i “cannibali”, ne saremmo invasi e verremo soffocati dal loro numero incontrollato.