Un decennio di Dolomiti Patrimonio dell’Umanità
(la distruzione delle Dolomiti)
di Michael Wachtler
(traduzione di Gabriella Suzanne Vanzan)
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Nel giugno 2009, in una conferenza generale a Siviglia, in Spagna, si proclamò: “Le Dolomiti sono uniche e appartengono al Patrimonio Mondiale dell’Umanità”.
Noi abitanti delle Dolomiti credemmo a questo nobile scopo e all’onestà di tali principi. Per un breve lasso di tempo credemmo addirittura di poter contribuire, a pari livello e assieme a tutti i popoli e nazioni del mondo, alla tutela di questo paesaggio e questa natura unici e a preservarli per le generazioni future.
Rappresentanti delle autorità e molti apparenti luminari, ai cui nomi non eravamo avvezzi perché non avevano quasi mai messo piede nelle Dolomiti, si accalcarono per risaltare alle celebrazioni per l’annuncio dell’iscrizione nella lista UNESCO. Ci chiedemmo perché quasi nessuno tra i conoscitori delle montagne, nati e cresciuti in questa regione, avesse avuto il permesso di partecipare ai festeggiamenti. Ma poiché l’autocelebrazione non rientrava tra le nostre caratteristiche e credevamo che in futuro ci avrebbero coinvolti nelle decisioni sulla tutela di paesaggio e natura e sulla sostenibilità, non facemmo storie.

Sfortunatamente, ci rendemmo ben presto conto di quanto ci fossimo sbagliati. L’iscrizione delle Dolomiti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità avvenne non tanto per trattare il nostro ambiente con maggior rispetto o per gestirlo assieme ai nostri abitanti, che da secoli dedicano grande cura a questo paesaggio, bensì piuttosto per legittimare i governanti allo sfruttamento.
Fummo risucchiati nel vortice degli Indiani del Nord America. Si emanarono leggi e norme, giustificando così il diritto di derubare noi e la natura. E se la smania distruttiva non era sufficiente, si cambiavano di nuovo le norme per legittimare ulteriormente frode e sfruttamento.
Mai le Dolomiti sono state esposte a una tale minaccia! Nei dieci anni dall’iscrizione nella Lista del Patrimonio dell’Umanità, le Dolomiti sono state distrutte più che mai. Si è costruito più di quanto sia rimasto allo stato naturale. Si è percorso il territorio più in macchina, che a piedi.
– In apparente armonia con il Patrimonio Mondiale dell’Umanità, presso il gioiello del lago di Braies sono stati costruiti parcheggi con diverse centinaia di posti auto, giustificandone la realizzazione con finalità di tutela della natura.
– Intorno a Plan de Corones sono stati costruiti chilometri di piste nel paesaggio, sostenendo di poter preservare altre aree in cambio. Per ripetere poi tale approccio alla prima occasione e inglobare di nuovo un’ampia porzione di territorio. La stessa sorte è stata riservata anche ad altre montagne.
– Nei punti panoramici più belli del Monte Specie nelle Dolomiti di Braies, sul Mastlè nel Parco Naturale Puez-Odle, è stato realizzato il balcone panoramico Patrimonio dell’Umanità UNESCO, apparentemente progettato per comprendere meglio le montagne da una colata di cemento.
– Le vette sono state ricoperte da mondi esperienziali artificiali. Il loro scopo non era tanto esplorare l’unicità della natura o imparare da essa, incontrare altre persone, scambiare pareri e decelerare assieme. Il loro intento era di soddisfare esigenze superficiali.
– Nel frattempo, le preziose istituzioni culturali delle Dolomiti sono state prosciugate economicamente e il più grande museo delle Dolomiti, Dolomythos, lotta da anni per la sopravvivenza.

– Mai prima d’ora così tanti turisti si sono affollati su queste montagne e mai prima d’ora così tante auto hanno superato i valichi e invaso i villaggi. E tutti vogliono farlo nel più breve tempo possibile.
– Albergatori e gestori di impianti di risalita gareggiano tra di loro a colpi di slogan pubblicitari sulla bellezza del pernottare in un sito Patrimonio dell’Umanità, lo sci a stretto contatto con la natura, la sfida di una maratona tra le Dolomiti. Tutto è improntato al dio denaro e alla banalità.
Le Dolomiti sono state disseminate degli escrementi di quelle persone che, come avidi cacciatori di diamanti, volevano trarne profitto. Hanno lasciato montagne di rottami, scheletri di impianti e rovine di cemento. Molti abitanti non se ne accorgono più. Ormai ci hanno fatto l’abitudine.
Le Dolomiti, Patrimonio dell’Umanità, non sono mai state oggetto di conservazione e tutela, apprendimento e ricerca, ma solo di interessi personali e fame di potere. Norme e le leggi per la presunta tutela del Patrimonio Mondiale, pubblicate su opuscoli patinati, mascherano gli interessi del denaro e dell’avidità come un lupo travestito da agnello.
Il rispetto per coloro che abitano questo paesaggio è scomparso. Perché negli organi decisionali non è mai stato eletto un “ambasciatore” della saggezza locale? Qualcuno avvezzo alle foreste e ad erborare! Perché combattere con violenza e punizioni le poche persone che ancora amano questo ambiente montano e lo esplorano? Affinché gli altri abbiano la licenza di distruggere indisturbati la natura.
I legislatori non capiscono che la nostra terra, che è stata preservata con il sudore e il sacrificio dei nostri antenati, è stata profanata più che mai.
Si sentono tutti superiori agli abitanti delle Dolomiti, compresi i loro animali, le piante e i paesaggi. Ritengono che la natura appartenga loro e che debba essere usata nell’interesse dei potenti e dei governanti.

A molte conferenze parlano di tutela del paesaggio. Che senso ha parlare di Patrimonio Mondiale se la natura stessa non ha diritti? La domanda fondamentale che si pone è: “Quali diritti hanno le Dolomiti? Quali diritti ha la natura? Quali diritti vantano l’aquila, il gallo cedrone o il camoscio nei confronti degli esseri umani? Non avremmo bisogno piuttosto di una sorta di costituzione per la natura? L’ecosistema ha dei diritti? Servono almeno a tutelarsi dagli interessi della gente? Non si dovrebbe permettere alla natura stessa di difendere la propria tutela?
I nemici del Patrimonio Mondiale dell’Umanità sono coloro che si relazionano con il paesaggio senza possedere alcuna conoscenza e senza manifestare alcun rispetto. Solo un Patrimonio Mondiale gestito in simbiosi e nel rispetto della natura è in grado di unire noi tutti e dare i suoi frutti.
Ma più gravi ancora sono la nostra indifferenza e il nostro silenzio.
Nota:
Michael Wachtler è fondatore e direttore di Dolomythos, il più grande museo delle Dolomiti. La sua scoperta del fossile Megachirella wachtleri, un antenato di serpenti e lucertole, è ritenuta dai media uno dei dieci ritrovamenti di fossili più importanti al mondo. Da anni le autorità ufficiali cercano di chiudere Dolomythos. L’intero museo è stato confiscato più volte e gran parte del suo contenuto è stato trasferito. Per il suo impegno a favore delle Dolomiti e della loro tutela, Michael Wachtler è stato condannato a pene detentive e al risarcimento di ingenti danni. Non si è lasciato intimorire da tutto ciò e nei suoi libri e nelle sue ricerche continua a lottare per una nuova prospettiva in materia di Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
a cosa serve essere “Patrimonio dell’Unesco” .
Serve al territorio per essere preservato nelle sue caratteristiche ambientali che lo rendono unico? Cosi da poterlo difendere più facilmente da ogni attacco che lo vorrebbe cambiare, trasformare con il risultato della irrimediabile perdita di queste caratteristiche che lo rendono unico.
Oppure serve a qualcuno, che ha gli agganci giusti, in modo da intervenire su quel territorio ed essere giustificato perchè fatto sotto il patrocinio di ….Enti ???
questi escavatori al vertice del braccio idraulico hanno dei martelloni demolitori potentissini che disintegrano le rocce. Oltre a fare danni ingenti fanno anche un rumore infernale. Poi sono anche cingolati e nello spostarsi rovinano irreparabilmente il terreno.
Alla faccia del patrimonio dell’UNESCO!!
O avete gli occhi e gli orecchi foderati di prosciutto o semplicemente siete in malafede !
Marcello, tanti nemici tanto onore!
Egregio Andrea, mi sono letto la sentenza e sul risultato in termini legali non si discute. Ma lo sa Lei quando si costruisce una fondazione per il pilone di una funivia o per una stazione, quanti fossili si distruggono? L’ho visto con i miei occhi mentre escavatori potentissimi percuotevano le rocce dolomitiche dove nasceva un nuovo impianto di risalita. Lì nessuno raccoglieva suddetti fossili perché gli stessi si disgregavano sotto l’azione di una macchina potentissima e, a parte gli operai sul posto, nessuno vedeva cosa succedeva nè raccoglieva qualcosa. Io l’ho visto! E Lei?
Le parole di Wachtler sono una benedizione! Penso le stesse cose da ancora prima che l’Unesco si manifestasse nelle Dolomiti. Ricordo che chi politicheggiava affinché questo inadatto riconoscimento venisse attribuito ai monti pallidi era tra quelli che maggiormente mirava all’arricchimento monetario di se e quindi all’impoverimento morale della sua valle. Cosa puntualmente avvenuta! Dico questo perché avevo visto con i miei occhi luoghi naturali divenuti patrimonio unesco che si erano degradati dal punto di vista dell’ambiente, in maniera irrecuperabile. Come sta succedendo alle povere Dolomiti. Poi l’Unesco è arrivata davvero e i risultati si vedono. Cosa veda di buono Andrea proprio non so. Inoltre non prendo in considerazione chi non si firma per esteso. Ma lasciamo perdere.La patacca Unesco è esibita da club di motociclisti, albergatori senza scrupoli verso la natura, impianti di risalita, e chi più ne ha più ne metta. Sono anni che personalmente lo sostengo e sono sempre stato guardato male ma ho imparato a interpretare questo come qualcosa di positivo per me. Chi mi guarda male ha la coscienza sporca!Lo sapete che l’Unesco per le Dolomiti ha un ufficio marketing?????
Sono così furioso su quest’argomento che mi si ingarbugliano le parole, tante ne vorrei dire a chi crede che gli asini volino e (sono la maggior parte) a chi subdolamente cura solo i propri interessi alla faccia di tutti gli altri.
L’Unesco e chi sostiene che alle Dolomiti abbia fatto bene questa marchetta mediatica, dovrebbero vergognarsi.
Ogni tanto mi sembra che una certificazione, un riconoscimento, un premio, qui da noi, vengano intesi come una liberazione da qualsiasi obbligo e responsabilità.
Un obiettivo da raggiungere per poi poter fare e dire impunemente tutto quel che si vuole, o non fare più niente.
Tanto è come essere eletti da una maggioranza, non importa che cosa sia, formiche o delfini, e dove possa agire.
sono d’accordo con Renato , la maggiore responsabilità è delle popolazioni locali che svendono il proprio territorio e la propria cultura.
Questo avviene anche in Apuane con le cave di marmo. Con la cessione dello sfruttamento del territorio alle multinazionali.
Sicuramente un così grande riconoscimento porta anche molte responsabilità e sottopone il territorio a sfide sempre maggiori. Sarebbe stato meglio non ottenere questo prestigioso e impegnativo riconoscimento della unicità e delle bellezze delle Dolomiti? La gestione di un terrirtorio così complesso è difficile. L’articolo mette ben in evidenza i limiti di alcune azioni e sottolinea efficacemente le tante cose che ancora ci sono da fare e/o migliorare. Allo stesso tempo non è tutto coì nero come descritto, anzi… Le tantissime iniziative positive a favore dei territori dolomitici non vengono mai messe in evidenza e questo è un vero peccato. Le amministrazioni locali, la Fondazione Dolomiti UNESCO e i tanti amanti delle Dolomiti che ogni giorno si spendono per un Patrimonio ben gestito non meritano certamente solo le parole di accusa che spesso le sono rivolte. Altri invece, meriterebbero molta meno visibilità così come certe polemiche hanno fondamenta di sabbia: la realtà di Dolomytos non è così come descritta nell’articolo e viene ben fotografata (per chi cerca la verità e non le fakenews) dai giudici della Corte di Cassazione Penale. https://www.ambientediritto.it/home/giurisprudenza/corte-di-cassazione-penale-sez3-17102017-sentenza-n47825 . Le Dolomiti meritano, come giustamente trapare dal pensiero dell’autore dell’articolo, meno parole e più impegno, anche se parlarne e discutere aumenta la conoscenza e l’opportunità di migliorare. Sono sicuro che avremo modo di accorgerci presto che, a parte qualche sbavatura, il riconoscimento dell’UNESCO (dato “solo” da 10 anni) aiuterà tutti noi cittadini dolomitici ad essere maggiormente responsabili delle nostre amate montagne.
Tutto giusto, ma si presenta lo scempio come frutto di interessi economici stranieri. Al contrario credo che molta della responsabilità sia da ricercare proprio nelle popolazioni locali che hanno asservito la loro spiccata propensione al duro lavoro ad uno sviluppo turistico spesso incompatibile con il vero spirito della montagna. La leggenda dei Fanes diventa profetica: gli abitanti della Ladinia hanno venduto la loro terra mitica e mitologica, e con essa il loro spirito, agli interessi di un re foresto, decretando la loro fine. In questo caso però, non possono più contare nemmeno sull’aiuto delle marmotte, da anni prese di mira dalle doppiette locali e pertanto divenute anch’esse nemiche eterne del popolo dei Fanes …
leggendo l’articolo avvertivo un certo malessere. l’ennesima prova che, nemmeno troppo lentamente, il miserabile ominide che si vanta essere l’essere vivente più evoluto, stia portando Gaia verso l’abisso. E la cosa che mi fa rabbia è che dopotutto, ne sia anche consapevole.
Sogno una rivolta di animali e vegetali contro gli uomini, ma ahimè, è molto più probabile il contrario..