Due studi analizzano la capacità dei due Paesi di riconvertire i sistemi produttivi per la neutralità climatica. In palio anche più Pil e nuovi occupati.
Trasformare l’economia per salvare il Pianeta
(Italia e Germania ci riusciranno?)
di Massimiliano Lepratti
(pubblicato su valori.it il 13 novembre 2020)
Riconvertire i sistemi produttivi nazionali verso la neutralità climatica. E riuscire a mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5° rispetto all’era pre-industriale (come chiesto dall’Accordo di Parigi sul clima del 2015). In poche parole trasformare l’economia – anzi le economie di tutto il mondo – per salvare il Pianeta. È questa la grande sfida che abbiamo di fronte. Riusciremo a vincerla?
Se lo sono chiesti, e hanno cercato di dare una risposta, due studi, presentati quasi contemporaneamente, il mese scorso (a ottobre 2020). Hanno focalizzato l’attenzione su due Paesi europei dove la manifattura industriale ha il peso maggiore: la Germania e l’Italia. Per il nostro Paese la ricerca “Il Green Deal conviene. Benefici per economia e lavoro in Italia al 2030” è stata curata dall’associazione Economia e sostenibilità (Està) per conto dell’Italian Climate Network. Mentre per la Germania la ricerca “CO2-neutral by 2035: Key elements of a German contribution to meet the 1.5°C limit” è stata pubblicata dal Wuppertal Institut.
Gli obiettivi fissati dai Governi non sono sufficienti
In entrambi i casi vengono analizzate le condizioni affinché i due Stati possano contribuire al contenimento del riscaldamento globale entro 1,5° tra l’era preindustriale e il 2100. E in entrambi i casi i ricercatori segnalano l’inadeguatezza degli obiettivi intermedi fissati dai relativi governi nazionali.
In Italia il documento guida dell’azione governativa è attualmente il PNIEC (Piano nazionale integrato energia e clima), che fissa obiettivi di riduzione dei gas climalteranti al 40% tra il 1990 e il 2030. Intanto la Commissione europea ha già innalzato il traguardo al 55% e il Parlamento europeo al 60%. La legge del governo tedesco sulla protezione del clima, approvata l’anno scorso, prevede invece che la Germania diventi neutrale dal punto di vista dei gas serra entro il 2050. Tuttavia il Consiglio consultivo tedesco per l’ambiente (SRU) parte dal presupposto che la neutralità climatica nazionale debba essere raggiunta intorno al 2035 se il Paese vuole dare un contributo adeguato all’obiettivo globale.
Rinnovabili, trasporti, ristrutturazione edilizia: i settori su cui intervenire
Altri elementi comuni ai due studi sono gli ambiti prioritari in cui occorre intervenire per concretizzare obiettivi coerenti con il limite di 1,5°. Està insieme a ICN e il Wuppertal Institut concordano nell’individuare come decisivi i settori della produzione e stoccaggio di energia rinnovabile, della trasformazione del sistema dei trasporti e della ristrutturazione degli edifici.
Da un punto di vista delle misure concrete il quadro diverge parzialmente: per ciò che attiene la produzione di energia la ricerca tedesca pone l’accento soprattutto sullo sviluppo dell’eolica, mentre i ricercatori italiani individuano nel solare, e in particolare nella produzione di energia elettrica grazie alla diffusione del fotovoltaico, la chiave di volta per la trasformazione del settore. La differenza è pienamente compatibile con le le diverse condizioni naturali dei due Paesi. E con l’offerta di potenziali risorse rinnovabili che ne deriva.
Il nodo cruciale dello stoccaggio di energia
Lo studio realizzato dal Wuppertal Institut pone poi una forte attenzione sull’idrogeno come modalità di stoccaggio privilegiata (in particolare per gli usi nell’industria pesante). Mentre i ricercatori italiani, pur non trascurando affatto l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili, vedono nelle batterie al litio il potenziale maggiore.
Auto elettriche ed edifici ad alta efficienza energetica
Nel settore della mobilità suggerimenti che emergono dalla ricerca tedesca e italiana concordano nell’individuare l’ampia e rapida diffusione di automezzi ad alimentazione completamente elettrica (e il conseguente abbandono dei combustibili fossili) come la misura necessaria per un cambiamento reale. Allo stesso modo un vasto programma di ristrutturazione degli edifici per aumentarne l’efficienza energetica e per rendere gli impianti di climatizzazione alimentati da energie rinnovabili è indicato come prioritario in entrambi gli studi.
Risultati: fino a un milione di occupati in più al 2030
I ricercatori di Està, in accordo con l’Italian climate network si sono poi spinti oltre, provando ad indagare due campi solitamente trascurati da questo genere di analisi. Innanzitutto hanno esaminato, con il supporto di modelli statistici ed econometrici, le ricadute in termini di occupazione e incremento di Pil (Prodotto interno lordo) dell’adozione dei provvedimenti di cui sopra. I risultati hanno mostrato come la trasformazione dell’attuale PNIEC in un piano coerente con i nuovi obiettivi di Commissione e Parlamento europei porterebbe al nostro paese circa 600.000 occupati annui in più e un incremento di circa l’8% in termini di Pil da qui al 2030.
E si potrebbe anche arrivare a un incremento del Pil del 12% e a un milione di nuovi occupati. Se gli investimenti pubblici e privati aggiuntivi (potenzialmente disponibili, vista la quantità di capitali inutilizzati) fossero poi orientati verso settori, non solo utili alla neutralità climatica, ma anche ad alto contenuto di innovazione tecnologica.
Una nuova agricoltura per inquinare meno e assorbire più CO2
Infine Està ha analizzato i possibili effetti climatici dati da modelli diversi di coltivazione agricola e di gestione delle foreste in Italia. In entrambi i casi le ricadute potenziali sarebbero estremamente favorevoli, grazie non solo alla diminuzione delle emissioni, ma anche e soprattutto all’aumento della capacità di assorbimento della CO2 presente in atmosfera.
Secondo i ricercatori di EStà l’applicazione su vasta scala delle pratiche di agricoltura conservativa (copertura dei suoli, rotazione delle colture, riduzione dell’aratura) aumenterebbe di 29 milioni di tonnellate (su 427 oggi emesse in Italia) la capacità di assorbimento di gas serra dei suoli agricoli nazionali. Combattendo, così, la pericolosissima tendenza all’impoverimento degli stessi. Risultati molto significativi in termini di aumento dell’assorbimento si avrebbero anche attraverso pratiche di gestione della crescita delle foreste e del legname più coordinate e coerenti con il grande potenziale di lotta al cambiamento climatico che le nostre superfici verdi possiedono.
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Facendo i debiti scongiuri,(corna amuleti e toccamenti intimi )portandosi al limite estremo delle considerazioni, bisognerebbe rendere sostenibile persino il funerale.Per ora divora soldi in legni vernici stoffe , marmi , cemento, fiori e foglie.. atomobili di lusso che mai in vita si videro ecc…I metodi poco impattanti ecologicamente ci sono , ma bisogna fare i conti con tradizioni e superstizioni varie, divoratrici di energia e materie prime.L’unico non interessato ed indifferente e’ l’utente, pero’trova i viventi parenti che ci tengono al lusso…almeno fino a quando non arriva il conto degli orpelli.
Concordo con quanto scritto da Albert sul controllo delle nascite.
Sul post di Pinelli: Trilogia per le energie pulite, io ho commentato che:
l’inquinamento demografico e l’aspirazione a maggior consumo sono lo zoccolo duro del problema.
Il che non vuol affatto dire che la strategia green qui proposta sia inutile: vuol dire che da sola non risolverà il problema se non arriveremo a livello mondiale a limitare sia le nascite che i consumi.
Però se riuscissimo a stabilizzare nascite e consumi al livello attuale mantenendo l’attuale strategia energetica andremmo rapidamente alla catastrofe.
Sono necessarie sia le limitazioni che le trasformazioni.
Geri
Da ricordare anche il principio:«È impossibile realizzare una macchina termica il cui rendimento sia pari al 100%.», ovvero non esiste il moto perpetuo. Certi pensanoche se usi la bici elettrica insalita e poi in discesa la ricarichi, e’ fatta per sempre .Poi la corrente elettrica nelle ricariche , scalda pur sempre i cavi.Possiamo tentare di migliorare il rendimento.Un apparecchio detto Totem, si avvicina ad un 90% ma produce corrente elettrica e acqua calda…non movimento di mezzo a ruote.Il calore smaltito dal radiatore diun veicolo scalda l’aria .
Qualcuno ha gia’ ipotizzato che la produzione di batterie per auto elettrica produce inquinamento e co2 talmente alti che non compensano la mancata emissione dei mezzi peril loro ciclo di impiego successivo. . Abbandonate si trovano nelle discariche anche le batterie al piombo.. e forse avverra’alle altre se non sara’conveniente smaltirle.Se tutti i mezzi di trasporto fossero elettrici non si potrebbero ricaricare tutte le batterie con energia prodotta da fonti alternative.Insomma finora sembrano piu’ mezzi adatti per mettrsi su un piedistallo status symbol…ed ergers ia campioni del sostenibile corretto.Ad occhio girano certi mezzi che la revisione non sanno nememno cosa sia da quando sono stati prodotti,e la fanno franca…e se li sequestrano poco danno, sempre meno di mezzi ecologici euro 6.0003
Col Bonus detto “110%”, propongono come primo intervento trainante il capotto di rivestimento termoisolante, ma l’offerta preponderante per il volgo delle case economico popolari e’la plastica espansa. ( come si produce???, quanto dura? come si smaltisce? e vero che non faremo la fine del grattacielo di Londra thermo isolato low cost con materiale infiammabile??)
Certo che per i ricchi, ci sono altri materiali isolanti nobili ecologici, ma costano di piu’ ( o forse fanno diminuire il profitto delle societa’ “benefattrici “che si propongono di effettuare l’adeguamento energetico , guadagnandoci solo un misero x %), poverine.Burocrazia e controlli , assicurazioni, esperti periti banche si assorbiranno una buona fetta del 110% ?
Va bene per il trasporto elettrico, ma questo non annulla l’inquinamento: in ogni caso rimane il problema dello smaltimento delle batterie, e per quello a pannelli solari anche lo smaltimento degli stessi!
Quanto da albert è da tenere presente.
Se non interpreto male – parlo per la ricerca italiana – si tratta di uno studio inficiato dall’idea ambientalista come attenzione al pianeta alla pari di quella che diamo alla casa e a qualunque altro interlocutore oggettificato.
Una modalità già in voga che ci ha portati dove ci troviamo.
Nel pezzo non c’è la parola capitalismo.
Senza un paradigma che escluda il produttivismo il pianeta resta un oggetto e in quanto tale sarà trattato per farci servizio.
Manca un accenno al controllo delle nascite.Ma molte “culture” fanno orecchio da mercante.Poi va a finire che a limitare i consumi ci pensano i virus… che viaggiano assieme ai trasporti intercontinentali e nella ressa di miliardi di abitanti del pianeta si diffondono a velocita’ esponenziale.