Riceviamo da Alessandro Ghezzer: “Il tutto è ben camuffato dalla foglia di fico della TransLagorai, pretesto per l’ennesima “valorizzazione” al modico costo di 3,6 milioni di euro. Peccato che sarebbe bastato UN SOLO bivacco per coprire egregiamente le necessità per i trekker. Invece si fa ristrutturazione di varie malghe più a bassa quota, ma soprattutto due malghe lungo la strada del Manghen (Valsolero, Cadinello) che in estate è già una discreta bolgia, con servizio ristorazione (Valsolero!) che esiste già al Passo. Ma la cosa più agghiacciante è quello che vogliono fare a Malga Lagorai, con servizio ristorazione con 40 posti a sedere (40!) in uno dei luoghi più belli di tutto il Lagorai: guarda caso, la malga è vicinissima al Cermis/Bombasel già ampiamente manomesso dagli impianti e dalla recente ferrata demenziale. Non è difficile immaginare che sarà presto o tardi inglobata nel comprensorio turistico del Cermis, con la ben nota tecnica delle spallate (una oggi, una domani, un’altra dopodomani e non ci si ferma più). Bisogna fare qualcosa: vedi il progetto TransLagorai“. Ma soprattutto vedi il documento pdf della critica ragionata al progetto TransLagorai oppure il relativo documento online “in progress”.
TransLagorai, fine del Paradiso?
di Gigi Zoppello
(già pubblicato su L’Adige)
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Una settimana fa, presentando il progetto del sentiero di trekking «TransLagorai», l’assessore Mauro Gilmozzi e la Magnifica Comunità ricordarono che «l’intervento a Malga Lagorai è il cuore di tutto il progetto». Una frase che ha fatto drizzare le orecchie a molti, soprattutto ai puristi della montagna e agli ambientalisti. Tanto che una discussione su Facebook ha scatenato 150 interventi, tutti molto documentati e argomentati.
Uno dei più noti e competenti blogger trentini di montagna, Alessandro Ghezzer, di girovagandoinmontagna.com, ha aperto la discussione intitolandola «La fine del paradiso». Per Ghezzer «Questo angolo di eden a Malga Lagorai, uno dei luoghi più belli di tutta la catena e di tutto il Trentino, sparirà per sempre. Per “valorizzare” la TransLagorai è prevista infatti, tra gli altri interventi di tipo edilizio, anche la ristrutturazione della malga in simil-rifugio con 20 posti letto e servizio ristorazione per 40 persone (costo 752.000 euro). Non sfugge ovviamente la pericolosissima vicinanza con l’ambaradan sciistico del Cermis. Cosa c’entri tutto questo con la “riqualificazione” della traversata lo sa il cielo, ma era fin troppo evidente dove volessero andare a parare».
La trasformazione della malga da luogo della pastorizia a bar-ristorante, secondo molti, «Significa stravolgere completamente il luogo, perdere per sempre uno dei luoghi più belli non del Lagorai, non della val di Fiemme, ma di tutto il Trentino e probabilmente delle Alpi. Fiemme vuole davvero rovinare anche l’ultimo dei suoi gioielli? Con che faccia andremo poi a chiedere la patacca Unesco?» Nella discussione intervengono molti appassionati di trekking e alpinismo, che nel Lagorai hanno trovato da sempre l’ultimo lembo di vera wilderness in Trentino. Per molti, trasformare la malga Lagorai con la scusa di fare un appoggio al trekking non è sensato: «i trekker dovrebbero perdere ben 500 metri di dislivello (da Forcella Lagorai 2368 m a Malga Lagorai 1870 m) e percorrere ben 3,5 km per raggiungere la struttura! Per poi tornare in quota il giorno dopo per la stessa via? Lo capisce anche un bambino di terza elementare che è un’assurdità», commentano.
Chi conosce il TransLagorai, ad esempio, ricorda che in realtà «la tratta più lunga senza strutture in quota per il pernotto va dal bivacco Mangheneti al Rifugio Cauriol (non contando il Teatin). Sono 25 chilometri circa: è duretta ma si può fare in un giorno senza problemi. Comunque, se proprio si voleva disfare qualcosa, bastava un bivacco tipo il “Paolo e Nicola” a Forcella Valsorda che è ampia e ci sono un sacco di posti, vicino c’è anche acqua. Però è chiaro che tra spendere poco e invece avere un appalto da 3 milioni… si è visto cos’hanno scelto». In molti (anche della Val di Fiemme) lamentano lo scarso coinvolgimento della popolazione in questa scelta. Come Michele Dalla Palma, alpinista, grande fotografo di montagna e direttore della rivista Trekking: «L’ultima area delle Alpi senza speculazione… Quanto poteva durare? E pensare a una massiccia mobilitazione contro questo immondo e vergognoso governo del nostro ambiente?». I fiemmesi dicono che la cosa era nell’aria da tempo, ed ora hanno trovato il modo per metterla in atto, «Tutto deciso dai “grandi”… Non importa se noi amiamo la zona così com’è… deve produrre soldi, questo importa».
Così finiscono sotto accusa i firmatari del protocollo, cioè Provincia, SAT, Magnifica Comunità di Fiemme e i comuni limitrofi. Interviene nel dibattito anche la consigliere della SAT di Cavalese Lidia Vanzo: «Stanno distruggendo il Lagorai e mi stupisce moltissimo che la SAT abbia sottoscritto il rifacimento di questo percorso che era già bello di per sé». C’è però anche chi difende la scelta: «la struttura (di malga Lagorai) è storica e vorrebbero recuperarla per darle nuova vita, credo che si possa intervenire senza minimamente deturpare il paesaggio, oppure per lo stesso principio dovremmo radere al suolo malga Sadole e il rifugio Cauriol, oppure il rifugio Colbricon o il Tonini e, perché no, anche il Sette Selle». Infine un siparietto politico: nella discussione entra anche Alex Marini, candidato alle provinciali, che invoca «qualche testa diversa nella cabina di regia del Protocollo», subito beccato da Luigi Casanova che nella cabina di regia ci siede: «Guarda Alex che il sottoscritto pensa di avere una testa diversa e nella Cabina di regia ci sono perlomeno altre due “teste” diverse, importanti e preparate. Il problema è che poi tutto viene gestito dall’assessore (in questo caso Mauro Gilmozzi) e dal Servizio foreste, volutamente privo di autonomia e idealità».
TransLagorai: il bivacco Aldo Moro
La risposta della SAT
La Malga Lagorai «non è in pericolo»
di Gigi Zoppello
Il progetto «TransLagorai» mette a repentaglio l’integrità del Lagorai, e il suo «cuore» intatto di Malga Lagorai? No, secondo la SAT, che in un lungo comunicato confuta i timori e i dubbi emersi in questi giorni.
«La rete sentieristica del Lagorai offre enormi possibilità di visita per conoscere e frequentare il territorio. Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per l’itinerario della “TransLagorai”, la classica alta via che attraversa tutta la catena del Lagorai, dalla Panarotta al Passo Rolle (o viceversa). Il tracciato della TransLagorai è nato negli anni ’70-’80 dal concatenamento di una decina di sentieri o parte di essi, che si sviluppano nella parte più in quota della catena. Questi sono stati progressivamente segnati dalla SAT, che negli ultimi anni li ha notevolmente migliorati proprio per offrire anche un più sicuro transito dell’alta via». Quindi «E’ con questa premessa che la SAT ha partecipato allo sviluppo di un progetto condiviso per la valorizzazione del percorso della TransLagorai, al fine di garantire una più sicura e agevole percorrenza della traversata, prevedendo l’allestimento di alcune piccole strutture ricettive in quota. La SAT è quindi molto stupita delle prese di posizione contro la ristrutturazione di Malga Lagorai. Principalmente perché si ritiene che pochi progetti abbiamo avuto un così ampio coinvolgimento (Comunità di Valle di Fiemme, Primiero, sindaci e realtà operanti sul territorio). Sono state fatte decine di incontri, sopralluoghi, modifiche e verifiche. Anche all’interno del corpo sociale c’è stato un ampio coinvolgimento, dopo aver elaborato l’ipotesi progettuale, la stessa è stata presentata in due riunioni alle nostre sezioni in Fiemme (a Cavalese) e in Valsugana (a Borgo)». Entrando nel merito del progetto, «i motivi che hanno portato SAT a proporre Malga Lagorai come uno dei punti d’appoggio/posto tappa della TransLagorai sono diversi e sostanzialmente orientati a creare il minor impatto ambientale possibile sul territorio. In primo luogo era necessario fornire alla TransLagorai una impostazione basata su una rete di strutture gestite, nell’ottica però di una totale contrarietà alla creazione di nuovi bivacchi e tanto meno di rifugi in quota». Quindi «L’individuazione dei posti tappa mancanti, secondo il modello proposto dalla SAT (modello fatto proprio da tutte le parti coinvolte), andava pensata in strutture già esistenti (malghe), magari meno favorevoli per il mantenimento in quota della linea ideale della TransLagorai, ma con una sistemazione logistica tecnicamente sostenibile (approvvigionamento idrico, approvvigionamento energetico, smaltimento rifiuti, ecc.) e in prospettiva per una futura sostenibilità ambientale e gestionale delle strutture stesse». Dal punto di vista tipologico, secondo la SAT «le strutture rimarranno le stesse: proprio per ridurre l’impatto ambientale complessivo ci si è indirizzati verso il recupero di strutture già esistenti, limitando i posti letto previsti a un massimo di 20 unità. Malga Lagorai è inserita in un contesto di straordinario valore paesaggistico, e anche se verrà gestita come un piccolo rifugio, continuerà ad offrire naturali garanzie di tutela considerata la ripidità del versante sottostante il lago, che mantiene l’accesso stradale a un’ora e mezzo di cammino; altrettanta distanza rimane dagli impianti di risalita del Cermis. Impossibile quindi pensare ad aperture speculative di qualsiasi genere. È peraltro risaputo – spiega la SAT centrale – che la malga avrebbe dovuto in ogni caso essere ristrutturata a breve per consolidare le murature e rifarne il tetto». Ed ora veniamo alla parte più squisitamente tecnica del supporto logistico della malga alla TransLagorai: «per raggiungere la malga dalla Forcella Lagorai c’è effettivamente una perdita di 500 metri di dislivello lungo il sentiero 316; il ritorno in quota non si effettua però ripercorrendo la stessa via ma lungo il sentiero dei Pieroni “G. Giovannini” (319A) che riprende la TransLagorai nei pressi del Laghetto dei Pieroni, oltre un’ora a est dalla Forcella Lagorai, riducendo a circa due ore di cammino e a 400 metri di dislivello il passaggio da Malga Lagorai. Tempi e dislivelli certamente sostenibili per qualsiasi escursionista che decide di percorrere la TransLagorai; il disagio – afferma la Società – è nettamente compensato dai vantaggi ambientali dati dal non aver introdotto nuove edificazioni in quota».
Ed ancora con riferimento alla proposta, formulata da varie parti e relativa alla realizzazione di un bivacco in quota (zona di Forcella Lagorai) «SAT ha evidenziato i molti problemi legati allo smaltimento dei rifiuti – liquidi e solidi- di approvvigionamento idrico e di corretto utilizzo che simili strutture comporterebbero. Analoghe problematiche sono riconducibili anche ad altri ricoveri di fortuna o attendamenti che SAT non intende demonizzare, ma nemmeno incoraggiare». Ci auguriamo – conclude il comunicato – «di aver soddisfatto i dubbi di qualcuno, consapevoli del fatto che chi accampa argomenti pretestuosi o fuorvianti rimarrà della propria opinione».
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Non toccate i lagorai li ho percorsi per la prima volta nel 2018 sono rimasto letteralmente stregato dalla bellezza pura dei luoghi
L’intervento su malga Lagorai sottratta alla pastorizia e trasformata in rifugio, toglie autenticità a questi luoghi e li banalizza trasformandoli nel solito luna park a uso e consumo del turismo di massa. Ma nessuno si organizza in zona per contrastare l’intervento?
Da una parte si dichiara di contenere al massimo l’impatto ambientale e poi si promuove un ristorante con 40 posti e 20 posti letto a Malga Lagorai, un santuario naturale? STIAMO SCHERZANDO VERO?
La scelta di privilegiare strutture già esistenti, con minor impatto ambientale e maggior sostenibilità, è non solo auspicabile , ma anche condivisibile.
Dal mio punto di vista, si tratta di una iniziativa che, almeno da quanto si legge nel comunicato SAT, rispetta la natura di questo ambiente.
Come in altra occasione dissento dal parere di diversi alpinisti e invito questi a considerare come nuovi bivacchi, pur funzionali, potrebbero portare alla trasformazione, in negativo, della montagna.
di bivacchi sparsi da tutte le parti ce ne sono anche troppi: sulle cime, sulle creste, sul colli, in quota. Se c’è rimasto qualche angolo di montagna solitaria ancora senza strutture, dove la natura ancora la fa da padrona, credo che vada salvaguardata come una rarità, una reliquia.
Mi chiedo il perché del divieto di costruzione di un nuovo bivacco in quota nel punto dove serve! Che impatto negativo da il bivacco a Col Dose’? E la sicurezza che danno queste strutture in caso di maltempo e/o piccoli incidenti?
Posso comando voglio…questo è ciò che si evince leggendo la risposta dittatoriale della Sat!
Io credo che un ente come la SAT dovrebbe cercare di difendere strenuamente gli ultimi angolo rimasti (relativamente) selvaggi.
E invece che fa? PROMOZIONE TURISTICA.
ma cosa ti volevi aspettare da un ente che ha ridotto a MERCATO un luogo come la Vallaccia !?!
Evidentemente Gesù che butta fuori mercanti dal tempio non gli ha insegnato nulla!
Senza entrare nello specifico, l’ultima frase del comunicato della SAT lascia quantomeno perplessi… In pratica: Noi sappiamo, noi siamo, noi facciamo, se non vi va bene chissenefrega!
Alla faccia della tutela ambiente montano… ma dopo diverse porcate in Trentino che SAT ha appoggiato e/o condiviso (alcune discusse anche su quezto blog) ci si aspetta ancora qualcosa?