Il trekking delle 3A nei luoghi del terremoto

Il trekking delle 3A nei luoghi del terremoto
(Le riflessioni e le domande dei trekker)
di Ines Millesimi

Grandi numeri, grandi cuori e molto silenzio durante il percorso a piedi dei 126 trekker e 42 ciclisti con le loro slowbike nei luoghi del sisma tra Arquata del Tronto, Accumoli e Amatrice. Hanno aderito in tutto 22 sezioni del Club Alpino Italiano. Realizzato nel weekend del 10 e 11 giugno con il coordinamento instancabile del gruppo Salaria 150 Quattro Regioni senza confini, pensato e programmato proprio il mese dopo il terribile sisma del 24 agosto nel Campo di accoglienza Lazio ad Amatrice, il trekking delle 3A ha permesso di aprire una finestra camminando e pedalando su un mondo che non appare in tv, che non è più raccontato: i luoghi del sisma e la gente che ha deciso di restare nonostante tutto, a dieci mesi dalla tragedia.

Come quattro anni fa il gruppo Salaria, stavolta allargato anche ai trekker dell’Emilia che confrontavano attoniti quanto fossero peggiori queste devastazioni dalle loro del 2012, ha ripercorso insieme un tratto del tracciato dell’antica via Salaria. Questo stare uniti assieme, questo vivere insieme un’esperienza solidale tra le valli e dentro un paesaggio al colmo dei suoi profumi,  è stato il messaggio più forte che si sono passati i partecipanti di tutte le età. Come una lunga staffetta, hanno portato ognuno una parola agli abitanti, hanno dormito e mangiato nei luoghi più feriti cercando di portare un po’ di fiato a queste microeconomie oggi di sussistenza, che faticano tanto per sopravvivere. Con la speranza che il turismo riparta e presto.  Ridare vita continuativamente al tessuto sociale ed economico colpito dal terremoto, è l’obiettivo prioritario. Il CAI lo fa non attraverso annunci o proclami, ma con  azioni concrete: escursioni, manifestazioni pubbliche di grande importanza, iniziative di e in montagna, il progredire del progetto della Casa della Montagna ad Amatrice,  relativamente al quale il 7 giugno c’è stato un incontro decisivo tra il Sindaco di Amatrice e tutti i soggetti attuattori. Collegare i sentieri che attraversano i borghi feriti, potenziare la conoscenza e la loro frequentazione organizzando le escursioni in rete con più sezioni di più regioni CAI, o con altre associazioni appassionate di cammini, è un impegno costante e chiaro nel gruppo Salaria Quattro Regioni.

Che le idee migliori saltino addosso quando si cammina in un bosco e lungo il sentiero, è un dato su cui sono stati scritti fiumi d’inchiostro. Infatti ho avuto modo di ascoltare riflessioni, dialoghi, considerazioni lungo il percorso di domenica, nell’arsura delle ginestre fiorite e tra i corsi d’acqua dell’Amatriciano. Tra le belle e tante idee che venivano condivise e discusse cammin facendo, ho registrato quella di inserire nuove schede di sentieri dei Parchi raccordandoli a questa rete sentieristica senza confini.

Il trekking delle 3A non è stato facile né da proporre, né da realizzare. Bisognava con largo anticipo fornire copia della propria carta d’identità perché si sono attraversate o lambite zone rosse interdette. E’ stato questo contrasto a colpirci: da un lato una natura lussureggiante e bellissima, dall’altro le zone un tempo abitate piene ancora di macerie, infine limitate porzioni di terra con le casette non di legno, moduli abitativi giallo ocra in aree comuni dove ancora ci sono tubi scoperti, pozzetti a vista, lavori non finiti. E non un’anima viva, a dieci mesi dal sisma.

Carla, venuta da Ferrara, una ragazza giovane e bionda : “Mi ha coinvolto un mio amico ciclista di Bologna, non avrò un’attrezzatura adeguata per questo cammino ma ho occhi per vedere. Sono senza parole. Tutto è silenzio, il tempo si è fermato nelle frazioni distrutte, ma qui la natura è rigogliosa, piena di fiori e di odori. Ho attraversato Trisungo, Arquata, Pescara del Tronto, Capo d’Acqua e Accumoli . E’ dura non la camminata, ma vedere che tutto è fermo”.

Le macerie sono tutte lì, lungo il sentiero abbiamo attraversato il cimitero della frazione di S. Tommaso e poi il paesetto stesso, montagne di detriti e macerie divise sono in alcuni parti tra i calcinacci e ferri. Quando verranno divise e smaltite? Tutti si interrogavano. E perché ancora non sono state tolte? Pare che il bando della Regione Lazio ancora non sia stato espletato. La burocrazia accresce di giri infernali questo sforzo di Amatrice a rialzarsi.

Felice, un omone aquilano che nel CAI e nella protezione civile si spende senza sosta: “Questa è l’ora della concretezza. Bisogna partecipare, e far partecipare in modo attivo il territorio del cratere e tutto l’Appennino ora che la popolazione residente è stata costretta ad andare via, sfrattata a tempo. Qua non arriva il pane fresco, non c’è ancora il commercio, bisogna far ripartire l’economia di chi è restato per permettere alla gente di tornare anche a lavorare”.

Roberta, aquilana che si occupa dei giovani aquilotti del CAI: “Ieri ho parlato con un pastore, ho condiviso il suo scoraggiamento. Come si fa a tener duro quando gli è stata assegnata una casetta di 60 mq e la sua famiglia è composta da 8 persone? Senza parole”.

Patrizia, mentre attraversavamo Cossito, frazione di Amatrice: “ Mi ha gelato quell’anziano affacciato alla finestra che ci ha sgridati di andarcene. La gente che è restata non sopporta più  i curiosi, o quelli che usano questi luoghi per passerelle politiche o mediatiche. Li capisco, la gente vuole concretezza, nel nostro piccolo il trekking delle 3A ha dato il suo apporto di solidarietà. Sono contenta di esserci, un peccato non partecipare”.

Tutti abbiamo sentito un sollievo quando abbiamo attraversato a Rocchetta un tratto  di campi coltivati e serre. Abbiamo letto il cartello della piccola azienda di coltivazione biodinamica DELF, e sorriso con piacere leggendo sul pannello pubblicitario “pomidoro” (sic) da sugo. La variante popolare del pomodoro vive!

Giunti attraverso il sentiero al Santuario della Madonna della Filetta, che è stato tempio bellissimo dove si incrociavano le processioni provenienti da Accumoli e da Amatrice, abbiamo constatato la difficoltà del suo futuro restauro: la chiesetta messa com’è a picco sulla scarpata fa impressione. Oggi la struttura è stata messa in sicurezza con il suo campanile a vela molto malconcio.

La lunga giornata si è conclusa all’Area food di Amatrice nella quale abbiamo pranzato nel pomeriggio; è il primo edificio nuovo post sisma, disegnato dall’architetto Boeri in forme moderne e asciutte, con le bellissime lampade di Artemide e una immensa parete di vetro che lo mette in relazione con l’ambiente. Lì vicino c’è la famosa scuola trentina, costruita in tempi record e oggetto di tante polemiche. Perché smantellarla? E se questa estate costruiscono la scuola nuova, non provvisoria, perché non convertirne l’uso? Qui un emozionato Marco Salvetta, Presidente CAI di Amatrice, ha accolto i partecipanti donando alle sezioni presenti il gagliardetto. E’ stata presentata poi la nuova App del volume Salaria Quattro Regioni che presto verrà pubblicata sulla rete internet rendendola scaricabile e usufruibile sui cellulari di nuova generazione, schede e itinerari compresi.

Concludendosi, il trekking delle 3A ha lasciato in noi qualche risposta e una montagna di domande.

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Il trekking delle 3A nei luoghi del terremoto ultima modifica: 2017-06-20T05:57:28+02:00 da GognaBlog

1 commento su “Il trekking delle 3A nei luoghi del terremoto”

  1. Abito (-avo) a S. Angelo di Amatrice e la mia casa è crollata il 24 agosto con me dentro, mia figlia e la mia compagna e 4 amici che ho personalmente estratto dalle macerie con fratture fortunatamente non gravissime e che sono stati evacuati alle prime luci del giorno in elicottero.

    Dico subito che sono profondamente contrario a questo trekking.

    Non sono originario di queste zone ma questa terra straordinaria l’ho conosciuta proprio per caso. In un giorno di fine marzo 2008, molto freddo ma con un bel sole, sono venuto per salire la parete sud di cima Lepri (quasi 2500 metri di altezza), una delle cime più selvagge del Parco nazionale dei Monti della Laga. Arrivato in cima, inforcati gli sci che avevo in spalla durante la ripida salita, chissà perché, invece di dirigermi verso il punto in cui avevo lasciato l’auto, ho fatto un giro più largo e mi sono ritrovato ai piedi della cima vicina, il Pizzo di Sevo, nella frazione di S. Angelo di Amatrice. Due vecchine, una purtroppo non c’è più, si godevano i tiepidi raggi di sole del primo pomeriggio e un po’ incuriosite dalla mia presenza si erano domandate da dove provenissi. A prima vista il Paese era un incanto: a ridosso del bosco, ben protetto dai venti del nord, adagiato sui prati assolati e con molti torrenti intorno; abitato da un pugno di donne e uomini dediti per lo più all’agricoltura di montagna, all’allevamento o a godersi semplicemente una vita dura, scandita dai ritmi di sempre ma lontana dalle nevrosi e dalle frustrazioni del vivere cittadino. Presto detto e fatto: dopo aver verificato che una casa era in vendita, ho dato corpo al mio sogno e con tre anni di sforzi, sacrifici, energia, ecc..ecc. ho costruito un “rifugio” per quanti volessero soffermarsi a godere di quei luoghi. Mia figlia, è nata lì e per questi 5 anni ha potuto vivere libera e senza limiti, circondata da 5 piccole fattorie in cui le vacche vanno e vengono dal pascolo in quota senza neppure il bisogno di essere accompagnate, tanto sono padrone del tempo e dello spazio in cui vivono. Con il tempo sono anche nate e rafforzate le relazioni umane con la comunità circostante del Paese e delle frazioni limitrofe. Un territorio in cui i 3/4 della popolazione è proprietaria di seconde case e vive altrove, ma ha conservato un legame fortissimo con la propria terra d’origine e ci torna sempre, appena possibile, alle feste comandate o in mezzo la settimana, per venire a controllare l’orto o potare gli alberi da frutto, a cercar funghi, a tagliar legna o semplicemente a mangiare una “amatriciana” come si deve o gli gnocchi ricci, in attesa di quella “pensione” che gli potrà permettere di tornare quassù a morire in pace……
    Sono iscritto al CAI ma non ho partecipato al trekking delle 3A perché ho giudicato l’iniziativa inopportuna e francamente fuori luogo.
    Non mi va di dilungarmi troppo nel descrivere quel che provo: dico solo che dal 24 di agosto us non è stato fatto alcun progresso/intervento per cercare di tornare almeno ad una parvenza di normalità. Giusto per dare un esempio, solo da qualche giorno si sta intervenendo per sistemare le bare che per 9 mesi sono state esposte alle intemperie; la rimozione “ragionata” delle macerie non è minimamente iniziata e la presunta “messa in sicurezza” delle opere d’arte è intervenuta solo dopo che le scosse ulteriori di ottobre e gennaio e le potenti nevicate di questo inverno avevano già fatto il resto…per tacer d’altro, il rimbalzo di competenze tra le pubbliche amministrazioni e l’inefficienza complessiva delle Istituzioni è diventato un mantra quotidiano per coloro che cercano di avere conforto in una terra devastata…
    Insomma in questo contesto non mi è sembrato opportuno organizzare un trekking “per vedere” cosa ha prodotto un terremoto. Non ho bisogno di qualcuno che mi dia una pacca sulle spalle e non voglio sentir sempre parlare del “buonismo” italico di cui troppo spesso ci si vanta …Ho bisogno invece di sentire da coloro che amano questi monti una voce forte di denuncia e di richiesta di sostegno vero/concreto alle comunità: non da parte dei volontari, ma dalle Istituzioni!
    Il CAI e i suoi iscritti rappresentano una forza importante ma devono renderla pubblica attraverso forme democratiche di segnalazione e denuncia che non si esplicano attraverso una “mappatura dei sentieri” (e perché poi, quando tutto era in ordine non si parlava di questa mappatura? Le montagne sono le stesse e sono state sempre bellissime ….) ma con una ferma richiesta di accelerazione ed efficienza, oltreché di una razionale e sostenibile pianificazione della ricostruzione…Amatrice è sotto i riflettori e lo sarà ancora a lungo…..ci sono altre zone colpite che sono totalmente abbandonate e dove non sono state aperte o messe in sicurezza neppure le strade di accesso (provate a chiedere agli abitanti di Capodacqua, ad esempio o a quelli di Castelluccio….).

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